Nullità parziale: la disciplina delle clausole atipiche nel bando di gara

Nullità parziale: la disciplina delle clausole atipiche nel bando di gara

L’invalidità di un atto amministrativo configura un giudizio di disvalore, una non conformità dell’atto al tipo previsto dalla legge. Richiede una mancanza dei requisiti di validità previsti dalla legge per poter dispiegare i suoi effetti. Generalmente, l’invalidità può sfociare in nullità e annullabilità: la prima, a differenza del diritto civile, costituisce un’eccezione in campo amministrativo; ricorre nei casi previsti dalla legge, mentre l’annullabilità è la regola generale.

La nullità è disciplinata dall’articolo 21 septies della L. 241/90. Prevede tre casi invalidità dell’atto: quando questo manchi degli elementi essenziali, viziato dal difetto assoluto di attribuzione, adottato in violazione o elusione del giudicato, e infine, negli altri casi previsti dalla legge. Quest’istituto si basa sul principio della carenza assoluta di potere: è causa di nullità perché viene esercitato un potere di cui nessuno è titolare. La nullità può essere fatta valere in giudizio e rilevata anche d’ufficio dal giudice; la legge accorda un periodo di 180 giorni per promuovere l’azione. Il provvedimento nullo è inefficace già dall’origine.

L’invalidità, in una visione generale, può essere sia totale sia parziale. La prima ricorre quando il vizio inficia tutto il provvedimento, il secondo solo la parte viziata. Quella parziale risponde alla logica della conservazione dell’atto amministrativo nella parte in cui questo è valido, e di conseguenza nella tutela degli interessi coinvolti. Il bando di gara, disciplinato dal codice dei contratti pubblici, è un atto amministrativo indetto dalla pubblica amministrazione per la scelta del contraente a cui affidare servizi, concessioni, appalti pubblici. È un atto preparatorio dell’oggetto del contratto ed ha il contenuto tipico della dichiarazione di volontà. Devono essere redatti secondo i bandi-tipo e pubblicati entro cinque giorni dalla loro trasmissione sul portale dell’ufficio pubblicazione dell’UE e successivamente su quello nazionale, nel rispetto dei principi di concorrenza e trasparenza.

Il bando contiene clausole che, in caso di dubbio significato, devono essere interpretate in relazione all’oggetto e natura del contratto ai sensi dell’articolo 1369 c.c. Inoltre, vige la tipicità del contenuto del bando nel senso che non si possono prevedere clausole atipiche, diverse rispetto a quelle disciplinate nel codice dei contratti pubblici a pena di nullità delle stesse.

Nel caso in cui la p.a. emani un bando contenente clausole atipiche, l’operatore economico può impugnarle perché impedisce, ad esempio, ad una categoria di soggetti di poter partecipare alla gara. Il bando, essendo un atto amministrativo generale, non può subito essere impugnato. L’istante deve impugnare il bando insieme alla clausola che ritiene immediatamente lesiva della sua situazione giuridica. La regola dell’impugnazione congiunta subisce una deroga quando la clausola è di per sé lesiva della situazione giuridica, quindi direttamente impugnabile.  Il presupposto è la sua immediata lesività.

La giurisprudenza ha indicato che è ammessa l’automatica impugnazione delle clausole quando queste siano impositive di oneri sproporzionati, prevedano obblighi contro ius, rendano eccessivo una prestazione o la stessa partecipazione alla gara. Il ricorso viene presentato secondo le forme ordinarie, vista l’abrogazione dei commi 2-bis e 6 bis dell’articolo 120 c.p.a. che disciplinava l’ipotesi del rito speciale in materia di esclusioni e ammissioni alla gara.

Problema che si è posto, in relazione alla presenza di clausole atipiche, è il rapporto tra il co. 8 dell’articolo 83 del d.lgs. n.50/2016 e l’articolo 89 sull’avvalimento; con particolare riguardo alla clausola che richiede l’attestazione SOA anche all’impresa ausiliata, per appalti di lavori pubblici superiori a 150.000 euro.

L’istituto dell’avvalimento intercorre tra l’impresa ausiliaria e quella ausiliata: quest’ultima, se non possiede i requisiti necessari per partecipare alla gara, può chiederli in prestito all’impresa ausiliaria. Ad esclusione di quelli soggettivi di cui all’articolo 80, l’operato economico può avvalersi della capacità tecnico-professionali ed economico-finanziarie di un’altra impresa. In aggiunta, è richiesto che l’impresa ausiliata sottoscriva un documento in cui dichiari che l’impresa ausiliaria sia in possesso dell’attestazione SOA.  Quanto disposto dall’articolo 89 del codice dei contratti pubblici entra in contrasto con il bando di gara, oggetto del giudizio, in cui una clausola ammetteva l’avvalimento solo se anche l’impresa ausiliata era in possesso dell’attestazione SOA.

Si era posto il problema se la clausola atipica fosse nulla ai sensi dell’articolo 83, ultimo periodo del codice dei contratti pubblici. Il giudice aveva sollevato la questione all’Adunanza plenaria la quale si è pronunciata riconoscendo la nullità parziale della clausola che subordinava l’avvalimento al possesso dell’attestazione SOA da parte dell’impresa ausiliata. La suddetta clausola viene considerata come non apposta.

Si è riconosciuto la contraddizione tra ciò che è previsto dalla clausola e la disposizione di cui all’articolo 89 in quanto quest’ultimo richiede che l’attestazione sia in possesso dell’impresa a cui si rivolge l’operato economico per partecipare e, non che, anche l’operatore stesso ne sia in possesso. Sono altri i requisiti previsti dalla disciplina dell’avvalimento necessari per la sua ammissibilità. Inoltre, l’impresa ausiliata ha l’onere di dimostrare non solo i requisiti di quella ausiliaria, ma anche che questa metta a disposizione del richiedente tutti i mezzi necessari e le risorse economiche che giustificano l’attribuzione di quelle qualità. Di conseguenza la clausola atipica viene dichiarata nulla in quanto in contrasto, altresì, con l’ultimo periodo dell’art. 83 per il principio di tassatività delle clausole di esclusione. Stabilisce che sono nulle le clausole contrastati le prescrizioni previsti dal codice degli appalti pubblici. È una nullità testuale, ma parziale.

Da una parte, impedisce che gli atti adottati sull’applicazione della clausola atipica siano efficaci; dall’altra, una singola clausola non è idonea ad inficiare tutto il provvedimento amministrativo. Per questo deve considerarsi non apposta, quindi indice di una nullità parziale. La tutela da accordare all’istante non si può fondare né sull’articolo 21 septies della L. 241/90 né sull’articolo 31 c.p.a. poiché questi riguardano casi di nullità assoluta. La clausola nulla escludente non deve essere impugnata perché considerata non apposta; mentre per gli atti applicativi della predetta clausola dovranno essere impugnati nei termini ordinari di cui all’articolo 120 c.p.a. (Ad. Plenaria n. 22/2020)


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