Profili di criticità delle misure di prevenzione

Profili di criticità delle misure di prevenzione

Il D.lgs. n. 159 del 2011 può essere definito un testo ambizioso, frutto di un percorso di consolidamento normativo, avente come finalità quella di mettere ordine in una materia disordinatamente formatasi negli anni per effetto di stratificazioni successive occasionate dalla necessità di fronteggiare vere o presunte emergenze nonché di inasprire l’azione pubblica di contenimento e di contrasto rispetto ai fenomeni di illecito arricchimento. Pertanto, trattasi di un Codice che ha innovato soprattutto la disciplina in materia di sequestro e di confisca, intese quali misure di prevenzione “antimafia” ante delictum la cui ratio risiede nell’assicurare una forma di tutela efficace delle esigenze di sicurezza, poiché prescinde dall’accertamento del singolo reato e consente una diversa distribuzione dell’onere probatorio in termini più favorevoli all’accusa.

Le grandi direttrici che hanno contrassegnato i movimenti di riforma al sistema della prevenzione personale e patrimoniale sono, da un lato, la necessità di razionalizzare il quadro normativo sviluppatosi negli anni in maniera del tutto irrazionale, e, dall’altra, la volontà di contrastare la pericolosità sociale ma, soprattutto, l’arricchimento illecito.

Mai come in questi ultimi anni il “sistema della prevenzione” extra delictum è stato interessato da modificazioni legislative e da sollecitazioni giurisprudenziali capaci di incidere su aspetti cruciali di tale disciplina. Ebbene, le misure di prevenzione possono definirsi come un insieme di provvedimenti che si indirizzano a soggetti socialmente pericolosi mirando a dissuaderli dalla futura commissione di reati. E’ dunque evidente come l’aspetto che maggiormente allontana le misure di prevenzione sia dalle pene che dalle misure di sicurezza non sia costituito soltanto dalla funzione che esse svolgono ma anche dai presupposti applicativi, posto che un soggetto, pur non avendo commesso un reato, viene sottoposto a provvedimenti incidenti sulla sua libertà personale.

La tesi prevalente sostiene che le misure di prevenzione abbiano una funzione preventiva piuttosto che repressiva poiché la loro finalità è quella di scoraggiare la commissione di reati, mediante l’esecuzione di controlli o la privazione di beni di sospetta la provenienza illecita. Dunque, le misure di prevenzione costituirebbero misure special-preventive, estranee al diritto penale e, per definizione, ante delictum perché dovrebbero servire a prevenire la commissione di futuri reati da parte di categorie soggettive delle quali sia predicata la pericolosità sociale.

Invero, il Testo originario dell’art. 1 della Legge 1423 del 1956 includeva tra i c.d. proponibili, tra gli altri, gli oziosi ed i vagabondi, presupponendo una equazione tra pericolosità sociale e stato sociale, stimando socialmente pericolosi coloro i quali vivevano ai margini della società. In tale area si includeva anche la categoria dei proclivi a delinquere, dei soggetti dediti a traffici illeciti, dei sospetti sfruttatori di prostitute e contrabbandieri o trafficanti di sostanze stupefacenti, ed ancora, la categoria di coloro i quali fossero dediti al compimento di attività contraria alla morale pubblica ed al buon costume.

Le misure di prevenzione rappresentano una delle più eclatanti esemplificazioni di “truffa delle etichette” che la legislazione nazionale abbia mai conosciuto, un vero e proprio tradimento dei fini in quanto tali misure non sono mai state utilizzate per il conseguimento delle finalità per le quali erano state immaginate dal legislatore, ma, al contrario, furono adoperate come strumenti impropri di controllo sociale coattivo. Difatti, è frequente l’affermazione secondo la quale più che di misure ante delictum si dovrebbe parlare di misure ante probationem delicti: misure volte a prevenire la commissione di futuri atti di reato finiscono, in realtà, con l’essere impropriamente adoperate come sostitutive di una condanna che si stima impossibile in sede penale a causa della indisponiblità di elementi probatori tali da giustificare un’affermazione da responsabilità.

Il Codice delle leggi antimafia all’art. 29 contempla il c.d. principio di autonomia del procedimento di prevenzione dal processo penale secondo cui le misure di prevenzione sono strutturalmente autonome rispetto al processo penale in quanto diverse per presupposti e per strutture finalistiche.

Pertanto, i due procedimenti si pongono in termini di reciproca indipendenza, tant’è che, da un lato, la pendenza di un procedimento penale relativo agli stessi fatti sulla scorta dei quali è stata avanzata proposta di misura di prevenzione non comporta la sospensione del relativo procedimento, proprio a cagione del fatto che quegli stessi elementi possono essere diversamente valutati nel corso di quest’ultimo. Allo stesso modo, l’eventuale pronuncia assolutoria in sede penale non vincola il giudice del procedimento di prevenzione, a meno che quest’ultimo si fondi esclusivamente sul supposto precedente penale poi di fatto sconfessato nel giudizio sulla responsabilità.

Tuttavia, tale principio di autonomia è stato oggetto di equivoci interpretativi per effetto dei quali si stati è portati a ritenere che il procedimento di prevenzione più che autonomo rispetto all’esito del processo penale sia totalmente indifferente rispetto all’andamento di quest’ultimo. Questo determina che gli stessi fatti posti a fondamento dell’accusa penale finiscano con l’essere posti a presidio di una proposta di applicazione di una misura di prevenzione.

Mentre nel processo penale il rispetto dello standard probatorio dell’oltre ogni ragionevole dubbio imporrà di non scendere al di sotto di un livello indiziario particolarmente qualificato, nel diritto della prevenzione non vi è una regola probatoria destinata a guidare il sindacato del giudice sulla condizione di pericolosità. Pertanto, accade che la misura di prevenzione venga adoperata come strumento improprio di recupero di una pretesa punitiva rimasta senza successo, tale per cui gli stessi fatti storici posti a fondamento dell’accusa in sede di cognizione finiscono col divenire oggetto della proposta di prevenzione in sede personale ovvero patrimoniale.


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