Mediazione immobiliare: quando il mediatore ha diritto alla provvigione?

Mediazione immobiliare: quando il mediatore ha diritto alla provvigione?

Sommario: 1. La mediazione immobiliare e la figura del mediatore – 2. La vicenda – 3. La decisione

1. La mediazione immobiliare e la figura del mediatore

L’istituto della mediazione immobiliare riguarda quell’attività volta ad agevolare la circolazione dei beni immobili mediante affidamento ad un professionista – appunto il mediatore – del compito di reperire e relazionare possibili acquirenti/venditori.

Ai sensi dell’art. 1754 c.c. il mediatore è infatti “colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”. Tale soggetto, operando giornalmente nel settore dei mercati immobiliari, risulta perfettamente edotto in ordine alla situazione di domanda ed offerta ed è dunque in grado di soddisfare al meglio le istanze dei soggetti interessati mettendoli in relazione sulla base delle loro reali esigenze.

In ragione della posizione intermedia che l’agente immobiliare assume rispetto alle parti, lo stesso viene soventemente definito “intermediario”. Ed invero, come espressamente sancito dalla sopra citata disposizione, egli presta la sua opera professionale senza essere legato ad alcuno dei soggetti coinvolti nella pratica commerciale da rapporti di dipendenza, collaborazione o rappresentanza, così mantenendo quel carattere di  imparzialità che permette a ciascun contraente di conseguire un equo beneficio dalla conclusione dell’affare.

Il lucro conseguente all’attività del mediatore è detto “provvigione” e risulta compiutamente disciplinato dall’art. 1755 c.c., a tenore del quale “il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento”. In altri termini, proprio i caratteri di terzietà ed imparzialità dell’intermediario immobiliare comportano che la provvigione allo stesso spettante vada a gravare su ognuno dei soggetti che hanno preso parte all’affare, a condizione che questo sia stato concluso per effetto dell’attività di mediazione dal medesimo prestata.

A ben vedere, però, le norme relative all’istituto della mediazione non delineano il contenuto specifico dell’attività svolta dall’intermediario immobiliare, limitandosi a stabilire come egli abbia il compito di “mettere in relazione due o più parti per la conclusione di un affare” e possa legittimamente vantare il diritto alla provvigione esclusivamente nell’ipotesi in cui “l’affare è concluso per effetto del suo intervento”.

In ragione di questa evidente genericità, numerose sono dunque le controversie insorte in relazione all’inadempimento del mediatore ai propri obblighi. La Suprema Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n. 21712 del 26.08.2019, ha tuttavia tentato di fare chiarezza in ordine al contenuto dell’attività di mediazione immobiliare ed al conseguente diritto del medesimo ad ottenere la relativa provvigione.

2. La vicenda

Successivamente all’avvenuta stipula di un contratto di compravendita avente ad oggetto un bene immobile, un’agenzia immobiliare proponeva azione giudiziale nei confronti della compratrice e della venditrice allo scopo di vedersi riconosciuto il diritto ad ottenere il pagamento della provvigione in ragione dell’espletata attività di mediazione. Dopo essere stata rigettata in Tribunale, la domanda dell’agenzia veniva accolta dalla Corte d’Appello che, al contrario di quanto sostenuto dal giudice di prime cure, non riteneva provata la tesi delle appellate secondo cui la compratrice avrebbe preso diretto contatto con la venditrice in quanto attirata dal cartello di vendita apposto dall’agenzia. La Corte d’Appello adìta accertava inoltre come la venditrice avesse verbalmente conferito l’incarico ad un collaboratore dell’agenzia appellante e riteneva dimostrata la circostanza per la quale l’acquirente avrebbe visitato per ben due volte l’immobile alla presenza di altro collaboratore della stessa agenzia immobiliare.

Di talchè i giudici d’appello rigettavano le doglianze sul punto avanzate dalle appellate, le quali in proposito rilevavano come nessun compenso sarebbe potuto legittimamente spettare all’agenzia immobiliare atteso che l’incarico, conferito verbalmente ad un collaboratore all’epoca privo della qualifica di agente immobiliare, veniva successivamente eseguito da altro dipendente dell’agenzia medesima, parimenti sprovvisto della menzionata qualifica, e ciò dunque con totale disinteresse da parte dell’agente immobiliare titolare dell’agenzia.

I giudici d’Appello decidevano quindi di accogliere le istanze dell’intermediario immobiliare, ritenendo che l’incarico era stato validamente conferito nei confronti dell’agenzia la quale, nell’espletamento dell’attività di mediazione che ha successivamente condotto alla stipula del contratto, si era semplicemente avvalsa dell’opera dei suoi dipendenti. In ragione di tanto le appellate venivano condannate al pagamento della provvigione in favore dell’agenzia immobiliare.

Avverso la decisione dei giudici di secondo grado la compratrice proponeva ricorso in cassazione. A sua volta la venditrice proponeva ricorso incidentale. Resisteva l’Agenzia immobiliare con proprio controricorso.

3. La decisione

Con i rispettivi ricorsi introduttivi del procedimento di Cassazione, le ricorrenti censuravano l’impugnata sentenza sostanzialmente ribadendo il rilievo, già proposto in sede di appello, per il quale alcun compenso sarebbe dovuto legittimamente spettare all’agenzia immobiliare atteso che, tanto la fase relativa al conferimento dell’incarico, quanto quella afferente allo svolgimento delle trattative, erano state demandate a due soggetti privi dei requisiti necessari per il legittimo esercizio della professione di mediatore immobiliare.

Entrambe evidenziavano inoltre come il reale agente immobiliare, titolare dell’agenzia resistente, mai aveva preso contatti con esse contraenti e mai era intervenuto nell’esecuzione dell’attività di mediazione la quale, come detto, era stata condotta esclusivamente dai suoi sottoposti. Appariva dunque evidente, a parere delle ricorrenti, come alcun compenso sarebbe potuto spettare all’agenzia in ragione della totale inconsistenza dell’attività prestata dal soggetto abilitato ad esercitare la professione di agente immobiliare.

In proposito la Cassazione, pur ammettendo come ai fini del riconoscimento del diritto alla provvigione sia necessario che l’attività di intermediazione si trovi in rapporto causale con la conclusione dell’affare, ha chiarito come tale rapporto non debba essere direttamente ed esclusivamente riferito alla persona dell’agente immobiliare. Più segnatamente gli ermellini hanno precisato che “il diritto del mediatore alla provvigione sorge, in effetti, tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice, pur non richiedendosi che, tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare, sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, ed essendo, viceversa, sufficiente che, anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo, la messa in relazione delle stesse costituisca l’antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione del contratto”. Sulla scorta di quanto sostenuto dai giudici di legittimità, sembra dunque potersi affermare come il diritto alla provvigione vada comunque riconosciuto al mediatore che, sebbene non intervenuto personalmente e fattivamente alla fase delle trattative, abbia, per mezzo della sua opera o di quella dei suoi collaboratori, promosso la conclusione dell’affare. Ne consegue che il fulcro della disciplina relativa al diritto alla provvigione risiede non tanto nella qualità o quantità dell’attività di mediazione svolta dall’agente immobiliare, né tantomeno nella profusione e dedizione con le quali l’intermediario ha seguito la pratica commerciale, quanto più nel nesso eziologico che collega l’attività medesima alla conclusione dell’affare. Ed invero, la Cassazione precisa altresì come “la prestazione del mediatore ben può esaurirsi nel ritrovamento e nell’indicazione di uno dei contraenti, indipendentemente dal suo intervento nelle varie fasi delle trattative sino alla stipula del negozio, sempre che la prestazione stessa possa legittimamente ritenersi conseguenza prossima o remota della sua opera, tale, cioè, che, senza di essa, il negozio stesso non sarebbe stato concluso, secondo i principi della causalità adeguata”.

In altri termini, ciò che conta ai fini del riconoscimento del diritto dell’agente immobiliare ad ottenere la provvigione è la “messa in relazione” dei soggetti, la quale deve tuttavia costituire l’antecedente imprescindibile per la conclusione dell’affare, e ciò anche se l’attività di mediazione sia in concreto consistita nell’esclusiva individuazione di uno dei contraenti. Una siffatta ricostruzione appare in effetti la più rispondente al dato normativo. Si è visto in apertura come l’art. 1754 c.c. descriva la persona del mediatore come “colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare”  e come il successivo art. 1755 c.c. si limiti a condizionare il diritto alla provvigione all’ipotesi in cui l’affare sia stato concluso per effetto del suo intervento, nulla specificando in ordine al reale contenuto della prestazione del mediatore.

Tornando al caso di specie, dunque, la Cassazione conferma la sentenza di secondo grado in ragione del fatto che l’attività espletata dall’agenzia immobiliare, seppur per mezzo dei suoi dipendenti, doveva comunque essere considerata quale condizione imprescindibile per la successiva conclusione dell’affare.

Ad ogni modo, quanto sostenuto nella sentenza in commento non può tuttavia consentire di ritenere sussistente in capo al mediatore il diritto alla provvigione nel caso in cui, nonostante l’intervento del medesimo in una prima fase di trattative con esito negativo, le parti abbiano a distanza di tempo concluso l’affare per ragioni che esulano dall’attività di mediazione inizialmente prestata dall’agente (Cass. 22 gennaio 2015 n. 1120, Cass. 2 agosto 2001 n. 10606). Al contrario potrà ottenere il pagamento della provvigione l’intermediario immobiliare che pone in essere un’attività di mediazione ottenendo l’assenso di entrambe le parti alla conclusione di un affare a determinate condizioni, anche se successivamente queste vengono modificate per volontà dei contraenti (Cass. 2 novembre 2010 n. 22273). Il discrimen, dunque, non risiede nella “messa in relazione” dei soggetti, intesa come mero incontro tra due individui, ma attiene più alla convergenza tra le volontà dei medesimi, a cui deve necessariamente pervenirsi attraverso l’opera del mediatore.


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