Conseguenze del pagamento dei dipendenti in contanti
In diverse realtà imprenditoriali, tutt’oggi, uno o più dipendenti percepiscono lo stipendio, o parte di esso, in denaro o comunque mediante modalità non tracciabili. Può capitare dunque che, a seguito di accertamento da parte dell’Ispettorato del Lavoro ad esempio, venga poi notificato un verbale in cui si contesti proprio tale illecito.
E d’uopo preliminarmente chiarire che, contrariamente a quanto si possa pensare, ciò non sempre costituisce una violazione; pertanto diviene essenziale prendere coscienza di cosa si intenda per modalità tracciabili e di quando effettivamente l’imprenditore debba corrispondere il compenso in questo modo al fine di non incorrere nelle conseguenze previste dal legislatore.
La risposta a tali quesiti si rinviene nella legge n. 205/2017, entrata in vigore il 1° gennaio 2018, ad eccezione dei commi 756, 808, 816, 897, 898, 899, 900, 901, 902, 903, 1127 e 1168 dell’art. 1 e dei commi 16, 36 e 37 dell’art. 18 in vigore già dal 29 dicembre 2017. In essa, infatti, all’art. 1, comma 910, è stabilito che: “A far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti corrispondono ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi: a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore; b) strumenti di pagamento elettronico; c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento; d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. L’impedimento s’intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni.” Al comma successivo poi, viene specificato che a prescindere dal rapporto instaurato con il dipendente, il datore di lavoro non può corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante. Ecco dunque che viene chiarito cosa debba intendersi per modalità di pagamento tracciabile, e come integri la violazione del suesposto dettato normativo il pagamento del dipendente in contanti.
Tuttavia, per completare il quadro delle premesse, e comprendere fin dove si estende il vincolo posto dalla L. 205/2017 e dove invece interviene l’eccezione, bisogna individuare quei casi che derogano a tali statuizioni facendo venir meno l’illiceità della condotta. Ed è sempre all’art. 1, ma al comma 913, che vengono individuati, in modo tassativo, una serie di rapporti che si sottraggono all’applicazione dei commi 910 e 911, ovverosia: a) i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165; b) quelli di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 339; ed infine c) quelli comunque rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Fatta questa doverosa premessa, si può procedere alla disamina delle conseguenze cui va incontro l’imprenditore che vìola tale disposizione. Sempre all’art. 1, comma 913, della legge in commento, è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.
Se ad una prima lettura, il dettato normativo del comma 913 può sembrare di facile applicazione, ad uno sguardo più attento si coglie invece la genericità del modo in cui è stata scritta la norma, e di fatto non fornisce un criterio di calcolo per quantificare l’esatto ammontare della sanzione, tralasciando, ovviamente, la discrezionalità dell’ente che la commina orientandosi nel range menzionato. L’applicazione sic et simpliciter del disposto richiamato porterebbe, in alcuni casi, alla determinazione di sanzioni davvero esose e soprattutto sproporzionate sia rispetto alle dimensioni dell’impresa cui sono destinate, sia in riferimento all’effettiva violazione commessa.
Proprio a causa della lacuna qui evidenziata, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha deciso di intervenire, con la nota n. 5828 del 4 luglio 2018, al fine di individuare il criterio da utilizzare per determinare il quantum della sanzione in un contesto in cui il numero dei lavoratori, delle mensilità e l’ammontare dei compensi era variabile. Ecco dunque che in questa nota viene precisato quale debba essere l’operazione da effettuare per ottenere l’importo della relativa sanzione. Questa infatti, qualifica quale addendo di partenza, nonché elemento determinante per il calcolo, esclusivamente il numero delle mensilità per cui il pagamento dello stipendio è avvenuto in modalità non tracciabili. Di conseguenza, prendendo come riferimento la sanzione in misura ridotta ex art 16, L. 689/1981, – ossia la terza parte del massimo della sanzione prevista – il modo corretto per pervenire alla sua quantificazione è: “1.666,66 € (sanzione ridotta) x n. mensilità pagate con modalità non tracciabili”, a prescindere dal numero di lavoratori coinvolti o dall’ammontare dello stipendio versato.
Quest’intervento ha consentito un’interpretazione unanime anche in sede giurisprudenziale, superando i dibattiti formatisi sulla corretta applicazione della norma in esame. È dunque evidente, alla luce di quanto rilevato finora, che qualunque quantificazione della sanzione ottenuta mediante un calcolo differente da quello ut supra riportato è da considerarsi errata e può essere oggetto di contestazione mediante impugnazione del Verbale notificato (non in sede giudiziaria trattandosi di atto endoprocedimentale, ma attraverso il deposito di memorie difensive presso l’Ufficio che lo ha notificato).
Naturalmente sussistono ulteriori elementi o vizi che possono inficiare la validità sia del procedimento di accertamento che dello stesso verbale notificato, ma non è questa la sede per trattare tali tematiche.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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Avv. Emmanuele Zappatore
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