Le misure di prevenzione personali al cospetto della Costituzione

Le misure di prevenzione personali al cospetto della Costituzione

Le misure di prevenzione sono misure inflitte, come si è soliti dire, ante delictum o praeter delictum nei confronti di un soggetto in presenza di indizi di pericolosità.

Già previste nei codici ottocenteschi, tali misure sono tradizionalmente espressione del diritto di polizia, essendo tese non a punire taluno che si è accertato essere colpevole di un reato, ma ad impedire la futura commissione di reati.

Sebbene esistenti negli ordinamenti da secoli, le misure di prevenzione non sono menzionate nella Costituzione, la quale àncora invece l’irrogazione della sanzione penale alla perpetrazione, accertata con sentenza passata in giudicato, di un fatto corrispondente alla fattispecie prevista da una norma incriminatrice (art. 25 c.2 Cost.). Si deve a questo proposito rilevare che le misure de quibus presentano connotati sostanziali simili a quelli delle pene: esse si concretano infatti nella restrizione della libertà personale (bene tutelato dall’art. 13 Cost.), realizzata con intensità e modalità diverse a seconda della misura che viene in rilievo.

La limitazione della libertà personale in assenza di condanna definitiva è giustificata dall’esistenza di sospetti o indizi di pericolosità nei confronti del destinatario della misura. Così prevede il d. lgs. n. 159/2011, detto anche “Codice Antimafia” (di seguito Cod. Ant.), che ha provveduto al riordino della disciplina normativa in materia di misure di prevenzione (sia personali che patrimoniali) e di strumenti di contrasto alla criminalità mafiosa, prima disseminata in tre diversi testi di legge (l. n. 1423/1956, l. n. 575/1965 così come integrata dalla l. n. 646/1982 – c.d. Rognoni-La Torre -, e la l. n. 152/1975 – c.d. Reale -).

Le categorie di possibili destinatari delle misure di prevenzione personali sono in parte differenti a seconda della natura della misura. Tre sono le misure di prevenzione personali contemplate nel nostro ordinamento: il foglio di via obbligatorio, l’avviso orale e la sorveglianza speciale (la quale, come si vedrà, può assumere varie forme); le prime due – meno gravi – sono applicate dall’autorità amministrativa (il questore), l’ultima – più afflittiva – dall’autorità giudiziaria all’esito di un procedimento giurisdizionale che si svolge innanzi al Tribunale.

Il foglio di via e l’avviso orale si rivolgono, secondo il disposto dell’art. 1 Cod. Ant., a: a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all’articolo 2, nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

Si tratta di soggetti considerati pericolosi per la collettività, che si vuole impedire commettano nuovi reati. In particolare, con il foglio di via i soggetti di cui all’art. 1 che siano pericolosi per la sicurezza pubblica e che si trovino fuori dai luoghi di residenza vi vengono rimandati dal questore, con l’ammonimento di non ritornare (salvo preventiva autorizzazione o per un periodo non superiore a tre anni) nel comune da cui sono state allontanate. L’avviso orale consiste invece nella comunicazione rivolta oralmente alle persone indicate dall’art. 1 circa l’esistenza di indizi nei loro confronti, con il contestuale invito a comportarsi conformemente alla legge; di tale comunicazione viene redatto processo verbale allo scopo di conferire allo stesso data certa.

In ogni caso, la pericolosità dei soggetti contro i quali possono essere emessi i provvedimenti del foglio di via e dell’avviso orale, definita anche “pericolosità generica”- non essendo la stessa riferita a specifiche tipologie di reati, salvo peraltro l’ipotesi di cui alla lett. c) – deve essere attuale. In caso contrario, si rischierebbe di porre in essere significative limitazioni alla libertà personale (da parte, tra l’altro, di un’autorità amministrativa e quindi senza le garanzie tipiche del processo penale) sulla base, in sostanza, di una colpevolezza d’autore: non si punirebbe taluno per aver commesso un fatto di reato, o in ragione della concreta probabilità che commetta in futuro un fatto di reato, bensì si sanzionerebbe il modo di essere di una persona (in particolare, l’essere stato, un tempo, pericoloso).

Ciò risulterebbe in contrasto con il principio costituzionale di colpevolezza (art. 27 Cost.), valido anche in materia di misure di prevenzione (e quindi al di fuori dell’ambito delle sanzioni penali in senso stretto): non potrebbe infatti ritenersi meritevole di restrizioni alla libertà chi sia stato magari pericoloso – e quindi colpevole – in passato, ma attualmente non lo sia più.

Più ampia è invece la platea dei destinatari del provvedimento di sorveglianza speciale: ai soggetti a cui riferimento l’art. 1 Cod. Ant., genericamente pericolosi (salvo il caso di cui alla lett. c)), l’art. 4 Cod. Ant. affianca infatti categorie di persone rispetto a cui sussiste una “pericolosità specifica”. Con ciò si intende che è possibile già presumere di quali illeciti penali un soggetto si sia reso responsabile e quali reati potrà commettere in futuro: l’art. 4 fa riferimento a delitti di rilevante allarme sociale, come l’associazione per delinquere (anche di stampo mafioso), reati di terrorismo o contro la personalità dello stato, o altri gravi reati contro la persona come la riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù e il sequestro di persona a fini estorsivi.

A differenza di quanto accadeva in passato, la sorveglianza speciale può ora essere applicata senza che il questore emetta preventivamente il provvedimento del foglio di via o dia l’avviso orale: ciò consente la celere messa in atto della misura di prevenzione più severa in casi di probabile realizzazione di gravi delitti.

Esistono tre tipi di sorveglianza speciale, delineati dall’art. 6 Cod. Ant.: sorveglianza speciale “semplice”; sorveglianza speciale con divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più regioni; sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza o con obbligo di dimora abituale. Ai sensi del c.3bis della norma in commento è inoltre possibile che il sorvegliato speciale (previo suo consenso) sia controllato attraverso lo strumento del braccialetto elettronico.

Per quanto concerne più precisamente i contenuti della misura della sorveglianza speciale, l’art. 8 Cod. Ant. stabilisce che il provvedimento del Tribunale con cui la stessa viene disposta indichi le prescrizioni che il sorvegliato speciale dovrà osservare.

Mentre talune di esse sono tipiche di determinate categorie di destinatari (c.3), l’autorità giudiziaria deve in ogni caso prescrivere di vivere onestamente, di rispettare le leggi, e di non allontanarsi dalla dimora senza preventivo avviso all’autorità locale di pubblica sicurezza; inoltre nel provvedimento occorre prescrivere al sorvegliato speciale di non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza, di non rincasare la sera più tardi e di non uscire la mattina più presto di una data ora e senza comprovata necessità e, comunque, senza averne data tempestiva notizia all’autorità locale di pubblica sicurezza, di non detenere e non portare armi, di non partecipare a pubbliche riunioni.

I giudici possono poi dettare le altre prescrizioni ritenute necessarie nel caso concreto a fini di difesa sociale, come il divieto di avvicinarsi a luoghi frequentati dai minori qualora i reati di cui è sospettato il destinatario della misura di prevenzione mettano in pericolo l’integrità fisica o morale di minorenni (c.4).

Terminata l’illustrazione delle misure di prevenzione personali (foglio di via, avviso orale e sorveglianza speciale), va a questo punto segnalato che le stesse sono state di recente al centro di dibattiti relativi alla loro legittimità costituzionale. Non si è posta in discussione la previsione da parte del legislatore di misure incidenti sulla libertà personale destinate ad essere applicate ante delictum; piuttosto, si è messo in luce come alcuni profili di tali misure sarebbero in contrasto con importanti principi costituzionali. Tre sono gli aspetti recentemente affrontati dalla giurisprudenza.

In primo luogo, la Corte EDU, pronunciandosi con la sentenza De Tommaso (Corte Edu, Grande Camera, sent. 23 febbraio 2017, de Tommaso c. Italia) ha affermato la mancanza di prevedibilità della normativa italiana in materia di misure di prevenzione personale, da una parte tacciando di imprecisione la categoria di pericolosità di coloro che sono “abitualmente dediti ai traffici delittuosi” o che “vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose” (oggi artt. 4 lett. c) e 1 lett. c) Cod. Ant.), dall’altra parte contestando l’eccessiva vaghezza e imprecisione del contenuto delle prescrizioni di cui oggi all’art. 8 c.3 Cod. Ant., e cioè “vivere onestamente” e “rispettare le leggi”, “non dare ragione alcuna di sospetto in ordine alla propria condotta” (prescrizione questa ora abrogata) e “non partecipare a pubbliche riunioni”.

In sostanza, le previsioni in parola risultano in contrasto con il principio di legalità sancito dall’art. 2 Prot. n.4 Cedu, inteso dalla giurisprudenza della Corte EDU come sinonimo di accessibilità e prevedibilità.

Si deve infatti rilevare che le summenzionate prescrizioni, oltre ad individuare il contenuto della sorveglianza speciale, se violate dal sorvegliato determinano l’integrazione del reato previsto dall’art. 75 Cod. Ant., punito con pena detentiva.

A seguito della decisione della Corte EDU, le Sezioni Unite della Cassazione (Cass., Sez. Un., sent. 27 aprile 2017 dep. 5 settembre 2017, n. 40076, Pres. Canzio, Rel. Fidelbo, Ric. Paternò) hanno ritenuto di interpretare le predette disposizioni alla luce dei principi di precisione e determinatezza, onde impedirne il contrasto con la lettura fornita dalla Corte EDU (così ricorrendo allo strumento dell’interpretazione conforme). Pertanto, hanno statuito che il richiamo contenuto nell’art. 8 c.3 Cod. Ant. agli obblighi e alle prescrizioni imposti al sorvegliato speciale va riferito “soltanto a quegli obblighi e a quelle prescrizioni che hanno un contenuto determinato e specifico, a cui poter attribuire valore precettivo”; e le prescrizioni di “vivere onestamente” e “rispettare le leggi” sono palesemente prive di tali connotati, apparendo anzi meri ammonimenti morali.

Successivamente, tuttavia, la Sezione II della Cassazione (Cass. pen., II Sez., ord. 11 ottobre 2017 dep. 26 ottobre 2017, n. 49194, Pres. De Crescienzo, Est. Recchione, Imp. Sorresso) ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle previsioni succitate: questo affinché l’esegesi conforme alla giurisprudenza della Corte EDU e alla Cedu (nonché alla nostra Costituzione) già compiuta dalle Sezioni Unite possa esplicare la propria efficacia erga omnes. Attualmente si è in attesa della pronuncia del Giudice delle leggi.

In secondo luogo, va evidenziato che la Corte d’Appello di Napoli (Cda Napoli, VIII Sez. pen. – misure di prevenzione, ord. 14 marzo 2017, Pres. Grasso, Est. Cioffi) ed il Tribunale di Udine (Trib. Udine, ord. 4 aprile 2017) hanno proposto questione di costituzionalità dell’art. 1 lett. a) e b) Cod. Ant., norma sopra esaminata, rispetto alle fattispecie a pericolosità generica ivi previste. Anche in questo caso il parametro di riferimento è rappresentato dalla legalità in materia penale, che si assume violata nell’ipotesi di specie stante il difetto di tassatività e determinatezza delle disposizioni che definiscono la pericolosità del soggetto (pericolosità costituente il presupposto dell’applicazione delle misure di prevenzione personali).

In terzo luogo, le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., sent. 30 novembre 2017 dep. 4 gennaio 2018, Pres. Canzio, Rel. Petruzzellis) hanno affermato che la verifica del carattere di attualità della pericolosità deve essere effettuata anche per le ipotesi di pericolosità specifica di cui all’art. 4 c.1 lett. a) e b) Cod. Ant., riguardanti reati gravi tra cui l’associazione per delinquere di stampo mafioso. Gli argomenti portati a sostegno di tale lettura sono la necessità di evitare il ricorso ad automatismi in una materia delicata come quella penale e l’esigenza, costituzionalmente e convenzionalmente imposta, di interpretare la legge penale in conformità al principio di tassatività, sulla scia dell’insegnamento della sentenza De Tommaso. In presenza di tali situazioni di pericolosità qualificata, infatti, risulterà applicabile la misura della sorveglianza speciale, che opera una significativa restrizione della libertà personale senza che sia intervenuta una condanna definitiva.

In conclusione, alla luce della recente casistica giurisprudenziale analizzata, si sottolinea come negli ultimi tempi stiano “venendo al pettine” i “nodi” della disciplina delle misure di prevenzione personali.

È assolutamente necessario che l’applicazione di provvedimenti seri e afflittivi (è il caso, in particolare, della sorveglianza speciale) avvenga nel rispetto dei principi di tassatività e colpevolezza. Se così non fosse, verrebbe calpestato il principio del nullum crimen, nulla poena sine lege: si infliggerebbe una sanzione dai tratti sostanzialmente penali senza rispettare il principio garantistico – enunciato dalla fonti convenzionali, oltre che dalla Costituzione – di legalità.


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