Il delitto preterintenzionale e i reati aggravati dall’evento alla luce del principio di colpevolezza

Il delitto preterintenzionale e i reati aggravati dall’evento alla luce del principio di colpevolezza

Sommario: Premessa – 1. Il principio di colpevolezza – 2. Il reato preterintenzionale – 3. I reati aggravati dall’evento di cui agli artt. 586 e 452-ter c.p.

 

 

Premessa

Il principio di colpevolezza trova il suo fondamento nell’art. 27 della Cost. . Esso, nell’affermare che la responsabilità penale è personale, non si limita a vietare la responsabilità per fatto di terzi, ma sancisce la necessità, ai fini dell’affermazione della penale responsabilità del soggetto, che vi sia, oltre che la commissione materiale del fatto, un coefficiente psicologico soggettivo. Tale principio è stato utilizzato dalla giurisprudenza come criterio di interpretazione del delitto preterintenzionale e dei reati aggravati dall’evento.

1. Il principio di colpevolezza

Il principio di colpevolezza impone che la responsabilità penale di un soggetto sia fondata, oltre che su un nesso di causalità che lega la condotta all’autore, anche su un coefficiente soggettivo. Esso attiene, quindi, all’insieme dei criteri per l’attribuzione psicologica del fatto materiale conforme alla fattispecie astratta di reato al soggetto agente.

L’art. 43 del codice penale prevede tre forme di colpevolezza: il dolo, la colpa e la preterintenzione. Questi tre elementi costituiscono il presupposto del giudizio di colpevolezza.

Quanto alla concezione della colpevolezza, si distinguono due interpretazioni. Secondo una prima tesi, essa deve essere intesa come il nesso psichico che lega l’autore al fatto. In questa prospettiva essa sarebbe uguale per tutti; pertanto, riuscirebbe a fondare la responsabilità del soggetto ma non sarebbe in grado di differenziare il quantum della pena.

Altro orientamento individua la colpevolezza secondo un’accezione normativa che esprime il rapporto di contraddizione esistente tra la volontà del soggetto e la norma penale. Questa tesi, oltre a fondare la responsabilità penale, è in grado di determinare il quantum della pena sulla base della maggiore o minore antidoverosità della condotta.

Il principio di colpevolezza trova il suo fondamento nell’art. 27 della Costituzione comma 1 laddove si afferma che la responsabilità penale è personale. Tale proposizione deve essere intesa come inammissibilità non solo di ipotesi di responsabilità penale per fatto altrui ma anche di forme di responsabilità oggettiva, basate sull’accertamento del mero nesso di causalità.

Questa interpretazione trova conferma anche nell’art. 27, comma 3 della Costituzione atteso che la funzione rieducativa della pena, a cui fa riferimento la norma, sarebbe pregiudicata ove si ammettesse una responsabilità penale per fatti rispetto ai quali non sia possibile muovere alcun rimprovero all’autore del fatto.

Occorre evidenziare che la responsabilità oggettiva trova espressione nello stesso codice penale all’art. 42 comma 2 laddove si afferma che la legge determina i casi in cui l’evento è “altresì” posto a carico dell’agente. In merito a questa norma la Corte costituzionale[1] ha avuto modo di pronunciarsi evidenziando che l’ordinamento non contempla un generico divieto di responsabilità oggettiva ma tale divieto sussiste solo con riguardo agli elementi essenziali della fattispecie ovvero che determinano il disvalore penale del fatto; pertanto, per la punibilità di un soggetto non è sufficiente il nesso di causalità ma è necessario che gli elementi che generano o accrescono l’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice siano sostenuti almeno dalla colpa.

Il principio di colpevolezza come fondamento di un giudizio di responsabilità penale si rinviene anche nell’art. 7 della CEDU e nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

La valorizzazione del principio di colpevolezza ha determinato l’esigenza di rivedere una serie di fattispecie costruite in senso oggettivo nel codice penale e di esigere che il soggetto si trovi almeno in colpa rispetto all’evento. Tra queste fattispecie rilevano il reato preterintenzionale e i reati aggravati dall’evento.

2. Il reato preterintenzionale

Il reato preterintenzionale  è previsto espressamente dall’art. 43 c.p che richiama solo due ipotesi di delitti preterintenzionali , ovvero l’omicidio di cui all’art. 584 c.p e l’aborto di cui all’art. 18 comma 2 della legge n. 194/1978.

Il legislatore all’art. 43 c.p più che dare una definizione in senso soggettivo del delitto preterintenzionale, lo descrive da un punto di vista strutturale come la causazione di un evento più grave di quello preventivato e voluto.

Nel silenzio del legislatore è sorto un dibattito in merito al criterio di imputazione dell’evento più grave nell’ambito del quale sono emersi diversi orientamenti che hanno cercato di riportare il delitto preterintenzionale nell’alveo della responsabilità soggettiva alla luce del principio di colpevolezza.

In particolare, si registrano quattro teorie. Secondo una tesi il reato preterintenzionale è caratterizzato dal mero dolo atteso che l’evento ulteriore è imputato al soggetto a titolo di responsabilità oggettiva. Una variante di questa teoria è quella che presume la colpa dell’agente il quale, avendo posto in essere il delitto base, si presume responsabile anche dell’evento più grave verificatosi.

Secondo altra tesi l’elemento soggettivo del delitto preterintenzionale è dato unicamente dal dolo dell’evento meno grave che assorbe nell’intenzione del risultato la prevedibilità dell’evento più grave. Appare evidente che in realtà anche tale ricostruzione finisce per riproporre l’imputazione a titolo di responsabilità oggettiva dell’evento più grave.

Secondo una quarta teoria che fa leva su un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 43 c.p e in linea con il principio di colpevolezza, l’elemento psicologico del delitto preterintenzionale deve essere ravvisato nel dolo misto a colpa, nel senso che l’evento più grave deve essere imputato a titolo di colpa. Quindi, dovrà essere accertata in concreto la prevedibilità e l’evitabilità dell’evento più grave da parte del soggetto agente.

Secondo parte della dottrina rientrerebbero nell’alveo dei delitti preterintenzionali anche i reati aggravati dall’evento, ovvero quei reati caratterizzati dal fatto che sussiste un evento ulteriore che determina l’aggravamento della sanzione penale.

Tale orientamento trova probabile giustificazione nell’assenza di una definizione normativa di tali reati e nella sussistenza di alcune analogie.

In particolare, in entrambi i casi vi è una figura base delittuosa suffragata dall’elemento oggettivo e da quello soggettivo e un evento ulteriore.  La differenza si rinviene nell’omogeneità esistente nel delitto preterintenzionale tra le due figure avvinte quasi da una progressione di lesività rispetto allo stesso bene, omogeneità che non si ritrova nei reati aggravati dall’evento.

3. I reati aggravati dall’evento di cui agli artt. 586 e 452-ter c.p.

In giurisprudenza anche con riguardo ai reati aggravati dall’evento si è affermata un’interpretazione costituzionalmente orientata ispirata al principio di colpevolezza.

In merito, occorre rilevare che è stata superata la tesi tradizionale che sosteneva che l’evento ulteriore fosse imputabile al soggetto agente a titolo di responsabilità oggettiva senza alcuna indagine relativa al coefficiente psicologico.

La tesi oggi dominante ritiene che tali reati non possono essere considerati fattispecie autonome ma reati circostanziati risultando così applicabile il regime previsto dall’art. 59 c.p. . in base a quest’ultima norma ai fini dell’operatività della circostanza aggravante (ovvero nei reati in questione il verificarsi dell’evento aggravatore) è necessario che essa sia coperta quanto meno da colpa[2].

Sul punto occorre rilevare come le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza Ronci del 2009 [3]hanno precisato che,  con riguardo alla fattispecie di cui all’art. 586  c.p,  affinchè possa essere posta a carico dell’agente la responsabilità per la morte della vittima come conseguenza di delitto doloso commesso dall’imputato, occorre che a costui possa essere addebitato, oltre il nesso di causalità materiale, anche la colpa in concreto per violazione di una regola precauzionale, con prevedibilità ed evitabilità dell’evento stesso, da valutarsi alla stregua dell’agente modello razionale, tenuto conto delle circostanze del caso concreto, conosciute o conoscibili dall’agente reale.

Ipotesi speciale del delitto di cui all’art. 586 c.p[4] è la fattispecie di cui all’art. 452 ter c.p , introdotto dalla legge n. 68/2015; pertanto, le modalità di accertamento dei due reati coincidono. Infatti, anche con riguardo alla fattispecie di cui all’art. 452 ter c.p. occorrerà accertare  che la sussistenza del nesso di causalità tra il delitto base e l’evento ulteriore.

Dal punto di vista soggettivo, alla luce del principio di colpevolezza sarà indispensabile verificare che il soggetto attivo – il quale deve porre in essere dolosamente il delitto di inquinamento ambientale- versi in colpa con riguardo all’evento ulteriore; colpa che andrà accertata in concreto alla luce dei principi della sentenza Ronci delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

 

 


Bibliografia
GAROFOLI R., Manuale Superiore di diritto penale. Parte generale, 2020;
Grotto M., Principio di colpevolezza, rimproverabilità soggettiva e colpa specifica, 2012.
Pagliaro A., Manfredi P.G., Principi di diritto penale, 2008.

[1] Corte Cost. , sentenza del 24 marzo 1988 n. 364;  sentenza  del 30 novembre 1988 n. 1085/1988 e sentenza del 24 luglio 2007  n. 322/2007.
[2] CASS. Sentenza  del 19/11/2014 n. 7941.
[3] CASS. S.U, sentenza del 29 maggio 2009 n. 22676.
[4] Infatti mentre nel reato di cui all’art. 586 c.p il delitto base è rappresentato da qualsiasi reato, nell’art. 452 ter c.p. il reato base è rappresentato solo ed esclusivamente dal delitto di inquinamento ambientale.

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