Travisamento del reo e applicazione dell’aggravante nel delitto di rapina
Il presente lavoro, affronta e ripercorre l’iter argomentativo seguito dalla Corte di Cassazione, la quale con sentenza nr. 1712 del 17.01.2022 si è pronunciata circa la sussistenza o meno dell’aggravante applicabile al reato di rapina qualora esso venga commesso da un soggetto che indossa la mascherina.
La questione, è risultata di particolare importanza data l’emanazione della normativa emergenziale da Covid-19. Più precisamente si è adita la Cassazione per capire se al reo dovesse essere applicata una aggravante qualora il delitto venisse commesso con il volto coperto.
Prima di esaminare il principio di diritto affermato dalla Corte, è necessario fare, seppur brevemente qualche cenno sul reato di rapina.
La rapina è un delitto. Si ricorda che il delitto è il reato più grave rispetto alla contravvenzione ed è punibile solo ed esclusivamente a titolo di dolo; per i delitti, a seconda delle diverse fattispecie di reato commesse, si applica la sanzione della reclusione, dell’ergastolo o della multa.
La rapina è uno di quei delitti che si annoverano tra i delitti commessi contro il patrimonio; è un reato plurioffensivo perché il bene giuridico tutelato non è solo l’interesse patrimoniale, ma anche la sicurezza e la libertà del soggetto che ne è vittima.
Il soggetto attivo del reato è chiunque quindi trattasi di reato comune.
Il soggetto passivo del reato può non coincidere con il soggetto passivo che subisce la condotta.
L’elemento oggettivo ossia la condotta punita è la sottrazione e l’impossessamento della cosa mobile altrui a cui si aggiunge rispetto al furto, la violenza o la minaccia alla persona. Di qui si deduce che la rapina è un reato complesso derivante dall’unione del furto e della violenza privata. Proprio a seconda del diverso atteggiarsi della violenza si distingue tra:
– rapina propria (art. 628, co. 1, c.p.) che si caratterizza perché la condotta posta in essere dall’agente si sostanza nel sottrarre o impossessarsi della cosa mobile altrui e nel far ciò si utilizza la violenza fisica o psichica o una minaccia avverso la persona per vincere l’opposizione del detentore. Quindi la violenza o la minaccia sono poste in essere dal reo prima che avvenga la sottrazione della cosa.
La violenza è diversa dalla minaccia. Infatti, il concetto di violenza è molto ampio e secondo la dottrina essa consisterebbe in una energia esteriore che il minacciante pone in essere nei confronti del minacciato; mentre la minaccia è un male ingiusto e notevole proveniente dal soggetto minacciante avverso il minacciato o un bene o un membro a se legato da un vincolo di parentela.
L’effetto, però, sia della violenza che della minaccia deve essere quello di coartare in maniera assoluta la volontà della vittima. Il reato di rapina propria si consuma quando avviene il passaggio della res al colpevole anche se non in modo definitivo. È ammesso il tentativo se il reo abbia compiuto atti di violenza o minaccia, ma non si sia riuscito ad impossessare della cosa.
L’elemento soggettivo del reato è il dolo specifico ossia la condotta è posta in essere per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto; per profitto si intende sia un interesse di natura patrimoniale che un interesse di natura non patrimoniale.
– rapina impropria (art. 628, co. 2, c.p.) che si caratterizza in quanto la violenza o la minaccia sono rivolte avverso il soggetto passivo solo dopo che la cosa sia stata sottratta. Il reato di rapina impropria si consuma quando viene usata la violenza o la minaccia. È ammesso il tentativo se il soggetto agente abbia sottratto la cosa altrui e dopo abbia tentato di percuotere la vittima del reato per assicurarsi il possesso del bene ma sia stato fermato dalla polizia o da terzi.
L’elemento soggettivo è il dolo doppiamente specifico perché è integrato dal dolo del furto e quindi dall’ulteriore coscienza e volontà di usare la violenza o la minaccia al fine di assicurare a sé o altri il possesso o di procurare a se o ad altri l’impunità.
Per le due ipotesi delineate di rapina sono ammesse aggravanti speciali se il reo: – usi violenza o minaccia con armi o travisamento; – pone il soggetto passivo in stato di incapacità di agire; – chi ha commesso il reato è un affiliato della mafia; – il fatto viene commesso in mezzi pubblici; – il fatto viene commesso avverso un soggetto ultrasessantacinquenne.
Il reato è procedibile d’ufficio e la competenza è del tribunale monocratico, del tribunale collegiale per le ipotesi aggravate.
Dunque proprio in riferimento all’ aggravante di travisamento applicabile al reo qualora quest’ultimo oscuri il proprio volto, in modo da rendere impossibile il riconoscimento della sua identità e sfuggire così all’autorità giudiziaria, la Cassazione ha affermato che lo stesso risponde di rapina aggravata quando si è servito della mascherina non al fine di rispettare la normativa emergenziale, ma al solo fine di rendere difficile il suo riconoscimento a svantaggio dell’autorità.
Tuttavia, la Corte per arrivare ad affermare questo principio non è potuta prescindere dall’applicare il bilanciamento tra il reato di rapina e la scriminante dell’adempimento del dovere, stante la difesa proposta dall’avvocato del reo che utilizzando a discolpa del suo assistito la scriminante dell’adempimento di un dovere affermava nel rispetto del principio di non contraddizione che non potesse essere punito un soggetto per aver adempiuto ad un ordine impostogli dalla legge o dall’Autorità superiore. Ebbene, la Corte non ha ritenuto sussistente l’operatività della scriminate, in quanto risulta palese che il reo avesse fatto uso della mascherina al solo fine di commettere la rapina ed evitare di essere riconosciuto.
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Avvocato Antonella Fiorillo
Laureata in giurisprudenza.
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