La revoca della donazione per ingratitudine. Risoluzione di un caso pratico

La revoca della donazione per ingratitudine. Risoluzione di un caso pratico

Sommario: 1. La revoca della donazione. Un esempio concreto. – 2. L’esame del quadro normativo – 3. La giurisprudenza di legittimità sul concetto di ingiuria grave – 4. La soluzione del caso pratico

 

1. La revoca della donazione. Un esempio concreto.

L’esame di abilitazione allo svolgimento della professione forense prevede, in prima battuta, che migliaia di giovani aspiranti avvocati si cimentino con la stesura scritta di un parere in materia di diritto civile. Invero, a causa della emergenza epidemiologica che fa da protagonista, il predetto esame ha subito delle modifiche più o meno condivise.

Ad oggi, in via straordinaria, si prevede che i candidati affrontino un doppio orale. Nello specifico, con la prima prova orale è prevista la dettatura di una traccia in materia di diritto civile, penale o amministrativo a scelta del candidato, il quale avrà a disposizione un’ora di tempo per esaminare il quesito, consultare codici secchi e commentati con la giurisprudenza, predisporre schemi ed esporre oralmente, infine, la soluzione del caso.

Una prova, insomma, diversa dal solito che necessita di un approccio diverso dal solito. Vediamo allora come affrontarla al meglio, provando a risolvere un caso concreto che ben potrebbe essere oggetto d’esame.

Tizia donava al proprio nipote Caio l’unico immobile di sua proprietà sito in Roma, tramite atto pubblico del 10 Gennaio 2020. Caio, al contempo, concedeva il predetto immobile in comodato alla zia la quale, quindi, continuava ad abitarlo. Senonché, pochi mesi dopo, Tizia lasciava temporaneamente l’immobile e si trasferiva presso il di lei fratello per ottenere l’assistenza che si rendeva necessaria a causa dell’aggravamento delle proprie condizioni di salute, stante l’età avanzata. Risolti i problemi di salute, Tizia ritornava presso l’abitazione che aveva in comodato. Tuttavia, le veniva recapitata prima una formale diffida e poi un atto di citazione con cui il nipote adiva le vie di giustizia per l’accertamento della risoluzione del contratto di comodato per mancato uso del bene. Tizia si rivolgeva al proprio legale di fiducia rappresentando l’accaduto e segnalando al difensore che il nipote non aveva tentato neppure un contatto informale ed anzi si era mostrato totalmente disinteressato alla richiesta di assistenza avanzatagli nel periodo di malattia. Si chiedeva, dunque, se vi fossero validi presupposti per la revoca della donazione.

2. L’esame del quadro normativo

Il primo passo per la risoluzione del caso è quello di ricercare la normativa di riferimento all’interno della quale sussumere la fattispecie concreta oggetto dell’esempio. Il punto di partenza è la disposizione di cui all’art. 769 cod. civ. che custodisce la definizione della donazione.[1]

Tanto premesso, partendo dal dato testuale della norma citata, e con una buona conoscenza dell’istituto, andranno delineati i tratti qualificanti della donazione. Basterà, in questo caso, la consultazione di un codice semplice. In primo luogo, occorrerà segnalare che nonostante la disciplina sia contenuta all’interno del libro II del Codice civile, la donazione è a tutti gli effetti un contratto. La ratio di tale collocazione si rinviene nell’applicazione all’istituto di principi propri del testamento, come, per esempio, la prevalenza della volontà del donante (fermo restando che, in mancanza di norme specifiche, si applicheranno alla donazione le disposizioni sui contratti). In secondo luogo, andrà chiarita la portata del cd. spirito di liberalità. Quando sussiste?  Lo spirito di liberalità sussiste ogniqualvolta vi è coscienza in capo al donante di compiere un atto di attribuzione patrimoniale pur non essendovi obbligato. Da un lato si verifica l’impoverimento di un soggetto, il donante, dall’altro si realizza l’arricchimento di un altro, il donatario. In terzo luogo, e con riguardo agli effetti prodotti, andrà dedotto che la donazione è quel contratto ad effetti reali per mezzo del quale: i) si trasferisce, con il mero consenso, il diritto di proprietà o altro diritto reale o di credito; ii) si costituisce un diritto reale di godimento su cosa altrui[2]; iii) si rinuncia ad un diritto.

Nulla quaestio in punto di forma della donazione. La traccia permette al candidato di percepire nell’immediato che il caso alla sua attenzione affonda le radici nell’art. 782 cod. civ. ai sensi del quale la donazione deve essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullità. Trattasi della cd. donazione diretta.[3]

L’ultimo dato normativo da prendere in considerazione riguarda le ipotesi di revoca della donazione: sarà necessario valutare se il caso concreto rientri in una delle fattispecie delineate dal codice.

Il codice civile, sul punto, prevede all’art. 800 che la donazione può essere revocata per ingratitudine o per sopravvenienza di figli. Il caso alla nostra attenzione ci permetterà di escludere agevolmente l’ipotesi della sopravvenienza dei figli e di concentrarci sul concetto di ingratitudine.

Il codice di diritto sostanziale ci sollecita a rinvenire il concetto di ingratitudine in casi tassativamente previsti ed indicati dall’art. 801. È necessario, infatti, che il donatario: a) abbia commesso uno dei fatti previsti dai numeri 1,2,3, dell’art. 463 cod. civ.; b) si sia reso colpevole d’ingiuria grave verso il donante; c) abbia dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio del donante; d) abbia rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti al donante ai sensi degli art. 433, 435, 436 cod. civ. A completare il quadro, il risvolto processuale in virtù del quale la domanda di revocazione per causa di ingratitudine deve essere proposta, ai sensi dell’art. 802 cod. civ., entro l’anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto che consente la revocazione.

3. La giurisprudenza di legittimità sul concetto di ingiuria grave

A questo punto, un considerevole aiuto perverrà dall’analisi delle principali pronunce giurisprudenziali sul tema. Il giovane aspirante avvocato non potrà fare a meno di ravvisare nel caso de quo l’ipotesi di revoca della donazione per ingratitudine a causa della cd. ingiuria grave verso il donante. A sostegno della portata del concetto di ingiuria grave ravvisabile in capo al donatario andrà segnalato l’orientamento di legittimità che ben si è consolidato in virtù del quale la donazione è revocabile quando nel comportamento complessivo del soggetto cui è stato donato sia ravvisabile quella mancanza di solidarietà e riconoscenza, quel malanimo tale da assurgere ad ingiuria grave.[4]   

Ed ancora più incisivamente, andrà segnalata una recente pronuncia con cui gli Ermellini hanno chiarito che l’ingiuria grave richiesta, ex art. 801 c.c., quale presupposto necessario per la revocabilità della donazione per ingratitudine […], consiste in un comportamento del donatario che manifesti un sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante, contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la comune coscienza, dovrebbe invece improntarne l’atteggiamento.[5]            

4. La soluzione del caso pratico

La corretta analisi della traccia, l’inquadramento della fattispecie all’interno del dato normativo letterale e il rinvenimento degli orientamenti risolutivi enucleati dai Giudici di legittimità consentiranno la stesura di uno schema che possa poi aiutare nell’esposizione orale della soluzione al caso concreto.

Svolta, infatti, la doverosa premessa contenente i riferimenti normativi della disciplina della donazione e delle ipotesi della sua revoca, sussunta la fattispecie concreta in quella astratta prevista dagli art. 769 cod. civ. e seguenti e dall’art. 801 cod. civ., andrà segnalato che i comportamenti posti in essere da Caio, donatario, sono tutti sintomo di quel sentimento di disistima e di irrispettosità della dignità del donante oggetto delle pronunce giurisprudenziali più evidenti. Caio, pur avendo ricevuto in donazione l’unico immobile di proprietà della zia Tizia, ha mostrato il più totale disinteresse alla richiesta di assistenza avanzatagli nel periodo di malattia. A ciò si aggiunga che questi neppure ha tentato un contatto bonario con la zia, né le ha rappresentato in via informale quanto intimato con diffida e con notifica dell’atto di citazione, in merito all’ipotesi di risoluzione del contratto di comodato, non tenendo conto del legame familiare, dell’età avanzata della zia e del fatto che l’immobile in cui quest’ultima viveva, oggetto poi di donazione in favore del nipote, era la sua unica abitazione.

Tizia ben potrà, in definitiva, chiedere la revoca della donazione per ingratitudine, proprio alla luce del comportamento posto in essere dal nipote, evidentemente contrario al senso di riconoscenza che dovrebbe improntarne l’animus. Peraltro, tenendo in considerazione che neppure appare sussistere il presupposto per la risoluzione del comodato, atteso che Tizia ha continuato ad abitare l’immobile donato, e se ne è solo allontanata per un breve periodo per ragioni di assistenza alla sua salute, ben potrà costituirsi in giudizio, demandare il rigetto della domanda del nipote in quanto infondata e avanzare domanda riconvenzionale per la revoca della donazione per ingratitudine.

 

 

 

 


[1] Ai sensi dell’art. 769 cod. civ. “La donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione”.           
[2] F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane.
[3] L’art. 782 cod. civ. prevede: “La donazione deve essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullità. Se ha per oggetto cose mobili, essa non è valida che per quelle specificate con indicazione del loro valore nell’atto medesimo della donazione, ovvero in una nota a parte sottoscritta dal donante, dal donatario e dal notaio. L’accettazione può essere fatta nell’atto stesso o con atto pubblico posteriore. In questo caso la donazione non è perfetta se non dal momento in cui l’atto di accettazione è notificato al donante. Prima che la donazione sia perfetta, tanto il donante quanto il donatario possono revocare la loro dichiarazione”
[4] Cfr. Cass. Civile, sez. II, 477/2013.
[5] Cfr. Cass. Civile, sez. II, 20722/2018.

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