Obbligazioni naturali, debiti prescritti e donazione: le differenze
Sommario: 1. Differenza tra pagamento del debito prescritto e debito da gioco o di scommessa (art. 1933 c.c.) – 2. Adempimento di una disposizione fiduciaria (art. 627 c.c.) e debito prescritto – 3. Elementi di differenziazioni tra il debito prescritto ed altri istituti civilistici: indebito oggettivo (art. 2033 c.c.) – 3.1. La donazione
1. Differenza tra pagamento del debito prescritto e debito da gioco o di scommessa (art. 1933 c.c.).
I debiti di gioco o di scommessa sono disciplinati da vari articoli del Codice civile e del Codice penale (art. 1933 c.c., art. 1934 c.c., art. 1935 c.c., art. 718 c.p.). Dall’art. 1933 c.c. sorge un vincolo di natura morale mentre negli altri casi (art. 1934 e art. 1935 c.c.) un vincolo di natura giuridica.
L’obbligazione naturale disciplinata dall’art. 1933 c.c.1 si riferisce ai giochi o alle scommesse non proibite che non sono disciplinate espressamente dalla legge. La norma sancisce l’irripetibilità del pagamento di un debito da gioco o di scommessa solo se ricorrono determinati presupposti; il meccanismo della soluti retentio opera solo nel caso di un pagamento spontaneo, successivo rispetto l’esito della scommessa o del gioco, effettuato da un soggetto capace ed in assenza di frode.2
Il concetto di spontaneità ricorre quasi in tutte le ipotesi di obbligazioni naturali, componente caratteristica e fondamentale di questa categoria di obbligazioni; altro requisito essenziale ai fini dell’irripetibilità è la capacità del solvens, elemento espressamente richiamato sia nell’art. 627 c.c. sia nell’art. 1933 c.c.; deve necessariamente sussistere al momento del pagamento e non quando viene fatta la scommessa, mentre, nell’ipotesi di cui all’art. 627 c.c. al momento in cui avviene l’adempimento della disposizione testamentaria fiduciaria; in tutti e due i casi illustrati non è rilevante l’incapacità sopravvenuta successivamente all’adempimento o anteriormente ad esso.
Inoltre, l’art. 1933 c.c. trattandosi dell’adempimento di un dovere morale non potrà essere dichiarato inefficace (art. 64 L.F.) se è presente il requisito della proporzionalità tra l’atto compiuto dal debitore morale e il suo patrimonio, purché, adempiuto nei due anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento.
La capacità di agire invece non è menzionata nella norma sul pagamento del debito prescritto (art. 2940 c.c.).3
2. Adempimento di una disposizione fiduciaria (art. 627 c.c.) e debito prescritto c.c.
L’adempimento della disposizione fiduciaria è dalla dottrina identificata come adempimento di un’obbligazione naturale4 tipica, poiché tale disposizione è prevista dalla legge.
L’art. 627 c.c., comma secondo, dispone che: «tuttavia la persona dichiarata nel testamento, se ha spontaneamente eseguito la disposizione fiduciaria trasferendo i beni alla persona voluta dal testatore, non può agire per la ripetizione, salvo che sia un incapace».
Gli elementi che giustificano l’appartenenza dell’art. 627 c.c. alla categoria delle obbligazioni naturali sono: la spontaneità, il divieto di ripetizione e il riferimento alla capacità di agire richiesta al momento dell’adempimento.
L’art. 627 c.c. fa espressa indicazione della capacità di agire, pertanto la mancanza di capacità dell’adempiente permette di esperire l’azione di ripetizione, invece per il pagamento del debito prescritto (art. 2940 c.c.) il legislatore ha omesso tale riferimento, invero, la condizione soggettiva del solvens non rileva, infatti se quest’ultimo fosse incapace al momento dell’adempimento varrebbe ugualmente la regola della soluti retentio. La norma sul debito prescritto tende a tutelare maggiormente il creditore; si vuole evitare che il debitore si penta dell’adempimento richiedendo la ripetizione, infatti se ha spontaneamente eseguito la prestazione non potrà più tornare indietro invocando la propria incapacità.
Anche nell’art. 627 c.c. è molto importante il richiamo alla spontaneità e solo se il fiduciario adempisse spontaneamente si attiverebbe il meccanismo della soluti retentio; la regola dell’irripetibilità legittima il beneficiario a «ritenere» ciò che gli è stato offerto dal fiduciario in adempimento della disposizione fiduciaria.
Il legislatore anche in questo caso ha previsto la regola della soluti retentio, però per garantire il rispetto della volontà del testatore.
In linea generale le obbligazioni naturali sono caratterizzate dall’incoercibilità dell’obbligo, questo accade anche nell’art. 627 c.c. in cui il fiduciario è chiamato ad adempiere un obbligo di natura morale e non giuridico, infatti l’ordinamento giuridico non prevede nessuno strumento a disposizione del beneficiario per costringere il soggetto indicato dal testatore (colui che è designato nel testamento per adempiere alle volontà del de cuius) ad adempiere.
L’adempimento della disposizione testamentaria fiduciaria generalmente viene adempiuta dal soggetto indicato dal de cuius nel testamento, tuttavia, sono notevoli i casi giurisprudenziali in cui è un soggetto terzo che spontaneamente dà esecuzione alla disposizione fiduciaria al posto del soggetto fiduciario moralmente obbligato; la giurisprudenza ritiene che nel caso in cui sia un terzo ad adempiere la disposizione fiduciaria, ai fini della irripetibilità ciò che conta è il requisito della spontaneità e la mancata contestazione da parte del soggetto fiduciario.
3. Elementi di differenziazioni tra il debito prescritto ed altri istituti civilistici: indebito oggettivo (art. 2033 c.c.)
Nel libro IV Titolo VII denominato “Del pagamento dell’indebito” del Codice civile vigente è disciplinato l’istituto dell’indebito oggettivo. L’art. 2033 c.c. dispone che: «Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda».
Alla regola della ripetizione dell’indebito fanno eccezione le obbligazioni naturali5, quindi, in quanto appartenente alla categoria delle obbligazioni naturali il pagamento spontaneo di un debito prescritto e l’adempimento di una prestazione contraria al buon costume (art. 2035 c.c.).
Per indebito oggettivo si intende il pagamento di un debito che in realtà non esiste perché non è mai sorto, oppure è già estinto per adempimento o per altra causa estintiva (ad esempio per compensazione art. 1241 c.c., novazione art. 1230 c.c., ecc….); vi rientra anche l’ipotesi in cui il vincolo giuridico precedentemente sorto viene sottoposto retroattivamente ad annullamento (art. 1441 c.c.) o alla risoluzione (art. 1453 c.c.). Il soggetto che ha eseguito una prestazione non dovuta può richiedere la restituzione ex art. 2033 c.c., tale assunto però non vale in tutti i casi, infatti, è derogato dall’art. 2940 c.c. che disciplina la regola della irripetibilità della prestazione; nel caso di pagamento di un debito prescritto il solvens non potrà invocare la regola della ripetibilità della prestazione eseguita nei confronti dell’accipiens, ma opererà la regola diametralmente opposta, ossia, il meccanismo della soluti retentio che legittima l’accipiens a trattenere il denaro o altre cose fungibili dati spontaneamente dal solvens a titolo di adempimento di un debito prescritto. In quest’ultima ipotesi si pone l’attenzione sul fatto oggettivo dell’avvenuto pagamento, mentre non rileva la mancata consapevolezza della incoercibilità del vincolo.
A completamento della disciplina dell’indebito è necessario menzionare l’indebito soggettivo ex latere debitoris (art. 2036 c.c., comma primo) e l’indebito soggettivo ex persona creditoris o ex latere creditoris di elaborazione giurisprudenziale, ma rientrante nella disciplina dell’indebito oggettivo (art. 2033 c.c.). La norma che disciplina l’indebito ex latere debitoris (art. 2036 c.c., comma primo) prevede la ripetizione per colui che paga un debito altrui con la convinzione di essere debitore, però, solo in caso di errore scusabile6. La scusabilità dell’errore deve essere provata da colui che ha eseguito il pagamento non dovuto. L’indebito ex latere creditoris consiste nell’adempimento da parte del solvens di un debito realmente esistente ma effettuato nei confronti di un soggetto terzo (falsus creditor) diverso dal vero creditore. Tra il debitore e il soggetto destinatario del pagamento non c’è un reale rapporto di debito, infatti, questa ipotesi di indebito rientra nella disciplina di cui all’art. 2033 c.c. perché si tratta di un vincolo giuridico oggettivamente inesistente.7
Dal raffronto tra l’indebito oggettivo, l’indebito soggettivo e il pagamento del debito prescritto viene in rilievo che nell’indebito oggettivo la ripetibilità è giustificata da un rapporto di debito mai sorto e via dicendo8, nell’indebito soggettivo si può ripetere solo se l’errore è scusabile, invece l’art. 2940 c.c. non legittima il solvens a richiedere la ripetizione, infatti, non rileva l’errore scusabile, l’ignoranza dell’avvenuta prescrizione, la inconsapevolezza dell’assenza di un vincolo giuridico o l’ incapacità del solvens. Soltanto invocando la mancanza di spontaneità della prestazione eseguita il solvens potrà arrestare l’effetto della soluti retentio da parte dell’accipiens.
3.1. La donazione
L’art. 769 c.c. definisce l’istituto della donazione come «un contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione». Le obbligazioni naturali, nello specifico il debito prescritto ex art. 2940 c.c., e l’istituto della donazione sono paragonabili tra loro?
Secondo una tesi minoritaria l’adempimento di un debito prescritto successivo alla sentenza passata in giudicato, dichiarativa dell’avvenuta prescrizione è concepibile come un negozio di donazione o atto di liberalità.9 I caratteri essenziali del negozio di donazione sono: la spontaneità, lo spirito di liberalità (animus donandi)10 e il depauperamento del proprio patrimonio a vantaggio di un altro soggetto che invece si arricchisce incrementandolo. Nonostante il carattere della spontaneità sia un elemento comune alla donazione (atto di liberalità) e al pagamento di un debito prescritto non può dirsi lo stesso per l’animus donandi, elemento caratterizzante esclusivamente il negozio di donazione, infatti, il soggetto che adempie il pagamento di un debito prescritto assolve ad un dovere di natura morale (interno alla coscienza del debitore)11, per cui si esclude che nell’adempimento ex art. 2940 c.c. possa riscontrarsi lo spirito di liberalità, perché in realtà il solvens sente di esservi tenuto all’adempimento12; nel debito prescritto e nelle obbligazioni naturali in generale, il debitore naturale adempie non con animus donandi ma con animus solvendi.
La donazione13 è un atto a titolo gratuito, invece l’art. 2940 c.c. viene qualificato come atto neutro o oneroso14, inoltre l’ordinamento giuridico in caso di nullità della donazione per mancanza dei requisiti richiesti dalla legge accorda la restituzione di quanto ricevuto in donazione.15
La dottrina, in linea con l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato distingue la donazione dalle obbligazioni naturali, in particolare, il giudice di legittimità in riferimento alla donazione rimuneratoria (art. 770 c.c.) afferma che «per donazione rimuneratoria deve intendersi l’attribuzione gratuita, compiuta spontaneamente e nella consapevolezza di non dover adempiere alcun obbligo giuridico, morale, sociale per compensare i servizi resi o promessi dal donatario»;16 in una pronuncia più recente la Cassazione si è espressa nei medesimi termini, pertanto, «in tema di donazione, lo spirito di liberalità che connota il depauperamento del donante e l’arricchimento del donatario va ravvisato nella consapevolezza dell’uno di attribuire all’altro un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione, giuridica o morale».17
La donazione rimunerativa differisce dall’adempimento di un debito prescritto perché quest’ultimo in quanto appartenente alla categoria delle obbligazioni naturali prescinde da qualsiasi formalità, al contrario, la donazione rimuneratoria richiede delle formalità solenni; quest’ultima è soggetta alla disciplina della revocabilità per ingratitudine o sopravvenienza di figli, all’obbligo di prestare gli alimenti in caso di bisogno del donante, il donante è tenuto a garantire per evizione. Le obbligazioni naturali non sono soggette a tali disposizioni, infine, la prestazione eseguita in adempimento di un’obbligazione naturale non soggiace alle regole sulla riduzione, imputazione e collazione.
Possiamo concludere affermando che l’istituto della donazione e più specificamente la donazione rimuneratoria e la liberalità d’uso18 (art. 770 c.c., comma secondo) anche se spontaneamente eseguite non costituiscono adempimento di un’obbligazione naturale; sono istituti molto differenti rispetto quest’ultima, i primi eseguiti per riconoscenza o in conformità agli usi (per spirito di liberalità o animus donandi), l’obbligazione ex art. 2034 c.c, invece, ha ad oggetto l’adempimento di un dovere morale o sociale (animus solvendi).19
La differenza tra le obbligazioni naturali e la donazione è molto più evidente rispetto alla donazione ex art. 769 c.c., mentre il confine diventa più labile in riferimento alla donazione rimuneratoria, e ancora di più, rispetto alle liberalità d’uso, ma nonostante qualche elemento comune con le obbligazioni naturali queste rimangono ben distanti dagli altri due istituti.
1 L’art. 1933 c.c. non si applica nell’ambito dei servizi di investimento e degli strumenti finanziari.
2 L’assenza di frode è richiesta solo per la parte vincente, mentre se è il perdente ad aver agito slealmente non è rilevante, cioè non pregiudica il dovere morale o sociale che spinge il solvens ad adempiere.
3 v., paragrafo 3.2.2.
4 M. A. CIOCIA, L’obbligazione naturale: evoluzione normativa e prassi giurisprudenziale, Giuffrè, Milano, 2000, p. 91.
5 Questa distinzione tra pagamento dell’indebito oggettivo e le obbligazioni naturali è desumibile dalla Relazione al codice civile: «il pagamento dell’indebito ha come presupposto la mancanza di un’obbligazione, ma se la prestazione si pone quale adempimento di un’obbligazione naturale o contraria al buon costume, l’ordinamento esonera l’accipiens dalla ripetizione di quanto prestato prevedendo la “soluti retentio” anche nei confronti del solvens per la prestazione o il pagamento eseguito spontaneamente, da soggetto capace e in adempimento di un dovere morale o sociale». Cfr. A. ALBANESE, Il pagamento dell’indebito, CEDAM, Padova, 2004; C. ABATANGELO, Intermediazione nel pagamento e ripetizione dell’indebito, CEDAM, Padova, 2010.
6 Cioè di un errore che non è conseguenza della negligenza, imprudenza o imperizia del soggetto che adempie, perciò, scusabile.
7 Dottrina: M. A. CIOCIA, L’obbligazione naturale: evoluzione normativa e prassi giurisprudenziale, cit., p. 40; Giurisprudenza: Cass., 30 ottobre 1984, sentenza n. 5550: «a norma dell’art. 2033 c.c. il diritto del solvens di ripetere quanto pagato per estinguere un debito inesistente prescinde del tutto, a differenza dell’indebito soggettivo (art. 2036 c.c.), dalla scusabilità dell’errore, in base al quale il pagamento è stato effettuato, essendo sufficiente, invece, l’inesistenza originaria, o sopravvenuta, di una legittima causa solvendi».
8 v., supra.
9 A. AURICCHIO, Appunti sulla prescrizione, cit., p. 75-76.
10 Per spirito di liberalità si intende che il soggetto (donante) è cosciente di conferire ad altri (donatario) senza essergli dovuto un vantaggio patrimoniale, pertanto, può dirsi assente un vincolo giuridico e morale.
11 Il dovere morale non è un obbligo imposto dall’ordinamento giuridico, ma da un ordinamento extrastatuale. È un dovere a carattere etico che ci viene imposto dalla società, da ciò che la società nel suo complesso sente come moralmente giusto. Il soggetto sente nella propria coscienza di essere moralmente obbligato.
12 G. OPPO, Adempimento e liberalità, cit., p. 262.
13 Cfr. N. LIPARI–P. RESCIGNO, Diritto civile, vol. II, Successioni, donazioni, beni, parte I, Le successioni e le donazioni, Milano, Giuffrè, 2009.
14 La dottrina non ha un pensiero unanime sul punto, infatti una parte della dottrina (Oppo) discorre di atto a titolo oneroso perché chi esegue l’adempimento lo fa con animus solvendi, cioè adempie ad un dovere morale o sociale. Un’altra parte discorre del debito prescritto come di un atto neutro, in entrambi i casi, sia attribuendo carattere neutro sia oneroso si discosterebbe dall’istituto della donazione, che è un atto a titolo gratuito.
15 M. A. CIOCIA, L’obbligazione naturale: evoluzione normativa e prassi giurisprudenziale, cit., p. 54.
16 Cass., 2 febbraio 1995, sentenza n. 1989; in senso conforme: Cass. civ., sez. II, 3 marzo 2009, n. 5119.
17 Cass. civ., sez. II, 21 maggio 2012, sentenza n. 8018.
18 Le liberalità d’uso, cioè, delle spontanee attribuzioni patrimoniali fatte in conformità agli usi e costumi sociali, si trovano a metà strada tra la donazione rimuneratoria e le obbligazioni naturali. Secondo un certo orientamento le liberalità d’uso sono caratterizzate dall’animus donandi, secondo altri, le liberalità d’uso non sono caratterizzate dall’animus donandi, poiché, la conformità agli usi fa venire meno la spontaneità dell’ attribuzione patrimoniale, per cui quest’ultima non è fatta con spirito di liberalità, pertanto, le liberalità d’uso troverebbero fondamento non nel costume sociale ma in un dovere morale o sociale, e per questo più vicine alle obbligazioni naturali piuttosto che al negozio di donazione. Sicuramente le liberalità d’uso sono vicine alle obbligazioni naturali però non appartengono a questa categoria, poiché, quest’ultime sono caratterizzate da doveri morali e sociali, invece, le prime riguardano gli usi e i costumi sociali, cioè, una pratica che viene costantemente seguita; un collegamento con la morale ci sarebbe nelle liberalità d’uso, ma non è così evidente ed intenso come per le obbligazioni naturali; Cfr. V. CAREDDA, Le liberalità diverse dalla donazione, Giappichelli, Torino, 1996; Cass. civ., sez. II, 19 settembre 2016, n. 18280.
19 Cfr. P. GALLO, La causa della donazione, in BONILINI (a cura di), La donazione, Torino, 2001, p. 493, l’opinione maggioritaria, sia in dottrina sia in giurisprudenza, pone l’attenzione sull’animus donandi, per le donazioni e, sull’animus solvendi per le obbligazioni naturali. In Giurisprudenza: Cass., 14 febbraio 1997, sentenza n. 1411, la Corte Suprema di Cassazione in questa pronuncia giudiziaria elenca le differenze dell’istituto della donazione dalla categoria delle obbligazioni naturali.
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Federica Taranto
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