Sezioni Unite: il modello 770 non basta per accertare il reato di omesso versamento di ritenute

Sezioni Unite: il modello 770 non basta per accertare il reato di omesso versamento di ritenute

Con la sentenza 24782 del 2018 del 1 giugno 2018, le Sezioni Unite Penali hanno fatto chiarezza sull’onere probatorio incombente sulla pubblica accusa ai fini dell’accertamento del reato di cui all’articolo 10 bis del decreto legislativo 74 del 2000.

Con ordinanza del novembre 2017, infatti, la terza sezione penale della Corte di legittimità aveva evidenziato un contrasto in giurisprudenza rispetto all’idoneità del modello 770 per la dimostrazione dell’avvenuto rilascio delle certificazioni delle ritenute fiscali operate da parte del sostituto d’imposta.

La Sezioni Unite, dopo aver ricordato il travagliato excursus normativo della materia, ha evidenziato, richiamandosi a quanto già fatto dalla Sezione remittente, la presenza di due orientamenti distinti che si traducono, di fatto, in un’incertezza, non propriamente esegetica, ma comunque incidente sul regime probatorio da applicare nel caso di specie.

La fattispecie in questione, nella sua attuale versione, successiva al decreto legislativo 158 del 2015, incrimina chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a euro centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.

In sintesi, si era presentato il seguente problema: la mera allegazione da parte del Pubblico Ministero della dichiarazione modello 770 è sufficiente a dimostrare l’avvenuto rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro-sostituto?

Secondo un primo orientamento, espresso dalla sentenza Salmistrano (Sez. 3, n. 1443 del 15.11.12), la prova può essere fornita dal pubblico ministero mediante documenti, testimoni o indizi e, pertanto, è sufficiente la allegazione dei mod. 770 provenienti dal datore di lavoro.

Alla base di tale soluzione, vi sarebbe l’idea che il richiamo nella norma alle certificazioni rilasciate ai sostituiti, richiamo più specifico rispetto alla formulazione della legge precedente, non limiterebbe il ricorso a elementi probatori diversi, quale, tra gli altri, anche il modello 770, che, per la sua (asserita) naturale conseguenzialità rispetto alle certificazioni delle ritenute, sarebbe idoneo e sufficiente all’assolvimento dell’onus probandi gravante sull’accusa.

In breve, usando le parole della sentenza Salmistrano: dal modello 770 emerge la prova delle ritenute operate e tali ritenute devono ritenersi per ciò stesso certificate, dal momento che non avrebbe senso dichiarare quello che non è stato corrisposto e, perciò stesso, certificato.

Un secondo orientamento, invece, espresso dalla sentenza Gagliardi (Ses. 3, n. 40256 dell’8.4.14), esclude che la mera allegazione del modello 770 sia sufficiente a fornire la prova richiesta per il reato di cui all’articolo 10 bis. E ciò per due ragioni.

In primis, perché lo stesso modello non contiene expressis verbis la dichiarazione di aver tempestivamente emesso le certificazioni, ma solo di aver erogato le retribuzioni ed effettuato le ritenute, con buona pace del ragionamento presuntivo espresso dall’orientamento giurisprudenziale precedentemente menzionato.

In secundis, perché la dichiarazione 770 e la certificazione rilasciata ai sostituti, presentano diversità strutturali e differenze nelle ratio giustificatrici che non consentirebbero di ritenere la prima pienamente sovrapponibile alla seconda, e viceversa.

La pronuncia delle Sezioni Unite in commento risolve il contrasto ritenendo che, con riferimento alla normativa precedente al 2015, debba essere condiviso il secondo indirizzo giurisprudenziale.

Infatti, dopo aver premesso che, con l’intervento del legislatore del 2004, è risultato chiaro quanto la consumazione del reato in esame dipenda dal rilascio delle certificazioni, ha evidenziato: 1) Dal modello 770 non è dato ricavare alcuna evidente indicazione in ordine all’avvenuto rilascio delle certificazioni, avendo invece ad oggetto soltanto i dati dell’importo versato e delle ritenute operate; diversamente si ricorrerebbe ad una presunzione non ammissibile; 2) la novella legislativa del 2015 avalla l’interpretazione sostenuta dal secondo orientamento citato, in quanto l’aggiunta, rispetto al passato, del riferimento alle “ritenute dovute sulla base della dichiarazione” ha innovato (e non chiarito!) la formulazione precedente, esprimendo, con tale scelta, il riconoscimento della diversità strutturale e funzionale dei due documenti, certificazione e dichiarazione. Altrimenti, il legislatore ben avrebbe potuto punire soltanto il mancato versamento delle ritenute riportate nella dichiarazione modello 770, con notevole semplificazione probatoria.

Viene perciò affermato il seguente principio di diritto: “con riferimento all’art. 10-bis nella formulazione anteriore alle modifiche apportate al d.lgs. n. 158 del 2015, la dichiarazione modello 770 proveniente dal sostituto di imposta non può essere ritenuta di per sé sola sufficiente ad integrare la prova dell’avvenuta consegna al sostituto della certificazione fiscale”.


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Gianlorenzo Franceschini

Gianlorenzo Franceschini nasce nel 1990 e si laurea in Giurisprudenza nel 2015, con il voto di 110/110, scrivendo una tesi in Economia dell'impresa e dell'innovazione dal titolo "Barriere all’Innovazione. Il loro impatto sulla performance dell’impresa e le strategie di intervento". Perfeziona, in seguito, anche la pratica forense in uno studio legale, occupandosi prevalentemente di diritto civile e di diritto di famiglia, ed il tirocinio formativo di cui all'articolo 73 D.L. 69/13 presso la Procura della Repubblica di Pesaro. Nell'ottobre del 2018 consegue l'abilitazione all'esercizio della professione forense.

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