L’ammissibilità dei danni punitivi nell’ordinamento italiano

L’ammissibilità dei danni punitivi nell’ordinamento italiano

PROGRESSIVA EVOLUZIONE DEL CARATTERE DELL’ILLECITO AQUILIANO.

Nel sistema del diritto romano e nel Codice Civile del 1865 la responsabilità aquiliana aveva funzione essenzialmente sanzionatoria e l’art. 1151 si caratterizzava come norma secondaria, in quanto mirava a sanzionare la violazione di precetti posti da altre norme. Secondo l’interpretazione dottrinale allora più accreditata, l’ingiustizia era riferita al fatto, non al danno: in questa prospettiva, la responsabilità aquiliana era tutta rivolta alla figura del danneggiante. Nel Codice del 1942, la responsabilità aquiliana si emancipa dall’illecito penale, conquistando la dignità di norma di carattere primario e precettivo: la concezione sanzionatoria dell’illecito extracontrattuale, tuttavia, rimane ferma, sebbene il dettato dell’art. 2043 c.c. riferisca espressamente il requisito dell’ingiustizia al danno e non al fatto. Solo negli anni ’60 e ’70 l’evoluzione del pensiero dottrinale ha progressivamente accolto una concezione riparatoria, visione da ultimo consacrata dalla sentenza n. 500/1999 delle S.U.: “(…) è risarcibile il danno che presenta le caratteristiche dell’ingiustizia, e cioè il danno arrecato non iure (…) che si risolve nella lesione di un interesse rilevante per l’ordinamento. Ne consegue che la norma sulla responsabilità aquiliana non è norma volta a sanzionare una condotta vietata da altre norme, bensì norma volta ad apprestare una riparazione del danno ingiustamente sofferto da un soggetto per effetto dell’attività altrui”. In questa nuova prospettiva, l’attenzione si sposta sul soggetto che ha subito la lesione. A conferma dell’estraneità di logiche sanzionatorie dalla responsabilità aquiliana, si richiama altresì l’art. 1223 c.c. (cui rinvia l’art. 2056 c.c., in tema di valutazione dei danni), a mente del quale il risarcimento deve coprire le conseguenze immediate e dirette del danno, escludendo dunque qualsiasi forma di overcompensation.

DANNI PUNITIVI E ASTREINTES.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, occorre interrogarsi circa la possibilità di riconoscere nel nostro ordinamento sentenze straniere che facciano applicazione di istituti implicanti una concezione sanzionatoria della responsabilità aquiliana.

Si fa riferimento, segnatamente, agli istituti dei c.d. punitive damages e delle astreintes: i primi, di origine anglosassone, si sostanziano nella condanna al risarcimento del danno con funzione punitiva; le seconde, di matrice francese, consistono in uno strumento di coartazione all’adempimento, mediante la condanna del debitore al pagamento di una somma di denaro allorché non ottemperi ad un ordine impartito dal giudice.

Per affrontare tale questione, occorre preliminarmente fare riferimento all’art. 64 lett g) della l. 218/1995, in base al quale la sentenza straniera è riconosciuta in Italia quando le sue disposizioni non producono effetti contrari all’ordine pubblico. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, tale concetto deve identificarsi non con il c.d. ordine pubblico interno, e cioè con qualsiasi norma imperativa dell’ordinamento civile, bensì con il c.d. ordine pubblico internazionale, costituito dai principi fondamentali dell’ordinamento.

La Cassazione si è pronunciata per la prima volta su tale questione con sentenza n. 1183/2007, affermando l’impossibilità di dare applicazione nel nostro ordinamento ad una sentenza resa nello Stato dell’Alabama, che recava con sé la condanna di una società italiana al risarcimento di danni punitivi.

Viceversa, con la sentenza n. 7613/2015, la Cassazione ha riconosciuto l’esecutività di un’ordinanza emessa da un Giudice Belga che aveva condannato una società italiana al pagamento di un’astreinte dovuta a ritardo nell’adempimento. La Corte depone per l’assenza di contrasto con l’ordinamento pubblico riconoscendo una sostanziale diversità tra i due istituti, seppur con alcuni profili in comune: l’astreinte, segnatamente, costituisce ex ante un mezzo di coercizione indiretta all’adempimento, ma una volta che l’inadempimento si è verificato assolve una funzione sanzionatoria; il danno punitivo, viceversa, ha una funzione essenzialmente punitiva, potendo rilevarsi una funzione deterrente solo in via indiretta.

Recentemente, con ordinanza n. 9978/2016 la Cassazione ha riaperto il dibattito, rimettendo alle Sezioni Unite il quesito sulla riconoscibilità di sentenze straniere comminatorie di danni punitivi. Secondo la Consulta, per poter ritenere l’istituto dei danni punitivi contrario all’ordine pubblico internazionale, occorre poter partire dall’assunto per cui la responsabilità aquiliana, configurata in termini compensatori, assurga al rango di valore costituzionale inderogabile, così come ritenuto dall’orientamento dominante.

A questo proposito, la Cassazione ha riscontrato un’evoluzione nella concezione della responsabilità aquiliana, aperta a una funzione anche sanzionatoria e deterrente, citando peraltro la sentenza n. 7613/2015, nella parte in cui ha evidenziato i tratti comuni tra danni punitivi e astreintes, ritenendo queste ultime non implicanti alcuna incompatibilità con l’ordine pubblico. Tale osservazione, inoltre, è suffragata dalle conclusioni cui è giunta parte della dottrina, la quale ha evidenziato una componente afflittiva nel risarcimento del danno: l’art. 2043 c.c., oltre che al primario scopo di riparare il danno ingiusto patito dalla vittima, assolverebbe altresì una funzione preventivo – sanzionatoria. Nel nostro ordinamento, inoltre, si rileva la presenza di numerose fattispecie tipiche di responsabilità che consentono l’overcompensation, a testimonianza dell’introduzione  di rimedi risarcitori con funzione sostanzialmente sanzionatoria (si pensi agli artt. 96 comma 3 e 26 comma 2 c.p.c.; all’art. 197 undecies comma 2 del T.U.F., all’art. 125 del d.lgs. n. 30/2005).

L’ordinanza, in ultima analisi, sembra aderire implicitamente a quell’orientamento minoritario che ritiene ammissibile il riconoscimento di sentenze straniere di condanna ai danni punitivi. E’ attesa la pronuncia delle Sezioni Unite, che decideranno se chiudere le porte all’ammissibilità nel nostro ordinamento dei danni punitivi o, per contro, accoglieranno tale innovativo orientamento.


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