L’attività amministrativa alla luce del principio di legalità e l’autonomia contrattuale della pubblica amministrazione

L’attività amministrativa alla luce del principio di legalità e l’autonomia contrattuale della pubblica amministrazione

Sommario: 1. Il principio di legalità e l’attività amministrativa – 2. L’attività privatistica posta in essere dalla PA – 3. Conclusioni

 

1. Il principio di legalità e l’attività amministrativa

Il principio di legalità è un principio fondamentale nel diritto amministrativo attesa l’esigenza di limitare l’azione della Pubblica Amministrazione quando agisce nell’esercizio di poteri autoritativi. Invero, tali poteri, imponendosi unilateralmente al privato, devono necessariamente rinvenire il loro presupposto legittimante nella volontà popolare espressa dalla legge.

Il principio di legalità svolge una duplice funzione: definisce l’indirizzo, ovvero i fini a cui deve tendere la PA e costituisce una garanzia per i cittadini.

Tale principio nel diritto amministrativo presenta delle somiglianze con il diritto penale ove ugualmente il principio risponde ad una esigenza di garanzia per l’individuo al fine di evitare l’arbitrio del potere legislativo ma anche del potere giudiziario.

Più sfumato, invece, è il principio di legalità nel diritto civile ove il rilievo che assume l’autonomia negoziale può portare le parti a stipulare contratti anche fuori dagli schemi tipici previsti dal codice civile.

Occorre rilevare che il principio di legalità, inteso come presupposto legittimante l’azione amministrativa, non è previsto espressamente nella nostra Costituzione. Esso si ricava dall’interpretazione sistematica delle seguenti disposizioni costituzionali: l’art. 97 Cost. che prevede che i pubblici uffici sono organizzati secondo le disposizioni di legge; gli artt. 24 e 113 Cost. che, nello stabilire il sindacato giurisdizionale sugli atti amministrativi, implicitamente presuppongono che la PA deve conformarsi alla legge; gli artt. 23 e 42 Cost. che prevedono che le misure ablative personali e patrimoniali possono essere ammesse solo nei casi previsti dalla legge.

Il principio di legalità trova un suo fondamento normativo anche nella legge ordinaria e, in particolare, nell’art. 1, comma 1 della legge n. 241/1990.

Tuttavia, è sorto un ampio dibattito su come in concreto deve essere inteso il principio di legalità nel diritto amministrativo.

Secondo un orientamento che si ispira ad una concezione liberale il principio di legalità implica che la PA può fare tutto ciò che la legge vieta.

Una seconda tesi ritiene che il principio di legalità deve essere inteso in senso formale ossia che la PA deve essere autorizzata espressamente dalla legge all’esercizio dei poteri amministrativi.

Un terzo orientamento, espresso anche dalla Corte Costituzionale, sostiene che il principio di legalità nel diritto amministrativo deve essere inteso in senso sostanziale ovvero che la legge non solo deve autorizzare l’esercizio dei poteri amministrativi ma deve anche definire puntualmente l’Autorità competente, i contenuti e le modalità di esercizio, i destinatari e i risultati a cui deve tendere.

Corollario del principio di legalità è la tipicità dei provvedimenti amministrativi; pertanto, il provvedimento amministrativo non soltanto deve essere frutto dell’esercizio di un potere amministrativo attribuito dal legislatore, ma deve anche essere determinato dalla legge nei suoi elementi essenziali (soggetto, oggetto, forma, funzione e volontà).

Quindi, non possono esistere provvedimenti amministrativi atipici. Un’unica eccezione è rappresentata dalle ordinanze extra ordinem caratterizzate dal fatto che esse sono previste dalla legge solo con riguardo all’attribuzione del potere ma sono libere nel contenuto. Tali ordinanze sono ammesse solo in caso di necessità e urgenza; pertanto, come evidenziato dalla Corte Costituzionale esse non comportano una violazione del principio di legalità perché, facendo riferimento a situazioni di emergenza eccezionali, non potrebbero essere previste puntualmente dalla legge.

2. L’attività privatistica posta in essere dalla PA

Talvolta, la PA per il perseguimento di interessi pubblici ricorre a strumenti privatistici. Questa possibilità della PA di operare iure privatorum è prevista espressamente dall’art. 1 bis della legge n. 241/1990. Occorre, comunque, evidenziare che c’è una differenza sostanziale tra il privato e la PA che agisce iure privatorum attese che il privato persegue sempre un interesse individuale e privatistico mentre la PA agisce sempre per perseguire fini generali e pubblicistici, non potendo mai essere portatrice di interessi propri.

L’art. 1 bis della legge n. 241/1990 stabilisce che quando la PA agisce in veste privata si applicano le norme di diritto privato, salvo che la legge disponga diversamente.

Tra le norme del codice civile applicabile alla PA vi è l’art. 1322 cc. tale norma prevede che le parti nell’esercizio della loro autonomia contrattuale possono stipulare contratti atipici, ovvero non previsti dalla legge, purchè diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.

Sul punto il Consiglio di Stato ha evidenziato come la PA può stipulare contratti atipici, pur nel rispetto delle regole pubblicistiche circa l’individuazione del contraente, per rispettare i principi di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost[1].

Sul punto occorre rilevare che la meritevolezza si distingue dalla causa che è la ragione pratica del contratto atteso che essa attiene all’utilità del contratto.

Sulla nozione di utilità si sono distinti due orientamenti. Un primo orientamento ritiene che il contratto deve essere utile per le parti.

Un’altra tesi ritiene che il giudizio di meritevolezza fa riferimento all’utilità sociale del contratto. In tal senso si è espressa anche la Corte di Cassazione (S.U., sentenza n. 22437 del 24/09/2018) con riguardo alle clausole claims made affermando che un contratto è immeritevole quando attribuisce ad una delle parti un vantaggio sproporzionato rispetto a quello della controparte oppure quando pone una parte in una indeterminata condizione di soggezione rispetto ad un’altra o costringe una parte ad eseguire prestazioni in contrasto con i doveri di solidarietà sociale.

Con riguardo alla PA essa nell’esercizio della sua autonomia contrattuale può stipulare contratti di diritto privato atipici. Considerato che la PA agisce per il perseguimento dell’interesse pubblico, la nozione di utilità che rileva è quella di utilità sociale; pertanto, il contratto atipico stipulato dalla PA deve essere utile per la collettività.

Un aspetto problematico riguarda il sindacato del giudice in merito alla meritevolezza degli interessi perseguiti dalla PA  attraverso i contratti atipici. Invero, un orientamento sostiene che, trattandosi comunque di contratti stipulati dalla PA che è vincolata sempre al perseguimento di interessi pubblici, non vi può essere alcun sindacato dell’Autorità giudiziaria sulla meritevolezza degli interessi.

Un’altra tesi ammette tale sindacato sulla meritevolezza degli interessi trattandosi comunque di attività iure privatorum della PA.

3. Conclusioni

L’art. 1 bis della legge n. 241/1990 prevede che all’attività posta in essere dalla PA iure privatorum si applicano le norme del codice civile, salvo le deroghe previste dalla legge. Tra queste deroghe vi sono quelle previste per i contratti speciali, appalti e concessioni disciplinati dal dlgs. N. 50/2016. In questi contratti, pur rimanendo la struttura privatistica e la posizione paritaria delle parti, si intravedono momenti di esercizio di pubblici poteri, tanto è vero che accanto alle norme di diritto privato vi è l’applicazione di norme pubblicistiche che attribuiscono poteri particolari alla PA.

Con riguardo ai contratti speciali, si è discusso sulla possibilità della PA di stipulare contratti atipici. In merito, secondo una tesi, anche in tale ambito la PA può ricorrere a schemi contrattuali atipici purchè l’attività della PA sia sempre funzionalizzata alla realizzazione di interessi pubblici.

La possibilità di stipulare contratti atipici è di certo esclusa con riguardo ai contratti ad oggetto pubblico disciplinati dall’art. 11 della l. n. 241/1990, trattandosi di accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento amministrativo. In virtù di questo rapporto di collegamento con il provvedimento amministrativo, in questi accordi la PA conserva il suo carattere autoritativo e di supremazia rispetto al privato.

 

 

 

 


[1] Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 luglio 2015, n. 3571.

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