Profili essenziali sui diritti della personalità

Profili essenziali sui diritti della personalità

Il codice civile nostrano, nell’intelaiatura primigenia, si occupava della persona nella sola dimensione patrimoniale[1]. La fisicità individuale, in conformità alla teorica dello Stato liberale, non costituiva materia di intervento normativo, sicché la cura dell’individuo e gli interessi esistenziali venivano relegati nell’alveo del giuridicamente irrilevante. Si assimilava, dunque, il soggetto ad un ideale centro di imputazioni giuridiche connotato maxime dalla capacità giuridica, ovvero dal riconoscimento dell’astratta idoneità ad essere titolare di diritti e doveri[2].

L’avvento della Carta Costituzionale nel 1948 altera in maniera radicale i termini della riflessione, favorendo quella “rivoluzione concettuale”[3] che postula il passaggio “dal soggetto alla persona”[4]. Quest’ultima viene coinvolta in un marcato processo di giuridificazione[5] ove, deposta la mera qualifica formale funzionale all’ingresso nel traffico giuridico, si propugna una visione umana poliedrica e totalizzante, che supera la staticità della capacità giuridica, per restituire la persona alla sua dimensione unitaria e vitale, composta da diritti, obblighi, interessi, bisogni e rapporti.

I diritti della personalità, cui la Costituzione riconosce e garantisce l’inviolabilità (art. 2 Cost.) sotto l’egida dell’insegnamento illuminista circa la priorità ontologica di taluni diritti umani, mirano a garantire le condizioni essenziali dello sviluppo psico-fisico dell’individuo[6]. Qualsiasi enumerazione si rivela esemplificativa e lacunosa, in ragione del pluralismo valoriale riferibile alla persona. Trattandosi di diritti la cui enucleazione poggia su una precipua opzione etico-politica dell’ordinamento, essi, per quanto atipici, debbono ritenersi fondamentali, preposti naturaliter alla tutela della dignità umana[7].  La civilistica classica ravvisa i caratteri essenziali[8] dei diritti della persona in attributi giuridico normativi, quali:

– necessarietà, giacché competono a tutte le persone fisiche, che li acquisiscono al momento della nascita e li perdono soltanto post mortem;

– imprescrittibilità, in quanto non si estinguono per non uso prolungato;

– assolutezza, poiché implicano un generale dovere di astensione dalla lesione dell’interesse presidiato, cui corrisponde una speculare tutela erga omnes, esperibile cioè nei confronti di chiunque li contesti o pregiudichi;

– non patrimonialità, siccome tutelano valori umani non suscettibili, almeno prima facie, di stima economica;

– indisponibilità, in ragione della loro irrinunciabilità, sebbene il legislatore tenda a consentirne l’uso a terzi, a titolo gratuito o anche oneroso (si annoveri, ad exemplum, il caso del testimonial che concede, a fini di lucro o per sana prodigalità, l’uso della propria immagine per una campagna pubblicitaria).

L’atavica disputa su contenuto e natura[9] dei diritti della personalità ha visto frapposti, da un lato, i fautori della tesi c.d. monista[10], secondo la quale sussiste un unico diritto della personalità che tutela l’individuo in qualsivoglia sua manifestazione e facente capo all’art. 2 della Costituzione e, dall’altro lato, i sostenitori della teoria c.d. pluralista[11], in base alla quale, al contrario, si configurano molteplici diritti della personalità pari alle manifestazioni della persona ritenute meritevoli di tutela. La diatriba ha interessato altresì il ruolo dell’art. 2 Cost.[12], scisso tra l’etichettatura come clausola aperta al riconoscimento di nuovi diritti inviolabili della persona, ovvero quale norma chiusa, inidonea a legittimare a livello costituzionali diritti non riconosciuti apertis verbis dall’ordinamento.

Tra arresti giurisprudenziali discordanti[13] e teoriche ondivaghe, ha prevalso, consolidandosi, la teoria monista, in forza della quale ogni interesse collegato funzionalmente alla realizzazione della personalità umana gode di protezione a livello costituzionale (art. 2; art. 3, comma 2), a prescindere da agganci normativi eteronomi[14]. Declinata in tal guisa la rilevanza costituzionale della persona umana nella sua totalità, la giurisprudenza ammette di buon grado l’estensione ermeneutica dei margini di tutela del soggetto, tramite l’enfatizzazione dei cc.dd. nuovi diritti, “entro i limiti in cui codesto risultato si ponga come conseguenza della tutela dei diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali nelle quali si esplica la sua personalità”[15]. A tal proposito si suole parlare di principio personalista, fissato nell’ordinamento interno come “stella polare[16] della teoria dei diritti della personalità.

 

 

 

 

 

 


[1] P. Stanzione, Manuale di Diritto privato, Torino, 2017, pp. 307-310.
[2] V. A. De Cupis, voce Persona fisica (Diritto vigente), in Noviss. dig. ital., XII, 1965, p. 1019 che, appunto definisce la personalità, “ovvero la capacità giuridica”, come “l’attitudine a essere titolari di diritti e obblighi giuridici”.
[3] G. Alpa, Diritti della personalità emergenti, diritto all’identità personale, in Giurisprudenza di Merito, 1989, IV, p. 464 ss.: l’Autore sottolinea come il mutamento sia stato attuato con difficoltà e ritardi. Secondo Alpa, in tale ritardo, legato altresì all’inerzia legislativa e alla difficoltosa concretizzazione dei diritti della persona in forza degli oneri sociali che comportano, si rinvengono le ragioni della molteplicità dei diritti della personalità, “una miriade di diritti della personalità”, frutto di elaborazione giurisprudenziale.
[4] Ricostruisce tale variazione S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, Roma-Bari (eBook), 2012, p. 197: “Si avvia così la transizione dall’individuo alla persona, dal soggetto di diritto al soggetto di carne, che consente di dare progressivamente rilievo al destino di socializzazione della persona e al destino di natura del suo organismo”.
[5] Il riferimento è alla celebre espressione adoperata con riguardo al corpo da S. Rodotà, Tecnologie e Diritti, Bologna, 1995, p. 179 ss., il quale parla di corpo come “oggetto giuridico nuovo”. Con riguardo, in senso più ampio, ai diritti della personalità, v. G. Marini, La giuridificazione della persona. Ideologie e tecniche nei diritti della personalità, in Riv. dir. civ., 2006, 3, pp. 359 ss., il quale mette in luce la dislocazione della questione della soggettività “dalla metafisica alla fenomenologia”: “in questa prospettiva, il fulcro della questione infatti sembra risiedere non più nel fatto di essere e di presentarsi come un soggetto con certe caratteristiche particolari. L’attenzione viene piuttosto puntata sul processo attraverso il quale un soggetto ha progressivamente assunto tali caratteristiche particolari o, meglio, sul processo che ha reso tali caratteristiche visibili, cioè socialmente e culturalmente rilevanti”. In generale, sul problema della giuridificazione, cfr. G. Alpa, Diritto e giuridificazione, in M. Costanza (a cura di), Oltre il diritto, Padova, 1994, pp. 177-183.
[6] F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, 9ª ed. rist., Napoli, 2012, p. 50, il quale sostiene che la tutela della personalità “garantisce al soggetto i beni fondamentali dell’individualità e dell’inviolabilità fisica e morale della persona”; P. Zatti, Persona giuridica e soggettività, Padova, 1975, pp. 178 ss., che richiama il legame intervenuto tra la nozione giuridica di persona e il “richiamo al ‘valore’ della persona umana”, saldando così la persona ai diritti della personalità.
[7] Il concetto di dignità umana, affermato dal costituzionalismo europeo del secondo Novecento e proclamato dall’art. 1 della Carta di Nizza (“La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata.”) non è soltanto un diritto fondamentale, ma la base stessa dei diritti fondamentali, un concetto normativo che “interseca le due grandi tradizioni dell’Occidente moderno, il cristianesimo e l’illuminismo” e che viene “frequentemente associato alla determinazione materiale della massima morale offerta da Kant secondo cui si deve agire in modo da considerare l’umanità, sia nella propria persona, sia nella persona di ogni altro”. Si pone, quindi, alla base dell’ordinamento ed è di rilevanza fondante in materia di diritti della personalità e, in particolare, con riguardo al diritto alla riservatezza e al diritto all’oblio, in quanto “funzionale proprio ad impedire che una metonimia possa funzionare come una eguaglianza, che una parte sia presa per il tutto, che una persona sia identificata con le informazioni che la riguardano […] Se il rispetto della dignità umana significa non ridurre la persona ad una parte di essa, questo implica la non disponibilità dell’interezza della persona (né da parte di altri, né da parte di se stessi)”. Cfr. G. Azzoni, Dignità umana e diritto privato, in Ragion Pratica, 38, 2012, p. 75 ss.; S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, cit., p. 259 ss., il quale afferma, appunto, che “la dignità non è un diritto fondamentale tra gli altri, né una super-norma. Seguendo la storia della sua vicenda giuridica, ci avvediamo che essa è venuta a integrare principi fondamentali già consolidati – libertà, eguaglianza, solidarietà –, facendo corpo con essi e imponendone una reinterpretazione in una logica di indivisibilità”.
[8] Cfr. A. Torrente – P. Schlesinger, Manuale di Diritto Privato, a cura di F. Anelli – C. Granelli, Milano, 2019, pp. 124-125.
[9] Sul dibattito intorno alla natura dei diritti della personalità si rinvia, ex multis, a G. Giacobbe, Natura, contenuto e struttura dei diritti della personalità, in Il diritto privato nella giurisprudenza. Le persone, III, Diritti della personalità, a cura di P. Cendon, Torino, 2000, p. 23 ss.; P. Perlingieri, La personalità umana nell’ordinamento giuridico, Napoli, 1972; P. Rescigno, Personalità (diritti della), in Enc. giur., Roma, 1991, p. 3 ss.; V. Zeno-Zencovich, Personalità (diritti della), voce in Digesto, disc. priv., sez. civ., XIII, Torino, 1995, p. 430 ss.
[10] La teoria c.d. monista è stata sostenuta in primis da G. Giampiccolo, La tutela giuridica della persona umana e il c.d. diritto alla riservatezza, in Riv. trim. dir.proc. civ., 1958, p. 458 ss., di cui conviene riportare testualmente le conclusioni tratte sul punto (pp. 470 ss.): “Ora, la persona è un tutt’uno solidale, e correlativamente unico è il diritto soggettivo della personalità. Come l’uomo però non nasce isolato e per vivere solitario, ma nasce nella società, e in questa trova il suo naturale completamento e sviluppo; così la tutela giuridica non è e non può essere riferita all’individuo per sé preso, ma all’homo sociabilis, epperò unicamente a quelle istanze della personalità che si conformino a tale paradigma, cioè quelle legittime aspettative di rispetto di sé e del proprio essere, che l’uomo può vantare in relazione al tempo in cui vive, alle ragionevoli limitazioni che il contatto con i propri simili inevitabilmente comporta, alle restrizioni che l’interesse collettivo può esigere”. V. anche V. Zeno-Zencovich, Onore e reputazione nel sistema del diritto civile, Napoli, 1985, p. 154, il quale giustifica la propria preferenza per la tesi monista anche perché essa consente all’interprete, in primis al giudice, di “stabilire con maggiore facilità ed immediatezza quel legame fra personalità e sua tutela costituzionale”, consentendogli di inquadrare tutte le norme attinenti alla tutela fondamentale della personalità in un “disegno armonico”. Si riferisce alle tesi monista e pluralista quali due gruppi di opinioni “solo apparentemente contrapposti”: G. Ramaccioni, La protezione dei dati personali e il danno non patrimoniale. Studio sulla tutela della persona in prospettiva risarcitoria, Napoli, 2017.
[11] La teoria c.d. pluralista ha trovato il suo sostenitore più autorevole in A. De Cupis, I diritti della personalità, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu – F. Messineo, proseguito da L. Mengoni, Milano, IV, Tomo I, 1982, pp. 32 ss. In adesione alle tesi di De Cupis, v. C.M. Bianca, Diritto civile, 1, La norma giuridica. I soggetti, Milano, 2002, pp. 139 ss. Secondo V. Zeno-Zencovich, I diritti della personalità dopo la legge sulla tutela dei dati personali, in Studium Iuris, 1997, p. 467, le due teorie “presentano vantaggi e svantaggi, ma alla fine tendono a convergere verso risultati analoghi”.
[12] Cfr. S. Martinelli, Diritto all’oblio e motori di ricerca. Memoria e privacy nell’era digitale, Milano, 2017, pp. 61-62: “[…] la dottrina era divisa tra fautori della tesi ‘aperta’ e fautori della tesi ‘chiusa’. Questi ultimi sostenevano che l’apertura della norma all’inserimento di altri e nuovi valori avrebbe costituito un ‘recettore permanente’, generando così la possibilità di ricondurre tra i valori costituzionali anche valori confliggenti con quelli espressamente sanciti dalla Costituzione. Di contro, i fautori della tesi ‘aperta’ sottolineavano come l’interpretazione dell’art. 2 Cost. come norma ‘chiusa’ avrebbe significato ritenere l’articolo quale semplice preambolo e richiamo ai valori che negli articoli successivi sono sanciti ed enucleati. Infine, è stata sostenuta, e si è progressivamente affermata, una tesi intermedia che interpreta l’art. 2 della Costituzione come una norma ‘aperta’, ma ‘solo all’ingresso di nuove forme di manifestazione dei medesimi valori già censiti in Costituzione”. Per la formulazione della tesi intermedia si rinvia a M.R. Morelli, in E. Gabrielli (a cura di), Il diritto all’oblio. Atti del Convegno di Studi del 17 Maggio 1997, Napoli, 1999, pp. 42 ss.
[13] La Suprema Corte, sin dalla sentenza n. 990 del 20 aprile 1963, si è espressa fermamente a favore della molteplicità dei diritti della personalità.
[14] F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2019, p. 179 ss.
[15] Così Cass., sez. III, 10 maggio 2001 n. 6507, in Giust. civ., 2001, p. 2644 ss.
[16] S. Sica, La libertà di informazione tra diritto interno e prospettiva europea, in Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, a cura di S. Sica – V. Zeno-Zencovich, Padova, 2019, p. 10, si esprime così in merito al principio personalista: “La persona umana, i suoi bisogni, le sue prerogative, in ultima analisi, i suoi diritti inviolabili, sono la ‘stella polare’ della comunità repubblicana e del suo ordinamento giuridico”.

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Roberto Landi

Assistente amministrativo all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Prato e Pistoia ed ex Tecnico di Amministrazione presso il Tribunale Ordinario di Salerno. Laurea cum laude in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno, Master di II livello in “Strategie Organizzative e di Innovazione per la P.A.”. Tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 da Ottobre 2021 a Maggio 2023. Praticante avvocato e cultore del diritto.

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