Sintetica analisi del reato di peculato

Sintetica analisi del reato di peculato

Nella panoramica dei reati come descritti nel codice penale si possono rinvenire i cosiddetti delitti contro la pubblica amministrazione, che violano, in linea generale, gli interessi e il corretto funzionamento della pubblica amministrazione. Tra questi è possibile individuare il reato di peculato, previsto e disciplinato dall’art. 314 c.p., il quale prevede che “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi. Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.” L’articolo esposto prevede due distinte tipologie di peculato: al comma 1 il peculato tout court, mentre al comma 2 è disciplinato il peculato d’uso o momentaneo, in cui l’uso della cosa o del denaro è limitato a un preciso arco temporale, con la conseguente restituzione. Dottrina e giurisprudenza si sono diverse volte pronunciate circa la natura da attribuire a questa tipologia di peculato e sono pervenute a considerarlo come una fattispecie autonoma di reato, e non un aggravante. Si tratta di un’azione di natura transitoria che non configura una vera e propria appropriazione, sussistente solo quando vi è un cambio di finalità definitivo del bene ( Cass. n. 13038/2016).

In linea generale, il reato di peculato rappresenta una appropriazione indebita, ai sensi dell’art. 646 c.p., portata avanti da uno specifico soggetto agente, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio. Il principale presupposto del peculato è la disponibilità del denaro o della cosa mobile per ragione dell’ufficio o del servizio. La disponibilità consiste nell’avere a disposizione la cosa in ragione di una specifica situazione di fatto e della funzione giuridica che il soggetto agente svolge nell’ambito dell’amministrazione. Se non sorgono dubbi circa la nozione di possesso in virtù del rapporto di fatto tra il soggetto attivo e il denaro o la cosa mobile, perplessità, invece, sussistono per quanto riguarda il titolo che qualifica il possesso o comunque la disponibilità, considerando che si tratta di cose relative all’amministrazione e alla sua attività.

Aspetto rilevante del denaro o della cosa mobile è l’altruità, che si determina in base all’utilizzo finale del denaro di cui si è in possesso. Esso acquisisce carattere  pubblico in una fase antecedente alla consegna effettuata tramite versamento alla Pubblica Amministrazione destinataria.

Sono sorti diversi orientamenti circa la natura offensiva da attribuire al reato di peculato in ragione del valore e del quantitativo della cosa mobile o del denaro. Secondo l’orientamento prevalente non si configura il reato in esame qualora il valore della cosa mobile non sia giuridicamente vincolante, per cui sussiste il peculato solo quando la cosa mobile abbia un effettivo valore di natura patrimoniale o anche patrimoniale; il valore, inoltre, non deve essere nullo. In base a un orientamento minoritario il principio di offensività attribuibile al peculato si configurerebbe anche quando il danno arrecato alla Pubblica Amministrazione sia di lieve entità: ” In tema di peculato, la minima entità del danno patrimoniale arrecato alla P.A. non esclude la configurabilità del reato, poiché l’atto appropriativo integra di per sé la condotta tipica, mentre, nel caso di peculato d’uso, la destinazione solo momentanea del bene a finalità diverse da quelle pubblicistiche richiede anche l’idoneità della condotta a determinare una apprezzabile lesione patrimoniale ( nel caso di specie la Corte ha ritenuto sussistente il reato di peculato per l’appropriazione di un quantitativo minimo di carburante, Cass. n. 23824/2019). Sempre per quel che concerne il carattere offensivo del peculato, esso reca danno sia al normale e buon funzionamento della P.A. sia agli interessi patrimoniali. Per cui si tratta di un reato plurioffensivo.

Il peculato è un reato proprio, ma può essere compiuto anche da un privato cittadino in presenza di un accordo con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio. Riguardo l’aspetto oggettivo, il soggetto agente utilizza la cosa mobile o il denaro uti dominus; per quanto concerne invece l’aspetto soggettivo, il peculato prevede il dolo generico.

Il peculato è un reato procedibile d’ufficio. Autorità giudiziaria competente è il Tribunale collegiale. L’arresto e il fermo sono previsti solo per il peculato disciplinato dal comma 1 dell’art. 314 c.p., mentre per il comma 2 è prevista la sospensione dall’esercizio di un pubblico servizio o ufficio.


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