L’illegittimità costituzionale della detenzione domiciliare speciale

L’illegittimità costituzionale della detenzione domiciliare speciale

Sommario: 1. Introduzione – 2. Breve excursus della recente giurisprudenza – 3. Corte Costituzionale n. 30/2022 – 4. Riflessioni conclusive

 

1. Introduzione

La detenzione domiciliare speciale, introdotta con Legge n. 40/2001 è una delle misure alternative previste, che ai sensi dell’articolo 47-quinquies, della Legge n. 354/1975 (Ordinamento Penitenziario) può essere concessa alle detenute madri con figli di età non inferiore a dieci anni nei casi in cui non sussistano i presupposti dell’articolo 47-ter, dell’Ordinamento Penitenziario.

L’articolo 47-quinquies dell’Ordinamento Penitenziario è stato più volte oggetto di pronunce relative all’illegittimità costituzionale.

2. Breve excursus della recente giurisprudenza

Una parziale legittimità costituzionale dell’articolo in commento si è avuta con la Sentenza della Corte Costituzionale n. 76/2017, che  ha eliminato la preclusione della disciplina della detenzione domiciliare,  nei casi di condanna  aventi ad oggetto reati di grave allarme sociale. La Sentenza n. 76/2017, a sua volta, richiama la decisione della consulta del 2014, la n. 239, “secondo la quale la mancata collaborazione con la giustizia non può ostare alla concessione di un beneficio primariamente finalizzato a tutelare il rapporto tra la madre e il figlio minore”.[1]

Si approda a tale decisone costituzionale con il preciso intendo di bilanciare l’interesse del minore con l’esecuzione della pena della detenuta madre. Tutele che discendono dal combinato disposto dell’articolo l’art. 31, Costituzione “ma anche l’art. 3, primo comma, della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo (1989, con ratifica italiana del 1991) e l’art. 24, secondo comma, della Carta di Nizza: norme sovranazionali, entrambe, nel cui ambito si pretende “considerazione preminente” per l’interessesuperiore del fanciullo in tutte le decisioni dell’autorità pubblica che lo riguardino; norme, dunque, che dettano un criterio di bilanciamento affatto particolare, per il legislatore ed anche, nella cornice della legge, quanto alle decisioni giudiziali”.[2]

È chiaro, come la dottrina evidenzia sul punto, che ad involgere l’illegittimità costituzionale è proprio il sistema preclusivo dell’Ordinamento Penitenziario: “illegittima anzitutto l’estensione di una disciplina nata per incentivare i condannati alla collaborazione, anche quale momento pregnante del loro percorso rieducativo, ad un contesto nel quale le conseguenze negative della preclusione si producono soprattutto in danno di un terzo, cioè del figlio infante, i cui diritti sono d’altra parte garantiti al massimo livello”.[3]

Anche la Corte di Cassazione recentemente è intervenuta sul punto e la dottrina non ha perso occasione per far giustamente notare che “stabilendo che l’interesse del minore debba essere valutato come preminente rispetto alle esigenze di sicurezza della collettività”.[4]

3. Corte Costituzionale n. 30/2022

Giunti a questo punto è utile richiamare la recentissima decisione della Corte Costituzionale con la Sentenza n. 30/2022. Con tale Sentenza è stato chiarito che il magistrato di sorveglianza può applicare la misura alternativa alla detenzione de quo, in caso vengano offerte “concrete  indicazioni  in  ordine   alla   sussistenza   dei presupposti per l’ammissione e al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello  stato  di  detenzione”.[5] Da ciò discende l’ulteriore illegittimità costituzionale dell’articolo in commento, poiché “non prevede  che, ove vi sia  un  grave  pregiudizio  per  il  minore  derivante  dalla protrazione dello stato di  detenzione  del  genitore,  l’istanza  di detenzione  domiciliare  può essere  proposta  al   magistrato   di sorveglianza, che  piò  disporre  l’applicazione  provvisoria  della misura, nel  qual  caso  si  applicano,  in  quanto  compatibili,  le disposizioni di cui all’art. 47, comma 4, della medesima legge.[6]

4. Riflessioni conclusive

Una riflessione piena  sulla delicata questione relativa  ai diritti  inviolabili dei figli di madri ristrette proviene dalla legge 62/2011 che per la prima volta pone, in maniera netta, la questione in oggetto capovolgendo il soggetto  verso cui rivolgere solida  attenzione , dirigendo in tal senso  le speculazioni   di natura giuridico-filosofica nei riguardi del diritto dovuto ai minori  e non più   su quello  preteso o ricercato dalle madri detenute.

La legge citata  ha il merito di aver esplicitato e affrontato il tema del grave nocumento derivante dal privare un figlio  della presenza della madre,  specialmente durante  lo stadio evolutivo dell’infanzia e comunque nella fase prepuberale; tale monito è stato accolto dalla già richiamata sentenza del 22 ottobre 2014 della Corte costituzionale[7]che si è espressa, in tal senso, strutturando  una dichiarazione  normata fondandola sulla considerazione che  non conta analizzare  la condizione della madre, che non è destinataria della tutela legislativa, bensì  occorre puntare sulla protezione dell’interesse dei suoi figli.

Ammettere ai benefici della detenzione domiciliare speciale una madre, solo dopo aver scontato un  precedente stato di carcerazione,  non può pertanto essere una soluzione etica fondante.

Affinché i rapporti sussistenti fra la  diade madre-figlio non vengano interrotti e non si creino traumi esistenziali  sfocianti in allentamenti disfunzionali  della sfera psicosociale del bambino occorre che tale applicazione trovi una sua attuazione nella fase iniziale dell’espiazione della pena  della detenuta, ammettendola, indipendentemente dal tipo di reato agito , quando non in presenza di appurata pericolosità sociale,  a scontare in  detenzione domiciliare oppure  in istituti preposti a custodia attenuata per detenute madri (I.C.A.M.) la pena comminatele sino al raggiungimento del decimo anno di vita del bambino.

Gli Istituti a custodia attenuata per madri detenute (I.C.A. M.)  sono residenze in cui alla rigidità di angusti spazi condivisi e alla quotidiana presenza del personale di polizia in divisa si sostituiscono spazi abitativi più vivibili  e meno spersonalizzati  frequentati da  personale qualificato  nel  formare ed educare madri e bambini e dove poter avviare un percorso volto all’osservazione scientifica della madre-ristretta.

Allo stato attuale, in Italia esistono  pochissime strutture all’uopo destinate e risalgono ad una storia piuttosto recente; il primo  nasce, nel 2006, a Milano.

Considerando  dunque il valore della salute mentale del minore e il  diritto inviolabile al corretto sviluppo psico- fisico è possibile ritenere come una madre detenuta possa costituzionalmente  avvalersi di tale misura ed essere assegnata ad un istituto a custodia attenuata nel caso la prole abbia età inferiore ai sei anni e di essere fatta  oggetto di specifiche predisposizioni  atte a regolamentare e rendere più assidui gli interventi dell’UEPE, sin dalla  fase  iniziale di espiazione, investendo su un modello che richiami nella sua linea di applicazione quello dell’affidamento in prova.

Superata la soglia dei 10 anni di età della prole, sarà l’organo competente, nella fattispecie il Magistrato di Sorveglianza, a vagliare  le reali opportunità e risorse  che la madre detenuta, con la sua presenza, riesce   a trasferire ai figli, basandosi sull’ ottica dell’ottenimento di un  armonico e coeso sviluppo biologico e personologico del minore, reale e unico  soggetto della norma argomentata.

 

 

Coautrice: Dott.ssa Valentina Arcidiacono, Esperto in Criminologia

 

 

 

 

 

 


[1] C. Cost., 12 aprile 2017, n. 76.
[2] Leo G., “Un nuovo passo della consulta per la tutela dei minori con genitori condannati a pene detentive e, contro gli automatismi preclusivi nell’ordinamento penitenziario”, in DPC, 8 maggio 2017, n. 5/2017.
[3] Leo G., op. cit.
[4] Cardinale N., “Detenzione domiciliare speciale e interesse superiore del minore”, in SP, 17 giugno 2020.
[5] C. Cost., 3 febbraio 2022., n. 30.
[6] C. Cost., op. cit.
[7]C.Cost.22 ottobre 2014, n.239

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Avv. Emanuele Mascolo

Dal 17 gennaio 2022 Avvocato iscritto presso il COA Trani. Dall'11 dicembre 2020 Mediatore Civile e Commerciale. Nell'A.A. 2018/2019 ho frequentato il master di II Livello in Criminologia Clinica presso Unicusano - Roma. Nell'A.A. 2017/2018 ho frequentato il master di I Livello in Criminologia e sicurezza nel mondo contemporaneo presso Unicusano - Roma. il 19.04.2012 ho conseguito la Laurea in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Foggia. Autore di numerose pubblicazioni giuridiche nonchè relatore ad eventi e convegni giuridici.

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