Aree idonee FER e vincoli sopravvenuti: il punto del Consiglio di Stato
Nota a Cons. St., Sez. IV, 20 gennaio 2025, n. 392
Sommario: 1. Introduzione – 2. Il concetto di “idoneità” delle aree – 3. La rilevanza dei vincoli sopravvenuti sull’idoneità delle aree – 4. Conclusioni
1. Introduzione
Nel solco degli interventi normativi diretti ad attuare la transizione energetica1 verso l’impiego di fonti rinnovabili, particolare interesse ha destato (e suscita tuttora) la questione relativa all’individuazione sul territorio delle aree idonee all’installazione di impianti F.E.R.2
Come noto, l’art.20, co.4, D.Lgs. n. 199/2021 demanda alle Regioni l’onere di individuare con legge aree idonee e non idonee all’installazione di tali impianti, sulla base di una cornice regolatoria definita ai sensi del co.1. Peraltro, nelle more di tali interventi, il co.8 detta una serie di criteri che orientano gradatamente3 gli interpreti a formulare una valutazione di idoneità o meno delle aree di progetto; la lett. c-quater rappresenta in questo scenario una norma di chiusura, poiché conduce ad affermare l’idoneità di un’area allorché non compresa nella fascia di rispetto4 di beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali5.
Ma anche laddove l’esito del giudizio di idoneità sia positivo per insussistenza di beni tutelati6, quid iuris laddove venga apposto successivamente un vincolo7 che, ove sussistente ab origine, avrebbe reso la medesima area non idonea? Il tema di fondo è quello della c.d. illegittimità sopravvenuta e della eventuale obbligatorietà di interventi amministrativi in autotutela che, in subiecta materia, viene affrontato dai Giudici di Palazzo Spada con una netta adesione all’orientamento tradizionale.
2. Il concetto di “idoneità” delle aree
Questione apparentemente scontata, ma decisiva e spinosa nei procedimenti di V.I.A.8, è quella preliminare dell’individuazione del significato normativo da attribuire al concetto di idoneità9 di un’area all’installazione di impianti F.E.R.
L’importanza del tema traspare dalla stessa pronuncia del Consiglio di Stato che, mutuando l’ambiguità legislativa di fondo, ritiene “aree idonee” quelle in cui possano essere “presuntivamente” realizzati impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. L’impressione è che, pur leggendo quella “presunzione” come relativa, il Giudice di seconde cure abbia aderito al significato più immediato del concetto di “idoneità”, ossia alla suggestione di un’area che sconti un quasi astratto giudizio di compatibilità ambientale, una panacea legislativa che sembrerebbe alleviare l’onere della valutazione in capo all’Amministrazione e le imprese da adempimenti diversi da quelli legati alla localizzazione degli impianti in aree diverse da quelle “idonee”.
A ricondurre la libera ermeneusi nei binari di un’interpretazione costituzionalmente orientata10 è intervenuto il D.M. 21 giugno 2024, recante “Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili” e che riferisce il concetto di idoneità ad “…aree in cui è previsto un iter accelerato ed agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti a fonti rinnovabili e delle infrastrutture connesse…”. Sebbene permanga una certa ambiguità di fondo, il concetto di idoneità delle aree è ora espressamente legato al riconoscimento di strumenti di semplificazione procedimentale, rendendo più distante il miraggio di una compatibilità ambientale tout court.
Nel D. Lgs. n. 199/2021 resta aperto il tema speculare della “non idoneità”. Anche in questa circostanza il dettato legislativo si mantiene vago, limitandosi a stabilire11 che la mancata comprensione di un’area tra quelle “idonee” non può sancirne (per ciò solo) l’inidoneità; ed anche in questo caso le apparenze tendono ad ingannare, poiché l’art.1, co.2, lett. b), D.M. 21 giugno 2024 offre una definizione di “superfici ed aree non idonee” affatto asimmetrica rispetto a quella di “superfici e aree idonee”.
Più precisamente, per superfici e aree non idonee il decreto intende “aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili con l’installazione di specifiche tipologie di impianti…”. In sede di attuazione del D. Lgs. n. 199/2021 la prospettiva sembra dunque invertirsi in maniera significativa: il concetto di non idoneità è da riferirsi ad una difficile compatibilità ambientale12, mentre il concetto di idoneità non è specularmente riferito ad una positiva valutazione nei medesimi termini, bensì a quella più neutrale della concessione di strumenti di semplificazione amministrativa. Detto diversamente, se la localizzazione di un intervento in area non idonea assume una valenza spiccatamente negativa, quella in area idonea non assume un significato di sicuro apprezzamento della compatibilità ambientale dell’intervento.
Il tema sembra comunque destinato ad essere composto dall’intervento regolatorio delle Regioni, le cui scelte in punto di localizzazione degli interventi andranno inevitabilmente ad allineare il favor rispetto alla localizzazione in area idonea rispetto all’ostilità per la localizzazione in aree non idonee.
3. La rilevanza dei vincoli sopravvenuti sull’idoneità delle aree
Laddove la verifica di idoneità delle aree si concluda con esito positivo, e ciò contribuisca alla espressione di un giudizio favorevole di compatibilità ambientale, ci si chiede quale sorte subisca il provvedimento amministrativo a fronte di una sopravvenienza13 che, laddove sussistente ab origine, avrebbe impresso segno negativo alla verifica di idoneità.
Nella fattispecie concreta oggetto di esame da parte del Consiglio di Stato, il Ministero della Cultura – Commissione regionale per il patrimonio culturale della Sardegna dichiarava14 di particolare interesse archeologico il nuraghe Turriga, fino a quel momento non sottoposto a particolare tutela. Il vincolo così costituito faceva sì che l’impianto F.E.R. venisse a trovarsi nel buffer di 500 mt dal bene vincolato, così teoricamente ponendosi in contrasto con la norma di rango primario posta dall’art. 20, co.8, lett. c-quater), D.Lgs. n. 199/2021.
Secondo la tesi sostenuta in primo grado15 dal Comune di Barumini, l’apposizione del vincolo nel caso di specie avrebbe prodotto efficacia meramente dichiarativa, con la conseguente operatività del medesimo in funzione escludente l’idoneità delle aree sin dall’inizio. Il Consiglio di Stato tuttavia, ripudiando tale prospettiva, ha ritenuto in primis che il vincolo producesse efficacia costitutiva, in quanto apposto su un bene di proprietà privata16; in secondo luogo, il Giudice amministrativo ha escluso che il successivo decreto di vincolo del Nuraghe Turriga possa determinare un vizio di illegittimità sopravvenuta, categoria non ritenuta configurabile nel nostro ordinamento.
Quanto sopra evidenziato non vale tuttavia a sancire l’irrilevanza giuridica del vincolo sopravvenuto nel caso di specie, posto che, come efficacemente evidenziato dai Giudici di Palazzo Spada, la sede naturale di apprezzamento del medesimo è individuabile nel successivo procedimento di autorizzazione unica all’installazione ed esercizio dell’impianto di produzione di energia17.
4. Conclusioni
Dalle considerazioni sopra esposte, il Consiglio di Stato trae la conclusione per cui l’irrilevanza del vincolo sopravvenuto sulla legittimità del provvedimento di V.I.A. ministeriale si ripercuote direttamente sulla presunta necessità da parte dell’amministrazione di intervenire su di esso in autotutela. Ed infatti, esclusa per quanto si è detto l’illegittimità sopravvenuta, non è di fatto configurabile un vizio di legittimità da far valere in un procedimento amministrativo di secondo grado teso all’annullamento d’ufficio, a prescindere dal rilievo per cui l’esercizio dell’autotutela non è comunque in linea di principio doveroso.
La vicenda testimonia comunque come il tema della rilevanza dei vincoli rilevanti ex art. 20, co.8, lett. c-quater), D. Lgs. n. 199/2021 desta tuttora interesse tra gli operatori del settore a causa di una disomogeneità applicativa che, ormai a diversi anni di distanza, non cessa di impegnare la giurisprudenza in un difficile lavoro di interpretazione e coordinamento delle norme che a tali vincoli si riconnettono.
Ciò nonostante, in una prospettiva de iure condendo, l’intervento dei legislatori regionali nella perimetrazione delle aree idonee sembrerebbe destinato a ridimensionare molti disallineamenti ermeneutici, specialmente quelli derivanti dalla concreta individuazione dei vincoli idonei ad escludere l’idoneità delle aree.
1 I termini di riferimento fondamentali in materia sono rappresentati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (P.N.R.R.) e dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (P.N.I.E.C.).
2 L’acronimo sta per “fonti di energia rinnovabile” e indica una categoria ampia, per la perimetrazione della quale si veda la norma definitoria posta dall’art. 2, co.1, lett. a), D.Lgs. n. 199/2021, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”.
3 La verifica di idoneità delle aree ai sensi dell’art. 20, co.8 va infatti condotta accertando per gradi la sussumibilità della fattispecie concreta in quelle astratte previste dalle varie lettere da a) a c-quater), di guisa che la verifica di idoneità ai sensi di una fattispecie particolare rende superflua una verifica ai sensi delle casistiche successive.
4 In verità, la lett. c-quater) contempla due distinti scenari, a seconda che l’iniziativa progettuale si collochi nel perimetro di beni sottoposti a tutela o nella loro fascia di rispetto. La distinzione è di non poca rilevanza, laddove si consideri che il giudizio di idoneità sarà più rigoroso per gli interventi collocati nel perimetro dei beni sottoposti a tutela, riguardando tutti i vincoli che si radicano nel Codice dei Beni Culturali.
5 Il giudizio di idoneità delle aree che si collocano nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela tiene conto solo dei vincoli che si radicano nella Parte II del Codice dei Beni Culturali o nell’art. 136 del medesimo.
6 La verifica di idoneità dell’area ai sensi della lett. c-quater) può essere condotta solo laddove la fattispecie concreta non sia affatto sussumibile nelle fattispecie precedenti. Viceversa, laddove la fattispecie vi ricada astrattamente, ma l’idoneità non possa essere affermata a causa del superamento di uno dei limiti previsti da quei criteri, la lett. c-quater non potrà fungere da “grimaldello” per affermare l’idoneità di un’area già esclusa dall’applicazione di un precedente criterio.
7 Nella fattispecie esaminata dal Consiglio di Stato, il vincolo è di tipo archeologico.
8 Stante ciò che si dirà, nei procedimenti caratterizzati da un elevato tasso di discrezionalità tecnica come la V.I.A., l’adesione ad una certa nozione di “idoneità” può risultare dirimente nell’affermazione di un giudizio di compatibilità ambientale, specialmente in ponderazione con altri elementi.
9 Il D.Lgs. n. 199/2021 tace infatti sul punto, diversamente dal D.M. 21 giugno 2024, che pone un articolato quadro definitorio di cui si dirà più avanti.
10 La rilevanza costituzionale del bene giuridico “ambiente” (art. 9, Cost.), peraltro esaltata dalla sua collocazione a livello di principi fondamentali, impone un giudizio di bilanciamento degli interessi in gioco che non sembra compatibile con alcun apriorismo.
11 Art. 20, co.7, D. Lgs. n. 199/2021.
12 Anche in questa sede occorre rilevare l’insidiosità di termini apparentemente chiari: nel dettare criteri per l’individuazione di aree non idonee, l’art.7, co.3, D.M. 21 giugno 2024 specifica che occorre in ogni caso contemperare le esigenze di tutela dei beni con quelle di realizzazione degli obiettivi di transizione energetica.
13 Il termine è qui volutamente impiegato in senso “atecnico” rispetto al procedimento amministrativo ormai concluso. In senso “proprio” è riferito invece al procedimento amministrativo in itinere, ed involge il tema dell’individuazione dell’effettiva portata del principio tempus regit actum.
14 con decreto 5 ottobre 2023 n.107, reso ai sensi dell’art. 10 comma 3, lett. a) e art. 13, d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.
15 Il Comune di Barumini ricorreva in primo grado avverso il decreto di compatibilità ambientale del M.A.S.E. che, tra l’altro, riconosceva l’idoneità dell’area di progetto ai sensi del d. lgs. n.199/2021. Il giudizio veniva definito da Tar. Sardegna, sentenza n. 414, 29 maggio 2024.
16 Ai sensi dell’art. 10, co. 3, d. lgs. 22 gennaio 2004 n.42, i beni di proprietà privata sono qualificabili come “culturali” solo quando sia intervenuta la relativa dichiarazione, alla quale si deve riconoscere valore costitutivo ed efficacia ex nunc. Il diverso regime del vincolo apposto su un bene di proprietà pubblica, al quale si riconnette efficacia dichiarativa, si spiega ricordando che i beni di interesse culturale, nella specie di interesse archeologico, ove di proprietà pubblica sono già di per sé assoggettati al relativo regime di tutela in quanto demaniali, nel caso ai sensi dell’art. 822 comma 2 c.c.
17 La materia è stata oggi riordinata dal d. lgs. 25 novembre 2024, n. 190 recante “Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in attuazione dell’articolo 26, commi 4 e 5, lettera b) e d), della legge 5 agosto 2022, n. 118”.
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