Abrogazione dell’abuso d’ufficio: i primi dubbi di legittimità costituzionale
di Michele Di Salvo
Con l’entrata in vigore della legge 114/2024 (cd. legge Nordio), è stato abrogato il delitto di abuso d’ufficio di cui all’art. 323 c.p., iniziativa che avevo già commentato a settembre 2024 [http://www.salvisjuribus.it/sullabolizione-del-reato-di-abuso-dufficio]
Tale intervento – come già si era intravisto – ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale, evidenziati da varie ordinanze di rimessione, nella parte in cui espunge dall’ordinamento la fattispecie “di chiusura” del sistema repressivo dei reati contro la pubblica amministrazione.
Secondo il Tribunale di Firenze sarebbero ad esempio plurime le conseguenze sovranazionali e costituzionali, in uno all’indebolimento della lotta alla corruzione e della trasparenza dell’agire amministrativo.
Con ordinanza del 24/9/2024, il Tribunale di Firenze, III Sez. pen., in composizione collegiale, sollevava questione di legittimità costituzionale in relazione all’ art. 1, comma 1, lett. b) della l. 114/2024 nella parte in cui abroga l’art. 323 c.p., per violazione degli artt. 11, 97 e 117, comma 1 Cost. (in relazione agli obblighi discendenti dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione – cd. Convenzione di Merida – adottata dalla Assemblea Generale dell’ONU nell’ottobre del 2003 e firmata dallo Stato italiano nel dicembre dello stesso anno).
Sospendeva il giudizio in corso nei confronti degli imputati – in uno ai termini di prescrizione – e disponeva l’immediata trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale.
In seguito al richiamato provvedimento adottato dalla Terza Sezione Penale del Tribunale di Firenze, si sono registrate ben cinque ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale – ulteriori due da parte del Tribunale di Firenze (Trib. Firenze, Sez. GIP-GUP, ordinanza 3/10/2024; Trib. Firenze, Sez. III, ordinanza 25/10/2024), una del Tribunale di Locri (Trib. Locri, Sez. GIP-GUP, ordinanza 30/9/2024), una del Tribunale di Busto Arsizio (Trib. Busto Arsizio, Sez. pen., ordinanza 21/10/2024) ed un’ultima, in ordine di tempo, da parte del Tribunale di Bolzano (Trib. Bolzano, Sez. pen., ordinanza 11/11/2024) – dal medesimo tenore, aventi ad oggetto analoga questione.
Il processo che ha fatto sorgere la questione è l’ordinanza in esame si apriva dinanzi al Tribunale di Firenze il 4 maggio 2021 quando il delitto di cui all’art. 323 c.p. era ancora preveduto dalla legge come reato nel nostro ordinamento penale.
Dopo circa tre anni di istruttoria dibattimentale, giunto il processo alla fase della discussione, il Tribunale prendeva atto dell’intervenuta abrogazione dell’art. 323 c.p. per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 1, lett. b) della cd. legge Nordio, delitto che veniva contestato al capo 5) della rubrica per più imputati.
Nel caso specifico, la depenalizzazione ex art. 1, comma 1, lett. b) della legge 114/2024 dell’art. 323 c.p. precludeva la possibilità non solo di una eventuale sentenza di condanna – e quindi della applicazione delle relative sanzioni penali ex artt. 535 e 535 c.p.p. – ma anche il vaglio delle richieste risarcitorie avanzate dalle parti civili ex art. 538 c.p.p., in quanto collegate all’accertamento di colpevolezza in ordine ad un fatto previsto dalla legge come reato, sino all’entrata in vigore della legge 114/2024.
L’avvocato costituito in giudizio come procuratore della parte civile sottoponeva allora questione di legittimità costituzionale ed il Tribunale, invitando le parti a concludere, si riservava di vagliare la legittimità dell’art. 1, comma 1, lett. b) della legge 114/2024, nella parte in cui abrogava l’art. 323 c.p., in camera di consiglio.
Secondo il Tribunale di Firenze, la questione posta veniva ritenuta, oltre che rilevante, “tutt’altro che manifestamente infondata”.
La violazione degli artt. 11 e 117, comma 1, Cost.
La Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione (cd. Convenzione di Merida) adottata dall’Assemblea generale ONU nell’ottobre 2003 – con risoluzione firmata dal nostro Stato nel dicembre 2003 – ed oggetto di ratifica ed esecuzione in Italia nell’agosto 2009 è fonte di diritto internazionale e, pertanto, vincolante per gli Stati contraenti.
La Convenzione di Merida non solo pone in capo agli Stati firmatari l’obbligo di conferire carattere penale ad una varietà di infrazioni correlate ad atti di corruzione (“tradizionali” e “spia” della corruzione stessa) ma, per di più, il trattato internazionale in oggetto (art. 19) prende in espressa considerazione la fattispecie dell’abuso d’ufficio.
Ad avviso del Tribunale di Firenze, lo Stato parte che, come l’Italia, aveva già introdotto la fattispecie prima dell’adesione alla Convenzione di Merida, per adeguarsi all’obbligo internazionale di cui all’art. 19, sarà tenuto a non espungere dall’ordinamento la fattispecie già vigente, come di fatto è accaduto; per tali ragioni, sussistono seri dubbi riguardo alla conformità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lett. b) della L. 9 agosto 2024, n. 114 nella parte in cui abroga il reato previsto e punito dall’323 c.p. per violazione degli artt. 11 e 117, comma 1 Cost., in relazione alla Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione.
La violazione dell’art. 97 Cost.
L’abolizione del reato di abuso d’ufficio fa salve solo alcune delle condotte prima sanzionate penalmente quali quelle sussumibili nel cd. peculato per distrazione, in forza di quasi contestuale (ma antecedente) introduzione dell’art. 314-bis c.p. ad opera del D.L. n. 92/2024, entrato in vigore prima dell’abrogazione dell’art. 323 c.p. (e dalle forme di abuso d’ufficio per omissione, tuttora incriminato sub art. 328 c.p.).
L’art. 314-bis c.p. condivide solo alcuni degli elementi costitutivi dell’abrogato abuso d’ufficio e, più in generale, la condotta del delitto di nuova introduzione (trattasi del reato di indebita destinazione di denaro o cose mobili) si atteggia a species del più ampio genus del reato abrogato dalla legge Nordio.
Il Parlamento ha di fatto espunto dal nostro ordinamento il delitto di abuso d’ufficio inibendo la repressione e la tutela penale, in particolare, nei casi di mancata astensione e conflitto di interessi o situazioni di incompatibilità, in relazione alle quali sopravvivono ormai solo marginali ipotesi; non si tratta affatto, quindi, di un’ipotesi di abrogatio sine abolitione.
Il legislatore è intervenuto pesantemente sul sistema dei delitti contro la pubblica amministrazione, previsti e puniti nel libro secondo, titolo II del nostro Codice penale, sradicando dal sistema di previsione penale importanti presidi a tutela del buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost., nella dichiarata intenzione di perseguire una più efficace e libera azione amministrativa, senza adeguatamente considerarne, però, gli effetti.
Il rimedio giurisdizionale (civile o amministrativo) concesso al privato giammai, in termini di tutela del bene giuridico di cui all’art. 97 Cost., potrebbe supplire all’assenza della tutela penale fino ad oggi garantita dall’art. 323 c.p., anche in considerazione dell’assenza di quegli incisivi poteri investigativi di regola necessari per l’accertamento delle dinamiche illecite sottese all’esercizio dell’illegittimo potere amministrativo.
Valutando il quadro normativo oggi vigente, l’affermazione per cui le esigenze costituzionali di tutela non si esauriscono nella tutela penale non basta a suturare lo strappo oggi consumato rispetto ai valori costituzionali.
Le questioni di legittimità costituzionale della cd. legge Nordio successive
Dopo l’ordinanza emessa dal Tribunale di Firenze, altri tribunali italiani hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale simili o analoghe a quelle sopra discusse; questioni che, pur con sfumature, evidenziando profili critici comuni e condividono gli stessi nodi problematici.
Con ordinanza del 21/10/2024, ad esempio, il Tribunale di Busto Arsizio ha richiamato anch’esso l’art. 117 Cost., soffermandosi però, in modo specifico, sull’impatto dell’abrogazione del disposto di cui all’art 323 c.p. in relazione al principio di leale collaborazione con l’Unione Europea, pilastro fondamentale del diritto sancito dall’art. 4, par. 3 del TUE; secondo la Corte lombarda il rischio è quello di un generale disallineamento con il quadro normativo comunitario, che pone la lotta alla corruzione al centro della sua politica di tutela del mercato interno e non solo.
Da ultimo in ordine di tempo, con ordinanza dell’11/11/2024, il Tribunale di Bolzano ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale in relazione all’abrogazione, ad opera della legge Nordio, del reato di abuso di ufficio concentrandosi, tuttavia, su un aspetto specifico, ovvero l’obbligo di cd. stand still derivante dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione del 2003 (cd. Convenzione di Merida) per gli Stati firmatari della stessa.
Tutte le pronunce successive rispetto a quella di apertura ad opera del Tribunale di Firenze del 24/9/2024 confermano i timori espressi, ovvero che l’abrogazione della disposizione di cui all’art. 323 c.p. lascia spazio ad una tutela frammentaria e non unitaria; tale scenario pone interrogativi circa la capacità del nostro Stato di adempiere agli obblighi internazionali, in uno a quella di garantire la conformità del quadro normativo interno ai principi di matrice costituzionale, tra i quali quello di cui all’art. 97 Cost.
Tutte le evidenziate perplessità, concernenti l’abrogazione del delitto di cui all’art. 323 c.p. ad opera della legge Nordio, evidenziano un rischio concreto: l’assenza di tutela penale adeguata potrebbe indebolire il sistema di contrasto alla corruzione – che secondo la Corte dei conti costa al nostro Paese tra 60 e 100 miliardi di euro annui – e compromettere la fiducia dei cittadini nella pubblica amministrazione. In altri termini, la scelta legislativa di abrogare il reato di abuso d’ufficio, seppur animata dall’intento di una maggiore efficienza amministrativa, sembra trascurare le implicazioni sul piano sovranazionale e costituzionale. Nel valutare queste questioni, la Corte costituzionale avrà il compito di bilanciare le esigenze di semplificazione normativa con la necessità di garantire la tutela dei principi fondamentali dello Stato di diritto.
Come è stato già ricordato, l’abuso d’ufficio è un reato pluri-offensivo: il bene giuridico tutelato dalla norma è costituito dal buon andamento e dall’imparzialità della pubblica amministrazione, in uno alla trasparenza dell’azione amministrativa, ma anche dal patrimonio del terzo danneggiato dall’abuso del funzionario pubblico.
La legge è sempre un temperamento di interessi, e questo temperamento è mediazione e tecnica definitoria: il colpo di spugna – da sempre – mal si concilia con il diritto e con la tutela dei diritti.
E in questa occasione appare con chiarezza trasversale ed eterogenea che i profili di incostituzionalità siano ben manifestamente fondati. In caso di riconoscimento di costituzionalità, appare decisamente eccentrico e bizantino anche solo pensare le motivazioni che la Corte costituzionale potrebbe addurre.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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