Accesso agli atti a fini difensivi e annullamento in autotutela
TAR Lazio, sez. IV-Quater, 21 luglio 2025, n. 14506
«Il rimedio previsto degli artt. 22 e ss. della Legge n. 241/1990 e ss.mm. – con il quale l’Amministrazione è tenuta ad ostendere la documentazione in proprio possesso a fronte dell’istanza presentata dal privato – è subordinato alla sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale: diretto, in quanto il documento deve riguardare una posizione, anche di fatto, giuridicamente tutelata dall’ordinamento; concreto, nel senso che l’utilità che la parte deve poter trarre deve essere effettiva e reale, quindi non vaga ed astratta; ed attuale, inteso nell’accezione secondo cui il vantaggio deve attenere ad un beneficio presente, ossia in grado di produrre la sua utilità nell’immediatezza».
«Ebbene, i rilievi dell’I.S.M.E.A. non sono condivisibili, considerato che, almeno astrattamente, potrebbe ravvisarsi un pregiudizio (di natura sicuramente patrimoniale), qualora emergessero profili di illegittimità della (prima) gara, concretamente conoscibili solo a fronte della piena conoscenza dei documenti chiesti con l’istanza di accesso».
«[…] non potrebbe, nel caso di specie, rilevarsi alcuna decadenza dalla proposizione della domanda giudiziale, in ossequio al costante orientamento della giurisprudenza – ancorché riferibile al settore degli appalti pubblici, ma estendibile per identità di ratio anche alla presente procedura selettiva – secondo cui “il dies a quo del termine decadenziale stabilito per l’impugnazione degli atti di gara coincide con quello in cui l’interessato acquisisce, o è messo in grado di acquisire, piena conoscenza degli atti che lo ledono (ciò allo scopo di evitare i c.d. ricorsi “al buio”); dunque nel caso in cui gli atti della procedura di gara siano stati messi a disposizione solo a seguito di istanza di accesso, il termine per impugnare non può iniziare a decorrere se non dall’ostensione della documentazione oggetto di detta istanza”.»
Guida alla lettura
La sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. IV-Quater, n. 14506/2025, rappresenta una significativa applicazione dei principi in materia di accesso documentale, con particolare riferimento all’accesso “difensivo” richiesto da un privato coinvolto in una procedura ad evidenza pubblica annullata in autotutela. Il caso sottoposto al giudice amministrativo verte sulla legittimità del diniego opposto da ISMEA rispetto a un’istanza di accesso agli atti della prima gara pubblica, con motivazione basata sull’asserita carenza di interesse, giacché il ricorrente era risultato aggiudicatario della successiva gara. La pronuncia sconfessa tale impostazione e ribadisce l’effettività del diritto all’ostensione documentale in funzione difensiva, anche potenziale, valorizzando il principio di trasparenza amministrativa, il buon andamento dell’azione pubblica e la centralità del diritto alla conoscenza piena dei presupposti dell’autotutela. La nota analizza la decisione, evidenziandone le implicazioni sistemiche in chiave garantista e i riflessi sul diritto di difesa in sede procedimentale e giudiziale.
La sentenza in commento si inserisce nell’ambito delle controversie concernenti il diritto di accesso agli atti amministrativi, regolato dagli artt. 22 ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il caso riguarda Giovanni Di Lecce, risultato aggiudicatario provvisorio di una gara pubblica indetta da ISMEA per la vendita di fondi agricoli, successivamente annullata in autotutela per un vizio procedimentale legato all’esclusione di un concorrente correttamente registrato. A fronte dell’annullamento, il ricorrente ha formulato un’istanza di accesso agli atti della prima procedura, dichiarando l’intento di verificare la legittimità dell’operato dell’amministrazione e prospettando l’esercizio di azioni risarcitorie, stante il fatto che nella nuova gara, poi vinta, egli ha dovuto sostenere un prezzo sensibilmente più elevato (oltre 120.000 euro in più). ISMEA, pur avendo inizialmente accolto l’istanza (nota PEC dell’11 aprile 2025, ore 11.00), ha ritrattato poche ore dopo (ore 14.55), comunicando un diniego motivato dall’asserita insussistenza di un interesse attuale, fondato sul fatto che il ricorrente era comunque risultato vincitore della nuova procedura. Il diniego è stato confermato in data 30 aprile 2025, e successivamente impugnato con ricorso ex art. 116 c.p.a.
L’interesse difensivo come fondamento del diritto di accesso
La sentenza valorizza il principio, oramai consolidato in giurisprudenza, per cui il diritto di accesso si estende anche alle ipotesi in cui il richiedente non abbia ancora agito giudizialmente, ma intenda acquisire documenti a fini difensivi o valutativi, anche in vista di un eventuale futuro contenzioso. Tale orientamento, già affermato dal Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 8352/2024, viene espressamente richiamato dal TAR per ribadire che:
«Il dies a quo del termine decadenziale stabilito per l’impugnazione degli atti di gara coincide con quello in cui l’interessato acquisisce, o è messo in grado di acquisire, piena conoscenza degli atti che lo ledono (ciò allo scopo di evitare i c.d. ricorsi “al buio”)».
Nel caso di specie, il collegamento tra il maggior esborso nella seconda gara e l’illegittimità della prima procedura configura un interesse diretto, concreto e attuale, come richiesto dalla legge, poiché l’accesso agli atti serve proprio a verificare se sussistano i presupposti per agire in giudizio. L’amministrazione non può sindacare, in sede procedimentale, la fondatezza giuridica dell’azione che il richiedente potrebbe avviare: tale giudizio compete solo al giudice.
Il principio di buona fede e la contraddittorietà dell’azione amministrativa
Un secondo profilo rilevante della sentenza riguarda la contraddittorietà del comportamento tenuto da ISMEA, che ha accolto formalmente l’istanza, salvo poi negarne gli effetti poche ore dopo, senza fornire accesso ai documenti richiesti. Il T.A.R. censura tale comportamento alla luce del principio di buona fede amministrativa e del legittimo affidamento, stabilito espressamente dall’art. 1, comma 2-bis, della legge n. 241/1990, che impone alla P.A. di agire in modo coerente, leale e trasparente.
La decisione dell’Amministrazione è stata definita autoreferenziale, in quanto basata esclusivamente sull’esito favorevole (per il ricorrente) della seconda gara, senza considerare le conseguenze economiche pregiudizievoli da questi subite, né il diritto di conoscere le ragioni dell’annullamento in autotutela, che ha inciso sulla sua posizione giuridica e patrimoniale.
Il diniego basato su presunta decadenza: illegittimità e incongruenza
Altro punto centrale della pronuncia è il rigetto dell’eccezione di ISMEA secondo cui il ricorrente non avrebbe più potuto agire in giudizio, essendo decorso il termine decadenziale per l’impugnazione dell’annullamento in autotutela. Il T.A.R., coerentemente con l’orientamento prevalente, chiarisce che il termine per impugnare decorre solo dalla conoscenza effettiva e completa degli atti lesivi e delle relative motivazioni. In difetto di tale conoscenza, la pretesa decadenza è giuridicamente infondata. L’intento è evitare il rischio di ricorsi “al buio”, che si porrebbero in contrasto con l’art. 24 Cost. e con il principio del giusto processo, in quanto pregiudicherebbero l’effettivo esercizio del diritto di difesa.
Valenza sistemica della pronuncia
La sentenza del TAR Lazio si inserisce in un percorso giurisprudenziale consolidato, rafforzando il valore sistemico e garantista del diritto di accesso agli atti, anche oltre la fase contenziosa in senso stretto.
Essa assume rilievo in quanto: – conferma la legittimità dell’accesso con finalità difensive, anche in assenza di un giudizio già avviato; – ribadisce l’illegittimità del diniego fondato su una pretesa decadenza non ancora perfezionata; – sanziona la contraddittorietà dell’azione amministrativa, valorizzando i principi costituzionali di trasparenza, imparzialità e buona amministrazione (art. 97 Cost.); – estende l’applicazione di principi propri del contenzioso in materia di appalti anche a procedure di vendita pubblica, sottolineando la comune matrice di evidenza pubblica e imparzialità.
Conclusioni
La decisione in commento si segnala per l’importanza con cui viene riaffermata la funzione costituzionalmente orientata del diritto di accesso, non come strumento formale, ma come garanzia sostanziale della partecipazione, della trasparenza e della tutela giurisdizionale. L’interesse difensivo addotto dal privato non può essere oggetto di sindacato preventivo da parte dell’amministrazione, né può essere svilito da una valutazione di opportunità fondata sull’esito favorevole di una diversa procedura. La pronuncia, pertanto, contribuisce a delineare una giurisprudenza di equilibrio tra poteri pubblici e diritti individuali, nel solco di una legalità amministrativa trasparente, coerente e responsabile.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.
Riccardo Renzi
Funzionario della Pubblica Amministrazione a Comune di Fermo
Istruttore direttivo presso Biblioteca civica “Romolo Spezioli” di Fermo, membro dei comitati scientifici e di redazione delle riviste Menabò, Notizie Geopolitiche, Scholia e Il Polo – Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”, e Socio Corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche. Ha all'attivo più di 500 pubblicazioni tra scientifiche e di divulgazione, per quanto concerne il diritto collabora con Italia Appalti, Altalex, Jus101, Opinio Juris, Ratio Iuris, Molto Comuni, Italia Ius, Terzultima Fermata e Salvis Juribus.