Periodo di assicurazione: clausole claims made e loss occurance

Periodo di assicurazione: clausole claims made e loss occurance

La differenza tra clasuole loss occurance e claims made è ormai chiara in giurisprudenza.

Le clausole on loss occurrence presenti nella polizze per la responsabilità civile “assicura[no] la copertura di tutti i sinistri occorsi nel periodo di tempo di vigenza della polizza” (Cass., Sez. Un., sent. 6 maggio 2016, n. 9140), ossia il risarcimento dei danni cui l’assicurato sia stato condannato a pagare in corso di efficacia dell’assicurazione.

Invece, la giurisprudenza ha chiarito che “il contratto di assicurazione per responsabilità civile con clausola claims made (a richiesta fatta) si caratterizza per il fatto che la copertura è condizionata alla circostanza che il sinistro venga denunciato nel periodo di vigenza della polizza” (Cass., Sez. Un., sent. 6 maggio 2016, n. 9140). La Polizza in questione copre cioè il sinistro consistente in una richiesta di risarcimento denunciata nel corso di vigenza della Polizza, ma cui l’assicurato sia stato condannato anche in un periodo successivo.

La validità delle clausole claims made è stata a lungo oggetto di discussione sia in dottrina che in giurisprudenza. Tre sono gli orientamenti che nel corso del tempo si sono a tal riguardo sviluppati (cfr. M. Rossetti, Il diritto delle assicurazioni, Vol. III, Cedam, Padova, 2013, p. 36 ss.):

– secondo il primo orientamento, le clausole claims made sarebbero senza dubbio valide. Vige infatti nel nostro ordinamento il principio dell’autonomia negoziale delle parti, da cui deriva la possibilità per le parti di concludere contratti atipici, purchè meritevoli di tutela alla stregua dell’art. 1322 c.c. (da ultimo Cass., Sez. III, sent. 11 gennaio 2017, n. 417 che afferma che spetta al giudice di merito valutare la meritevolezza di tutela degli interessi perseguiti da un contratto che contenga una simile clausola. Per la giurisprudenza di merito, Tribunale di Civitavecchia, sent. 2 novembre 2022, n. 1130 per cui non solo deve essere meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c., bensì non deve comportare un eccessivo squilibrio a carico del consumatore);

– in base al secondo orientamento, le clausole claims made non sarebbero invalide, ma vessatorie ai sensi dell’art. 1341 c.c., quindi non sono destinate a produrre effetti se non sottoscritte due volte (in questo senso Cass., Sez. III, sent. 22 marzo 2013, n. 7273, per cui il controllo sulla vessatorietà della clausola spetterebbe al giudice di merito; vedi anche Cass., Sez. Un., 24 settembre 2018, n. 22437 per cui il giudizio di meritevolezza ex 1322 c.c. circa la clausola claims made spetterebbe al giudice di merito e che fondamentale si rivela il rispetto da parte dell’Assicuratore degli obblighi informativi precontrattuali al fine che la parte possa configurarsi al meglio la portata degli effetti del contratto e delle sue clausole, oltre che il potere del giudice, come vedremo, di esperire il proprio vaglio sulla cd. causa concreta del contratto. per la giurisprudenza di merito: Tribunale di Milano, Sez. V, sent. 18 marzo 2010, massimata; Corte d’Appello di Napoli, Sez. III, sent. 11 gennaio 2008, n. 61. Contro le più recenti pronunce dei giudici di merito tra cui, ex multis, Tribunale di Torre Annunziata, sent. 21 aprile 2022, n. 860 per cui “la clausola claims made non può essere, comunque, considerata vessatoria in astratto, posto che essa non pone limitazioni di responsabilità in favore dell’assicuratore, ma definisce l’oggetto della copertura assicurativa, stabilendo quali siano i sinistri indennizzabili”);

– secondo il terzo orientamento, infine, le clausole claims made sarebbero tout court nulle, in quanto contrarie all’art. 1917, co. 1, c.c. per cui “nell’assicurazione della responsabilità civile l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo (…)”. Per questo orientamento il “fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione” potrebbe unicamente essere il fatto illecito, e non la richiesta di risarcimento del danneggiato (in questo senso, Tribunale di Genova, Sez. II, sent. 8 aprile 2008, massimata per cui “L’art. 1917 c.c. è norma inderogabile rappresentando l’essenza stessa del contratto di assicurazione e cioè il trasferimento del rischio derivante dall’esercizio di una attività professionale esercitata. Pertanto, nel contratto di assicurazione R.C. la clausola contrattuale “claims made”, che sottopone l’operatività della garanzia al momento in cui perviene la richiesta risarcitoria del danneggiato, dà origine ad un contratto atipico nullo sia perché contrario all’imperativa norma primaria di cui all’art. 1917 c.c., sia perché rende il contratto privo di causa e cioè privo del trasferimento del rischio dall’assicurato all’assicuratore. A tale indirizzo interpretativo aderisce anche M. Rossetti).

Ad oggi, la giurisprudenza riconosce la validità delle clasuole claims made, purchè esse non siano vessatorie e tutelino l’assicurato già nella fase delle trattative pre-contrattuali (così, Cass., Sez. Un., 24 settembre 2018, n. 22437; v. anche Cass., sez. III, sent.  26 aprile 2022, n. 12981 per cui: “(…) il modello dii assicurazione (…) con clausola on claims made basis (…) è riconducibile al tipo dell’assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all’art. 1322 c.c., comma 2, ma alla verifica, ai sensi dell’art. 1322 c.c., comma 1, della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l’adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l’ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale: tale indagine riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto – sotto il profilo della liceità e dell’adeguatezza dell’assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interesse perseguiti dalle parti – ma investendo anche la fase precontrattuale (…)”. Per la giurisprudenza di merito: Tribunale di Pavia, Sez. III, sent. 19 ottobre 2022, n. 1294 per cui la clasuola claims made: “non determina di per sé un notevole squilibrio tra le parti del rapporto tale da condurre alla vessatorietà, né incide sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, in quanto la struttura codicistica dell’assicurazione della responsabilità civile, pur basata sulla logica del “loss occurrence” o “act committed” (e cioè della insorgenza del danno), non è intangibile, dal momento che l’art. 1932 c.c. nemmeno richiama, tra le norme inderogabili, l’art. 1917, comma 1 c.c. Pertanto, intervenendo in un campo lasciato alla libertà contrattuale, nessuna norma vieta alle parti di sostituire il “claim” (la richiesta indennitaria/denuncia di sinistro) al “fatto accaduto” (art. 1917, co. 1 c.c.), rimanendo comunque all’interno della elasticità del “tipo” contrattuale dell’assicurazione contro i danni ex art. 1904 c.c., della cui causa indennitaria la clausola “claims made” è pienamente partecipe. Ai fini della validità della pattuizione, ciò che conta è che rimanga inalterato il sinallagma delle prestazioni poste a carico di entrambi i contraenti, in una valutazione complessiva da rendere caso per caso. Cfr. anche N. De Luca, Diritto ed economia delle assicurazioni, il Mulino, Bologna, 2022, p. 202 ss.).


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