La rinuncia alla domanda dopo la precisazione delle conclusioni semper permissum est

La rinuncia alla domanda dopo la precisazione delle conclusioni semper permissum est

Sommario: 1. La prima udienza di trattazione – 2. Mutatio ed emendatio libelli: orientamenti e filoni interpretativi – 3. Termine per la restrizione del thema decidendum

 

1. La prima udienza di trattazione

Come è noto nella prima udienza di trattazione ex art. 183 cod. proc. civ., l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto, nonché chiedere di essere autorizzato a chiamare in causa un terzo, ai sensi degli artt. 106 e 269, co. 3, cod. proc. civ. se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Vi sono poi alcune situazioni processuali in cui l’art. 183, co. 5, cod. proc. civ. consente all’attore di proporre una nuova domanda (cd. reconventio reconventionis), purché tale esigenza processuale sia conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni “in senso stretto” proposte dal convenuto (Cass. civ., n. 9880/2016; Cass. civ., n. 25409/2013; Cass. civ., n. 15211/2018). Al di fuori delle predette ipotesi, alla prima udienza nonché nella prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ. le parti possono solo precisare e modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate.

2. Mutatio ed emendatio libelli: orientamenti e filoni interpretativi

La linea di demarcazione tra domanda “nuova” e domanda “modificata” non è sempre di agevole definizione. Secondo l’insegnamento tradizionale “precisare” vuol dire soltanto esplicitare i fatti secondari contenuti nelle precedenti difese (emendatio libelli), fermi i fatti costitutivi (Cass. civ., n. 9266/2010); “modificare” (mutatio libelli) significa, invece, introdurre nuovi fatti storici principali, mutando anche solo uno degli elementi costitutivi oggettivi della stessa, quali il petitum o la causa petendi (Cass. civ., n. 18688/2007). Tale attività è consentita anche dopo il maturarsi delle preclusioni poc’anzi richiamate, purché non porti al mutamento del diritto dedotto in giudizio. In particolare la giurisprudenza di legittimità, in un’ottica di economia processuale, con la pronuncia a Sezioni Unite n. 12310 del 2015, poi ripresa e rivista nel 2018 (Cass. S. U. 22404/2018), ha precisato che la modificazione della domanda, ammessa a norma dell’art. 183 cod. proc. civ., può riguardare anche uno o entrambi gli elementi identificativi della medesima sul piano oggettivo (petitum e causa petendi), purché (i) la domanda così modificata risulti in ogni caso connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e (ii) si aggiunga alla domanda iniziale senza sostituirla. Successivamente nel 2018, gli Ermellini sempre con una pronuncia a Sezioni Unite (Cass. n. 22404/2018) hanno ritenuto ammissibile nel processo, introdotto mediante domanda di adempimento contrattuale, la domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento ex art. 2041 cod. civ. (tradizionalmente considerata domanda “nuova”, rispetto a quella contrattuale, per diversità sia del petitum che della causa petendi) se formulata in via subordinata (e, quindi, non necessariamente in sostituzione di quella originaria di adempimento contrattuale) con la prima memoria istruttoria ex art. 183, 6 co., cod. proc. civ., qualora si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, trattandosi di domanda comunque connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta, completando così il regime di proponibilità della domanda “complanare”.

3. Termine per la restrizione del thema decidendum

Se per la proposizione in giudizio di domande “nuove”, finalizzate a mutare il diritto dedotto in giudizio, la giurisprudenza è molto attenta a marcare i confini di quello che da sempre viene definito il “divieto di ampliamento del thema decidendum”, per quanto concerne la “restrizione del thema decidendum” la giurisprudenza appare essere più concessiva. In particolare la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3453, pubblicata lo scorso 7 febbraio, ha affermato che “La rinuncia alla domanda o ai suoi singoli capi può intervenire in sede di comparsa conclusionale o di memoria di replica, nonostante la natura semplicemente illustrativa di tali atti. Da un lato, invero, è noto il principio secondo cui gli scritti conclusivi di parte, comparsa conclusionale e memoria di replica, sono volti ad illustrare quanto già discusso, senza poter contenere nova. Dall’altro lato, tuttavia, è altrettanto ammessa la restrizione del thema decidendum, in forza della rinuncia a qualche capo di domanda o ad eccezione in precedenza formulate, che resta nella disponibilità del soggetto processuale non solo fino al momento della precisazione delle conclusioni, ma anche in séguito, come nella comparsa conclusionale o anche nella memoria di replica” Questo principio ammette dunque la restrizione del thema decidendum negli scritti conclusivi, i quali in virtù della natura meramente illustrativa non possono contenere nuovi argomenti ma possono ammettere una restrizione delle argomentazioni oggetto di analisi da parte del giudice. Una tale modifica delle richieste, sebbene eccezionale, dovrà sempre avvenire nel rispetto del contraddittorio: il giudice potrebbe decidere infatti di rimettere la causa sul ruolo per estendere la discussione sulla “nuova” situazione giuridica creata dalla rinuncia.


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Loredana Lidonnici

Avvocato

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