Le modalità alternative dell’udienza civile ai tempi del COVID-19

Le modalità alternative dell’udienza civile ai tempi del COVID-19

Con il termine “udienza” si intende il luogo di ascolto in cui, nell’ambito di un giudizio innanzi all’autorità giudiziaria, si concretizza il contraddittorio [1] attraverso il compimento, in forma orale, delle attività processuali ad opera delle parti e del giudice. [2]

Partendo da questa precisa e chiara definizione, è interessante riportare una similitudine tra “processo” e “dramma”, in base al quale il processo viene tradizionalmente raffigurato come una forma di rappresentazione scenica in cui diversi attori (le parti, il giudice, gli avvocati, i consulenti, gli ulteriori ausiliari, i testimoni) recitano il loro ruolo ed, in particolare, i protagonisti (le parti e i loro difensori) si confrontano e si scontrano, sotto la regia del giudice. [3]

Da ciò, risulta ancora più evidente il fatto che le udienze dei processi civili siano necessariamente ed inevitabilmente viste come momento di contatto sociale, ove generalmente si affollano numerosi protagonisti. Per tale ragione, sono state ritenute dal legislatore dell’emergenza un pericoloso momento di assembramento e di aggregazione, dunque, una potenziale fonte di contagio. Ne è conseguita, pertanto, la necessità di individuare dei sistemi alternativi di svolgimento delle stesse, in assoluta sicurezza igienico-sanitaria, idonei a sostituire la presenza fisica di tutti i soggetti coinvolti, evitando, così, una paralisi totale del sistema giudiziario. Infatti, a decorrere dall’inizio dell’emergenza sanitaria, abbiamo assistito al succedersi di diversi interventi legislativi, tutti con il comune scopo di contemperare le esigenze igienico-sanitarie volte al contenimento dell’epidemia, che presuppongono un vero e proprio azzeramento dei contatti interpersonali, con quelle dirette ad evitare una paralisi totale del processo civile. [4]

Da ultimo, il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 recante “Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 28 ottobre 2020 ed entrato in vigore il giorno successivo, ha introdotto, all’interno del Titolo III – intitolato “Misure in materia di salute e sicurezza e altre disposizioni urgenti” – l’art. 23, così rubricato: “Disposizioni per l’esercizio dell’attività giurisdizionale nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”. Come riferisce la relazione illustrativa al decreto, il prolungarsi di una situazione di emergenza legata alla diffusione dell’epidemia da COVID-19 «ha imposto di intervenire ulteriormente con la previsione di strumenti processuali che consentano, per quanto è possibile, un esercizio della giurisdizione senza rischi per tutti gli operatori interessati». Il summenzionato decreto legge, meglio conosciuto come “Decreto Ristori”, oltre ad introdurre misure urgenti per la tutela della salute e per il sostegno ai lavoratori e ai settori produttivi, contiene diverse disposizioni anche in materia di giustizia. Dunque, in questa seconda ondata di emergenza, l’art. 23, pocanzi citato, ha introdotto disposizioni volte a regolare lo svolgimento dei procedimenti giurisdizionali, sia nel settore civile che nel settore penale, nel periodo decorrente dall’entrata in vigore dello stesso (29 ottobre 2020) fino all’attuale termine di scadenza dello stato di emergenza (31 gennaio 2021). Sono state introdotte, pertanto, fino a tale data, nuove misure per l’esercizio dell’attività giurisdizionale.

Ebbene, seppur il primo comma dell’art. 23 in esame si preoccupa di precisare che «Resta ferma l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 ove non espressamente derogate dalle disposizioni del presente articolo», vediamo ora, in particolare, cosa è stato previsto relativamente ai soli procedimenti civili:

– la sospensione delle procedure esecutive immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore sino al 31 dicembre 2020;

– le udienze dei procedimenti civili, alle quali è ammessa la presenza del pubblico, possono celebrarsi a porte chiuse ai sensi dell’art. 128 c.p.c. [5] (art. 23, comma 3);

– in ambito del diritto di famiglia, relativamente alle udienze in materia di separazione consensuale e di divorzio congiunto, il giudice può disporre la c.d. trattazione scritta, in luogo di quella celebrata in presenza (art. 23, comma 6);

– in caso di trattazione dell’udienza con collegamenti audiovisivi, al giudice non è richiesta la presenza nell’ufficio giudiziario, potendo parteciparvi da un luogo diverso;

– per le camere di consiglio collegiali, le deliberazioni possono essere assunte mediante collegamenti da remoto, individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della Giustizia (art. 23, comma 9);

– l’applicazione “in quanto compatibili” di tali disposizioni, nonché di quelle di cui all’art. 221 del Decreto Rilancio, anche ai procedimenti relativi agli arbitrati rituali (art. 23, comma 10);

– il deposito avente valore legale di tutti gli atti, documenti e istanze mediante posta elettronica certificata presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari con contestuale attestazione dell’avvenuto deposito nel fascicolo telematico a cura della cancelleria.

Come abbiamo avuto modo di notare, l’art. 23 del D.L. n. 137 del 2020 introduce nuovi “istituti” processuali, da un lato, cercando di recuperare in buona misura l’esperienza maturata con l’applicazione di quelli disciplinati dall’art. 83 del D.L. n. 18 del 2020 e, dall’altro, mantenendo fermi quelli già operativi e contenuti nell’art. 221 del D.L. n. 34 del 2020. Si tratta, quindi, del ripristino, con alcune lievi correzioni, di misure già precedentemente adottate, la cui vigenza era stata circoscritta nel tempo in virtù della ritenuta transitorietà della diffusione epidemiologica.

Dopo aver delineato tale prospetto sulle “novità” introdotte ed avendo fatto chiarezza sulle ultime disposizioni attuate in materia di giustizia, proseguiamo analizzando le modalità alternative dell’udienza civile adottate dal sistema giudiziario in questo periodo di pandemia. In particolare, il legislatore ha individuato due specifiche modalità di svolgimento dell’udienza: una figurata, con partecipazione dei soli difensori delle parti, dove la trattazione viene demandata al deposito “in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni”, nel termine indicato dal giudice; l’altra, in caso di necessaria presenza sia di parti che di difensori, da attuarsi attraverso la partecipazione video da remoto. Nel caso in cui non sussistano i presupposti, ovvero le condizioni, per l’utilizzo di nessuna delle due anzidette modalità, l’udienza seguirà il modello codicistico, pur avendo il giudice ampio potere di escluderne la pubblicità e regolamentare l’accesso all’ufficio, prestabilendo orario e modo di trattazione. [6]

Nel primo caso, qualora non risulti necessaria la presenza delle parti personalmente e se non ricorrano motivi di urgenza, le udienze sono poste in essere mediante trattazione scritta. Questa modalità prevede il deposito di atti nel fascicolo telematico fino a 5 giorni prima dell’udienza fissata, il giorno dell’udienza il giudice leggerà le note dei rispettivi difensori (depositate nel fascicolo telematico) ed emanerà il proprio provvedimento. Dunque, al fine di garantire un contraddittorio tra le parti processuali in grado di evitare contatti interpersonali, il legislatore ha individuato un nuovo schema di udienza civile, ove l’onere di partecipazione personale dei difensori viene soddisfatto attraverso lo scambio telematico di note scritte, contenenti le sole istanze e conclusioni teoricamente proponibili in udienza, a cui segue il provvedimento del giudice. Le udienze da tenersi secondo la trattazione scritta sono potenzialmente numerose: la prima udienza di comparizione parti nel processo di cognizione ordinaria, quella susseguente alla scadenza dei termini di deposito delle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c., l’udienza di precisazione delle conclusioni o quella di discussione, solo per indicarne alcune. Sembrerebbero, invece, escluse, per restare nell’ambito di quelle in cui è necessaria la partecipazione personale della parte, le udienze finalizzate all’esperimento dell’interrogatorio formale (il quale, una volta reso in via cartacea, perde sicuramente ogni tipo di utilità processuale) o di un giuramento e, in linea generale, tutte le udienze istruttorie, come quelle dedicate all’escussione dei testimoni.

Nel secondo caso, la trattazione da remoto – introdotta dal comma 7, lett. f), dell’art. 83, D.L. n. 18/2020 che introduce nel sistema processuale civile un’udienza da svolgersi “mediante collegamenti da remoto, individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia” – è prevista per le sole udienze “che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti e dagli ausiliari del giudice, anche se finalizzate all’assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazione” e, comunque, deve svolgersi “con la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario e con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti”. E’ chiaro che il modello processuale individuato con l’udienza da remoto è nato al fine di contrastare, per quanto possibile, la paralisi totale delle attività giurisdizionali determinate dalla pandemia attraverso un collegamento telematico, che è apparso al legislatore dell’emergenza come il più idoneo a sostituire una presenza fisica di parti e magistrati all’udienza. Il sistema di udienze da remoto non pare, però, aver trovato grande seguito, essendo stato spesso sostituito dalla trattazione scritta, rivelatasi modello di più semplice applicazione e, sicuramente, attività più collaudata, grazie alla pregressa esperienza maturata con il processo telematico. [7]

Ovviamente, tale situazione di emergenza ha generato delle ricadute anche sul processo civile in Cassazione. Per esaminare brevemente ed in modo più analitico le ricadute dell’art. 23 del D.L. n. 137 sui procedimenti civili pendenti innanzi alla S.C., occorre anzitutto considerare che, come ricorda la relazione illustrativa al decreto legge, l’intervento in esame «non sostituisce, ma si coordina con quello previsto dall’articolo 221, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34». Ebbene, in combinato disposto degli articoli appena citati e fino al termine dello stato di emergenza, possono individuarsi i seguenti effetti sui processi civili di Cassazione:

– le udienze pubbliche potranno essere celebrate, su decisione del presidente del collegio, a porte chiuse;

– la c.d. udienza telematica appare di attuazione pratica non agevole nell’immediato dovendosi attendere il prescritto provvedimento del direttore della D.G.S.I.A. (Direzione Generale dei Servizi Informativi Automatizzati) e, comunque, restando preferibile la presenza in udienza del presidente o del consigliere anziano da lui delegato;

– la c.d. udienza cartolare, ancora oggi, non sembra possa trovare ingresso nei processi celebrati innanzi alla S.C., attese le peculiarità del suo rito;

– l’adunanza camerale non partecipata potrà essere tenuta da remoto una volta acquisito il prescritto provvedimento del direttore della D.G.S.I.A., ma, come già disposto nella vigenza dell’art. 83, comma 12-quinquies, del D.L. n. 18, plurime ragioni inducono a suggerire l’adozione di una misura organizzativa che preveda la presenza del presidente del collegio, ovvero del consigliere anziano da lui delegato, nella camera di consiglio della Corte. [8]

In conclusione, alla luce dell’analisi delle diverse fattispecie, è oramai palese che, a seguito di questo periodo di emergenza causato dalla pandemia, diversi sono stati i provvedimenti normativi con i quali il legislatore ha cercato di trovare soluzioni alternative a quelle ordinarie sulle modalità di svolgimento dei processi civili, penali, amministrativi e tributari con lo scopo di sopperire (almeno in parte) alle difficoltà ed alle problematiche causate dal COVID-19, nonostante (forse) non tutti gli operatori interessati fossero pronti all’accelerazione informatica che ne è conseguita, in primis i tribunali, non sempre dotati di sistemi informatici adeguati. Al contempo, altresì, è evidente che il periodo storico che sta attraversando la giustizia non è tra i più rosei, ma l’obiettivo dell’introduzione di queste modalità alternative è stato sicuramente quello di non bloccare il nostro settore ed evitare un accumulo di arretrato procedimentale. Guardando al “lato positivo”, gli effetti del COVID-19 sul sistema giustizia, con tali modalità alternative, potrebbero essere addirittura vantaggiosi ed accentuare la necessaria evoluzione digitale. A tal proposito, ricordiamo che il nostro codice sancisce che gli atti debbano avere o forma scritta o forma orale, ma dobbiamo renderci conto che, ad oggi, queste non siano le uniche forme a cui l’ordinamento attribuisce una determinata rilevanza perché siamo in piena era di processo civile telematico, dunque, si è creata una vera e propria digitalizzazione del processo. Con il processo civile telematico, infatti, c’è la formazione di un fascicolo, appunto telematico, per ogni processo. Tutto questo ha già segnato un’innovazione ed una svolta significativa nel nostro sistema processuale poiché, fino a qualche anno fa, nei Palazzi di Giustizia, la documentazione era completamente cartacea. Invece, attualmente, con il portale telematico, ogni fascicolo ha una propria casella telematica e ciò significa che gli atti processuali vengono digitalizzati. Ad esempio, se poniamo in essere un atto di citazione [9] notificato in modo cartaceo, questo viene digitalizzato (in formato pdf) e poi inserito nel fascicolo così come tutta la documentazione. Tale procedura, però, è stata possibile soltanto quando si è trovata una modalità per dare certezza ai vari documenti, attraverso la firma digitale e, cioè, la possibilità di accertare la provenienza del documento, attestarne la veridicità in formato digitale e la conformità con le copie cartacee presenti all’interno del proprio studio legale. L’atto, quindi, acquisisce, attraverso la firma digitale (in formato p7m), una forma digitale. Questa riflessione per dire che, accanto alla forma scritta ed orale degli atti, dobbiamo necessariamente aggiungere e prospettare anche una forma digitale degli stessi. Infatti, proprio a tal riguardo, possiamo vantare uno dei pochi sistemi processuali così avanti nell’attività digitalizzata ed anche questa pandemia ha fornito un’accelerazione a tutto ciò introducendo, appunto, modalità alternative a quelle ordinarie che garantiscono, allo stesso modo, un contraddittorio telematico. Viaggiamo con grande velocità verso un processo, a tutti gli effetti, digitalizzato.

 

 

 


[1] Il principio del contraddittorio è codificato dall’art. 101, comma 1, c.p.c., in virtù del quale “Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa”.
[2] C. MANCUSO, Nuovi strumenti per un contraddittorio telematico. Le modalità alternative dell’udienza civile., in Il processo civile solidale. Dopo la pandemia., a cura di A. DIDONE e F. DE SANTIS, Wolters Kluwerr , 2020, p.  68.
[3] Così, testualmente, F. Danovi, Procedimenti separativi su intesa e comparizione personale delle parti al tempo del Covid-19: la linea del Tribunale di Torino, in Fam. e dir., 5, 2020, p. 431. Lo stesso autore, in nota, richiama, per la raffigurazione scenica del processo P. Calamandrei, Giustizia e politica: sentenza e sentimento, in Processo e democrazia, in Opere giuridiche, I, Napoli, 1965, p. 637 (“si dice comunemente che il processo, civile o penale, si può rassomigliare a un dramma: come in un dramma, infatti, si svolge in esso una successione di atti compiuti da diverse persone in forma dialogica, con distinzione in diversi episodi concatenati, che trovano il loro scioglimento, come in un epilogo, nella sentenza. E in verità spesso il processo ha non solo nelle forme, ma anche nella sua sostanza umana, una vicenda di dramma, triste o comico secondo i casi”) e P. Pajardi, Processo al processo, Padova, 1985, p. 56 ss., che definisce il processo “teatro”, “scena” e “dramma”.
[4] Sul tema, ampiamente, C. MANCUSO, Nuovi strumenti per un contraddittorio telematico. Le modalità alternative dell’udienza civile., in op. cit., p. 71 e ss.
[5] L’art. 128 c.p.c. recita espressamente: “L’udienza in cui si discute la causa è pubblica a pena di nullità, ma il giudice che la dirige può disporre che si svolga a porte chiuse, se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume. Il giudice esercita poteri di polizia per il mantenimento dell’ordine e del decoro e può allontanare chi contravviene alle sue prescrizioni.” La norma in commento sancisce il principio della «pubblicità» delle udienze che, però, deve intendersi non in senso assoluto ma relativo, essendo sempre suscettibile di legittime restrizioni e/o di eccezionali esclusioni ope legis. Si veda sul punto, P. Comoglio, Giudizio di legittimità, trattazione camerale ‘‘non partecipata’’ e processo ‘‘equo’’, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 7-8, I, p. 1028 ss.
[6] Così ed in generale, F. Caroleo – R. Ionta, L’udienza civile ai tempi del coronavirus. Comparizione figurata e trattazione scritta, in www.giustiziainsieme.it.
[7] Così ed, in generale, ampiamente, C. MANCUSO, Nuovi strumenti per un contraddittorio telematico. Le modalità alternative dell’udienza civile., in op. cit., p. 74 e ss.
[8] Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del Massimario e del Ruolo, Relazione n. 85 su novità normativa, Roma, 2 novembre 2020. Sul tema anche, F. Terrusi, La Corte di cassazione ai tempi del coronavirus, ovvero per una nomofilachia processuale solidale, in Il processo civile solidale. Dopo la pandemia., a cura di A. DIDONE e F. DE SANTIS, Wolters Kluwerr, 2020, p. 44 e ss.
[9] L’atto di citazione costituisce l’atto d’instaurazione del processo di ordinaria cognizione, con il quale l’attore formula la domanda giudiziale, chiedendo la tutela giurisdizionale del diritto o rapporto giuridico sostanziale da lui posto a fondamento della domanda medesima. Una volta sottoscritto dal difensore, deve essere, su istanza dell’attore o dello stesso difensore, notificato al convenuto, cioè portato a conoscenza di quest’ultimo. Dalla data di notificazione della citazione decorrono gli effetti sostanziali e processuali della domanda. Così, G. Arieta – F. De Santis – L. Montesano, Corso base di diritto processuale civile., Cedam, 2019, p. 448 e ss.

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