Corporate social responsibility e redazione della dichiarazione non finanziaria: aspetti giuridici ed economici a confronto

Corporate social responsibility e redazione della dichiarazione non finanziaria: aspetti giuridici ed economici a confronto

Il Decreto legislativo del 30 dicembre 2016, n. 254, di attuazione della Direttiva n. 2014/95, in materia di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni, ha imposto agli enti di interesse pubblico e ai gruppi di grandi dimensioni, l’obbligo di redigere e pubblicare una dichiarazione, individuale o consolidata, che contenga informazioni relative ai temi socio-ambientali[1]. Scopo del presente articolo sarà quello di analizzare gli aspetti giuridici ed economici derivanti dalla redazione della dichiarazione non finanziaria e di verificarne i benefici giuridici ed economici. Prima di descrivere tali aspetti, appare opportuno soffermarsi, seppur brevemente, sulla definizione di corporate social responsibility e sugli obiettivi della Direttiva n. 2014/95.

I Corporate social responsibility e obiettivi della Direttiva n. 2014/95

Quanto al primo profilo, la crisi dei mercati a livello mondiale e la crescente necessità di un’economia globale sostenibile hanno segnato un profondo cambiamento nella disclosure aziendale rispetto al tema della sostenibilità. In tale ottica di pensiero ha assunto sempre più importanza il concetto di corporate social responsibility, secondo cui: “Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di là investendo “di più” nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate. Si apre in tal modo una strada che consente di gestire il cambiamento e di conciliare lo sviluppo sociale e una maggiore competitività”[2]. Tale tematica, soprattutto negli ultimi anni, ha assunto un’evoluzione incessante a livello internazionale[3]: in primis, a seguito della diffusione di standard internazionali di rendicontazione non finanziaria, che hanno aumentato l’interesse degli stakeholder verso una politica di impresa sostenibile, in secundis, mediante l’approvazione dell’Agenda 2030. A tal riguardo, l’Onu, in data 25 settembre 2015, ha approvato l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile (Agenda 2030) contenente 17 obiettivi di sviluppo sostenibile e 169 sotto-obiettivi. Tra i punti dell’Agenda, è sancito che: “per raggiungere tali obiettivi, l’Agenda richiede un forte coinvolgimento di tutte le componenti della Società, dalle imprese al settore pubblico, dalla società civile alle istituzioni filantropiche, dalle università e centri di ricerca agli operatori dell’informazione e della cultura[4]. Da tale assunto si evince, in maniera limpida, che la corporate social reporting ovvero la definizione di strategie sostenibili e la diffusione di informazioni sostenibili per un’impresa, rappresentino requisiti indefettibili per la creazione di valore nel presente, ma soprattutto nel futuro[5], una necessità e non una mera primalità[6]. A conferma di quanto sopradetto e al fine realizzare concretamente gli obiettivi sanciti dall’Onu, l’Unione Europea ha adottato la Direttiva n. 2014/95, recante la modifica della Direttiva 2013/34 per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni. Scopo precipuo della Direttiva è quello di “accrescere la pertinenza, l’uniformità e la comparabilità delle informazioni comunicate da talune imprese e taluni gruppi di grandi dimensioni in tutta l’Unione, in un’ottica di armonizzazione delle legislazioni statali, ovvero come valido strumento di ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri dell’Ue, in ossequio ai principi di sussidiarietà e proporzionalità ex art. 5 TUE[7]. La comunicazione di informazioni di carattere non finanziario è ancor più fondamentale per “gestire la transizione verso un’economia globale sostenibile coniugando redditività a lungo termine, giustizia sociale e protezione dell’ambiente[8]. Tutto ciò premesso in merito alla definizione di corporate social responsibility e agli obiettivi della Direttiva n. 2014/95, il presente articolo concentrerà la propria attenzione circa gli aspetti giuridici ed economici derivanti dal recepimento del D.lgs. n. 254/16, in ossequio al principio di leale cooperazione ex art. 3, comma 2, del TUE e degli artt. 10 e 117 della Carta Costituzionale.

II Aspetti giuridici ex D.lgs. n. 254/16

Quanto agli aspetti giuridici, secondo quanto previsto dal D.lgs. n. 254/16, i soggetti tenuti alla redazione e pubblicazione della dichiarazione non finanziaria, individuale o consolidata, sono principalmente società quotate, banche e imprese di assicurazione e di riassicurazione di grandi dimensioni. E’ necessario, altresì, che l’impresa nell’esercizio finanziario di riferimento abbia avuto, in media, un numero di dipendenti superiore a cinquecento e, alla data di chiusura del bilancio, abbia superato almeno uno dei due seguenti limiti dimensionali: totale dello stato patrimoniale pari ad euro 20.000.000,00; totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni pari ad euro 40.000.000,00. Quanto al contenuto della dichiarazione non finanziaria, l’art. 3 del D. Lgs. 254/16 recita che la dichiarazione non finanziaria, al fine di assicurare la comprensione dell’attività di impresa, del suo andamento, dei suoi risultati e dell’impatto dalla stessa prodotta, in ossequio al principio di materialità, debba fornire una descrizione circa il modello  aziendale  di  gestione  ed  organizzazione delle attività dell’impresa, anche con riferimento alla gestione dei temi socio-ambientali; le politiche praticate dall’impresa, comprese quelle di dovuta diligenza, i risultati conseguiti  tramite  di  esse  ed  i  relativi indicatori fondamentali di prestazione di carattere non finanziario; i principali rischi, generati o subiti, connessi  ai  suddetti temi e che derivano dalle attività dell’impresa, dai suoi  prodotti, servizi o rapporti commerciali, incluse, ove rilevanti, le catene  di fornitura e subappalto. La dichiarazione non finanziaria dovrà, quindi, fornire una delucidazione esaustiva circa il rispetto di tematiche socio-ambientali, quali l’utilizzo delle risorse energetiche, le emissioni di gas ad effetto serra, le emissioni inquinanti in atmosfera, l’impatto, ove possibile sulla base di ipotesi o scenari realistici anche a medio termine, sull’ambiente nonché’ sulla salute e la sicurezza, gli aspetti sociali e attinenti alla  gestione  del  personale, incluse le azioni poste in essere per garantire la parità di genere, il rispetto dei diritti umani, le misure adottate per prevenirne le violazioni, nonché’ le azioni poste in essere  per  impedire atteggiamenti ed azioni comunque discriminatori, la lotta contro la corruzione sia attiva sia passiva. Ed invero, in ossequio al principio del comply or explain e allo scopo di monitorare il rispetto delle tematiche sopramenzionate e di comprendere l’attività di impresa, nella dichiarazione è fatta esplicita menzione dello standard di rendicontazione autonomo adottato dall’impresa, che potrà essere uguale o differente rispetto a quello utilizzato nell’esercizio precedente, purché sia sempre motivato e adeguato alla politica aziendale e al principio di materialità.  La scelta degli standard di rendicontazione è effettuata anche tenendo conto, ove opportuno, degli orientamenti emanati dalla Commissione europea in forza di quanto previsto dalla Direttiva 2014/95, ovverosia degli standard internazionali di rendicontazione. Le imprese, in casi eccezionali, potranno, altresì, omettere le informazioni la cui divulgazione potrebbe compromettere gravemente la propria posizione commerciale. Quanto al ruolo degli organi sociali: gli amministratori dell’ente hanno la responsabilità di garantire che la relazione sia redatta e pubblicata in conformità a quanto previsto dal Decreto; il collegio sindacale è chiamato a vigilare sull’osservanza delle stesse e a riferirne nella relazione annuale all’assemblea; il soggetto incaricato della revisione legale del bilancio deve esercitare le proprie funzioni con riferimento alla dichiarazione non finanziaria, verificandone l’avvenuta predisposizione da parte degli amministratori, nonché esprimendosi con apposita relazione circa la conformità normativa delle informazioni fornite.[9] Infine, per quanto concerne il regime di pubblicità, la dichiarazione non finanziaria può alternativamente essere acclusa alla relazione sulla gestione ovvero costituire un documento distinto.[10] Tutto ciò chiarito in merito agli elementi costitutivi della dichiarazione non finanziaria, appare opportuno evidenziare che l’art. 1, comma 1073, della Legge di bilancio 2019, al fine di una più esaustiva redazione della dichiarazione non finanziaria, ha ampliato il novero delle informazioni da fornire in tema di rischi, novellando l’art. 3, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 254/16. In particolar modo, il nuovo perimetro informativo prevede che la dichiarazione non finanziaria dovrà indicare in maniera accurata e specifica sia le modalità di gestione dei rischi non finanziari sia le azioni intraprese per gestire e mitigare gli stessi. E’ bene, però, sottolineare, che la gestione del rischio sarà limitata al rischio inteso come significativo, e non invece a tutti i possibili o probabili rischi derivanti dall’attività di impresa. Da tale inciso giuridico deriva che l’organo amministrativo dovrà predisporre un idoneo ed accurato processo di raccolta, validazione e strutturazione dei dati di natura non finanziaria mediante l’utilizzo di standard di rendicontazione autonomi, in ossequio non solo agli obblighi informativi previsti dal D. Lgs. n. 254/16 ma, anche, al fine di ottemperare al principio del corretto governo del rischio di impresa, così come previsto dagli artt. 1176 e 2428, comma 2, del Codice civile[11]. Ne consegue che, alla stregua di quanto detto, l’adozione di un risk model e di un modello di governance efficace in merito alla gestione dei rischi non finanziari – a fronte di un maggior costo di governance nel breve periodo – comporterà molteplici benefici legali, ovvero: una migliore compliance rispetto agli obblighi di cui al D.Lgs. n. 254/16; una maggiore trasparenza verso il mercato; una maggiore redditività di impresa nel lungo periodo, una maggiore resilienza d’impresa e un maggiore appeal verso gli investitori. Tali benefici di natura legale si conciliano, altresì, con altri, non meno rilevanti, benefici di natura economica.

III Aspetti economici ex D.lgs. n. 254/16

Ed invero, gli investitori, attraverso il parametro di rendicontazione internazionale GRI, sono in grado di attingere ad informazioni riguardanti la performance di impresa di lungo periodo, indispensabile per attrarre long term investor. Le linee guida GRI, costituiscono, invero, gli standard di contenuto che la dichiarazione non finanziaria dovrebbe contenere per coloro che devono investire.[12] La performance prospettica di impresa costituisce, quindi, un validissimo strumento in grado di attenuare l’information asimmetry fra manager e outsider, determinare una considerevole riduzione del costo dell’equity[13] nel lungo periodo, a fronte, però, di un maggior costo dell’equity nel breve periodo.Studi recenti, invero, hanno evidenziato che le imprese obbligate alle disclosure non finanziaria, diversamente da quelle non soggette a tale obbligo, registrino, a seguito della pubblicizzazione del report non finanziario, un effetto positivo circa l’andamento del titolo azionario nel lungo periodo[14]. A conferma di quanto detto, un recente studio effettuato su un campione di imprese quotate sul Johannesburk Stock Excange, ha ravvisato che il trend delle imprese soggette alla Direttiva, diversamente da quelle non soggette alla Direttiva, è nettamente positivo, sottolineando, in particolar modo, che le imprese premiate per aver prodotto una eccellente reportistica integrata, beneficiano di extra-rendimenti di mercato[15], ovvero: una migliore allocazione delle risorse dal punto di vista decisionale, un maggior coinvolgimento degli shareholder e degli stakeholder, un minor rischio reputazionale e una migliore gestione del rischio riguardo le sfide globali non finanziarie. La rendicontazione integrata rappresenta, quindi, la sfida a cui nell’attuale scenario sono chiamate le imprese, un fattore chiave per la creazione di valore nel tempo[16].

 

 

 

 


[1] Circolare Assonime n. 4 dell’11 febbraio 2019: Legge di bilancio 2019, novità in tema di dichiarazione non finanziaria.
[2] Libro verde UE: promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, art. 2 punto 21.
[3] Venturelli A.,Caputo F. (2017): Informativa non finanziaria e regulation, Milano, McGraw-Hill Education.
[4] Tratto da l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese).
[5] Tami A. (2017): Oltre la Banca, verso una finanza sostenibile, dall’analisi economico finanziaria all’analisi ESG, Milano, Franco Angeli.
[6] Venturelli A.,Caputo F. (2017): Informativa non finanziaria e regulation, Milano, McGraw-Hill Education.
[7] Cavallari C. (2019): Compendio di diritto dell’Unione Europea, Milano, Nel diritto.
[8] Direttiva n. 2014/95, recante la modifica della Direttiva 2013/34 per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni.
[9] Sottoriva C. (2019): Master corporate governance – II Edizione, I modulo – Strumenti economici e giuridici e degli enti economici, Metodi di contabilità e bilancio.
[10] Sottoriva C. (2019): Master corporate governance – II Edizione, I modulo – Strumenti economici e giuridici e degli enti economici, Metodi di contabilità e bilancio.
[11] Circolare Assonime n. 4 dell’11 febbraio 2019: Legge di bilancio 2019, novità in tema di dichiarazione non finanziaria.
[12] Tami A. (2017): Oltre la Banca, verso una finanza sostenibile, dall’analisi economico finanziaria all’analisi ESG, Milano, Franco Angeli.
[13] Venturelli A.,Caputo F. (2017): Informativa non finanziaria e regulation, Milano, McGraw-Hill Education.
[14] Venturelli A.,Caputo F. (2017): Informativa non finanziaria e regulation, Milano, McGraw-Hill Education.
[15] Cosma S. Venturelli A., Soana M.G. (2017), Does the market reward integrated report quality?, AIDEA conference, Roma, 14-15 Settembre.
[16] Tami A. (2017): Oltre la Banca, verso una finanza sostenibile, dall’analisi economico finanziaria all’analisi ESG, Milano, Franco Angeli.

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Sono un Avvocato con oltre due anni di esperienza nel settore della consulenza legale. Socio co–fondatore di CMA Iurisblog, collaboratore presso la rivista scientifica Salvis Juribus nonché diplomato al Master in Corporate Governance presso l’Università Cattolica di Milano. Nel corso del mio iter professionale ho collaborato presso studi legali, notarili e società di consulenza, maturando esperienza professionale nel settore del diritto civile e societario. Quanto al primo, ho redatto lettere di messa in mora, decreti, precetti, pignoramenti e pareri concernenti persone fisiche e giuridiche. Quanto al settore societario, ho predisposto atti costitutivi di srl, cessioni di quote di srl, procure speciali, procedure di internal dealing, verbali assembleari e di cda. Le mie esperienze professionali e formative denotano la mia limpida volontà di intraprendere la carriera di giurista di impresa in una realtà di caratura nazionale o internazionale. A completamento del mio percorso professionale, nell’Ottobre 2019 ho conseguito il titolo di Avvocato e da tale periodo sono alla ricerca di una nuova e stimolante realtà professionale in cui condividere e potenziare le mie abilità giuridiche.

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