Tutela penale degli animali: chi può costituirsi parte civile

Tutela penale degli animali: chi può costituirsi parte civile

La Legge 20 Luglio 2004, n. 189, intitolata “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate” ha introdotto nel Codice penale il titolo IX-bis, relativo ai “Delitti contro il sentimento per gli animali”. Tale normativa si articola in cinque disposizioni[1] che, a vario titolo, sanzionano condotte lesive del benessere animale.

L’art. 7 della sopracitata L. 189/2004, intitolato “Diritti e facoltà degli enti e delle associazioni” dispone che “Ai sensi dell’articolo 91 del Codice di procedura penale, le associazioni e gli enti di cui all’articolo 19-quater delle Disposizioni di coordinamento e transitorie del Codice penale perseguono finalità di tutela degli interessi lesi dai reati previsti dalla presente legge”. Giova evidenziare che l’art. 91 c.p.p.[2], richiamato dalla norma in esame, legittima enti e associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato ad esercitare i diritti e le facoltà propri della persona offesa. Tale norma viene combinata dall’art 7 L. 189/2004 con l’art. 19-quater[3] delle Disposizioni di coordinamento e transitorie del Codice penale, che viene qui richiamata per individuare quali enti e associazioni siano effettivamente portatori di interessi lesi dai reati del titolo IX-bis c.p. e, di conseguenza, quali siano legittimati ad esercitare i diritti e le facoltà di cui all’art. 91 c.p.p. con specifico riferimento ai delitti contro il sentimento degli animali. Tale selezione viene fatta coincidere con gli enti e le associazioni, individuate con Decreto del Ministro della Salute, che, avendo fornito la loro disponibilità per l’affidamento di animali sequestrati o confiscati, siano stati giudicati idonei.

Alla luce di quanto esposto, i requisiti da soddisfare affinché associazioni o enti animalisti siano legittimati ad intervenire in giudizio appaiano essenzialmente due: l’essere portatori di interessi lesi dai reati di cui al Titolo IX-bis c.p., e, in generale, dai reati contro gli animali, e l’appartenenza all’elenco individuato con Decreto del Ministro della Salute di cui all’art. 19-quater Disp. Att. c.p.. Se non sembrano sussistere dubbi di opportunità con riferimento alla prima condizione, ossia, l’essere portatori di interessi lesi da reati contro il sentimento per gli animali, maggiori perplessità possono essere sollevate in merito alla seconda condizione, ossia l’appartenenza ad un elenco tassativo adottato con Decreto ministeriale, a maggior ragione se si considera che gli enti e le associazioni del suddetto elenco, sono individuate con il preciso scopo di affidare animali confiscati o sequestrati. Risulta, quindi, spontaneo chiedersi se un ente o un’associazione animalista, che pur non soddisfi i requisiti per ottenere l’affidamento di un animale, non possa, in ogni caso, intervenire opportunamente in giudizio qualora siano lesi diritti di cui si fa portatore.

La questione è stata ed è tuttora ampiamente dibattuta e appare utile rappresentare brevemente i punti focali dell’evoluzione del pensiero dottrinale e giurisprudenziale in merito. Risulta, innanzitutto, imprescindibile evidenziare che il benessere degli animali, non potendosi inquadrare come un bene giuridico che appartiene al singolo, è qualificabile come un interesse “collettivo” o “diffuso”, ossia facente capo non ad un soggetto specifico, ma ad una collettività indeterminata. Nel corso del tempo la giustiziabilità degli interessi diffusi, per le loro peculiarità, ha suscitato non poche incertezze, che sono state progressivamente analizzate e chiarite prima dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e poi dalla giurisprudenza ordinaria, sia civile che penale[4].

Per quanto di nostro interesse, l’analisi sarà limitata all’evoluzione giurisprudenziale penale, a partire dalla prima determinante pronuncia in merito, ossia la Sentenza 12 maggio 2006, n. 34095, con cui la Terza Sezione della Corte di Cassazione, posta dinnanzi alla necessità di valutare se e quando un’associazione animalista potesse considerarsi legittimata processualmente, non essendo ancora, all’epoca, stato emanato il Decreto ministeriale di cui all’art. 19-quater Disp. Att. c.p., aveva rappresentato chiaramente come un’associazione che avesse come scopo statutario la difesa degli animali fosse senz’altro legittimata ad esercitare le facoltà proprie della persona offesa (nel caso di specie a chiedere di essere avvisata, ex art. 408 comma 2 c.p.p. della richiesta di archiviazione), indipendentemente dall’applicazione dell’art. 91 c.p.p.

Circa 6 mesi dopo la sopracitata sentenza, veniva emanato dal Ministero della Salute il Decreto 2 novembre 2006[5] con il preannunciato scopo di determinare i requisiti e gli adempimenti necessari all’individuazione delle associazioni e degli enti affidatari di animali oggetto di provvedimenti di sequestro o di confisca, in attuazione dell’art. 19-quanter Disp. Att. c.p.

L’emanazione di detto Decreto, tuttavia, non sortiva l’effetto di derimere il dibattito sulla legittimazione processuale di tutte quelle associazioni ed enti che, pur non essendo state individuate con il citato Decreto, perseguivano in modo non equivocabile lo scopo di tutelare gli animali. Tale questione veniva affrontata dalla Corte di Cassazione in numerose pronunce; di seguito si riportano le principali, al fine di ricostruire l’orientamento maggioritario.

La Terza Sezione della Suprema Corte, con la sentenza 7 Dicembre 2016, n. 52031, chiariva la non sussistenza di alcun diritto di esclusiva in capo alle associazioni ed enti individuati attraverso il D.M. 2 Novembre 2006, rispetto agli altri enti e associazioni, i quali, a giudizio della Corte, risultavano, pertanto, legittimati a costituirsi parte civile nei procedimenti penali relativi a reati commessi a danno degli animali, per il solo fatto di aver subito, “per effetto del reato un danno, patrimoniale o non patrimoniale, consistente nell’offesa all’interesse perseguito dal sodalizio e posto nello statuto quale ragione istituzionale della propria esistenza ed azione, con la conseguenza che ogni attentato a tale interesse si configura come lesione di un diritto soggettivo inerente la personalità o identità dell’ente”[6].

Per contro la medesima Sezione, con la Sentenza 7 Giugno 2017, n. 28071, mutava orientamento, ritendo legittimati ad esercitare i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa solamente gli enti e le associazioni cui, anteriormente alla commissione del fatto, fosse stata riconosciuta la finalità di tutela degli animali, secondo le modalità stabilite dal D.M. del 2 Novembre 2006. Tale tesi, secondo la quale “solo gli enti che abbiano ottenuto il riconoscimento ministeriale predetto possono assumere la veste di enti che possono esercitare i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato secondo l’equazione posta dall’art. 91 c.p.p.[7]”, veniva, altresì, messa in relazione alla differente e opposta Sentenza 34095/2006 di cui si è detto prima, emessa, peraltro, dalla medesima Sezione; la Corte motivava l’inversione dell’orientamento precedentemente adottato facendo leva sul fatto che all’epoca del deposito della Sentenza, nel 2006, il D.M. 2 del 2 Novembre non fosse ancora stato emanato, e, “non essendo dunque possibile identificare ex lege gli enti collettivi offesi dai reati suddetti, ben poteva un’associazione di protezione degli animali essere qualificata come persona offesa dal reato in base ai principi generali e al disposto dell’art. 90 c.p.p.”[8].

A meno di un anno della sopracitata pronuncia, la Terza Sezione, chiamata a decidere in relazione alla nullità di un provvedimento di archiviazione emesso de plano, senza valutazione dell’opposizione della persona offesa, con la Sentenza 8 Gennaio 2018, n. 151, adottava nuovamente l’orientamento originario, richiamando espressamente, questa volta in senso conforme, il principio espresso nella Sentenza 34095/2006[9].

Nuovamente, soltanto tre mesi dopo, con la Sentenza 6 Marzo 2018, n. 10164, la Terza Sezione ribadiva l’orientamento secondo cui l’individuazione con Decreto ministeriale di cui all’art. 19-quater Disp. Att. c.p., delle associazioni idonee ad essere affidatarie di animali sequestrati o confiscati, non potesse essere assunta quale criterio distintivo per escludere l’intervento in giudizio di altre associazioni che, seppur prive di tale riconoscimento, perseguendo inequivocabilmente finalità di tutela degli animali, ritenessero di aver subito un danno dal reato[10].

Successivamente, la Corte di Cassazione, con la Sentenza 18 Settembre 2019, n. 38596, ribadiva ulteriormente il principio, ormai maggioritario, espresso nella Sentenza 52031/2016, di cui si è detto sopra[11].

Alla luce di quanto esposto, l’orientamento maggioritario adottato dalla Corte Suprema appare coerente con l’idea per cui enti o associazioni animaliste possano in ogni caso intervenire in giudizi relativi a reati contro il sentimento per gli animali, indipendentemente dal soddisfacimento o meno dei requisiti necessari, individuati con il D.M. del 2 Novembre 2006, a divenire affidatari di animali oggetto di sequestro o confisca.

 

 

 

 

 

 

[1] Art. 544-bis (Uccisione di animali), art. 544-ter (Maltrattamento di animali), art. 544-quater (Spettacoli o manifestazioni vietati), art. 544-quinquies (Divieto di combattimento tra animali), art. 544- sexies (Confisca e pene accessorie).
[2] Art. 91 c.p.p. (Diritti e facoltà degli enti e delle associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato): “Gli enti e le associazioni senza scopo di lucro ai quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede, sono state riconosciute, in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato, possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato”.
[3] Art. 19-quater delle Disposizioni di coordinamento e transitorie per il Codice penale (Affidamento degli animali sequestrati o confiscati): “Gli animali oggetto di provvedimenti di sequestro o di confisca sono affidati ad associazioni o enti che ne facciano richiesta individuati con decreto del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro dell’interno”.
[4] Per un approfondimento sull’evoluzione giurisprudenziale, amministrativa e ordinaria, sul punto, si veda “Maltrattamento di animali e ruolo delle associazioni animaliste quali persone offese dai reati” a cura di giovanni adamo e anna rita marchionda, in www.dirittoambiente.com
[5] Decreto ministeriale del 6 novembre 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 19 del 24 Gennaio 2007.
[6] Cass. Pen., Sez. III, Sent. 7 Dicembre 2016, n. 52031.
[7] Cass. Pen., Sez. III, Sent. 7 Giugno 2017, n. 28071.
[8] La Suprema Corte, nella medesima Sentenza, riteneva che a seguito dell’emanazione del D.M. del 2 novembre 2006, valorizzare in tal senso la disposizione di cui all’art.90 c.p.p., equivalesse “né più né meno che ad abrogazione dell’art. 91 cit., abrogazione ancor più irragionevole, considerata, evidentemente, la portata di questa ultima disposizione come norma di carattere speciale”.
[9] Cass. Pen., Sez. III, Sent. 8 Gennaio 2018, n. 151: “Va, poi, richiamato il principio affermato da questa Suprema Corte, secondo il quale l’ANPANA – associazione che ha come scopo statutario la tutela degli animali – va considerata persona offesa in relazione ai delitti contro il sentimento degli animali e dalla contravvenzione prevista dall’art. 727 cod. pen. (Sez. 3, n. 34095 del 12/05/2006, Rv. 235138); essa, quindi, è legittimata a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione relativa ai predetti reati”.
[10] Cass. Pen., Sez. III, Sent. 6 Marzo 2018, n. 10164: “le associazioni individuate, in attuazione dell’art. 19-quater disp. att. c.p., dal Ministro della salute con D.M. 2 novembre 2006 non sono le uniche a potersi costituire parte civile, ben potendo esistere altre associazioni che abbiano come finalità la tutela degli animali e deducano di avere perciò subito danni dal reato”.
[11] Cass. Pen., Sez. III, Sent. 18 Settembre 2019, n. 38596: “L’impostazione seguita dai giudici di merito risulta peraltro coerente con l’affermazione di questa Corte (Sez. 3, n. 52031 del 04/10/2016, Rv. 268777), secondo cui, in tema di reati commessi ai danni di animali, l’art. 7 della legge 20 luglio 2004, n. 189 (“diritti e facoltà degli enti e delle associazioni”), nell’attribuire ope legis alle associazioni e agli enti individuati con decreto del Ministro della Salute 2 novembre 2006 per l’affidamento degli animali oggetto di provvedimento di sequestro o di confisca la finalità di tutela degli interessi lesi dai reati previsti dalla stessa legge, non esclude la legittimazione a costituirsi parte civile di associazioni diverse, anche non riconosciute, che perseguano la stessa finalità e che deducano di aver subito un danno diretto dal reato”.

Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Marta Francesca Spini

Ultimi post di Marta Francesca Spini (vedi tutti)

Articoli inerenti

Operatività del principio di accessione e comunione ordinaria

Operatività del principio di accessione e comunione ordinaria

Il principio di accessione rappresenta uno dei cardini dell’ordinamento giuridico in materia di acquisto della proprietà a titolo originario. Nel...

PintoPaga e giustizia lumaca: la Legge Pinto alla prova dell’efficienza

PintoPaga e giustizia lumaca: la Legge Pinto alla prova dell’efficienza

Sommario: 1. Come funzionano i risarcimenti? Il Progetto Straordinario PintoPaga – 2. La documentazione da presentare e la dimostrazione del danno...

Immissioni intollerabili: nuova lettura della Cassazione sull’art. 844 c.c.

Immissioni intollerabili: nuova lettura della Cassazione sull’art. 844 c.c.

Nota a sentenza, Cass. civ., sez. II, ord., 25 marzo 2025, n. 7855di Flora Miranda, trainee presso Studio Lex&Tax Consulting Abstact. A...