Video on street e condivisione in internet: identificazione personale e sequestro preventivo del sito

Video on street e condivisione in internet: identificazione personale e sequestro preventivo del sito

Sommario: 1. Premessa – 2. Il dato personale e la targa automobilistica – 3. Il trattamento dei dati personali da parte delle persone fisiche –  4. Diffamazione e sequestro preventivo

 

1. Premessa

Nell’era dei social network e della condivisione compulsiva delle immagini, capita sovente di vedere pubblicati on line da singoli utenti video che riprendono, direttamente o indirettamente, scene di vita quotidiana in luoghi pubblici o aperti al pubblico comprensive di ignari passanti e veicoli stradali.

Talvolta si tratta di riprese effettuate per documentare un evento singolare occorso lungo la pubblica via, oppure di immagini che documentano un’attività fisica, quali quelle registrate dalle cosiddette “videocamere sportive o action cam”, o ancora di riprese delle cosiddette “dash cam”, sistemi di ripresa audiovisiva creati per documentare la dinamica degli eventi in caso di sinistro stradale.

La condivisione di tali riprese, però, può comportare un trattamento di dati personali per il quale occorre il consenso dei rispettivi titolari, in conformità della disciplina in materia di “privacy”.

2. Il dato personale e la targa automobilistica

Viene definito un dato personale – e come tale è soggetto alla disciplina in materia di privacy – “qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale”[1].

Il numero di targa degli autoveicoli, spesso leggibile nei video condivisi on line, è quindi un dato tutelato dalla normativa sulla privacy in quanto, pur essendo di dominio pubblico e visibile da chiunque, rientra nel novero dei dati di identificazione personale, essendo sufficiente una semplice visura del Pubblico Registro Automobilistico per risalire all’intestatario del veicolo.

Ciò che rileva ai fini della tutela sulla privacy, nel caso del numero di targa di un veicolo, non è il numero in sé bensì il possibile abbinamento ad una persona fisica, tramite la consultazione del suddetto pubblico registro, al pari di un numero di cellulare[2].

3. Il trattamento dei dati personali da parte delle persone fisiche

Qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l’ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, la consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, l’estrazione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati, costituisce un trattamento di dati personali[3].

Un’immagine fotografica, singola o associata ad altri fotogrammi per realizzare un video, che ritrae il volto di una persona o la targa di un veicolo costituisce un trattamento di dati di identificazione personale.

Un tale trattamento è soggetto al rispetto della normativa per la privacy – e quindi, sintetizzando, è lecito solo in caso di consenso dell’avente diritto o nei casi tipizzati esclusi dal propedeutico consenso – in caso di comunicazione sistematica o di diffusione[4].

Pertanto la persona fisica che scatta immagini o registra video riprendenti persone in luogo pubblico o aperto al pubblico o numeri di targa di veicoli non deve preventivamente recuperare il consenso informato dei rispettivi titolari a patto che utilizzi tali immagini solo a fini personali – quindi non per fini commerciali o professionali – e senza comunicazione sistematica o diffusione.

Ovviamente la pubblicazione di immagini on line integra una diffusione, al pari della condivisione sul proprio profilo personale di un social network, sebbene “privato” e con un numero limitato di utenti che possono visionarne i contenuti.

A tal proposito, infatti, un post sui social network non è mai veramente “privato”, anche se l’account ha le impostazioni della privacy  che lo rendano visibile esclusivamente  ad un numero determinato di selezionati contatti, in quanto la pubblicità del profilo social è facilmente modificabile e vi è sempre la possibilità che un contatto “amico” condivida il post e renda dinamico il trattamento del dato di identificazione personale (sul punto è anche intervenuto il Garante dei dati personali in relazione al caso di diffusione tramite un post su Facebook di un provvedimento giudiziario contenente aspetti di vita familiare che riguardavano anche un minorenne[5]).

L’utente che tratti dati di identificazione personale contenuti nei propri video tramite la diffusione on line, pertanto, o eliminerà tali dati personali, coprendo o rendendo sgranata la sezione di fotogramma, o ricadrà nell’ambito di applicazione della tutela predisposta dal codice della privacy, con annesse prescrizioni sugli oneri di informativa, raccolta e trattamento, sulla raccolta del consenso del titolare del dato ed ovviamente sulle conseguenze in caso di violazioni o di danno all’immagine dei titolari dei detti dati.

4. Diffamazione e sequestro preventivo

Talvolta nei video condivisi on line, anche tramite una selezione faziosa e decontestualizzata dei fotogrammi riprodotti, gli autori deridono una persona il cui volto è chiaramente riconoscibile o il possessore di un veicolo per la propria condotta o gli si addebita un comportamento con connotati negativi.

Spesso tali video divengono virali su gruppi campanilistici dei cosiddetti haters, con tanto di commenti negativi per l’onore ed il decoro del titolare del dato di identificazione.

In tali casi, oltre alla violazione della normativa a tutela della riservatezza, si può integrare anche il reato di diffamazione aggravata.

Il titolare del dato (la persona il cui volto è riconoscibile o alla quale la targa automobilistica è registrata) in tal caso può agire su più fronti per impedire la diffusione senza controllo dell’artefatto informatico, presentando querela per diffamazione, chiedendo al social network di eliminare il contenuto telematico e chiedendo al Garante per i dati personali di ordinarne la rimozione, oltre ovviamente ad agire anche per il risarcimento del danno della propria immagine.

La preoccupazione più pregnante per il soggetto leso nelle ipotesi in oggetto, però, è la limitazione della diffusione dei video riprodotti, tramite la celere rimozione degli stessi dai siti/account social.

Nel caso non si riesca ad ottenere bonariamente tale risultato, si può ricorrere alla richiesta di un sequestro preventivo del sito personale dell’autore della diffusione del video o lo speculare oscuramento del relativo profilo del social network ove è stato trattato il dato telematico, con prescrizione al fornitore del servizio di renderne inaccessibile agli altri utenti il contenuto.

Con riferimento a tale soluzione, spesso, l’autore della condotta, soggetto indagato per diffamazione, invoca l’inutilizzabilità dello strumento previsto dall’art. 321 c.p.p., in quanto ricorribile solo in caso di previsione della potenziale conferma all’esito del giudizio di merito – e nel caso specifico non sarebbe possibile la confisca del profilo personale – e l’illegittimità del provvedimento in parola in quanto lesivo della libertà di manifestazione del pensiero, al pari di una testata giornalistica on line.

In relazione alla prima doglianza si è consolidato un orientamento giurisprudenziale per il quale è lecito il sequestro preventivo di un sito web o di una pagina telematica in presenza del “fumus commissi delicti” e del “periculum in mora” tramite l’imposizione al fornitore del servizio di oscurare un elemento telematico o di impedire l’accesso ad altri utenti ad un determinato sito ai sensi degli artt.li 14, 15 e 16 del D.lgs. 70/2003 in quanto “l’equiparazione dei dati informatici alle cose in senso giuridico consente di inibire la disponibilità delle informazioni in rete e di impedire la protrazione delle conseguenze dannose del reato[6].

Con riferimento invece al secondo aspetto esaminato, le pagine web di privati, i blog e gli account sui social network non godono delle medesime tutele costituzionali in materia di sequestro della stampa, ancorché on line.

Si tratta, infatti, di realtà molto diverse e non paragonabili, alla luce della peculiare struttura che connota una testata giornalistica e della possibilità per chiunque acceda ad un sito on line diverso dalla stampa on line di esprimere il proprio pensiero su ogni argomento, senza alcuna preventiva selezione e suscitare in tal modo commenti e reazioni degli altri frequentatori virtuali.

 

 


[1] Art. 4  lett. B) D.lgs. 196/2003.
[2] Sentenza della Corte di Cassazione n. 44940/2011.
[3] Art. 4 lett. A) D.lgs 196/2003.
[4] Art. 5 D.lgs. 196/03.
[5] Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali n. 75 del 23.02.2017 – doc. web n. 6163649]
[6] Cassazione penale Sez. V n. 21521/2018.

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