Le obbligazioni solidali

Le obbligazioni solidali

Come previsto dall’art. 1292 c.c., l’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri; oppure quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiedere l’adempimento dell’intera obbligazione e l’adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori.

A seconda che il relativo vincolo sussista tra creditori ovvero tra debitori, si suole distinguere tra solidarietà attiva e solidarietà passiva.

La solidarietà passiva è presunta dalla legge: ai sensi dell’art. 1294 c.c., infatti, i condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente.

La solidarietà tra creditori deve invece essere espressamente pattuita e l’obbligazione si presume parziaria.

La ragione di tale differente disciplina risiede nella diversa funzione che la solidarietà assume nei rapporti tra debitori: la presunzione di solidarietà passiva, in particolare, è finalizzata a facilitare l’adempimento dell’obbligazione, consentendo al creditore di rivolgersi a ciascun debitore senza la necessità di dover calcolare la parte di ciascuno.

Nello stesso tempo, tale solidarietà rafforza la garanzia del creditore in caso di inadempimento dell’obbligazione, permettendogli di agire forzatamente sul patrimonio di ciascuno dei debitori.

Secondo la lettera della legge, tuttavia, affinché sussista la solidarietà tra condebitori è necessario che tutti siano obbligati per la medesima prestazione; ci si chiede, allora, cosa debba intendersi per “medesima prestazione’’.

In primo luogo occorre premettere che, ai sensi dell’art. 1293 c.c, la solidarietà non è esclusa dal fatto che i singoli debitori siano tenuti ciascuno con modalità diverse, o il debitore comune sia tenuto con modalità diverse di fronte ai singoli creditori.

Detto questo, secondo parte della dottrina l’identità della prestazione dovuta non sarebbe in realtà un requisito essenziale per aversi solidarietà; vi sono dei casi, infatti, in cui la legge afferma espressamente la sussistenza della solidarietà nonostante i debitori non siano tenuti ad eseguire la stessa prestazione.

A conferma di quanto affermato si richiama la disciplina della fideiussione, nella quale, nonostante i soggetti coinvolti, debitore garantito e fideiussore, non siano tenuti ad effettuare la medesima prestazione, gli stessi sono, per espressa affermazione legislativa, obbligati in solido al pagamento del credito garantito.

Di contrario avviso è invece altra dottrina, secondo la quale quella fideiussoria non sarebbe in realtà una vera e propria solidarietà, se non sui generis.

La disciplina della fideiussione, infatti, è in parte diversa da quella dettata in tema di obbligazioni solidali: si consideri, in particolare, la facoltà di opporre eccezioni del fideiussore, nonché le modalità di esercizio dell’azione di regresso, la quale, a differenza di quella concessa al condebitore solidale, è esercitata per intero e non solo per quota.

Secondo tale concezione, dunque, l’identità della prestazione dovuta (eadem res obbligandi) è un requisito essenziale per la costituzione del vincolo di solidarietà.

Al contrario, si dice, le differenze rappresentate non valgono ad escludere la fideiussione dalla categoria delle obbligazioni solidali, posto che l’art. 1293 c.c. afferma chiaramente che la solidarietà non è impedita dal fatto che i condebitori siano tenuti con modalità diverse.

Stante la solidarietà tra garante e garantito, d’altra parte, secondo alcuni autori non sarebbe elemento essenziale per l’affermazione della solidarietà nemmeno l’unicità della fonte dalla quale deriva l’obbligazione, ossia l’eadem causa obbligandi.

Tutte le obbligazioni solidali contratte nell’interesse di uno solo dei soggetti obbligati, c.d. ad interesse unisoggettivo, nascono infatti da due fonti differenti.

In tale tipologia di obbligazioni solidali, tuttavia, è la comunione di scopo ad assurgere a requisito essenziale per l’affermazione della solidarietà, essendo necessario un collegamento funzionale tra le differenti prestazioni.

Ciò premesso, a parere dello scrivente la tesi più corretta sembra essere quella che esclude la possibilità di ricondurre ad unità tutte le obbligazioni solidali, ammettendone la sussistenza di varie e differenti tipologie.

Non esiste infatti un concetto omogeneo di obbligazione solidale, quanto piuttosto una nozione unitaria di solidarietà, la quale può funzionare sia come strumento di attuazione di un’obbligazione soggettivamente complessa, sia come vincolo tra più obbligazioni distinte, seppur connesse.

La solidarietà, dunque, può sussistere tra più debitori della medesima prestazione, così come avviene nelle c.d. obbligazioni soggettivamente complesse, ovvero costituire una modalità di attuazione di obbligazioni distinte, così come avviene nella fideiussione o nell’assicurazione.

L’identità della prestazione a cui sono tenuti i debitori e l’unicità della fonte varrebbe dunque ad integrare, stante la conformità di tutti gli elementi costitutivi, la sussistenza di un’obbligazione unica, nonostante la presenza di una pluralità di soggetti coinvolti (obbligazione soggettivamente complessa).

La solidarietà, però, può costituire anche una modalità di attuazione di obbligazioni distinte, come avviene nel caso in cui non si assiste alla completa identità degli altri elementi dell’obbligazione.

Si pensi, ancora una volta, all’assicurazione o alla fideiussione: qui, infatti, stante la diversità della prestazione a cui sono tenuti i debitori e la diversità della fonte dalla quale deriva il relativo obbligo, non si può parlare di un’unica obbligazione soggettivamente complessa, bensì di una pluralità di obbligazioni distinte caratterizzate dalla solidarietà tra condebitori.

Nel caso in cui le parti si obblighino ad eseguire, attraverso la medesima fonte, la stessa prestazione, dunque, saremmo in presenza di un’unica obbligazione, sebbene soggettivamente complessa.

Al contrario, nel caso in cui alla diversità dei soggetti corrisponda anche la diversità di uno di tali elementi, non si potrebbe parlare di un’unica obbligazione, bensì di rapporti giuridici distinti.

La presunzione di solidarietà, in particolare, varrebbe solo in presenza di un’obbligazione soggettivamente complessa, ossia di un’unica obbligazione caratterizzata dalla sussistenza di più soggetti, mentre in presenza di obbligazioni giuridiche distinte, ossia riguardanti prestazioni o aventi fonti differenti, la solidarietà dovrebbe trovare la propria fonte nella legge o nella volontà delle parti.

Partendo dal presupposto che non tutte le obbligazioni solidali sono anche soggettivamente complesse, occorre distinguere: quando l’obbligazione solidale è anche soggettivamente complessa, allora sussisterà un unico rapporto giuridico nonostante la presenza di una pluralità di soggetti coinvolti; nel caso in cui, invece, si assista alla diversità di uno o di tutti gli altri elementi caratterizzanti il vincolo, allora si sarà in presenza di una molteplicità di rapporti giuridici distinti.

Come previsto dall’art. 1298 c.c., nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi. Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente.

Ai sensi dell’art. 1299 c.c., il debitore in solido che ha pagato l’intero debito può ripetere dai condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi; se uno di questi è insolvente, la perdita si ripartisce per contributo tra gli altri condebitori, compreso quello che ha fatto il pagamento. La stessa norma si applica qualora sia insolvente il condebitore nel cui esclusivo interesse l’obbligazione era stata assunta.

Per giustificare l’azione di regresso del condebitore adempiente o comunque il diritto degli altri creditori a ricevere la parte di prestazione di loro spettanza, alcuni autori affermano la sussistenza di un contratto di mandato, in virtù del quale il condebitore adempiente o il concreditore ricevente agisce come mandatario degli altri e, come tale, ha il dovere di adempiere o la facoltà di ottenere per intero la prestazione.

Altra dottrina, invece, parla di ingiustificato arricchimento degli altri condebitori liberati dall’adempimento di uno di essi, ovvero del creditore che ha ricevuto la parte di prestazione di spettanza degli altri concreditori.

In dottrina e giurisprudenza si discute se l’azione di regresso di cui all’art. 1299 c.c. sia una particolare modalità di esecuzione della surrogazione legale di cui all’art. 1203 c.c., ovvero se le due azioni costituiscano in realtà rimedi differenti.

In questa seconda eventualità, d’altra parte, ci si chiede quale sia il rapporto tra le due azioni, ossia se le stesse si pongano in relazione di necessaria alternatività ovvero se possano anche essere esercitate cumulativamente.

A norma dell’art. 1203 c.c., in particolare, la surrogazione legale ha luogo di diritto nel caso in cui l’adempimento provenga da un soggetto che, tenuto con altri o per altri all’adempimento, abbia interesse ad eseguire la prestazione; ed è questo il caso delle obbligazioni solidali.

Qualora si interpretasse l’azione di regresso come una modalità di attuazione della surrogazione, allora si dovrebbe convenire che il condebitore, il quale agisce mediante il regresso, non eserciti un diritto autonomo, ma il diritto che il creditore aveva nei confronti degli altri condebitori; viceversa, qualora si ritenga che il regresso sia un rimedio autonomo rispetto alla surrogazione, allora si dovrebbe convenire la sussistenza in capo al condebitore adempiente di un diritto nuovo e differente rispetto a quello del creditore.

La disputa non è meramente teorica, assumendo al contrario grande rilevanza pratica in tema di garanzie, eccezioni opponibili e prescrizione.

Qualora si accogliesse la prima tesi, infatti, il condebitore che agisce in regresso potrebbe avvalersi delle garanzie annesse al credito, posto che l’art. 1204 c.c., il quale disciplina l’esercizio della surrogazione, consente al surrogante di giovarsi delle garanzie, anche concesse da terzi, del surrogato.

In secondo luogo, considerare il regresso come una modalità di surrogazione consentirebbe agli altri condebitori di opporre al condebitore che agisce in regresso le stesse eccezioni che avrebbero potuto eccepire al creditore, trattandosi comunque del medesimo diritto di cui costui era titolare nei loro confronti.

Per quanto concerne la prescrizione, infine, essa dovrebbe iniziare a decorrere dal momento in cui è sorto il credito e non, invece, da quello in cui è stato effettuato il pagamento, trattandosi dell’esercizio del medesimo diritto.

Secondo l’orientamento prevalente in giurisprudenza, le due azioni costituiscono in realtà rimedi differenti: con l’azione di regresso, infatti, il condebitore adempiente esercita un diritto nuovo ed autonomo rispetto a quello del creditore, il quale sorge in virtù dell’adempimento di un’obbligazione altrui.

In linea di massima, avendo le stesse il medesimo oggetto, ossia la restituzione di quanto pagato dal condebitore per conto degli altri soggetti obbligati, il rapporto tra le due azioni si pone in termini di alternatività.

Ciò non toglie, però, precisa la S.C., che nella pratica le stesse possano in realtà avere oggetto differente, e dunque essere esercitate in via cumulativa.

Con la surrogazione, infatti, il debitore adempiente può ottenere solo ed esclusivamente la restituzione della parte di credito gravante sugli altri condebitori, mentre con il regresso egli agisce al fine di conseguire la restituzione di quanto effettivamente pagato, comprese eventuali spese, interessi, penali o risarcimenti.

Nonostante la sussistenza del vincolo di solidarietà tra condebitori o concreditori, l’art. 1297 c.c. esclude che uno dei debitori in solido possa opporre al creditore le eccezioni personali agli altri debitori e, nello stesso tempo, che ad uno dei creditori in solido il debitore possa opporre le eccezioni personali agli altri creditori.

Si vuole così evitare la possibilità di far valere, a titolo di eccezione, fatti personali riguardanti gli altri soggetti del rapporto.

Il vincolo di solidarietà è strettamente inerente alla persona dei soggetti coinvolti nel rapporto e, pertanto, l’art. 1295 c.c. esclude che lo stesso si trasmetta agli eredi di uno dei condebitori o di uno dei creditori in solido, per i quali l’obbligazione si divide in proporzione delle rispettive quote; è fatto salvo, comunque, il patto contrario.

Ciò a differenza di quanto avviene nelle obbligazioni c.d. indivisibili, dove, stante la natura indivisibile della prestazione che ne costituisce l’oggetto, il vincolo di solidarietà si trasmette anche agli eredi dei soggetti coinvolti.

Agli articoli 1300 e seguenti del codice, il legislatore disciplina gli effetti sull’obbligazione solidale delle vicende diverse dall’adempimento. In linea generale, si prevede l’estensione agli altri soggetti dell’obbligazione degli effetti ad essi favorevoli, mentre si esclude l’estensione di quelli sfavorevoli.

Ai sensi dell’art. 1301 c.c., per esempio, la remissione a favore di uno dei debitori in solido libera anche gli altri debitori, salvo che il creditore abbia riservato il suo diritto verso gli altri, nel qual caso il creditore non può esigere il credito da questi, se non detratta la parte del debitore a favore del quale ha consentito la remissione. Viceversa, se la remissione è fatta da uno dei creditori in solido, essa libera il debitore verso gli altri creditori solo per la parte spettante al primo.

Ugualmente, la transazione fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, se questi non dichiarano di volere profittare; ovvero, se è intervenuta tra uno dei creditori in solido ed il debitore, la transazione non ha effetto nei confronti degli altri creditori, se questi non dichiarano di volerne profittare.

Come chiarito dalla giurisprudenza, è la comunanza dell’oggetto che caratterizza la transazione a consentire che di essa possa avvalersene anche il condebitore solidale che non ha partecipato alla sua stipulazione, in deroga al principio generale in base al quale il contratto produce effetti solo tra le parti. La norma, pertanto, si riferisce solamente alla transazione stipulata per l’intero debito solidale, e non solo per la quota del condebitore con il quale è stata stipulata.

Secondo quanto specificato dalla S.C., poi, ove la transazione stipulata tra il creditore ed uno dei condebitori in solido abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una soma pari o superiore alla quota ideale di debito; se, per contro, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di colui che ha stipulato la transazione.

La conseguente riduzione dell’ammontare dell’intero debito, peraltro, pattuita in via transattiva con uno solo dei debitori e che opera anche nei confronti del condebitore il quale dichiari di volere profittare della transazione, non può essere impedita dall’inserimento nel medesimo contratto di una clausola di contrario tenore, essendo inibito alle parti contraenti disporre di un diritto potestativo che la legge attribuisce ad un terzo estraneo al negozio.

In deroga alla regola generale secondo la quale non si estendono agli altri condebitori gli effetti ad essi sfavorevoli, l’interruzione della prescrizione ha invece efficacia nei confronti di tutti.

Come previsto dall’art. 1310 c.c., infatti, gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido hanno effetto riguardo agli altri debitori.

Diversamente, la sospensione, derivando da cause strettamente personali, esplicita i suoi effetti solo con riguardo al condebitore al quale si riferisce; ciò vale, tuttavia, solo nei rapporti esterni, mentre in quelli interni il condebitore che ha pagato, perché nei suoi confronti la prescrizione era rimasta sospesa, conserva il regresso verso gli altri condebitori, anche se nei confronti di questi l’obbligazione si è estinta per prescrizione.

La legge consente al creditore di rinunciare alla solidarietà, espressamente o tacitamente, a favore di un solo condebitore oppure di tutti.

Ai sensi dell’art. 1311 c.c., infatti, il creditore ha facoltà di rinunciare alla solidarietà a favore di uno solo dei debitori, conservando l’azione in solido contro gli altri. Come previsto dalla norma, rinuncia alla solidarietà il creditore che rilascia ad uno dei debitori quietanza per la parte di lui senza riserva, nonché il creditore che abbia agito giudizialmente contro uno dei debitori per la parte di lui, se questi ha aderito alla domanda o se è stata pronunciata sentenza di condanna.

Nel caso di rinuncia alla solidarietà nei confronti di uno solo dei condebitori, quindi, il creditore conserva il potere di chiedere l’adempimento della prestazione agli altri debitori solidali, secondo le normali regole sulla solidarietà.

Il vincolo di solidarietà, tuttavia, può essere estinto anche nei confronti di tutti i condebitori: in tale ipotesi la prestazione si divide tra i condebitori, per cui ognuno di essi sarà tenuto solo per la usa quota ed ogni creditore avrà diritto solo alla sua parte; in altre parole, l’obbligazione solidale si converte in parziaria.

La rinuncia alla solidarietà non deve però essere confusa con la rinuncia al debito solidale, la quale non estingue solo il vincolo solidale, ma determina l’estinzione dell’intera obbligazione.

Nel caso di rinuncia del creditore alla solidarietà verso alcuno dei debitori, recita l’art. 1313 c.c., se uno degli altri è insolvente, la sua parte di debito è ripartita per contributo tra tutti i condebitori, compreso quello che era stato liberato dalla solidarietà.

Nella pratica la norma trova applicazione anche nei rapporti interni tra condebitori: se un condebitore adempie per intero la prestazione, dunque, non riuscendo ad ottenere la quota di rimborso da parte di un coobbligato insolvente, conserverà la possibilità di agire in regresso anche verso il condebitore liberato dal vincolo solidale.

La rinuncia alla solidarietà può anche essere limitata ai frutti ed agli interessi scaduti: ai sensi dell’art. 1312 c.c., infatti, il creditore che riceve separatamente e senza riserva, la parte dei frutti o degli interessi che è a carico di uno debitori perde contro di lui l’azione in solido per i frutti o per gli interessi scaduti, ma la conserva per quelli futuri.

Da ultimo, si osserva, le disposizioni sulle obbligazioni solidali si applicano anche a quelle indivisibili: qui, però, il vincolo di solidarietà deriva dalla natura stessa della prestazione che costituisce l’oggetto dell’obbligazione, la quale non è divisibile tra i vari soggetti obbligati.

In altre termini, l’obbligazione indivisibile non può che essere un’obbligazione solidale: tutte le obbligazioni indivisibili sono quindi solidali, mentre non tutte le obbligazioni solidali sono indivisibili.

L’art. 1317 c.c. estende, pertanto, alle obbligazioni indivisibili le norme relative alle obbligazioni solidali, salvo tuttavia alcune eccezioni.

La prima di tali eccezioni riguarda la trasmissibilità del vincolo di solidarietà agli eredi dei soggetti coinvolti: come previsto dall’art. 1318 c.c., in particolare, l’indivisibilità opera anche nei confronti degli eredi del debitore o di quelli del creditore.

La seconda eccezione, invece, riguarda i fatti estintivi dell’obbligazione: l’obbligazione indivisibile, infatti, a differenza di quella solidale, non può estinguersi solo parzialmente, ossia nei confronti di alcuni soggetti e non di altri; il debitore il cui debito si è estinto con riguardo ad uno solo dei creditori, pertanto, è tenuto per l’intero nei confronti degli altri creditori.

Questi, tuttavia, come sancito dall’art. 1320 c.c., non possono domandare la prestazione indivisibile se non addebitandosi ovvero rimborsando il valore della parte di credito estinta; in quanto, diversamente, si verificherebbe un ingiustificato arricchimento ai danni del debitore.


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