Brevi riflessioni sulla scriminante dell’adempimento di un dovere e la vicenda Sea Watch 3

Brevi riflessioni sulla scriminante dell’adempimento di un dovere e la vicenda Sea Watch 3

La vicenda della Sea-watch dimostra come si stiano sovrapponendo il piano giuridico, quello politico e quello umano. Questa sovrapposizione rischia, però, di andare a discapito proprio dei più deboli, ovvero, i migranti.

Un vero cultore del diritto, per essere realmente tale, non può non avere difficoltà ad esprimere il proprio parere in merito alla vicenda della sea-watch. Una cosa sono, infatti, idee, ideologie, stati d’animo e sensibilità, altro regole e leggi. Non è un discorso facile, così come non è agevole parlare in maniera lucida di argomenti quali l’eutanasia, l’aborto o l’obiezione di coscienza. Ogni qual volta il diritto incontra la morale, invero, la famosa bilancia che rappresenta la giustizia stenta a raggiungere un equilibrio condiviso dai più. Per quanto concerne la vicenda della “capitana” Carola, lasciando per un attimo da parte il lato umano, e disquisendo solo di diritto, la condotta dello Stato italiano appare a molti lecita. Il diritto, però, per quanto logico non è una scienza esatta come la matematica in quanto si presta, in taluni casi, a interpretazioni e, per tale motivo, usiamo il verbo appare evitando frasi categoriche. Il Gip di Agrigento, nell’ordinanza del 2 luglio 2019 ha parlato, come chiarito in premessa, di adempimento di un dovere e per tale motivo non ha convalidato l’arresto del capitano della nave, Carola Rakete. Proviamo a capire i dubbi che sono sorti in merito.

L’Adempimento di un dovere (art. 51 c.p) e il T.U. immigrazione

L’adempimento di un dovere è una scriminante prevista dall’art 51 del nostro codice penale[1] che, appunto, rende lecito un fatto che, di per sé, sarebbe illecito. Le scriminanti, infatti, hanno la funzione di elidere l’antigiuridicità del fatto in base ad un principio di non contraddizione in virtù del quale un fatto autorizzato o necessario non può comportare la punibilità. Non si può, infatti, autorizzare o consentire qualcosa e poi punirla. Si tratta di un istituto fondamentale del nostro sistema che permette, appunto, di limitare la rigidità di un diritto come quello penale che, per esigenze di certezza, deve essere tutto scritto. Le scriminanti costituiscono, dunque, un istituto di civiltà prima ancora che giuridico. Perché un determinato fatto possa essere scriminato, però, è necessario sussista il requisito della proporzionalità, come si evince anche dall’art. 55 c.p. che disciplina l’eccesso colposo[2].  Il principio di proporzione comporta, invero, un obbligo di contemperamento degli interessi in gioco e costituisce espressione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione[3].

In particolare il Gip di Agrigento, nell’ordinanza in esame, ha ritenuto il comportamento del capitano della nave conforme al T.U. immigrazione che fa obbligo al capitano della nave e alle autorità nazionali di prestare soccorso e prima assistenza allo straniero rintracciato in occasione dell’attraversamento irregolare della frontiera.

Legislazione interna e diritto internazionale

Nessuno dubita che il soccorso in mare costituisca un dovere morale prima ancora che giuridico e, dunque, in tal caso il diritto va di pari passo con la morale e si versa sicuramente in una ipotesi tutelata legislativamente. Se vi sono persone in mare in pericolo,ove possibile, vanno salvate. E’ un dovere sia morale che giuridico. Il discorso si fa diverso, invece, quando si tratta di “traghettare” le persone salvate in un porto piuttosto che in un altro  nonché di distinguere le loro situazioni personali. La reazione di uno Stato, infatti, muta a seconda che si tratti di richiedenti asilo e, quindi, protezione internazionale o di meri “immigrati economici”. Solo i primi, infatti, sono espressamente tutelati dall’art 10 co 3 Cost[4]  mentre per i secondi il discorso è diverso, infatti per quanto sia lecito e umano il sogno di una vita migliore esso non è sempre realizzabile. Come chiarito dalla Corte Internazionale di Giustizia nella sentenza “Nicaragua contro Usa” del 1986,  ogni Stato nella propria sovranità ha il diritto di regolamentare l’accesso ai propri porti. E sull’organizzazione dei porti, per quanto possiamo dissentire, vengono in rilievo leggi  o decretazione d’urgenza approvate  dal Parlamento, organo di democrazia, che costituisce espressione della maggioranza dei voti espressi dai cittadini. Non esiste, dunque, un “diritto di sbarcare” o un obbligo di aprire un porto nonostante la sensibilità di molti lo ritenga necessario. Esistono dei diritti inviolabili e tra questi la vita umana e la salute, ma quando essi non risultano pregiudicati  non sempre è possibile agire secondo coscienza. Quando non si versi nella situazione prevista dall’art 10 ter d.lgs. n. 286/1998[5] , infatti, può al più configurarsi una obbligazione basata sulla morale, una obbligazione naturale che i giuristi sanno bene essere una obbligazione imperfetta in quanto non coercibile perché priva di sanzione. Vi è un obbligo di assistenza e di ausilio – e qui il diritto incontra nuovamente la morale- nel caso in cui venga in rilievo il pericolo, grave ed imminente, di affondamento di una nave che, però, nel caso della seawatch,  non era presente. Egualmente vi è un obbligo di assistenza nel caso di necessità impellenti relative alla salvaguardia della salute delle persone che si trovano in territorio italiano, diritto appunto inviolabile. Nel caso di specie, invero,  le persone in pericolo o con difficoltà sono state portate a riva e messe in salvo. Per quanto concerne, invece, l’attracco della nave della Ong, sorgono maggiori dubbi.

Le Ong

Le Ong (Organizzazioni non governative) costituiscono un fenomeno sviluppatosi per far fronte alle esigenze migratorie sempre più forti degli ultimi tempi ,soprattutto a partire dal 2010. Esse si occupano, tra le altre cose, della ricerca e del salvataggio di persone in pericolo di vita. Nessun dubbio, come chiarito, si pone sulla legittimità del loro operato nel caso in cui soccorrano persone in stato di necessità e la loro attività non consista, invece, in una tratta illecita di persone in base alle norme internazionali e nazionali.

La legge e la scriminante dell’adempimento di un dovere

Quando ci si limita a salvare persone, a raccogliere persone in mare che versano in difficoltà, diritto e morale coincidono e si versa nell’adempimento di un dovere, quando, però,  ci si avvicina ad un porto e la nave non rischia di affondare o le persone a bordo non siano in pericolo di vita, il discorso cambia. Come detto, gli Stati sono liberi di disciplinare i propri porti a meno che non venga in rilievo una necessità effettiva o un dovere giustificato da una norma di legge. Si è dimostrata consapevole di ciò anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo che, infatti, dopo aver chiarito la sussistenza di obblighi per l’Olanda, di cui la Seawatch batte bandiera, aveva rigettato la richiesta della Ong di poter attraccare in territorio italiano. Perché possa configurarsi l’adempimento di un dovere devono sussistere, infatti, un ordine legittimo di una autorità  o una legge (la quale in tal caso non appare icto oculi individuabile ) e  la condotta, come già chiarito, deve essere proporzionata al dovere. Nella vicenda cui ci stiamo riferendo accanto a chi ha accolto con favore la soluzione  del Gip di Agrigento vi è chi sostiene non siano presenti, invece, i requisiti richiesti per la sussistenza della scriminante e, cioè, né la legge e né la proporzionalità. Come leggi che legittimino l’operato della comandante , infatti, si rileva come non possano essere richiamate né la Convenzione Search and Rescue (Sar) entrata in vigore nel 1985, né la Safety of life at sea (Solas) del 1914, firmate dall’Italia.  Esse, infatti, si limitano a parlare di un porto sicuro ma senza dare indicazioni in merito all’individuazione dello stesso. Si tratta di convenzioni stipulate quando non vi era la necessità di disciplinare il fenomeno migratorio e, quindi, non sono idonee a regolarlo ma solo ad individuare principi generali rispondenti, tra l’altro, al normale senso di umanità.  Secondo i primi commentatori, risulta molto difficile immaginare che i giudici italiani in pochi giorni siano riusciti a vagliare tutte le tratte, le condizioni del mare e le situazioni degli altri porti diversi dall’Italia. Si rileva, inoltre, come anche la sussistenza del requisito della proporzionalità sia dubbia.  Secondo molti, infatti, non sembra essere proporzionato il comportamento di chi si avvicina ad un banchina mettendo in pericolo altre vite umane e, cioè, quelle dei membri della guardia di finanza, come accaduto nel caso di specie, essendo oltretutto la nave, ormai, a pochi metri dalla banchina. Il Gip nell’ordinanza ha ritenuto non sussistente il reato di cui all’art. 650 del Codice penale[6], che punisce il reo con l’arresto fino a tre mesi e con un’ammenda, rilevando che una imbarcazione che assiste migranti non può essere offensiva per la sicurezza del paese. Resta ferma, invece,  l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di cui all’articolo 12 del Decreto Legislativo n. 286 del 1998[7].

Conclusioni

Al di là dei dubbi in merito al comportamento della nave Ong e, in particolare del suo capitano, che come chiarito non sono facili da risolvere per un giurista attento che non si lasci guidare dagli stati d’animo, va dato atto del fatto che una cosa di sicuro è mancata nella vicenda: la solidarietà. Le Convenzioni citate battono, invece, sulla necessità di una cooperazione tra Stati che nel caso della sea-watch non è venuta in rilievo. Non c’è stato un cenno dell’Olanda la quale , pur essendo lo Stato di cui la Seawatch batte bandiera, se ne è lavata le mani. Egualmente sono risultate assenti Francia e Germania che si sono limitate ad esprimere parole di disappunto. Disappunto che può essere comprensibile da un punto di vista umano solo se sorretto da una partecipazione effettiva, nel caso di specie non sussistente. Quanto chiarito dimostra che  l’unico obbligo certo ed effettivo che non poteva e non può essere disatteso è proprio quello della collaborazione. Sembra, invece, che la comunità internazionale TUTTA sia più impegnata sul versante meramente politico, più presa dalle proprie beghe tra Stati che non dalla cura dei migranti. E’ facile dissentire, parlare di aprire o di chiudere i porti, gridare alla liberazione di una “condottiera” magari comodamente seduti , non mettendosi a disposizione e non regolando a livello europeo il fenomeno.


[1] Art. 51 c.p. <<L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità. Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell’autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l’ordine. Risponde del reato altresì chi ha eseguito l’ordine, salvo che, per errore di fatto abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo. Non è punibile chi esegue l’ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine>>.
[2] Art. 55 c.p. <<Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo>>.
[3] Art. 3 Cost. <<Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese>>.
[4] Art. 10, co. 3, Cost. <<Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge>>.
[5] <<1. Lo straniero rintracciato in occasione dell’attraversamento irregolare della frontiera interna o esterna ovvero giunto nel territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare è condotto per le esigenze di soccorso e di prima assistenza presso appositi punti di crisi allestiti nell’ambito delle strutture di cui al decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, e delle strutture di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142. Presso i medesimi punti di crisi sono altresì effettuate le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico, anche ai fini di cui agli articoli 9 e 14 del regolamento UE n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 ed è assicurata l’informazione sulla procedura di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione in altri Stati membri dell’Unione europea e sulla possibilità di ricorso al rimpatrio volontario assistito. 2. Le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico sono eseguite, in adempimento degli obblighi di cui agli articoli 9 e 14 del regolamento UE n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, anche nei confronti degli stranieri rintracciati in posizione di irregolarità sul territorio nazionale. 3. Il rifiuto reiterato dello straniero di sottoporsi ai rilievi di cui ai commi 1 e 2 configura rischio di fuga ai fini del trattenimento nei centri di cui all’articolo 14. Il trattenimento è disposto caso per caso, con provvedimento del questore, e conserva la sua efficacia per una durata massima di trenta giorni dalla sua adozione, salvo che non cessino prima le esigenze per le quali è stato disposto. Si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 14, commi 2, 3 e 4. Se il trattenimento è disposto nei confronti di un richiedente protezione internazionale, come definita dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, è competente alla convalida il Tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea. 4. L’interessato è informato delle conseguenze del rifiuto di sottoporsi ai rilievi di cui ai commi 1 e 2>>.
[6] Art. 650 c.p. <<Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206>>.
[7] <<1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona. 2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato. 3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui: a) il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone; b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale; c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale; d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti; e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti. 3-bis. Se i fatti di cui al comma 3 sono commessi ricorrendo due o più delle ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del medesimo comma, la pena ivi prevista è aumentata. 3-ter. La pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona se i fatti di cui ai commi 1 e 3: a) sono commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo ovvero riguardano l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento; b) sono commessi al fine di trarne profitto, anche indiretto. 3-quater. Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 del codice penale, concorrenti con le aggravanti di cui ai commi 3-bis e 3-ter, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti. 3-quinquies. Per i delitti previsti dai commi precedenti le pene sono diminuite fino alla metà nei confronti dell’imputato che si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l’individuazione o la cattura di uno o più autori di reati e per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti. 3-sexies. All’articolo 4-bis, comma 1, terzo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, dopo le parole: “609-octies del codice penale” sono inserite le seguenti: “nonché dall’articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,”. [3-septies. In relazione ai procedimenti per i delitti previsti dal comma 3, si applicano le disposizioni dell’articolo 10 della legge 11 agosto 2003, n. 228, e successive modificazioni. L’esecuzione delle operazioni è disposta d’intesa con la Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere. 4. Nei casi previsti dai commi 1 e 3 è obbligatorio l’arresto in flagranza. 4-bis. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati previsti dal comma 3, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. (15) (16) 4-ter. Nei casi previsti dai commi 1 e 3 è sempre disposta la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per commettere il reato, anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti. 5. Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell’ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a euro 15.493 (lire trenta milioni). Quando il fatto è commesso in concorso da due o più persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o più persone, la pena è aumentata da un terzo alla metà. 5-bis. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, dà alloggio ovvero cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che sia privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La condanna con provvedimento irrevocabile ovvero l’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, anche se è stata concessa la sospensione condizionale della pena, comporta la confisca dell’immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati. Le somme di denaro ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati sono destinate al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei reati in tema di immigrazione clandestina. 6. Il vettore aereo, marittimo o terrestre, è tenuto ad accertarsi che lo straniero trasportato sia in possesso dei documenti richiesti per l’ingresso nel territorio dello Stato, nonché a riferire all’organo di polizia di frontiera dell’eventuale presenza a bordo dei rispettivi mezzi di trasporto di stranieri in posizione irregolare. In caso di inosservanza anche di uno solo degli obblighi di cui al presente comma, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 3.500 a euro 5.500 per ciascuno degli stranieri trasportati. Nei casi più gravi è disposta la sospensione da uno a dodici mesi, ovvero la revoca della licenza, autorizzazione o concessione rilasciata dall’autorità amministrativa italiana inerenti all’attività professionale svolta e al mezzo di trasporto utilizzato. Si osservano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689. 7. Nel corso di operazioni di polizia finalizzate al contrasto delle immigrazioni clandestine, disposte nell’ambito delle direttive di cui all’articolo 11, comma 3, gli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza operanti nelle province di confine e nelle acque territoriali possono procedere al controllo e alle ispezioni dei mezzi di trasporto e delle cose trasportate, ancorché soggetti a speciale regime doganale, quando, anche in relazione a specifiche circostante di luogo e di tempo, sussistono fondati motivi di ritenere che possano essere utilizzati per uno dei reati previsti dal presente articolo. Dell’esito dei controlli e delle ispezioni è redatto processo verbale in appositi moduli, che è trasmesso entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, lo convalida nelle successive quarantotto ore. Nelle medesime circostanze gli ufficiali di polizia giudiziaria possono altresì procedere a perquisizioni, con l’osservanza delle disposizioni di cui all’articolo 352, commi 3 e 4, del codice di procedura penale. 8. I beni sequestrati nel corso di operazioni di polizia finalizzate alla prevenzione e repressione dei reati previsti dal presente articolo, sono affidati dall’autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale, salvo che vi ostino esigenze processuali, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l’impiego in attività di polizia ovvero ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale. I mezzi di trasporto non possono essere in alcun caso alienati. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 100, commi 2 e 3, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. 8-bis. Nel caso che non siano state presentate istanze di affidamento per mezzi di trasporto sequestrati, si applicano le disposizioni dell’articolo 301-bis, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni. 8-ter. La distruzione può essere direttamente disposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dalla autorità da lui delegata, previo nullaosta dell’autorità giudiziaria procedente. 8-quater. Con il provvedimento che dispone la distruzione ai sensi del comma 8-ter sono altresì fissate le modalità di esecuzione. 8-quinquies. I beni acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca sono, a richiesta, assegnati all’amministrazione o trasferiti all’ente che ne abbiano avuto l’uso ai sensi del comma 8 ovvero sono alienati o distrutti. I mezzi di trasporto non assegnati, o trasferiti per le finalità di cui al comma 8, sono comunque distrutti. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati. Ai fini della determinazione dell’eventuale indennità, si applica il comma 5 dell’articolo 301-bis del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni. 9. Le somme di denaro confiscate a seguito di condanna per uno dei reati previsti dal presente articolo, nonché le somme di denaro ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati, sono destinate al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei medesimi reati, anche a livello internazionale mediante interventi finalizzati alla collaborazione e alla assistenza tecnico-operativa con le forze di polizia dei Paesi interessati. A tal fine, le somme affluiscono ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate, sulla base di specifiche richieste, ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’interno, rubrica “Sicurezza pubblica”. 9-bis. La nave italiana in servizio di polizia, che incontri nel mare territoriale o nella zona contigua, una nave, di cui si ha fondato motivo di ritenere che sia adibita o coinvolta nel trasporto illecito di migranti, può fermarla, sottoporla ad ispezione e, se vengono rinvenuti elementi che confermino il coinvolgimento della nave in un traffico di migranti, sequestrarla conducendo la stessa in un porto dello Stato. 9-ter. Le navi della Marina militare, ferme restando le competenze istituzionali in materia di difesa nazionale, possono essere utilizzate per concorrere alle attività di cui al comma 9-bis. 9-quater. I poteri di cui al comma 9-bis possono essere esercitati al di fuori delle acque territoriali, oltre che da parte delle navi della Marina militare, anche da parte delle navi in servizio di polizia, nei limiti consentiti dalla legge, dal diritto internazionale o da accordi bilaterali o multilaterali, se la nave batte la bandiera nazionale o anche quella di altro Stato, ovvero si tratti di una nave senza bandiera o con bandiera di convenienza. 9-quinquies. Le modalità di intervento delle navi della Marina militare nonché quelle di raccordo con le attività svolte dalle altre unità navali in servizio di polizia sono definite con decreto interministeriale dei Ministri dell’interno, della difesa, dell’economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti. 9-sexies. Le disposizioni di cui ai commi 9-bis e 9-quater si applicano, in quanto compatibili, anche per i controlli concernenti il traffico aereo. 9-septies. Il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno assicura, nell’ambito delle attività di contrasto dell’immigrazione irregolare, la gestione e il monitoraggio, con modalità informatiche, dei procedimenti amministrativi riguardanti le posizioni di ingresso e soggiorno irregolare anche attraverso il Sistema Informativo Automatizzato. A tal fine sono predisposte le necessari Va inoltre ricordato che a seguito del c.d. “Decreto Sicurezza bis”, in aggiunta alle sanzioni penali di cui all’art. 650 c. p., è stata prevista anche la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 10.000 a 50.000 euro[7]. e interconnessioni con il Centro elaborazione dati interforze di cui all’articolo 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121, con il Sistema informativo Schengen di cui al regolamento CE 1987/2006 del 20 dicembre 2006 nonché con il Sistema Automatizzato di Identificazione delle Impronte ed è assicurato il tempestivo scambio di informazioni con il Sistema gestione accoglienza del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del medesimo Ministero dell’interno>>.

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Avv. Olga Paola Greco

Avvocato presso la Corte d'appello di Napoli, si occupa di diritto penale e di diritto civile. E' autrice di numerosi articoli di contenuto scientifico.

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