Testamento olografo: falsità e onere probatorio

Testamento olografo: falsità e onere probatorio

Il principio della libertà del testatore. Nell’ambito della successione testamentaria un ruolo centrale è assunto dal principio della libertà del testatore. Difatti, tale libertà assume le vesti della colonna portante della successione mortis causa. Il testatore deve poter esprimere la propria volontà spontaneamente, al riparo da qualunque tipo di condizionamento, sia concomitante che precedente alla redazione dell’atto. Ex art. 587 c.c. la spontaneità deve essere altresì intesa come costante libertà di modificare, finanche all’ultimo istante di vita, la propria volontà. In sostanza, vi deve essere autonomia nel disporre mortis causa, potendo liberamente determinare il contenuto del testamento anche al di fuori (seppure nei limiti) degli schemi espressamente previsti ex lege. La centralità del principio della libertà del testatore rinviene altresì fondamento costituzionale, precisamente all’art. 42 della Costituzione.

L’art. 457 c.c. detta il principio di prevalenza della successione testamentaria su quella legittima (artt. 565 ss c.c.), la quale ha pertanto valore residuale, potendo trovare applicazione solo laddove manchi totalmente un valido testamento redatto dal de cuius prima della sua morte, ovvero qualora pur essendo presente un valido testamento questo non disponga dell’intero patrimonio.

Il testamento. Il testamento è un negozio unilaterale, non ricettizio, revocabile e strettamente personale, oltre a rappresentare un negozio solenne, dal momento che la sua validità è subordinata al rispetto dei requisiti di forma ex artt. 601 ss c.c.. Questi ultimi sono richiesti dall’ordinamento a tutela della libertà di testare, della certezza della provenienza del testamento e della serietà della volontà manifestata quanto anche al contenuto della singole disposizioni (Cass. Civ., II sez., n. 1993/2016).

Di regola, il testamento assume la forma olografa (art. 602 c.c.), ovvero pubblica (art. 603 c.c.) o segreta (604 c.c.) ed in occasioni eccezionali può rivestire le forme speciali di cui agli artt. 609 ss c.c., ma è sempre necessaria la forma scritta, essendo nullo o addirittura inesistente il testamento nuncupativo.

La validità del testamento olografo. La validità del testamento olografo è subordinata al fatto che il testatore abbia scritto di propria mano l’intero negozio, indicandovi la data della redazione, completa di giorno, mese e anno, ed apponendola in un punto qualsiasi della scheda. La data costituisce un requisito essenziale di forma dell’atto, che può anche essere indicata in maniera tale da ricavare le esatte coordinate temporali (es. Pasqua 2020). Difatti, nel testamento olografo la data omessa o incompleta è causa di annullabilità dell’atto (Cass. Civ., VI sez., n. 9364/2020). L’eventuale apposizione della data da parte di un soggetto terzo, invece, se effettuata durante il confezionamento del testamento rende questo radicalmente nullo, poiché viene meno l’autografia stessa dell’atto; diversamente, se realizzato successivamente alla redazione, l’intervento del terzo non impedisce al documento di conservare il proprio valore, laddove sia comunque possibile accertare la genuina volontà originaria del de cuius (Cass. Civ., II sez., n. 7863/2021). Di contro, non rileva che la data apposta da quest’ultimo sia o meno veritiera: la legge non ammette un giudizio generico su siffatta veridicità, se non per disquisire sulla capacità di testare, ovvero per stabilire l’esatto ordine cronologico tra più testamenti o per altre questioni da decidersi specificatamente guardando al tempo del testamento.

Il giudizio di accertamento negativo. Qualora venga contesta la veridicità di un testamento olografo è necessario proporre un giudizio di accertamento negativo avente ad oggetto la stessa scheda testamentaria. L’onere della prova della non veridicità ricade sull’attore, mentre la controparte non deve dichiarare di volersi avvalere del testamento, non trattandosi di un procedimento di verificazione ex art. 216, comma 2°, c.p.c. (Cass. Civ., VI sez., n. 18363/2018).

Sul tema inerente alla contestata veridicità del testamento olografo ed al correlato onere probatorio, oltre ad ampia dottrina, si registra un annoso dibattito giurisprudenziale, concluso per merito dell’intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 12307 del 2015.

Secondo un primo indirizzo, nonostante i requisiti di forma di cui all’art. 602 c.c., il testamento olografo avrebbe costituito una scrittura privata e, dunque, al fine di paralizzarne l’efficacia sostanziale, sarebbe stato sufficiente il mero non riconoscimento dell’autenticità della sottoscrizione effettuato dal soggetto contro il quale veniva prodotto. Conseguentemente, sarebbe stato il titolare dell’interesse ad affermare l’efficacia del documento a doverne domandare la verificazione ai sensi dell’art. 216 c.p.c. per dimostrarne l’autenticità.

Un secondo orientamento, pur riconoscendo la natura giuridica di scrittura privata al testamento olografo ne evidenziava l’elevata rilevanza sostanziale e processuale. In questo caso, posto che il disconoscimento ex art. 214 c.p.c. opera solo per le scritture provenienti dai soggetti del processo, la contestazione dell’autenticità del testamento veniva risolta in una eccezione di falso cui applicare gli artt. 221 ss c.p.c.. Pertanto, l’onere della prova ricadeva in capo a colui che contestava la genuinità della scheda testamentaria, ossia il querelante del falso.

Nell’anticipata sentenza il Supremo Collegio optò per una terza soluzione. Secondo le Sezioni Unite chi contesta l’autenticità di un testamento olografo deve proporre una domanda di accertamento negativo della provenienza del documento e deve provarne la falsità, ovvero la non provenienza dall’autore apparente. Con la sentenza n. 12307 del 2015 venne quindi enunciato il seguente principio di diritto: “La parte che contesti l’autenticità del testamento olografo non è tenuta a proporre querela di falso, ma deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e grava su di essa l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo”. La giurisprudenza successiva ha ribadito e confermato siffatto principio di diritto: in particolare, con l’ordinanza n. 24749 del 2019 la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che: “ il testamento olografo non è contestabile attraverso il procedimento previsto per le altre scritture private [poiché] tale negozio, pur gravitando nell’orbita delle scritture private, non può essere semplicisticamente equiparato ad una qualsivoglia scrittura proveniente da terzi, destinata come tale a rappresentare, quoad probationis, una ordinaria forma di scrittura privata non riconducibile alle parti in causa [e pertanto] chi agisce contro l’erede testamentario deve proporre azione di accertamento negativo dell’autenticità del testamento olografo ed è onerato del relativo onere probatorio .

Profili d’indegnità. L’indegnità è una sanzione civile a fondamento pubblicistico che può essere inflitta a chi abbia attentato alla vita del de cuius, alla sua personalità morale o alla sua libertà testamentaria. Le ipotesi sono tipiche ed elencate all’art. 463 c.c. e l’indegnità si atteggia come una causa di esclusione dall’eredità. L’indegno può essere ammesso a succedere qualora il de cuius lo riabiliti espressamente in un atto pubblico, ovvero nel testamento, ma tale beneficio è subordinato alla conoscenza della causa dell’indegnità da parte del testatore. L’indegnità non è rilevabile d’ufficio, bensì deve essere dichiarata su domanda dell’interessato e, quale effetto di una pronuncia di natura costitutiva, sarà verificata solo al momento del passaggio in giudicato della relativa sentenza (Cass. Civ., II sez., sent. n. 5411/2019).

Come sostenuto dalla Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 19045 del 2020, la formazione o l’uso consapevole di un testamento falso è causa di indegnità a succedere se colui che venga a trovarsi nella posizione di indegno non provi di non avere inteso offendere la volontà del de cuius, poiché il contenuto del documento risulta comunque corrispondente a tale determinazione e il testatore aveva acconsentito alla compilazione della scheda da parte del soggetto nell’eventualità che non ne fosse stato personalmente in grado, ovvero che il de cuius aveva la ferma intenzione di provvedervi per evitare la successione ab intestato.

Sotto altro profilo, ancora, la falsità in un testamento olografo costituisce reato ai sensi e per gli effetti dell’art. 491 c.p.. La norma, che disciplina un’aggravante speciale del reato di falsità in scrittura privata ex art. 485 c.p., trova la propria ratio nella necessità di tutelare atti privati, quale il testamento olografo (ed il connesso principio cardine della libertà del testatore), considerati di grande importanza dall’ordinamento.

In conclusione, fermi gli insegnamenti della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, il testamento olografo non può essere relegato tra le prove atipiche o equiparato a qualunque scrittura privata proveniente da soggetti terzi e differenti dalle parti in causa. Deve essere chiara l’intrinseca forza dimostrativa dell’atto di ultime volontà, evitando un procedimento incidentale come quello della querela di falso, rispettando altresì il principio dell’economia processuale.


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Giulia Romani

Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Firenze con tesi in Diritto Penale dal titolo "L'istituto della messa alla prova a confronto con i principi costituzionali e la giustizia riparativa". Tirocinante ex art. 73 d.l. n. 69/2013 presso la Sezione Penale ed il Tribunale del Riesame di Firenze. Attualmente svolge la professione forense.

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