Check-in da remoto legittimo: annullata la circolare del Ministero dell’Interno

Check-in da remoto legittimo: annullata la circolare del Ministero dell’Interno

Commento a T.A.R. Lazio n. 10210/2025

Sommario: 1. Il caso – 2. È possibile impugnare una circolare? – 3. Perché la circolare del Ministero dell’Interno è illegittima? – 4. Conclusioni e prospettive future

 

1. Il caso

La sentenza n. 10210/2025 del T.A.R. Lazio torna su un tema “caldo”: quello della possibilità da parte dei gestori di alloggi turistici di effettuare l’identificazione degli ospiti da remoto e consentire quindi l’accesso ai locali mediante le ormai diffusissime keybox, cassette fissate all’esterno dell’abitazione che permettono agli ospiti di accedere autonomamente all’alloggio. 

L’art. 109 c.3. TULPS oggi prevede che i gestori “Entro le ventiquattro ore successive all’arrivo […] comunicano alle questure territorialmente competenti, avvalendosi di mezzi informatici o telematici o mediante fax, le generalità delle persone alloggiate, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno[1], sentito il Garante per la protezione dei dati personali”. Tale formulazione consegue alla riforma del DL 201/2011 che ha sostituito la “vecchia” scheda identificativa sottoscritta dal cliente. Tali obblighi riguardano anche le cd. locazioni brevi[2]. La prassi venutasi a formare nel tempo con la diffusione delle prenotazioni tramite internet e la proliferazione di affitti brevi da parte di locatori non dotati di una reception ha portato il Ministero dell’Interno a diramare la circolare n. 38138 del 18 novembre 2024, che disponeva il divieto del check-in online e da remoto, nonché il divieto di utilizzo delle key box e di altre tecnologie di regolamentazione e controllo degli accessi a distanza, sostenendo in sostanza che la mancata identificazione dell’ospite de visu al momento del check-in non sarebbe compatibile con le finalità del TULPS, nella misura in cui impedisce la verifica della corrispondenza tra il soggetto rappresentato nel documento di identità e quello che effettivamente alloggerà nei locali.

La circolare è stata impugnata dalla Federazione Associazioni Ricettività Extralberghiera (F.A.R.E.) e il giudice amministrativo in accoglimento del ricorso ha annullato il provvedimento ministeriale. La decisione offre in primo luogo interessanti spunti circa la diretta impugnabilità delle circolari amministrative, in secondo luogo rimarca l’importanza di alcuni principi che devono guidare l’azione amministrativa.

2. È possibile impugnare una circolare?

Prima di affrontare il nucleo della controversia, il TAR Lazio si è soffermato sulla questione, dirimente ai fini dell’ammissibilità, relativa alla natura giuridica della circolare impugnata. Benché tali atti siano normalmente di natura interna o interpretativa, la giurisprudenza amministrativa ha da tempo elaborato criteri per distinguere alcune circolari che, eccedendo la loro funzione tradizionale, assumono una valenza precettiva esterna[3]:

– circolari interpretative: forniscono un’indicazione esegetica per assicurare l’uniforme applicazione di leggi e regolamenti. Sono, di norma, prive di efficacia vincolante esterna e non innovative dell’ordinamento, limitandosi a “riproporre il contenuto precettivo degli atti normativi cui fanno riferimento” (TAR Valle D’Aosta n. 60/2015). Di conseguenza, la loro lesività è solo mediata, concretizzandosi attraverso il successivo atto applicativo, che diviene l’oggetto principale dell’eventuale impugnazione;

– circolari organizzative: disciplinano il funzionamento burocratico e organizzativo degli uffici, afferendo prettamente alla dimensione interna dell’amministrazione;

– circolari normative: attraverso queste, gli organi sovraordinati possono dettare norme di comportamento che, pur indirizzate formalmente agli uffici subordinati, sono destinate a incidere direttamente sulla sfera giuridica di terzi. Tali circolari possono assumere una connotazione intersoggettiva, condizionando pienamente, anche se in maniera indiretta, l’attività dei consociati[4];

– circolari-regolamento: costituiscono “particolari figure di circolari, eccezionalmente idonee a produrre effetti giuridici esterni alla pubblica amministrazione” (TAR Valle D’Aosta n. 60/2015), assumendo sostanzialmente natura regolamentare se caratterizzate da generalità, astrattezza e innovatività[5]. Per il principio di legalità e di tipicità delle fonti secondarie, tali atti, per essere validi, dovrebbero rispettare i requisiti formali e sostanziali previsti dalla L. 400/1988; in mancanza andrebbero considerate quali regolamenti nulli, inesistenti o illegittimi.

La distinzione non è meramente classificatoria, ma assume un rilievo decisivo ai fini dell’impugnabilità. Il TAR richiama un orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui è ammessa l’impugnazione immediata della circolare quando questa, indipendentemente dal nomen iuris, travalichi la sua funzione interna e ponga “prescrizioni immediatamente e direttamente lesive, rispetto alle quali il provvedimento di applicazione ha carattere semplicemente adempitivo” (cfr. TAR Lazio, n. 2800/2019).

Nel caso di specie, il TAR ha attribuito alla circolare del Viminale rilevanza esterna e contenuto immediatamente precettivo. Il provvedimento infatti non si limitava a suggerire un’interpretazione, ma “confermava” (di fatto, imponeva) ai gestori di strutture ricettive l’obbligo di “verificare l’identità degli ospiti mediante verifica de visu“. Pur indirizzata formalmente agli organi di pubblica sicurezza per l’attività di controllo, la circolare mirava a regolare il comportamento dei gestori delle strutture ricettive, soggetti terzi rispetto all’organizzazione ministeriale, con un impatto diretto e immediato sulla loro attività (necessità di modificare procedure, eventuali costi aggiuntivi, rinuncia a modalità di accoglienza innovative). Di conseguenza eventuali atti successivi degli organi di controllo (es. un verbale di contestazione a chi praticasse il check-in remoto) non avrebbero comportato una nuova valutazione discrezionale circa l’opportunità di tale obbligo, ma ne sarebbero stati mera conseguenza applicativa.

3. Perché la circolare del Ministero dell’Interno è illegittima?

Superato il vaglio di ammissibilità, il TAR ha proceduto all’esame del merito, riscontrando la fondatezza delle censure mosse dalla F.A.R.E. e dichiarando l’illegittimità della circolare per plurimi e concorrenti profili di violazione di legge e di eccesso di potere.

Un primo, fondamentale, vizio è stato individuato nella violazione di legge, con specifico riferimento all’art. 109 TULPS, interpretato sistematicamente alla luce della ratio ispiratrice delle modifiche introdotte dal DL 201/2011. Tale intervento normativo, come sottolineato dal Collegio, era inequivocabilmente diretto a promuovere la riduzione degli adempimenti amministrativi per le imprese. La circolare impugnata, reintroducendo in maniera generalizzata e rigida l’obbligo di identificazione fisica, si poneva in netta antitesi con tale finalità: anziché operare in linea con lo spirito di modernizzazione e snellimento, l’atto ministeriale configurava un’inversione di rotta verso un aggravamento procedurale, senza che ciò fosse supportato da una base giuridica che ne giustificasse la necessità. Si è così determinata una lesione della legalità sostanziale, intesa come coerenza dell’atto amministrativo con le finalità e i principi desumibili dalle norme sovraordinate.

Di centrale rilevanza, poi, è stata la constatazione della violazione del principio di proporzionalità. Tale principio, cardine del diritto amministrativo europeo e nazionale, esige che l’azione amministrativa, specie quando limitativa di diritti o libertà, sia non solo idonea al conseguimento dello scopo di interesse pubblico perseguito, ma anche necessaria (nel senso che non devono esistere altre misure alternative, ugualmente efficaci ma meno invasive per la sfera del privato) e adeguata (o proporzionata in senso stretto, richiedendo un ragionevole bilanciamento tra il beneficio per l’interesse pubblico e il sacrificio imposto al destinatario)[6]. Il TAR ha ritenuto che il Ministero dell’Interno non avesse fornito alcuna dimostrazione convincente che l’obbligo di identificazione de visu fosse l’unica ed indispensabile misura per garantire la sicurezza pubblica nel settore ricettivo. È mancata, in particolare, un’adeguata istruttoria comparativa che valutasse l’efficacia e l’affidabilità di soluzioni alternative, pertanto la misura adottata è stata considerata sproporzionata rispetto alle effettive esigenze. Tra l’altro è stato osservato come neppure l’identificazione de visu possa garantire la sicurezza pubblica, posto che essa avviene solo in un primo momento, ma nulla impedisce che successivamente l’alloggio possa essere concretamente utilizzato da altri soggetti non identificati dal gestore.

Infine, l’atto – sempre in relazione alla sua natura precettiva – sarebbe viziato da eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione, in violazione dell’art. 3 L. 241/1990 (norma fondamentale che sancisce l’obbligo per ogni provvedimento amministrativo di essere corredato da una motivazione che indichi i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione[7]). I riferimenti contenuti nella circolare a circostanze quali l’aumento delle locazioni brevi, l’imminente Giubileo e una non meglio specificata “difficile situazione internazionale“, sono stati giudicati dal TAR asserti generici, non suffragati da dati concreti, analisi approfondite o studi d’impatto.

4. Conclusioni e prospettive future

La sentenza del TAR Lazio, annullando la circolare ministeriale, da un lato riafferma la possibilità per gli operatori del settore ricettivo di avvalersi di sistemi di check-in da remoto, dall’altro apre a riflessioni più ampie. In primo luogo c’è da chiedersi se il Ministero dell’Interno proporrà appello, posto che la sentenza si inserisce in un dialogo già aperto con le associazioni di categoria: il Viminale aveva anche preannunciato l’emanazione di una nuova circolare per dettagliare modalità di gestione dell’identificazione da remoto compatibili con l’art. 109 TULPS, attraverso l’uso della tecnologia[8]. Un ulteriore profilo di criticità e di evoluzione futura riguarda l’impatto della sentenza sulle amministrazioni comunali: non è infrequente che i Comuni, specie quelli a maggiore vocazione turistica, abbiano intrapreso azioni di contrasto all’uso diffuso di strumenti come le key box, talvolta invocando proprio le (ora annullate) direttive ministeriali come ulteriore supporto alle proprie iniziative, pur se primariamente motivate da altre ragioni, quali preservare il decoro urbano e la qualità della vita dei propri residenti.

 

 

 

 

 

 

[1] cfr. Decreto Ministero dell’Interno 7 gennaio 2013.

[2] Cfr. art. 19-bis DL 113/2018.

[3] F. CARINGELLA, Compendio maior di Diritto amministrativo, DIKE Giuridica, 2022, pp. 100 ss.

[4] A. CATELANI, Le circolari della pubblica amministrazione quali fonti normative per la crisi della pandemia, in Società e

diritti, n. 11, 2021, p. 40 ss.

[5] M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, Il Mulino, 2024, p. 95

[6] Sul tema, v. A. ALBANESE, Il ruolo del principio di proporzionalità nel rapporto fra amministrazione e amministrati, in Le istituzioni del federalismo, n. 37-3, 2016, pp. 697-723

[7] Seppure in generale le circolari non siano soggette ad obbligo di motivazione, esso viene qui in rilievo a causa della natura precettiva del provvedimento in esame.

[8] A. D’AMBROSIO, Affitti brevi, dal Viminale nuove regole per il check-in, Il Sole 24 Ore, NORME E TRIBUTI, 21 marzo 2025, p. 42


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Marco Paoloni

Funzionario amministrativo tributario a Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Fermo

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