Vestiti come dico io: è stalking imporre alla propria compagna di vestirsi in un determinato modo?
Nella società odierna, sempre più spesso, si sente parlare di fenomeni di “controllo”. Nell’ ampio genus di questi fenomeni, sicuramente, in ambito giuridico-penale un’importanza fondamentale viene assunta dai cd atti persecutori, meglio qualificati come stalking (art. 612 bis c.p.).
Spesso, ci si domanda quale sia il motivo che spinge una persona – solitamente e nella stragrande maggioranza dei casi di sesso maschile come risulta dai dati scientifici – a perdere il proprio controllo e a tramutare o a nascondere dietro comportamenti di amore e di affetto, minacce e varie e proprie manie di controllo, che risultano limitative della sfera giuridica dell’altrui compagna.
Per molto tempo, il fenomeno dello stalking è stato studiato dalla criminologia, la quale ha provato a darne una definizione. In generale il termine stalking è di derivazione anglosassone, dove to stalk significa “appostarsi”, letteralmente “fare la posta”. In criminologia con il termine stalking si fa riferimento ad un insieme di comportamenti reiterati e lesivi della riservatezza, della libertà e della vita stessa di un soggetto, consistenti in molestie, minacce, pedinamenti, telefonate indesiderate, controllo continuo ed intrusivo, sorveglianza costante nei confronti della vittima la quale finisce prima o poi per iniziare a soffrire di disturbi ansiogeni a causa del controllo che lo stalker ha della sua vita privata. Con il progresso tecnologico, poi questi fenomeni di controllo sono accresciuti sempre di più, basti pensare a tutti quei soggetti che richiedono al proprio compagno/a la password dei dispositivi elettronici per controllare che questi ultimi non intrattengano relazioni con altri individui seppur di semplice amicizia o colleganza.
Proprio studiando gli aspetti che presentano la maggior parte degli stalker si è ritenuto essenziale distinguere le diverse tipologie di molestatori seriali, al fine di far comprendere che non tutte le tipologie di stalker presentano il medesimo grado di pericolosità sociale; infatti, secondo Galeazzi e Curci gli stalkers sarebbero tutti quei soggetti affetti da una patologia della “comunicazione e della relazione”.
Perché si possa parlare di tale sindrome, è necessaria quindi la presenza di alcune componenti:
– un soggetto (molestatore) che individua una persona nella relazione con la quale sviluppa un’intensa polarizzazione ideo-affettiva e verso cui mette in atto: una serie ripetuta di comportamenti aventi i caratteri della sorveglianza e/o comunicazione e/o ricerca di contatto;
– la persona individuata dall’attore (vittima), percepisce come sgraditi ed intrusivi tali comportamenti e, per definizione, li avverte con associato senso di paura e di minaccia.
Secondo altri studiosi, è opportuno classificare le diverse tipologie di stalker. C’è infatti il:
1) molestatore rifiutato: è quel soggetto che si oppone alla fine di una relazione intima con azioni finalizzate a ripristinarla. Si tratta, in questo caso, di soggetti affetti da disturbi di personalità con risposte violente di fronte al rifiuto della vittima;
2) molestatore rancoroso: generalmente è quel soggetto affetto da disturbo di personalità paranoide, che attua le sue molestie per vendicarsi di un torto che ritiene di aver subito da parte della vittima;
3) molestatore predatore: è quel soggetto vero e proprio inseguitore della vittima nei cui confronti prepara l’attacco, rappresentato spesso da una violenza sessuale;
4) stalker inadeguato: è rappresentato dal corteggiatore fallito in cerca di partner. È un soggetto che desiste facilmente e cambia spesso bersaglio, presentando in genere una scarsa pericolosità;
5) molestatori in cerca di intimità: in preda ad una vera e propria erotomania, aggrediscono vittime sconosciute e personaggi celebri di cui si sono innamorati, al fine di instaurare una relazione. Le loro molestie tendono, rispetto alle altre tipologie di stalker, ad essere più lunghe nel tempo e scarsamente scoraggiate da azioni legali. Pertanto, come si può agevolmente constatare non tutte le tipologie di stalker presentano il medesimo grado di pericolosità sociale. Il potenziale criminogeno dipende dalla singola categoria di molestatore assillante e naturalmente dal singolo individuo. Ciononostante, non bisogna mai abbassare la guardia nei confronti di nessuno di questi soggetti, né sottovalutare la loro carica di potenziale lesività fisica e psicologica. Ragion per cui è doveroso intervenire – con la massima fermezza – nei confronti di ogni comportamento che possa essere sussunto nel paradigma criminologico dello stalking.
Il legislatore contemporaneo, dato l’eccessivo sviluppo di questo fenomeno, in conformità alla ratio del diritto penale che è quella di tutelare i soggetti dai reati, ha aggiunto nella parte speciale del codice penale un’apposita norma atta a tutelare le vittime di atti persecutori ossia l’art. 612 bis c.p.. In particolare la norma precisa che lo stalking è un reato comune perché può essere commesso da qualsiasi soggetto, e che questo fenomeno viene a realizzarsi quando i comportamenti dello stalker generino nella vittima un fondato timore per la propria incolumità o per quella delle persone che la circondano (amici, parenti ecc.) tali per cui la stessa vittima si isola dai contesti sociali e talvolta è costretta anche a cambiare residenza, numero di cellulare e indirizzi mail.
Proprio perché questo fenomeno è di grande attualità la Cassazione qualche giorno fa, con una pronuncia ha stabilito che, se durante una convivenza il comportamento di un partner diviene preclusivo della sfera giuridico liberale della compagna, è possibile che nei confronti di quest’ultimo sia presentata una querela per stalking; e infatti, la fattispecie che ha portato la Corte a emanare una pronuncia così forte vedeva un convivente che obbligava la sua compagna a vestirsi in un certo modo e a controllare le sue amicizie. Per la Cassazione, la gelosia non è una regola fisiologica del rapporto di coppia, sicché qualora la stessa diventi preclusiva dell’altrui libertà specie se in un contesto di convivenza è possibile denunciare l’ex compagno per il reato di stalking in questo caso, essendoci stata una convivenza anche aggravato.
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Avvocato Antonella Fiorillo
Laureata in giurisprudenza.
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