IL c.d. green pass: una scelta costituzionalmente dubbia

IL c.d. green pass: una scelta costituzionalmente dubbia

Il nuovo decreto anti-Covid presenta una novità in tema di circolazione tra Regioni in zona rossa e arancione.

Il “green pass”, che consentirà ai cittadini italiani di spostarsi in entrata ed in uscita, è già al centro delle polemiche.

Innanzitutto, si deve segnalare che esso rivestirà sia la veste cartacea che digitale e avrà una durata di sei mesi per i soggetti vaccinati e guariti dal Covid-19.

Sempre in tale senso, il “passaporto verde” avrà una durata di sole 48 ore per gli individui sottoposti a tampone molecolare o antigienico con esito negativo.

I suddetti primi elementi risultano sufficienti per mettere in discussione l’inadeguatezza di tale strumento, che trae ispirazione dal modello UE.

Occorre delineare per gradi.

Con riguardo ai soggetti vaccinati, la certificazione verrà predisposta dalla struttura presso la quale è stato effettuato il vaccino: il documento sarà rilasciato solo al termine del ciclo, salvo in caso di vaccini monodose (come Johnson e Johnson, rimasto peraltro ancora in “sospeso”).

I guariti da Covid-19 otterranno il “green pass” dalla struttura presso la quale è avvenuto il ricovero del paziente o, per i non ricoverati, dai medici generali.

A tale proposito, appare opportuno segnalare che la validità del certificato verrà meno in caso di nuova positività.

Ove, invece, il risultato del tampone darà esito negativo, il certificato verrà consegnato dalle strutture pubbliche o private, dalle farmacie, dai medici generali.

Altro aspetto discutibile consiste nel termine di entrata in vigore del certificato, nonché in seguito all’atteso “green pass europeo”.

Sotto il profilo sanzionatorio, il decreto in oggetto richiama gli articoli del codice penale circa le varie tipologie di falso del pubblico ufficiale o del privato producenti documenti contraffatti o alterati.

Delineato il quadro generale, si deve procedere all’analisi costituzionale di tale decreto.

L’adozione del “green pass” determinerà la scomparsa (e quindi il fallimento) dell’app Immuni, sostenuta fortemente dal Governo precedentemente in carica.

A livello economico, l’introduzione del “certificato verde” si tradurrà in uno spreco di risorse senza precedenti.

Più vaccinazione verranno effettuate (e si spera), più aumenteranno i costi associati a tali documenti.

Una soluzione valida – a parere di chi scrive – si rinviene nell’impiego delle tessere sanitarie, già in possesso da parte dei cittadini.

Ulteriore punto critico risiede nella palese violazione del principio di eguaglianza, che si traduce nel consentire soltanto a taluni soggetti di sportarsi liberamente sul territorio nazionale.

Una discriminazione sociale ed economica.

L’obbligo del tampone, infatti, si riversa sul bilancio finanziario delle famiglie, già gravate da molteplici spese.

Sembra poi che il neo decreto non tenga conto di coloro che decidano di non sottoporsi alla vaccinazione.

In primo luogo, un tale presidio terapeutico non risulta essere imposto da nessuna legge.

In secondo luogo, anche in presenza di un’apposita legge, quest’ultima verrebbe senz’altro dichiarata incostituzionale.

L’intima correlazione instaurata nell’art. 32 Cost. tra la salute dell’individuo ed i valori della persona umana, infatti, comporta che non possono essere disposti trattamenti sanitari con i credi dei soggetti chiamati a subirli, quale che sia la natura di essi, “in quanto costituenti nella loro singolarità o nel loro insieme quel “patrimonio” della persona umana particolarmente ed esplicitamente tutelato dal complesso degli artt. 2, 3, 32 ecc. della Costituzione” (F. MODUGNO, R. D’ALESSIO, Tutela dei trattamenti sanitari e obiezione di coscienza, 234).

In definitiva, se l’introduzione del “green pass” contribuirà a monitorare la circolazione (e di conseguenza, appianare l’emergenza sanitaria), al contempo, favorirà l’emersione di problemi non così semplici e rapidi da risolvere.


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Dott.ssa Luana Leo

La dottoressa Luana Leo è dottoranda di ricerca in "Teoria generale del processo" presso l'Università LUM Jean Monnet. È cultrice di Diritto pubblico generale e Diritto costituzionale nell'Università del Salento. Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso il medesimo ateneo discutendo una tesi in Diritto Processuale Civile dal titolo ”Famiglie al collasso: nuovi approcci alla gestione della crisi coniugale”. È co-autrice dell'opera "Il Presidente di tutti". Ha compiuto un percorso di perfezionamento in Diritto costituzionale presso l´Università di Firenze. Ha preso parte al Congresso annuale DPCE con una relazione intitolata ”La scalata delle ordinanze sindacali ”. Ha presentato una relazione intitolata ”La crisi del costituzionalismo italiano. Verso il tramonto?” al Global Summit ”The International Forum on the Future of Constitutionalism”. È stata borsista del Corso di Alta Formazione in Diritto costituzionale 2020 (“Tutela dell’ambiente: diritti e politiche”) presso l´Università del Piemonte Orientale. È autore di molteplici pubblicazioni sulle più importanti riviste scientifiche in materia. Si occupa principalmente di tematiche legate alla sfera familiare, ai diritti fondamentali, alle dinamiche istituzionali, al meretricio, alla figura della donna e dello straniero.

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