Vaccino anti-Covid 19: può essere imposta la somministrazione?

Vaccino anti-Covid 19: può essere imposta la somministrazione?

Nel periodo storico in cui viviamo, sconvolto dall’ emergenza sanitaria provocata dalla diffusione del Covid-19 anche nel nostro Paese, è opportuno soffermarsi sui risvolti giuridici che riguardano il vaccino e la legittimità di una eventuale obbligatorietà dello stesso.

In effetti, la questione prende le mosse dalla recente ordinanza del 19 marzo 2021, emanata dal Tribunale di Belluno, mediante la quale è stata confermato il provvedimento adottato da una Residenza sanitaria per anziani di sospendere due infermieri e otto operatori sociosanitari dal proprio posto di lavoro, poiché rifiutavano di vaccinarsi.

Nella fattispecie, i due infermieri e gli otto operatori sociosanitari, dipendenti di due case di riposo (la Servizi Sociali Assistenziali S.r.l. e la Sedico Servizi), hanno rifiutato, perché c.d. no vax, lo scorso febbraio, di farsi somministrare la prima dose del vaccino Pfizer. Dinanzi a tale rifiuto, le direzioni delle Rsa, hanno posto i dieci dipendenti in ferie forzate, per sottoporli successivamente a visita del medico del lavoro, che li ha bollati come “inidonei al servizio”. Ovvio corollario di ciò è stato che i dieci operatori sono stati allontanati dal lavoro, a causa di “impossibilità di svolgere la mansione lavorativa prevista”.

Sennonché, i lavoratori no vax avanzavano prontamente ricorso ex art. 700 c.p.c. al tribunale competente, per poter essere reintegrati nel posto di lavoro, invocando la libertà di scelta, sancita dall’art. 32 della Costituzione,  ai sensi del quale nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizioni di legge.

Il tribunale ha così statuito: “È ampiamente nota l’efficacia del vaccino nell’impedire l’evoluzione negativa della patologia causata dal virus come si evince dal drastico calo dei decessi fra le categorie che hanno potuto usufruire del vaccino, quali il personale sanitario, gli ospiti delle Rsa e i cittadini di Israele dove il vaccino è stato somministrato a milioni di individui” e, considerata pericolosa la persistenza nella casa di riposo dei 10 operatori no vax, li ha sospesi dal lavoro, non licenziati: ovvero, qualora cessasse la pandemia o decidessero di vaccinarsi saranno immediatamente reintegrati nel posto di lavoro.

Come noto, l’art. 32 Cost. garantisce la salute come fondamentale diritto dell’individuo e della generalità dei consociati, vietando ogni trattamento sanitario che prescinda dal consenso informato del paziente, salvo diversa disposizione di legge.

Dunque, come ben ribadito in numerose sentenza della Corte Costituzionale, può essere imposto un determinato accertamento o trattamento sanitario solo quando ciò sia giustificato non tanto dal vantaggio che può trarne il soggetto singolo a cui è imposto, ma dalla necessità di tutelare l’interesse superiore alla protezione della sanità pubblica, come nel caso delle vaccinazioni obbligatorie (Corte cost. n. 107/2012).

Al di fuori dei casi eccezionali imposti dalla legge, pertanto, gli accertamenti e trattamenti sanitari sono a base volontaria, richiedendo il consenso specifico ed espresso dell’avente diritto, in ossequio al principio di auto-responsabilità, ai sensi degli art. 1 legge 180/1978, art. 33 legge 833/1978 (Cass. n. 2854/2015).

Fermo quanto sopra, rebus sic stantibus,  non è intenzione del Governo disporre l’obbligatorietà della vaccinazione Anti – covid, tuttavia, la mancata adesione al piano vaccinale potrebbe da un lato esporre lo stesso personale infermieristico a richieste di risarcimento per danni civili, oltre che a responsabilità per violazione del codice deontologico e dall’altro potrebbe comportare la responsabilità del datore di lavoro in materia di protezione dell’ambiente di lavoro.

Sotto altro punto di vista, è vero che la vaccinazione anti – Covid per i medici e gli operatori sanitari rappresenta un requisito essenziale (anche se non obbligatorio) per l’esercizio della professione, ma la soluzione potrebbe non essere la sospensione dal lavoro: difatti, pur avendo imposto un periodo di ferie forzate, nell’attesa che passi il momento critico, rimane il nodo da sciogliere rappresentato dal termine fino al quale lasciare i lavoratori sospesi, visto che le ferie non sono illimitate.

Infatti, in caso di fine delle ferie, senza essere stati sottoposti al vaccino, l’art. 279, comma 2, lett. b), del TU 81/2008, statuisce che, in caso di inidoneità del lavoratore espressa dal medico competente, il datore di lavoro potrebbe disporre l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure di cui all’art. 42, essendo legittimato ad adibire il lavoratore a mansioni  anche inferiori, oltre a pervenire ad una sospensione o addirittura ad un licenziamento per giusta causa dello stesso.

Concludendo, non ci resta che attendere una ulteriore pronuncia giurisprudenziale che faccia luce sulle sue esposte vicende, con il vivo auspicio di lasciarci alle spalle la pandemia.


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