La Corte costituzionale torna per la tredicesima volta sull’art. 69, quarto comma, c.p.

La Corte costituzionale torna per la tredicesima volta sull’art. 69, quarto comma, c.p.

Abstract. Il contributo ha ad oggetto una recente statuizione della Corte costituzionale, datata 22 aprile 2025, concernente l’art. 69, quarto comma, c.p.. Trattasi della tredicesima circostanza nella quale il Giudice delle leggi si ritrova a dover dichiarare la parziale illegittimità della disposizione, questa volta nella parte in cui stabilisce il divieto di prevalenza dell’attenuante di cui all’art. 625-bis c.p. sulla recidiva reiterata di cui all’art. 99, quarto comma, c.p.. Ciò in quanto il divieto in questione non consente di tener conto della condotta di ravvedimento post delictum tenuta dal reo, con conseguente irrigidimento della presunzione di capacità a delinquere determinata dalla recidiva reiterata.

The contribution concerns a recent ruling of the Constitutional Court, dated 22 April 2025, concerning art. 69, fourth paragraph, of the Italian Criminal Code. This is the thirteenth circumstance in which the Constitutional Court declares the partial illegitimacy of the provision, this time in the part in which it states the prohibition of prevalence of the mitigating circumstance under art. 625-bis of the Criminal Code over repeated recidivism under art. 99, fourth paragraph, of the Criminal Code. This because the prohibition in question does not allow taking into account the conduct of post delictum repentance held by the offender, with consequent stiffening of the presumption of criminal capacity determined by repeated recidivism.

Massima “Il giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee consente al giudice di <<valutare il fatto in tutta la sua ampiezza circostanziale, sia eliminando dagli effetti sanzionatori tutte le circostanze (equivalenza), sia tenendo conto di quelle che aggravano la quantitas delicti, oppure soltanto di quelle che la diminuiscono […]. [D]eroghe al regime ordinario del bilanciamento tra circostanze […] sono costituzionalmente ammissibili e rientrano nell’ambito delle scelte discrezionali del legislatore, risultando sindacabili soltanto ove <<trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio>> […] non potendo però giungere in alcun caso <<a determinare un’alterazione degli equilibri costituzionalmente imposti sulla strutturazione della responsabilità penale>>. […] Il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 625-bis cod. pen. sulla recidiva reiterata, previsto dall’art. 69, quarto comma, cod. pen., è affetto da[l] […] vizio di irragionevolezza, in quanto sterilizza la ratio incentivante della disposizione, accorda una rilevanza insuperabile alla precedente condotta del reo ed esclude ogni incidenza della collaborazione sulla determinazione in concreto della pena, pur a fronte della dissociazione dal contesto criminale e del possibile pericolo di ritorsioni personali e familiari. […] La mancata considerazione del distacco dall’ambiente criminoso e dei rischi che la collaborazione comporta, d’altra parte, determina il contrasto del divieto di prevalenza dell’attenuante relativa al ravvedimento post delictum anche con l’art. 27, terzo comma, Cost., in quanto fa sì che la pena irrogata sia percepita come ingiusta e, quindi, inidonea ad assolvere alla finalità rieducativa, propria delle sanzioni penali”.

 

Sommario: 1. Il Fatto: il divieto di prevalenza dell’attenuante ex art. 625-bis c.p. sulla recidiva reiterata – 2. La Decisione: verso una neutralizzazione degli automatismi sanzionatori in materia di concorso di circostanze. L’importanza della valorizzazione piena del caso di specie

 

1. Il Fatto: il divieto di prevalenza dell’attenuante ex art. 625-bis c.p. sulla recidiva reiterata

La Sezione penale del Tribunale ordinario di Perugia in composizione monocratica, con ordinanza del 25 settembre 2024, sollevava, relativamente agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, c.p., nella parte in cui stabilisce il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 625-bis c.p. sulla recidiva reiterata ex art. 99, quarto comma, c.p.

Il rimettente indicava di dover giudicare, nelle forme del rito abbreviato, di un’imputazione per furto in abitazione ex artt. 110 e 624-bis c.p., commesso dall’imputato che, introdottosi in un appartamento, si era velocemente allontanato al sopraggiungere del proprietario e che, inseguito e bloccato da quest’ultimo mentre tentava di darsi alla fuga, veniva fermato dagli agenti e trovato in possesso di circa nove euro, della chiave del portone principale, di sei monete da venti lire, di due monete da duecento lire, di una moneta da cinque centesimi di lire, di una moneta da due dracme, di una pinzetta di piccole dimensioni e di forbici da elettricista.

Nel corso dell’interrogatorio reso all’udienza di convalida dell’arresto, l’imputato ammetteva l’addebito mossogli e forniva nome e cognome del correo, sostenendo che i due si fossero accordati ai fini della commissione del reato.
Il giudice a quo riteneva integrata la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 624-bis c.p. – essendo sottrazione e impossessamento avvenuti al fine di trarre profitto – nonché sussistente tanto la recidiva reiterata – essendo l’imputato gravato da un precedente del 2014 e da uno risalente al 2019, con sentenza passata in giudicato oltre il quinquennio – quanto l’attenuante ad effetto speciale ex art 625-bis c.p.

Il rimettente sosteneva in particolar modo che la tempestiva confessione dell’imputato avesse costituito contributo decisivo ai fini dell’identificazione del soggetto che aveva agito in concorso, sia perché le dichiarazioni avevano consentito l’individuazione del soggetto (già noto alle forze dell’ordine a causa della precedente commissione di reati contro il patrimonio) e l’opportuna integrazione delle indagini preliminari, sia in quanto i proprietari dell’appartamento non avevano fornito elementi, avendo soltanto notato di sfuggita la presenza di un soggetto ulteriore che, fuori dall’abitazione, impugnava un bastone.

In sostanza, in mancanza della confessione dell’imputato non si sarebbe potuto procedere all’accertamento della consumazione del reato anche da parte del correo.

La problematica risiedeva però nel fatto che, pur riconoscendosi la sussistenza dell’attenuante ex art. 625-bis c.p., stando a quanto previsto dall’art. 69, quarto comma, c.p., essa non sarebbe potuta prevalere sulla recidiva reiterata.
La preclusione prevista dal quarto comma dell’art. 69 c.p. veniva allora ritenuta dal giudice rimettente costituzionalmente illegittima per contrasto con gli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost.

In presenza della recidiva ex art. 99, quarto comma, c.p., non si potrebbe infatti attribuire alcuna rilevanza – e ciò in maniera del tutto irragionevole – alla condotta del reo contemporanea o susseguente al reato, ciò che ex art. 133, secondo comma, n. 3, c.p., rappresenta significativo indice di commisurazione della pena espressivo di una minore capacità a delinquere del soggetto agente. Proprio la presenza intra codice di tale indice impedirebbe di ritenere del tutto insuperabile la precedente attività delittuosa del reo.

In un’ottica comparativa, inoltre, l’attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 625-bis c.p. si caratterizza per una ratio identica a quella dell’attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 8 del d.l. n. 152/1991, convertito con modificazioni nella legge n. 203/1991, confluita nell’art. 416-bis.1, terzo comma, c.p., eppure la disciplina a cui le due circostanze sono sottoposte è differente.

Soltanto la seconda è infatti obbligatoria nonché soggetta al giudizio di bilanciamento tra circostanze, mentre la prima, in seguito all’intervento del legislatore del 2005, non può prevalere sulla recidiva reiterata.

Il rimettente poi metteva sempre comparativamente in evidenza come la Corte costituzionale nel 2016 avesse dichiarato l’illegittimità costituzionale dello stesso art. 69, quarto comma, c.p., nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza della circostanza attenuante a effetto speciale di cui all’art. 73, settimo comma del d.P.R. n. 309/1990 sulla recidiva reiterata.

Quella circostanza attenuante, esattamente come quella di cui all’art. 625-bis c.p., esprime una scelta di politica criminale di tipo premiale, comportando una diminuzione della pena dalla metà a due terzi per coloro che si adoperino per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, “anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti”.

Sussisterebbe allora anche in tal caso, a fronte dell’identità di ratio, una irragionevole diversità di disciplina.
Ne deriverebbe anche la violazione del principio di proporzionalità della pena nella sua funzione tanto rieducativa quanto retributiva ex art. 27, terzo comma, Cost., non riuscendo il condannato, in ragione del comportamento collaborativo da lui tenuto nel caso concreto, a percepire la sanzione penale irrogata come effettivamente giusta.

2. La Decisione: verso una neutralizzazione degli automatismi sanzionatori in materia di concorso di circostanze. L’importanza della valorizzazione piena del caso di specie.

La Corte costituzionale si è espressa nel senso della fondatezza delle questioni prospettatele dal giudice a quo nel 2024, sottolineando come prima di tale statuizione l’art 69, quarto comma, c.p. sia stato oggetto di ben dodici pronunce di illegittimità costituzionale parziale che hanno colpito il divieto di prevalenza di altrettante attenuanti sulla recidiva reiterata[1].

Sin dal 1985 la Consulta ha sostenuto che il giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee consente al giudice di operare una valutazione ampia del fatto concretamente verificatosi, sia procedendo ad un giudizio di equivalenza, sia tenendo conto delle circostanze determinanti un aggravamento della quantitas delicti, oppure soltanto di quelle che diminuiscono quest’ultima.

Deroghe alla disciplina di cui all’art. 69 c.p. sono di norma ammissibili e rientranti nella discrezionalità legislativa, purchè non espressive di arbitrio o irragionevolezza manifesta e non determinanti un’alterazione degli equilibri costituzionali in materia di strutturazione della responsabilità penale[2].

A detta del Giudice delle leggi, per la soluzione della nuova questione assumono particolare rilevanza, tra le dodici declaratorie di illegittimità costituzionale parziale della disposizione codicistica in esame, le sentenze nn. 74/2016 e 201/2023, in quanto concernenti attenuanti connesse al ravvedimento successivo alla commissione del delitto che presentano la medesima ratio dell’attenuante ad effetto speciale ex art. 625-bis c.p. – trattasi rispettivamente della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 7, del d.P.R. n. 309 del 1990[3] e di quella di cui all’art. 74, comma 7, del medesimo d.P.R.[4], espressive di un’opzione politico-criminale di tipo premiale finalizzata all’incentivazione del ravvedimento post delictum mediante una sensibile diminuzione dell’entità della sanzione penale e i cui effetti verrebbero irragionevolmente frustrati dall’automatica prevalenza della recidiva reiterata ex art. 99, quarto comma, c.p.

Come precisato dalla stessa Corte costituzionale, l’attenuante ad effetto speciale ex art. 625-bis c.p. è stata introdotta dal quarto comma dell’art. 2 della legge n. 128/2001, la quale ha determinato la trasformazione del furto in abitazione e del furto con strappo da reati circostanziati a reati autonomi.

Se da un lato il legislatore del 2001 ha optato per l’inasprimento del trattamento sanzionatorio in materia di furto, in considerazione del fatto che la sua offensività patrimoniale assume una peculiare connotazione personalistica in ragione dell’aggancio con l’inviolabilità del domicilio ex art. 14 Cost., dall’altro ha introdotto un’attenuante volta ad incentivare il ravvedimento inteso come strumento tanto protettivo dei beni giuridici quanto preventivo e repressivo dei reati.

L’art. 625-bis c.p. prevede infatti, con riferimento ai casi di cui agli artt. 624, 624-bis e 625 c.p., una diminuzione di pena da un terzo sino alla metà “qualora il colpevole, prima del giudizio, abbia consentito l’individuazione dei correi o di coloro che hanno acquistato, ricevuto od occultato la cosa sottratta o si sono comunque intromessi per farla acquistare, ricevere od occultare”.

Quando però nei confronti dell’imputato vengono congiuntamente riconosciute tanto questa circostanza attenuante quanto la recidiva reiterata, l’art. 69, quarto comma, c.p., fa prevalere quest’ultima, irrigidendo così la presunzione di capacità a delinquere che essa stessa determina, a discapito degli indici che l’organo giudicante potrebbe ricavare dalla condotta collaborativa che il reo abbia posto successivamente in essere.

Il divieto di prevalenza dell’attenuante ex art. 625-bis c.p. sulla recidiva reiterata è allora affetto dal medesimo vizio di ragionevolezza che affliggeva il divieto di prevalenza delle attenuanti di cui agli artt. 73, settimo comma e 74, settimo comma del d.P.R. n. 309/1990 e che ha condotto alle declaratorie di illegittimità costituzionale parziale del 2016 e del 2023, sterilizzando tale divieto la ratio incentivante della disposizione, accordando un’insuperabile rilevanza alla precedente condotta del reo ed escludendo ogni incidenza della collaborazione sulla concreta determinazione del quantum di pena, pur a fronte della dissociazione del reo dal contesto criminale e del possibile pericolo di ritorsioni personali e familiari che la dissociazione medesima può determinare.

Relativamente al furto in abitazione poi l’opzione in favore dell’incentivazione di condotte collaborative del reo non è venuta meno neppure nel 2017.

La lettera c) del sesto comma dell’art. 1 della legge n. 103/2017 (cd. riforma Orlando, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario”) ha infatti aggiunto un quarto comma all’art. 624-bis c.p., il quale prevede che “le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 625-bis, concorrenti con una o più delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 625, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette circostanze aggravanti”.

L’intervento legislativo ha così fatto salva l’attenuante della collaborazione del reo ex art. 625-bis c.p. dal divieto di equivalenza o prevalenza sulle aggravanti c.d. “privilegiate” di cui all’art. 625 c.p.: indice, questo, del rilievo attribuito all’incentivo premiale “quale strumento per minare i correlati fenomeni criminosi”[5].

Ne consegue che la neutralizzazione dell’attenuante ad effetto speciale in questione nell’ipotesi in cui l’autore sia recidivo reiterato viola il principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost., rivelandosi “distonica rispetto alla stessa intenzione del legislatore, finendo per disincentivare la scelta di collaborare”[6]. Infatti tale scelta, “pur potendo essere frutto di un mero calcolo, implica anche in questo caso il distacco dell’autore del reato dall’ambiente criminale, con il rischio di potenziali ritorsioni”[7], e “[l]a mancata considerazione del distacco dall’ambiente criminoso e dei rischi che la collaborazione comporta, d’altra parte, determina il contrasto del divieto di prevalenza dell’attenuante relativa al ravvedimento post delictum anche con l’art. 27, terzo comma, Cost., in quanto fa sì che la pena irrogata sia percepita come ingiusta e, quindi, inidonea ad assolvere alla finalità rieducativa, propria delle sanzioni penali”[8].

La statuizione all’esame, ad avviso di chi scrive, si inserisce nell’alveo di una sistematica operazione di neutralizzazione degli automatismi sanzionatori in materia di concorso di circostanze portata avanti negli ultimi tempi dalla giurisprudenza costituzionale, come dimostra la più recente sentenza n. 74/2025 della Corte costituzionale, depositata il 27 maggio 2025, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 63, terzo comma, c.p., nella parte in cui non prevede che, in caso di concorso tra una circostanza autonoma o ad effetto speciale e recidiva semplice, si applichi la sola pena stabilita per la circostanza più grave, che può essere eventualmente aumentata dal giudice[9].

Riconoscere margini di discrezionalità all’organo giudicante in luogo di automatismi sanzionatori in materia di concorso di circostanze – ed automatismi sanzionatori sono tanto l’automatica prevalenza della recidiva reiterata sulle attenuanti ex art. 69, quarto comma, c.p., quanto l’automatico aumento di un terzo della pena stabilita per la circostanza autonoma o ad effetto speciale in presenza della recidiva semplice ex artt. 63, terzo comma e 99, primo comma, c.p. – significa consentire allo stesso, in un’ottica special-preventiva e rieducativa, di conformare pienamente la sua opzione sanzionatoria alla complessiva valutazione del caso di specie da lui stesso effettuata.

Ne deriva un corretto nonché doveroso adeguamento del meccanismo di determinazione della pena al “diritto penale del fatto”, ossia ad un diritto penale “che non si abbandona ad astrazioni e presunzioni e che opera nell’ineludibile relazione con il fatto concretamente posto in essere dal soggetto attivo e con il suo disvalore effettivo”[10].

La Corte costituzionale sta così portando avanti una significativa opera di valorizzazione piena del caso di specie in sede di determinazione della sanzione penale, valorizzazione che indubbiamente non può aversi nell’ipotesi in cui ci si affidi unicamente a valutazioni di tipo automatico o presuntivo. Queste ultime condurrebbero infatti il giudice, in maniera irragionevole, ad equiparare casi che meritano trattamenti sanzionatori differenti in ragione delle loro peculiarità specifiche.

Per la verità, per quanto attiene in linea più generale alla neutralizzazione degli automatismi, in materia penitenziaria la Corte costituzionale si è recentemente pronunciata anche con riferimento alla preclusione biennale dei permessi premio a chi, durante l’espiazione della pena o delle misure restrittive, abbia riportato condanna o sia imputato per delitto doloso commesso durante l’espiazione della pena o l’esecuzione di una misura restrittiva della libertà personale.

Con sentenza n. 24/2025, depositata il 7 marzo, la Consulta ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’automatismo sanzionatorio ex art. 30-ter, quinto comma, della legge n. 354/1975.

Nel caso di specie, l’automatismo preclusivo stabilito dalla norma censurata azzererebbe in capo al magistrato di sorveglianza ogni margine di valutazione circa il significato concreto del fatto in relazione al percorso trattamentale intrapreso dal condannato e alla sua pericolosità sociale, esigendo invece il finalismo rieducativo della pena che il magistrato di sorveglianza possa sempre liberamente valutare il concreto rilievo del fatto ai fini della specifica decisione a lui affidata, tenendo conto dei contributi provenienti dalla difesa.

Anche tale statuizione dà atto dell’operazione portata avanti dal Giudice delle leggi di cui s’è detto, oltrechè confermare come nessun automatismo sanzionatorio o preclusivo di benefici possa ritenersi ammissibile, in quanto lesivo del finalismo rieducativo della pena ex art. 27, terzo comma, Cost. e per nulla conforme ad un diritto penale imperniato sulla piena considerazione della fattispecie concreta.

 

 

 

 

 

 

 


BIBLIOGRAFIA
CERRATO D., “Recidiva semplice e aggravanti: la Corte costituzionale dice basta agli automatismi”, in www.salvisjuribus.it, https://www.salvisjuribus.it/recidiva-semplice-aggravanti-corte-costituzionale/
Corte cost., 23 marzo 2012, n. 68
Corte cost., 15 novembre 2012, n. 251
Corte cost., 18 aprile 2014, n. 105
Corte cost., 18 aprile 2014, n. 106
Corte cost., 7 aprile 2016, n. 74
Corte cost., 17 luglio 2017 n. 205
Corte cost., 24 aprile 2020, n. 73
Corte cost., 31 marzo 2021, n. 55
Corte cost., 8 luglio 2021, n. 143
Corte cost., 12 maggio 2023, n. 94
Corte cost., 11 luglio 2023, n. 141
Corte cost., 12 ottobre 2023, n. 188
Corte cost., 9 novembre 2023, n. 201
Corte cost., 7 marzo 2025, n. 24
Corte cost., 22 aprile 2025, n. 56
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[1] Le statuizioni in questione vengono indicate dalla stessa Consulta nella sentenza n. 56/2025 all’esame e classificate per rationes.
Vi sono anzitutto otto pronunce nelle quali la ratio dell’illegittimità costituzionale del divieto di prevalenza ex art. 69, quarto comma, c.p. è da rinvenirsi nella “centralità del fatto oggettivo, rispetto alla qualità soggettiva del colpevole, nella prospettiva di un <<diritto penale del fatto>>, in base alla quale deve escludersi che aspetti relativi alla maggiore colpevolezza o pericolosità dell’agente possano assumere, nel processo di individualizzazione della pena, una rilevanza tale da renderli comparativamente prevalenti rispetto al fatto oggettivo”. Trattasi essenzialmente di Corte cost., 15 novembre 2012, n. 251, in materia di “lieve entità” nel delitto di produzione e traffico illecito di stupefacenti; Corte cost., 18 aprile 2014, n. 105, in materia di “particolare tenuità” nel delitto di ricettazione; Corte cost., 18 aprile 2014, n. 106, in materia di “minore gravità” nel delitto di violenza sessuale; Corte cost., 17 luglio 2017 n. 205, in materia di “danno patrimoniale di speciale tenuità” nei delitti di bancarotta e ricorso abusivo al credito; Corte cost., 8 luglio 2021, n. 143, in materia di “lieve entità del fatto” per il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione; Corte cost., 12 maggio 2023, n. 94, in materia di “lieve entità del fatto” in rapporto al reato di devastazione, saccheggio e strage; Corte cost., 11 luglio 2023, n. 141, in materia di “speciale tenuità” ex art. 62, n. 4, c.p., nei delitti contro il patrimonio o determinati da motivi di lucro; Corte cost., 12 ottobre 2023, n. 188, in materia di delitto di autoriciclaggio di “minore gravità”.
Vi sono poi due declaratorie di illegittimità costituzionale parziale che hanno fatto venire meno il divieto di prevalenza ex art. 69, quarto comma, c.p.., anche rispetto a circostanze inerenti alla persona del colpevole. Trattasi di Corte cost., 24 aprile 2020, n. 73 in materia di vizio parziale di mente e di Corte cost., 31 marzo 2021, n. 55, in materia di art. 116 c.p.
Vi sono infine due pronunce nelle quali la ratio dell’illegittimità costituzionale del divieto di prevalenza ex art. 69, quarto comma, c.p., è da rinvenirsi nell’incentivo alla collaborazione post delictum del reo. Trattasi di Corte cost., 7 aprile 2016, n. 74, in materia di art. 73, settimo comma, d.P.R. n. 309/1990, e di Corte cost., 9 novembre 2023, n. 201, in materia di art. 74, settimo comma, d.P.R. n. 309/1990.
[2] Cfr. Corte cost., 13 febbraio 1985, n. 38; Corte cost., 15 novembre 2012, n. 251; Corte cost., 23 marzo 2012, n. 68; Corte cost., 22 aprile 2025, n. 56.
[3]Trattasi di disposizione extra-codicistica che, rispetto al delitto di traffico di sostanze stupefacenti compiuto al di fuori di un contesto associativo, prevede la diminuzione della pena dalla metà a due terzi “per chi si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti”.
[4] La disposizione prevede sempre una diminuzione di pena dalla metà a due terzi, ma in tal caso “per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all’associazione risorse decisive per la commissione dei delitti”.
[5] Cit. testualmente da Corte cost. 22 aprile 2025, n. 56.
[6] Idem.
[7] Idem.
[8] Idem.
[9] Per una approfondita disamina di Corte cost., 27 maggio 2025, n. 74, si consenta di rinviare a CERRATO D., “Recidiva semplice e aggravanti: la Corte costituzionale dice basta agli automatismi”, in www.salvisjuribus.it, https://www.salvisjuribus.it/recidiva-semplice-aggravanti-corte-costituzionale/
[10] Cit. testualmente da CERRATO D, “Recidiva semplice e aggravanti”, cit.

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Davide Cerrato

Dottore in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Salerno con votazione pari a 110 e lode con menzione speciale alla carriera e con tesi di laurea sperimentale in Diritto del lavoro dal titolo "Qualificazione giuridica dello «smaining» e costruzione di un reticolo (o mosaico) di tutela «ultra-reiterazione»". Già autore presso la rivista scientifico-giuridica online "Il diritto amministrativo" (www.ildirittoamministrativo.it).

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