La responsabilità medica, del RUP e della struttura sanitaria in caso di sinistro

La responsabilità medica, del RUP e della struttura sanitaria in caso di sinistro

Ci si domanda in quali responsabilità incorra la struttura sanitaria, il personale medico e il RUP in seguito al mancato approvvigionamento di fornitura medica dal quale consegue un danno grave per il paziente.

Nella breve trattazione dopo un preliminare inquadramento si analizzeranno i profili di responsabilità penale, civile e ammnistrativa.

Per ogni procedura di affidamento di un appalto o di una concessione, le stazioni appaltanti, con atto formale del Dirigente responsabile dell’Unità Organizzativa, individuano un RUP per le fasi della programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione. Il RUP è individuato nel rispetto di quanto previsto dall’art.31 del Codice Appalti, tra i dipendenti di ruolo inquadrati come dirigenti o dipendenti con funzioni direttive che deve possedere capacità professionali e requisiti adeguati al compito da svolgere.

Già previsto in via generale dalla L. 241/90 come soggetto incaricato di vigilare sul regolare svolgimento di ogni processo amministrativo, nei procedimenti di appalti pubblici – tanto di lavori che di servizi e forniture – il RUP assume il ruolo più forte e complesso di leading authority della procedura stessa.

Il decreto semplificazioni certamente enfatizza le funzioni del RUP quale motore delle procedure attinenti ai contratti pubblici, sino ad arrivare alle possibili valutazioni di responsabilità per danno erariale a suo carico.

Questa breve ed essenziale inquadratura permette di cogliere come la figura in commento sia in grado di permeare – finanche condizionare – tutto il segmento alle sue cure affidato.

Ora, attesa la sostanziale peculiarità della figura in commento giova partire analizzando la definizione del delitto colposo fornita dall’art. 43 c.p., laddove nell’individuare i criteri dell’imputazione colposa, richiede che l’evento si sia verificato a causa di negligenza imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline si desume che l’inosservanza della regola cautelare di condotta deve costituire la causa dell’evento. La colpa come il dolo, è graduabile, secondo una scala di gravità che acquista rilievo ai fini delle conseguenze del reato. Ciò in sede di commisurazione della pena ai sensi dell’art. 133 o ai fini della circostanza aggravante prevista dall’art. 61, n. 3.

Problemi, più spinosi attengono sicuramente alla sfera dell’attività professionale del medico.

La perizia è misura generale della responsabilità anche in campo medico. Invero, accanto ai generali doveri di diligenza e prudenza, su ogni sanitario incombe un obbligo di esercitare la propria attività osservando le leges artis comuni a qualsiasi ramo della professione medica e le regole di condotta specifiche del settore di specializzazione di appartenenza.

La colpa medica si attesta inoltre, in tutte le ipotesi di involontaria inosservanza da parte del sanitario delle specifiche regole cautelari di condotta proprie dell’agente modello del settore specialistico di riferimento.

Il concetto di perizia, assume – altresì – rilievo anche in relazione all’ambito di applicazione della norma speciale di cui all’art. 2236 c.c.

E’ noto che la limitazione della responsabilità alla colpa grave non trova applicazione per i danni ricollegabili a negligenza o imprudenza – dei quali il professionista risponde anche solo per colpa lieve – ma è circoscritta ai soli casi di imperizia ricollegabili alla particolare difficoltà di problemi tecnici che l’attività professionale, renda necessario affrontare.

Appare doveroso domandarsi quale ruolo assuma la struttura sanitaria. Per i danni derivanti dall’esercizio dell’attività medica si può configurare una duplice responsabilità: quella del medico e quella della struttura sanitaria.

La responsabilità della struttura sanitaria, sia essa pubblica o privata è di natura contrattuale, sul rilievo che l’accettazione del paziente comporta la conclusione di un contratto atipico a prestazioni corrispettive – contratto di spedalità o di assistenza sanitaria.

Dal contratto a fronte dell’obbligazione al pagamento del corrispettivo, insorgono a carico della struttura sanitaria, accanto a quelli di tipo latu sensu alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicanze o emergenze.

Da ciò consegue l’apertura a forme di responsabilità autonome della struttura sanitaria, che prescindono dall’accertamento di una condotta negligente del medico e trovano invece la propria fonte nell’inadempimento delle obbligazioni di assistenza sanitaria direttamente riferibili all’ente.

L’attività del medico, del resto, non è che un segmento della più complessa prestazione richiesta alla struttura sanitaria, la cui responsabilità si può configurare anche in mancanza di responsabilità medica.

Invero, viene in rilevo una responsabilità indiretta dell’ente per danno da disorganizzazione, consistente nella violazione degli obblighi accessori, connessi alla prestazione principale, di diligente predisposizione ed organizzazione del personale e degli strumenti necessari all’esatto adempimento della prestazione sanitaria.

Collocata la responsabilità medica in ambito contrattuale, il riparto dell’onere probatorio segue i criteri fissati in materia contrattuale dalle sezioni unite che riguardo all’onere della prova dell’inadempimento e dell’inesatto adempimento. Per cui il paziente danneggiato può limitarsi a provare il contratto o l’aggravamento della patologia o l’insorgenza di un’affezione, oltre ad allegare l’inadempimento del medico, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato.

Compete, di contro, al medico fornire la duplice prova che il suddetto inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur essendo verificato, esso non è stato direttamente rilevante. La prova del debitore, in altri termini deve condurre ad escludere la sussistenza di una connessione eziologica tra l’inadempimento e il danno.

In questa prospettiva, la distinzione tra prestazione medica di facile esecuzione e prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà non rileva quale criterio di distribuzione dell’onere della prova, ma assume valore ai fini della valutazione del grado di diligenza e del corrispondente grado di colpa del medico. La prova liberatoria gravante sul medico è sempre una e unica e si sostanzia in una prova di tipo causale, ovvero nella dimostrazione che l’evento dannoso si è verificato per l’intervento di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva e non ricollegabile causalmente al suo operato, indipendentemente dalla facilità o dalla difficoltà della prestazione medica eseguita.

Tale impostazione è coerente con i principi – di persistenza presuntiva del diritto del creditore e di vicinanza e riferibilità della prova – posti a fondamento del riparto dell’onere della prova della responsabilità da inadempimento.

Appare opportuno osservare il meccanismo della responsabilità delle figure in commento dal versante precipuamente amministrativo tracciando un eventuale fil rouge.

In primo luogo, la responsabilità ammnistrativa è generalmente personale, invero vale la regola della intrasmissibilità agli eredi del debito pecuniario derivante dalla responsabilità ammnistrativa.

Eccezione di tale regola è costituita dalla sola ipotesi dell’illecito arricchimento del de cuius e del conseguente arricchimento degli eredi dello stesso.

Il principio della responsabilità trova conferma nella disciplina del concorso delle persone nella causazione del danno erariale. La responsabilità, quindi in deroga alla disciplina civilistica, è parziaria e non solidale.

Sul profilo sostanziale, la responsabilità ammnistrativa è limitata ai fatti commessi con dolo o colpa grave. Il pubblico dipendente, in deroga alla disciplina generale della responsabilità civile quindi, non risponde mai per colpa lieve. L’elemento della colpa grave trova la sua giustificazione nel voler predisporre nei confronti degli amministratori e dei dipendenti pubblici, un assetto normativo in cui il timore delle responsabilità non esponga all’eventualità di rallentamenti ed inerzie nello svolgimento dell’attività ammnistrativa. Nella combinazione di elementi restitutori e di deterrenza, che connotano qui l’istituto in esame, la limitazione risponde, alla finalità di determinare quanto del rischio dell’attività debba restare a carico dell’apparato e quanto a carico del dipendente, nella ricerca di un punto di equilibrio, tale da rendere la prospettiva della responsabilità ragione di stimolo e non di disincentivo.

Sotto il profilo processuale, le principali particolarità concernono la giurisdizione e la titolarità dell’azione risarcitoria che non spetta all’amministrazione danneggiata, ma ad un magistrato terzo e imparziale: il pubblico ministero contabile, che la esercita nel termine quinquennale di prescrizione – coincidente questo con quello della responsabilità extracontrattuale.

L’azione di responsabilità davanti alla Corte dei conti, può riguardare anche il danno all’immagine della p.a. causato dalla condotta illecita di un dipendente, idonea a determinare una grave perdita di prestigio per l’amministrazione anche se non comporta una diminuzione patrimoniale diretta, è, tuttavia suscettibile di una valutazione patrimoniale sotto il profilo della spesa necessaria al ripristino del bene giuridico leso. E’ indubbio che la responsabilità ammnistrativa in generale, presenti una peculiare connotazione, rispetto alle altre forme di responsabilità previste dall’ordinamento, che deriva dall’accentuazione dei profili sanzionatori rispetto a quelli risarcitori.

Resta da analizzare senza pretesa di esaustività il rapporto tra azione del procuratore contabile dinanzi alla Corte dei conti e azione risarcitoria proposta dall’amministrazione interessata dinanzi al giudice civile.

La tesi prevalente in dottrina e giurisprudenza ha sempre affermato che nelle ipotesi di danno diretto ovvero di danno prodotto dal pubblico agente infedele al patrimonio dell’ente di appartenenza, sono in astratto esercitabili due distinte azioni, una di responsabilità gestoria fatta valere dal P.M. contabile e l’altra di responsabilità civile per lo stesso danno fatta valere dalla p.a. davanti al giudice civile.

Invero, anche di recente la Sezioni Unite (19 febbraio 2019, n. 4883) hanno ribadito che l’azione proponibile dal Procuratore contabile non si identifica con quella che l’amministrazione può autonomamente promuovere nei confronti degli autori del danno, notevoli essendo le differenze tra il giudizio contabile dinanzi alla Corte dei conti e quello civile.

Non è oziosa la riflessione ulteriore circa la responsabilità civile del pubblico dipendente verso terzi.

Va, peraltro ricordato che ai sensi degli artt. 22 e 23 d.P.R. n. 3/1957, il pubblico dipendente risponde direttamente verso i terzi in caso di dolo o colpa grave, fermo restando, ex art. 28 Cost. la responsabilità civile della p.a., anche in caso di colpa lieve.

Si osserva, come l’azione diretta non venga in genere esercitata, in quanto per il terzo è più agevole aggredire il più capiente patrimonio dell’amministrazione, mentre per quanto attiene il versante processuale l’azione va proposta – certamente – dinanzi al giudice ordinario.

Invero, le sezioni unite della Corte di Cassazione, Sez. Un. 3 ottobre 2016, n. 19677, hanno ribadito che, in base agli articoli 103 Cost. e 7 c.p.a., il giudice ammnistrativo ha giurisdizione solo per le controversie nelle quali sia parte una pubblica amministrazione o un soggetto ad essa equiparata; con la conseguenza che esula dalla sua giurisdizione la domanda di risarcimento del danno proposta da un privato contro un altro privato, ancorché connessa con una vicenda provvedimentale.

 

 

 

 

 


Sitografia
Responsabilità sanitaria – stato – documentazione – (federalismi.it)
La figura del responsabile unico del procedimento | Il portale giuridico online per i professionisti – Diritto.it

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