La responsabilità erariale del Sindaco per omessa vigilanza sul dirigente

La responsabilità erariale del Sindaco per omessa vigilanza sul dirigente

Nota a Corte dei Conti, Sezione Campania, 16 luglio 2025, n. 247

 

Sommario: 1. Premessa: il caso e la questione di diritto – 2. La nozione di responsabilità erariale per condotta omissiva – 3. Il riparto di funzioni tra organo politico e dirigenza nel TUEL e i doveri di vigilanza del Sindaco – 4. L’applicazione dei principi al caso di specie: la colpa del Sindaco – 5. Conclusioni: la portata del principio di responsabilità apicale

1. Premessa: il caso e la questione di diritto

La sentenza n. 247 del 16 luglio 2025 della Sezione Giurisdizionale per la Campania della Corte dei Conti offre un’occasione di riflessione su un tema classico della responsabilità amministrativo-contabile: la ripartizione della responsabilità erariale tra l’organo politico di vertice, nella persona del Sindaco, e l’apparato burocratico, rappresentato nel caso di specie dal Responsabile dell’Area Tecnica.

La vicenda trae origine da una prolungata inerzia amministrativa. Un Comune, a seguito della realizzazione di opere pubbliche appaltate nel 2008, ometteva per oltre un decennio di richiedere alla Regione Campania il saldo del finanziamento necessario a estinguere il credito residuo dell’impresa appaltatrice. Tale omissione, protrattasi nonostante la consapevolezza del debito, costringeva l’impresa ad agire in via monitoria, ottenendo un decreto ingiuntivo per la sorta capitale e per cospicui interessi moratori. Il Comune non si opponeva al decreto e solo una nuova amministrazione, nel 2019, provvedeva a richiedere e ottenere i fondi, saldando il capitale. Per gli interessi maturati, l’Ente addiveniva a una transazione per l’importo di 45.000,00 euro. È proprio questa somma, qualificata dalla Procura contabile come danno erariale, a costituire l’oggetto del giudizio.

La questione di diritto su cui il Collegio è chiamato a pronunciarsi è duplice: da un lato, accertare se l’esborso sostenuto a titolo transattivo configuri un danno ingiusto per l’erario, riconducibile a una condotta omissiva gravemente colposa; dall’altro, e con maggior interesse ai fini della presente analisi, definire i confini e le quote di responsabilità tra il dirigente – primario titolare della competenza gestionale – e il Sindaco, quale organo di vertice dell’amministrazione.

2. La nozione di responsabilità erariale per condotta omissiva

La responsabilità amministrativo-contabile, come noto, sorge in presenza di tre elementi costitutivi: un danno economicamente valutabile, una condotta (commissiva od omissiva) e un nesso di causalità che leghi la seconda al primo, il tutto sorretto dall’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave.

Nel caso di specie, la condotta addebitata è di natura puramente omissiva: la mancata richiesta del saldo del finanziamento e la mancata opposizione al decreto ingiuntivo. La giurisprudenza contabile è consolidata nel ritenere che l’inerzia amministrativa, quando violi precisi doveri di servizio imposti dalla legge o dai principi di buona amministrazione (art. 97 Cost.), integri pienamente il presupposto della condotta illecita. Il danno è “ingiusto” perché l’esborso per interessi moratori non sarebbe stato necessario qualora l’amministrazione avesse agito con la dovuta tempestività, soddisfacendo il creditore tramite fondi già stanziati da un altro ente. Il nesso eziologico appare parimenti integrato, secondo il principio della causalità adeguata (richiamato in sentenza con riferimento a SS.UU. n. 577/2008), in quanto la prolungata omissione è stata la condizione necessaria e giuridicamente rilevante per la maturazione degli interessi passivi e, dunque, per la verificazione del pregiudizio patrimoniale.

3. Il riparto di funzioni tra organo politico e dirigenza nel TUEL e i doveri di vigilanza del Sindaco

Il fulcro della decisione risiede nella corretta interpretazione del riparto di competenze tra indirizzo politico e gestione amministrativa, principio cardine dell’ordinamento degli enti locali, codificato nel Testo Unico degli Enti Locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267).

Da un lato, l’art. 107 TUEL attribuisce ai dirigenti (o ai responsabili dei servizi negli enti privi di dirigenza) la competenza esclusiva per l’adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, nonché la responsabilità della gestione finanziaria, tecnica e amministrativa. Nel caso di specie, la competenza a predisporre gli atti per la richiesta del finanziamento regionale e a gestire il contenzioso rientrava pacificamente nella sfera di attribuzioni del Responsabile dell’Area Tecnica.

Dall’altro lato, tale principio di separazione non determina un’esenzione totale da responsabilità per l’organo politico di vertice. Il sistema è bilanciato dalle attribuzioni che il medesimo TUEL riserva al Sindaco. In particolare, l’art. 50, comma 2, D.Lgs. n. 267/2000 delinea un ruolo tutt’altro che marginale, stabilendo che il Sindaco sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti[1].

Questa funzione di “sovrintendenza” non è una mera clausola di stile, ma sostanzia un preciso dovere di vigilanza e controllo sull’andamento complessivo della macchina comunale[2]. Tale dovere non si esaurisce in un controllo formale, ma si declina in “poteri-doveri” di impulso/sostitutivi (il Sindaco ha l’obbligo di attivarsi per stimolare gli uffici competenti al compimento degli atti dovuti, specialmente a fronte di ritardi o palesi inerzie) o direttiva (es. può fornire indirizzi specifici per la corretta gestione di determinate procedure).

Il principio di separazione, pertanto, non crea zone di irresponsabilità, ma distingue i piani: il dirigente risponde per la mala gestio, il Sindaco risponde per l’omessa vigilanza su una palese e prolungata mala gestio che aveva il dovere di rilevare e correggere.

4. L’applicazione dei principi al caso di specie: la colpa del Sindaco

La Corte dei Conti campana applica con rigore i principi sopra esposti. Sebbene il giudizio nei confronti del Responsabile dell’Area Tecnica si sia estinto per il suo decesso, il Collegio ammette che la sua responsabilità è chiaramente “prevalente”, data la competenza tecnica specifica in materia. Ciò nondimeno, viene affermata la concorrente responsabilità del Sindaco, la cui colpa grave viene identificata non nella mancata predisposizione materiale degli atti, bensì nell’aver tollerato un’inerzia pluriennale senza esercitare i poteri-doveri che gli competono ai sensi dell’art. 50 TUEL. Gli elementi fattuali valorizzati dalla Corte sono incontestabili: (i) conoscenza della vicenda: il Sindaco era a conoscenza della questione, sia per la risalenza del debito sia per la notifica del decreto ingiuntivo presso la sede comunale, se non direttamente al suo ufficio; (ii) dimensione dell’ente: in un Comune di modeste dimensioni (“meno di 1.000 abitanti”), la conoscibilità dei principali problemi gestionali da parte del vertice politico è presunta iuris et de iure; (iii) assenza di un impulso correttivo: il Sindaco ha omesso di esercitare “poteri di impulso /o sostitutivi rispetto al funzionario inerte” e non ha sollecitato un’adeguata difesa avverso il decreto ingiuntivo.

La colpa viene qualificata come “grave” in quanto la condotta del Sindaco si discosta in maniera macroscopica e inescusabile dagli standard minimi di diligenza richiesti al “capo dell’amministrazione“. Ha violato non solo un obbligo normativo specifico (art. 50 TUEL), ma anche i più generali doveri di legalità, efficienza e buona amministrazione che costituiscono il fondamento della sua funzione.

La quantificazione del danno a suo carico (€ 10.000,00 su un totale di € 45.000,00) riflette correttamente, in via equitativa (art. 1226 c.c.), la natura concorrente e non prevalente della sua responsabilità.

La vicenda in commento non costituisce un caso isolato. La giurisprudenza contabile si è più volte  pronunciata su questi temi. Tra le tante:

  • Corte dei Conti, Marche, sentenza 21/2024: gli amministratori del Comune sono stati ritenuti responsabili per aver autorizzato pagamenti senza una copertura finanziaria adeguata, mettendo così a rischio la stabilità economica dell’ente pubblico. La giunta ha proceduto ad approvare perizie e obblighi contrattuali senza una certezza finanziaria, basandosi esclusivamente su promesse di finanziamenti futuri dalla Regione Marche. Nonostante i solleciti del dirigente del Servizio Ragioneria, che ha segnalato la mancanza di risorse finanziarie adeguate, la giunta (compreso il sindaco) ha continuato ad agire senza adeguata cautela, ignorando le avvertenze e procedendo con decisioni che hanno comportato un grave rischio per le finanze comunali.

  • Corte dei Conti, Veneto, sentenza n. 114/2023: qui la Corte ha condannato un sindaco e la giunta per aver reiterato nel tempo incarichi dirigenziali a un soggetto privo del necessario titolo di studio, causando un danno erariale al Comune.

  • Corte dei Conti, Puglia, sentenza n. 185/2018: la vicenda riguardava la mancata pubblicazione di tutti gli incarichi conferiti dal Comune con conseguente divieto di erogare l’indennità di risultato ai dirigenti preposti agli uffici coinvolti. Nonostante questo divieto esplicito, il Comune liquidò comunque le somme. I giudici hanno accertato le responsabilità dei predetti dirigenti, dei soggetti preposti alla valutazione dei dirigenti e anche del Sindaco nella sua qualità di organo apicale della medesima, tenuto a sovrintendere al regolare funzionamento dei servizi dell’ente.

5. Conclusioni: la portata del principio di responsabilità apicale

La sentenza in commento si inserisce in un filone giurisprudenziale consolidato che riafferma con chiarezza la valenza non meramente simbolica del ruolo di capo dell’amministrazione comunale. Se la riforma degli anni ’90 ha giustamente distinto tra la definizione degli obiettivi (politica) e la loro attuazione (gestione), ciò non ha trasformato il Sindaco in uno spettatore passivo dei processi amministrativi.

Egli rimane il custode finale della legalità e del buon andamento dell’ente, titolare di un dovere di “chiusura del sistema” che lo obbliga a intervenire laddove la catena gestionale si inceppi in modo patologico. L’omessa vigilanza non è una colpa lieve, ma una grave negligenza che, quando causa un pregiudizio all’erario, fonda una piena responsabilità amministrativo-contabile. La decisione ribadisce, in ultima analisi, che il potere-dovere di sovrintendenza ex art. 50 TUEL è la chiave di volta che impedisce che la separazione delle funzioni si traduca in una polverizzazione delle responsabilità.

 

 

 

 

 

 

[1] Anche i membri della giunta potrebbero essere chiamati a rispondere individualmente, in quanto assessori delegati a sovrintendere a settori di attività dell’ente, esercitando per gli stessi le funzioni attribuite al sindaco per gli uffici e servizi e per l’esecuzione degli atti ai sensi dell’art. 50 del Testo Unico.
[2] L. Vandelli (2021). Il sistema delle autonomie locali. BOLOGNA, Il Mulino. p. 283

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Marco Paoloni

Funzionario amministrativo tributario a Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Fermo

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