Bonifiche ambientali e responsabilità: i limiti dell’art. 244 d.lgs. 152/2006

Bonifiche ambientali e responsabilità: i limiti dell’art. 244 d.lgs. 152/2006

avv. Eugenio Catania e avv. Flavia Cascino

Abstract. Il presente contributo analizza le criticità emergenti nell’applicazione dell’art. 244 del D.Lgs. 152/2006 in materia di individuazione del responsabile della contaminazione ambientale, con particolare riferimento ai profili procedimentali e sostanziali che caratterizzano l’emanazione delle ordinanze di bonifica. L’analisi prende spunto da un caso giurisprudenziale che evidenzia le lacune istruttorie e motivazionali che spesso inficiano la legittimità dei provvedimenti amministrativi in questo delicato settore.

Sommario: 1. Introduzione – 2. Il Quadro Normativo di Riferimento – 2.1. I Principi Fondamentali della Bonifica Ambientale – 2.2. La Competenza Provinciale e l’Art. 244 – 3. I Profili Critici dell’Individuazione del Responsabile – 3.1. L’Onere Istruttorio dell’Amministrazione – 3.2. Il Criterio del “Più Probabile che Non” – 4. La Problematica della Destinazione Urbanistica – 4.1. L’Applicazione delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione – 4.2. Il Vizio di Motivazione – 5. Il Travisamento dei Fatti e l’Inadeguatezza dell’Istruttoria – 5.1 L’Erronea Ricostruzione della Dinamica Contaminante – 5.2. L’Omessa Considerazione di Fattori Alternativi – 6. La Disparità di Trattamento – 6.1. L’Omessa Indagine nei Confronti del Proprietario dell’Area – 6.2. Le Implicazioni del Principio di Proporzionalità – 7. Le Prospettive di Riforma – 7.1. La Necessità di Linee Guida Procedimentali – 7.2. Il Rafforzamento delle Garanzie Procedimentali – 8. Conclusioni

 

1. Introduzione

La disciplina della bonifica dei siti contaminati rappresenta uno dei settori più complessi del diritto ambientale, caratterizzato dall’intersezione tra principi di derivazione eurounitaria, esigenze di tutela ambientale e garanzie procedimentali. L’art. 244 del Codice dell’Ambiente costituisce il fulcro normativo del sistema di individuazione e diffida del responsabile della contaminazione, ma la sua applicazione pratica rivela significative criticità che meritano un approfondimento sistematico.

Il caso oggetto di analisi evidenzia come l’amministrazione provinciale, nell’esercizio delle proprie competenze in materia di bonifica, possa incorrere in vizi procedimentali e sostanziali che compromettono la legittimità dell’azione amministrativa. La fattispecie esaminata presenta elementi di particolare interesse: il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) in un’area caratterizzata da destinazione urbanistica mista, la presenza di attività economiche potenzialmente inquinanti, e soprattutto l’inadeguatezza dell’istruttoria condotta dall’ente procedente.

2. Il Quadro Normativo di Riferimento

2.1 I Principi Fondamentali della Bonifica Ambientale

Il sistema normativo della bonifica ambientale si fonda su principi consolidati di derivazione eurounitaria, primo fra tutti il principio “chi inquina paga” espressamente richiamato dall’art. 239 del D.Lgs. 152/2006. Tale principio, cristallizzato nell’art. 191 TFUE e nella Direttiva 2004/35/CE, costituisce il fondamento teorico dell’intero impianto normativo e impone che i costi della prevenzione e riparazione del danno ambientale gravino sui soggetti che hanno causato l’inquinamento.

L’art. 242 del Codice dell’Ambiente delinea le procedure operative e amministrative che il responsabile dell’inquinamento deve attivare al verificarsi di un evento potenzialmente contaminante. La norma stabilisce un sistema articolato di obblighi che vanno dalle misure di prevenzione immediate alla caratterizzazione del sito, fino agli interventi di bonifica vera e propria.

2.2. La Competenza Provinciale e l’Art. 244

L’art. 244 del D.Lgs. 152/2006 attribuisce alle Province un ruolo centrale nel procedimento di individuazione del responsabile della contaminazione. La norma prevede che, ricevuta comunicazione del superamento delle CSC, la Provincia debba svolgere “opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell’evento di superamento” prima di procedere alla diffida.

Questo passaggio risulta cruciale poiché evidenzia come il legislatore abbia voluto subordinare l’emanazione dell’ordinanza di diffida a un’attività istruttoria specifica, finalizzata non solo all’accertamento del superamento dei valori soglia, ma soprattutto all’individuazione del nesso causale tra l’evento inquinante e il soggetto responsabile.

3. I Profili Critici dell’Individuazione del Responsabile

3.1. L’Onere Istruttorio dell’Amministrazione

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che la responsabilità per danni ambientali rientra nel paradigma della responsabilità extracontrattuale soggettiva ex art. 2043 c.c., con esclusione di qualsiasi forma di responsabilità oggettiva. Come evidenziato dal TAR Puglia-Lecce nella sentenza n. 204/2024, “non è configurabile una responsabilità automatica per il solo fatto di rivestire una determinata qualifica o posizione, dovendo essere dimostrato l’apporto causale colpevole del soggetto al danno ambientale riscontrato”.

Questa impostazione comporta che l’amministrazione non possa limitarsi a una mera constatazione del superamento delle CSC, ma debba svolgere un’indagine approfondita sulla “storicità” della contaminazione e sul rapporto eziologico tra lo specifico evento inquinante e la condotta dei soggetti individuati quali responsabili.

3.2. Il Criterio del “Più Probabile che Non”

Un aspetto di particolare rilevanza riguarda il criterio probatorio applicabile nell’accertamento del nesso causale. La giurisprudenza amministrativa, seguendo le indicazioni della Corte di Giustizia UE, ha abbandonato l’impostazione “penalistica” incentrata sul “superamento del ragionevole dubbio” per abbracciare il canone civilistico del “più probabile che non”.

Come chiarito dal TAR Lombardia-Brescia nella sentenza n. 354/2024, “l’individuazione del responsabile può basarsi anche su elementi indiziari e presunzioni semplici ex art. 2727 c.c., applicando il criterio civilistico del ‘più probabile che non’ anziché quello penalistico del ‘oltre ogni ragionevole dubbio'”.

Questo approccio, pur consentendo una maggiore flessibilità nell’accertamento delle responsabilità, non esonera l’amministrazione dall’obbligo di condurre un’istruttoria adeguata e di fornire una motivazione specifica circa l’imputabilità soggettiva della contaminazione.

4. La Problematica della Destinazione Urbanistica

4.1. L’Applicazione delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione

Un aspetto di particolare complessità emerge quando l’area oggetto di contaminazione presenta una destinazione urbanistica non univocamente inquadrabile nelle categorie previste dalla Tabella 1 dell’Allegato 5 al Titolo V del D.Lgs. 152/2006. Nel caso esaminato, l’area risultava classificata dal Piano Regolatore Generale come appartenente a “categorie diverse”, ovvero sia “percorsi e spazi pedonali pubblici” che “area ferroviaria”.
Questa circostanza pone un problema interpretativo rilevante: quale colonna della tabella delle CSC debba essere applicata quando la destinazione urbanistica non consente un univoco inquadramento? L’amministrazione, nel caso di specie, ha applicato i limiti della colonna A (destinazione verde pubblico, privato e residenziale) nonostante la presenza di un’area ferroviaria che, per sua natura, dovrebbe essere ricondotta alla colonna B (destinazione commerciale e industriale).

4.2. Il Vizio di Motivazione

L’art. 3 della Legge 241/1990 impone che ogni provvedimento amministrativo sia adeguatamente motivato, con l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Nel caso in esame, l’ordinanza risulta viziata per difetto di motivazione nella parte in cui applica i limiti della colonna A senza fornire alcuna giustificazione per tale scelta, nonostante fosse a conoscenza della natura mista dell’area.
Questa lacuna motivazionale assume particolare gravità considerando che il valore rilevato (126,57 mg/kg di idrocarburi C>12) risultava superiore al limite della colonna A (50 mg/kg) ma ampiamente inferiore a quello della colonna B (750 mg/kg). La scelta del parametro di riferimento si rivela quindi determinante per la stessa configurabilità del superamento delle CSC.

5. Il Travisamento dei Fatti e l’Inadeguatezza dell’Istruttoria

5.1 L’Erronea Ricostruzione della Dinamica Contaminante

Il caso evidenzia come l’amministrazione abbia fondato la propria decisione su una ricostruzione fattuale erronea, assumendo l’esistenza di un collegamento diretto tra il piazzale dell’azienda e l’area ferroviaria dove è stato effettuato il campionamento. L’analisi della documentazione fotografica allegata al ricorso dimostra invece l’esistenza di uno spazio intermedio tra le due aree, che esclude il presunto “convogliamento delle acque meteoriche” dal piazzale aziendale all’area di prelievo.
Questo travisamento dei fatti assume rilevanza non solo sotto il profilo della correttezza dell’accertamento tecnico, ma soprattutto in relazione alla configurabilità del nesso causale tra l’attività dell’azienda e la contaminazione rilevata.

5.2. L’Omessa Considerazione di Fattori Alternativi

L’istruttoria condotta dall’amministrazione appare inoltre lacunosa per l’omessa considerazione di fattori che potrebbero aver contribuito alla contaminazione rilevata. In particolare: la presenza di attività ferroviaria nell’area da almeno cinquant’anni, con il conseguente transito di mezzi che per loro natura possono rilasciare idrocarburi; l’accessibilità dell’area a terzi per il conferimento di rifiuti e la sosta di autoveicoli; l’assenza di campionamenti comparativi in altre aree limitrofe; la circostanza che gli elementi potenzialmente inquinanti rinvenuti presso l’azienda erano regolarmente stoccati in aree coperte.

6. La Disparità di Trattamento

6.1. L’Omessa Indagine nei Confronti del Proprietario dell’Area

Un profilo di particolare criticità emerge dalla circostanza che l’amministrazione, pur essendo a conoscenza che l’area contaminata apparteneva a Ferrovie dello Stato, non ha disposto alcuna indagine, sopralluogo o provvedimento nei confronti del proprietario e utilizzatore effettivo dell’area.
Questa omissione configura una disparità di trattamento che viola il principio di imparzialità dell’azione amministrativa. Se è vero che il principio “chi inquina paga” impone di individuare il responsabile effettivo della contaminazione, è altrettanto vero che l’istruttoria deve essere condotta in modo completo e imparziale, considerando tutti i soggetti che potrebbero aver contribuito all’inquinamento.

6.2. Le Implicazioni del Principio di Proporzionalità

L’azione amministrativa deve inoltre rispettare il principio di proporzionalità, che impone di adottare le misure meno gravose tra quelle idonee al raggiungimento del fine pubblico. Nel caso di specie, l’imposizione degli obblighi di bonifica a carico di un soggetto la cui responsabilità non risulta adeguatamente dimostrata, mentre il proprietario dell’area contaminata rimane estraneo al procedimento, appare sproporzionata rispetto all’obiettivo di tutela ambientale perseguito.

7. Le Prospettive di Riforma

7.1. La Necessità di Linee Guida Procedimentali

L’analisi del caso evidenzia la necessità di elaborare linee guida più dettagliate per l’applicazione dell’art. 244 del D.Lgs. 152/2006, con particolare riferimento agli standard istruttori che l’amministrazione deve rispettare nell’individuazione del responsabile della contaminazione.

Tali linee guida dovrebbero specificare: i criteri per l’accertamento del nesso causale tra attività svolta e inquinamento rilevato; le modalità di conduzione delle indagini preliminari; i parametri per la valutazione della “storicità” della contaminazione; le procedure per la gestione dei casi di destinazione urbanistica mista.

7.2. Il Rafforzamento delle Garanzie Procedimentali

Appare inoltre necessario un rafforzamento delle garanzie procedimentali a tutela dei soggetti coinvolti nei procedimenti di bonifica. In particolare, dovrebbe essere prevista: la partecipazione obbligatoria del presunto responsabile alle attività di accertamento tecnico; la possibilità di presentare osservazioni e controdeduzioni prima dell’emanazione dell’ordinanza; l’obbligo di motivazione rafforzata nei casi di destinazione urbanistica complessa.

8. Conclusioni

L’analisi del caso esaminato evidenzia come l’applicazione dell’art. 244 del D.Lgs. 152/2006 presenti ancora significative criticità, che rischiano di compromettere l’efficacia del sistema di bonifica ambientale e la tutela dei diritti dei soggetti coinvolti.

La corretta individuazione del responsabile della contaminazione rappresenta un passaggio cruciale per l’attuazione del principio “chi inquina paga”, ma richiede un’istruttoria approfondita e una motivazione adeguata che spesso risultano carenti nella prassi amministrativa.

Il caso analizzato dimostra come l’amministrazione non possa limitarsi a una mera constatazione del superamento delle CSC, ma debba svolgere un’indagine completa che consideri tutti i fattori potenzialmente rilevanti per l’accertamento delle responsabilità. L’omessa considerazione della destinazione urbanistica mista dell’area, il travisamento dei fatti relativi alla configurazione dei luoghi, e l’inadeguatezza dell’istruttoria condotta rappresentano vizi che inficiano la legittimità dell’azione amministrativa.

Particolare attenzione merita la problematica della destinazione urbanistica, che nel caso di specie ha determinato l’applicazione di parametri di riferimento potenzialmente erronei. La presenza di aree con destinazione mista richiede un approccio interpretativo più sofisticato, che tenga conto delle specificità del caso concreto e fornisca una motivazione adeguata per la scelta dei parametri applicati.

La disparità di trattamento emersa nel caso, con l’omessa indagine nei confronti del proprietario dell’area contaminata, evidenzia inoltre la necessità di un approccio più equilibrato e imparziale nell’individuazione delle responsabilità.

In prospettiva, appare necessario un intervento di chiarificazione normativa e giurisprudenziale che definisca standard più precisi per l’applicazione dell’art. 244, al fine di garantire un giusto equilibrio tra le esigenze di tutela ambientale e la protezione dei diritti dei soggetti coinvolti nei procedimenti di bonifica.

Solo attraverso un’applicazione rigorosa e tecnicamente fondata della disciplina della bonifica sarà possibile realizzare gli obiettivi di tutela ambientale perseguiti dal legislatore, nel rispetto dei principi di legalità, imparzialità e proporzionalità che devono caratterizzare l’azione amministrativa.


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Avv. Giacomo Romano

Ideatore e Coordinatore a Salvis Juribus
Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali. È titolare di “Salvis Juribus Law Firm”, studio legale presso cui, insieme ai suoi collaboratori, svolge quotidianamente l’attività professionale avendo modo di occuparsi, in particolare, di problematiche giuridiche relative ai Concorsi Pubblici, Esami di Stato, Esami d’Abilitazione, Urbanistica ed Edilizia, Contratti Pubblici ed Appalti.

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