Messa alla prova: incostituzionalità dell’art. 168-bis c.p., 4 comma

Messa alla prova: incostituzionalità dell’art. 168-bis c.p., 4 comma

L’istituto della sospensione del processo con messa alla prova (MAP) costituisce sia una causa di estinzione del reato che una circostanza alternativa di definizione del procedimento, che il giudice può decidere di applicare in relazione a reati puniti con pena non superiore nel massimo a 4 anni nonché per tutti i reati elencati all’art. 550 c. 2 c.p.p.

Il soggetto beneficiario verrà affidato all’Ufficio di esecuzione penale esterna (UEPE), per lo svolgimento di un programma avente ad oggetto lo svolgimento di lavori di pubblica utilità per un periodo di tempo stabilito dal giudice, volto al reinserimento nella società e alla riparazione del danno.

Sulla base delle informazioni ricevute dall’UEPE il giudice, sentito il PM, deciderà se valutare positivamente il periodo di messa alla prova ed in tal caso dichiarerà estinto il reato.

La legge prevede che il beneficio della messa alla prova può essere concesso una sola volta e per un solo reato, tuttavia è recentemente emersa la questione relativa alla richiesta di MAP per più reati uniti dal vincolo della continuazione, ovvero reati commessi in diversi frangenti temporali ma posti in essere in esecuzione di un identico disegno criminoso.

La questione è stata sollevata dal Tribunale di Bologna che, trovandosi a decidere sulla richiesta di messa alla prova da parte di un imputato che in passato già ne aveva beneficiato per un reato simile a quello per il quale veniva processato, aveva ravvisato un possibile profilo di illegittimità costituzionale tra l’art. 168-bis c. 4 c.p. e l’art. 3 Cost.

Nello specifico, il Tribunale aveva ritenuto irragionevole non assecondare nuovamente la richiesta di messa alla prova per un reato connesso a quello per il quale era già stata concessa in un procedimento diverso, in quanto tale decisione si sarebbe posta in contrasto con i principi di parità di trattamento contenuti nell’art. 3 Cost.

Sulla questione è intervenuta, quindi, la Corte Costituzionale che, ritenuto fondato il ragionamento elaborato dal Tribunale, si è pronunciata con sentenza n. 174 del 23 giugno 2022 dichiarando l’illegittimità costituzionale del comma 4 dell’art. 168-bis c.p. in ordine alla previsione della non concessione della sospensione del procedimento per messa alla prova in favore dell’imputato nei confronti del quale si procede per reati connessi ai sensi dell’art. 12, comma 1, lettera b) c.p.p. con altri reati per i quali tale beneficio sia già stato concesso.

Nel pervenire alla decisione di illegittimità costituzionale la Corte si è soffermata sulla sussistenza del vincolo della continuazione tra i reati contestati e per i quali è stata richiesta la messa alla prova ma giudicati in processi separati e nello specifico la stessa ha affermato che «il cuore dell’articolata motivazione dell’unica censura svolta dal rimettente è la constatazione dell’irragionevole disparità di trattamento tra l’imputato cui tutti i reati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso vengano contestati nell’ambito di un unico procedimento, nel quale egli ha la possibilità di accedere al beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova, e l’imputato nei cui confronti l’azione penale venga inizialmente esercitata solo in relazione ad alcuni di tali reati, e che si veda contestare gli altri, per effetto di una scelta discrezionale del pubblico ministero o di altre evenienze processuali, nell’ambito di un diverso procedimento, dopo che egli abbia già avuto accesso alla messa alla prova. Questo secondo imputato si trova così nell’impossibilità di ottenere una seconda volta il beneficio, cui avrebbe invece potuto accedere ove tutti i reati gli fossero stati contestati in un unico procedimento».

La Corte evidenzia, inoltre, che la preclusione di cui al comma 4 dell’art. 168-bis c.p.p.  rischia di vanificare l’intento del legislatore di punire in maniera unitaria il reato continuato, che ai sensi dall’art. 81, c. 1 c.p., prevede l’applicazione del cumulo giuridico ovvero che venga inflitta la pena prevista per il reato più grave aumentata fino al triplo.

La Consulta, infine, fornisce le indicazioni che il giudice è chiamato a seguire nel concedere nuovamente all’imputato la messa alla prova, precisando che «spetterà al giudice, ai sensi dell’art. 464-quater, comma 3, cod. proc. pen., una nuova valutazione dell’idoneità del programma di trattamento e una nuova prognosi sull’astensione dalla commissione di ulteriori reati da parte dell’imputato. In tale valutazione non potrà non tenersi conto – per un verso – della natura e della gravità dei reati oggetto del nuovo procedimento, e – per altro verso – del percorso di riparazione e risocializzazione eventualmente già compiuto durante la prima messa alla prova. Nel caso poi in cui ritenga di poter concedere nuovamente il beneficio, il giudice stabilirà la durata del periodo aggiuntivo di messa alla prova, comunque entro i limiti complessivi indicati dall’art. 464-quater, comma 5, cod. proc. pen., valorizzando opportunamente il percorso già compiuto, alla luce dell’esigenza – sottesa al sistema – di apprestare una risposta sanzionatoria sostanzialmente unitaria rispetto a tutti i reati in concorso formale o commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso».


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Avv. Stefano Squarcia

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