Contratti pubblici e riparto di giurisdizione: le controversie in fase intermedia tra l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto

Contratti pubblici e riparto di giurisdizione: le controversie in fase intermedia tra l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto

La materia dei contratti pubblici e del riparto di giurisdizione è da anni al centro di un vivace dibattito dal momento che la relativa disciplina investe profili civili ed amministrativi i cui contorni appaiono talvolta non perfettamente definiti.

Come noto, il contratto è lo strumento principale con cui il privato si procura beni e servizi e trova la sua regolamentazione negli artt. 1321 e ss. c.c.

Anche la pubblica amministrazione può servirsi di tale strumento, ma per le finalità istituzionali che le sono attribuite (cura dell’interesse pubblico), essa non è libera nelle scelte da eseguire, poiché è tenuta al rispetto di certe regole.

I contratti in cui è coinvolta un’amministrazione nella veste di autorità (nel senso che esercita un potere pubblico) vengono definiti “contratti pubblici” e trovano la loro compiuta disciplina nel d. lg. 18 aprile 2016 n. 50 (cosiddetto codice dei contratti pubblici).

La circostanza che la p.a. segua il percorso tracciato da norme pubblicistiche  (d. lg. 18 aprile 2016 n. 50) ed eserciti un potere autoritativo giustifica la speciale disciplina che le ha riservato il legislatore.

Infatti, le scelte compiute dall’amministrazione non sono mai libere nei fini, ma questa deve costantemente informare la sua attività con il fine pubblico da tutelare.

Per questo motivo, l’amministrazione, quando necessita di beni o servizi, deve rendere note tali ragioni (cosiddetta evidenza pubblica) e seguire un particolare percorso nella scelta del contraente.

Questo è espressamente disciplinato dal codice dei contratti pubblici all’art. 32, rubricato “fasi delle procedure di affidamento”.

Nel dettaglio, la norma prevede le seguenti fasi: 1) decreto o determinazione di contrarre (nella quale la p.a. individua gli elementi essenziali del contratto ed i criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte), 2) procedura di selezione dei partecipanti, 3) proposta di aggiudicazione a favore del migliore offerente, 4) aggiudicazione definitiva all’esito della verifica dell’aggiudicazione provvisoria ex art. 33, comma 1, 5) stipulazione del contratto entro il termine di sessanta giorni dall’efficacia della aggiudicazione definitiva, 6) approvazione del contratto ed altri controlli previsti dalle norme proprie delle stazioni appaltanti ex art. 33, comma 2, 7) esecuzione del contratto dopo che questo è divenuto efficace.

Da quanto detto, è possibile affermare che l’amministrazione nella scelta del contraente esercita un potere pubblico e questa circostanza è idonea a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo.

A conferma di quanto detto si richiama l’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1), il quale devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a “procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative”

Delle considerazioni diverse vanno svolta allorquando la p.a. sia parte di un contratto senza esercitare un potere autoritativo.

In questi casi infatti, si applica la disciplina civilistica del codice civile perché la p.a. viene considerata un comune soggetto e non un’autorità, dal momento che opera senza esercitare poteri autoritativi (si pensi al caso della p.a. parte in un contratto di locazione).

In tali contesti, dunque, il giudice competente a conoscere queste controversie sarà il giudice ordinario ex art. 2, legge 20 marzo 1865, n. 2248 (secondo cui “sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia questione d’un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la pubblica amministrazione, e ancorché siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell’autorità amministrativa”).

Da quanto detto è possibile stabilire in generale, che, qualora la p.a. agisca esercitando poteri autoritativi, la posizione del privato dinnanzi a questi avrà la consistenza dell’interesse legittimo e pertanto il giudice competente a conoscere la questione sarà quello amministrativo, viceversa, se quest’ultima, adotta atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato e pertanto la posizione del cittadino dinnanzi a questa assumerà la fisionomia del diritto soggettivo.

Tanto chiarito, è necessario ora soffermarsi sulle controversie che riguardano la fase intermedia tra l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto.

Analizzando le fasi delle procedure di affidamento sopra menzionate (art. 32 d. lg. 18 aprile 2016, n. 50), è possibile osservare che il potere della pubblica amministrazione termina con la stipulazione del contratto.

Questa è la fase in cui il contratto stipulato tra la p.a. ed il privato fuori esce del tracciato segnato dal regime pubblicistico di scelta del contraente ed inizia a percorrere quello del diritto privato.

Ne consegue, che le controversie legate al contratto (ad esempio l’inadempimento degli obblighi nascenti dallo stesso), seguiranno le regole proprie del diritto privato ex artt. 1321 e ss. c.c.

Un problema che si è posto all’attenzione degli interpreti è quello legato alla disciplina – amministrativa o civile – a cui assoggettare il momento che intercorre tra l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto.

Ed invero, tale fase è contrassegnata dal fatto che la p.a. ha esaurito il suo potere con l’aggiudicazione, ma non è ancora stato stipulato il contratto (fase assoggettata al regime privatistico).

Ciò ha generato un contrasto interpretativo tra chi ritiene che la stessa rientri ancora nel regime pubblicistico ed altri che, invece, propendono per l’applicazione del regime civilistico.

La tesi pubblicistica trae il proprio fondamento giuridico nella circostanza che in tale fase di iato temporale l’amministrazione rimane ancora legittimata ad intervenire in autotutela con un provvedimento di secondo grado per annullare l’aggiudicazione ex art. 21 quinquies l. n. 241/1990 (a mente del quale “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti.”).

Ed infatti è ben possibile che in questa fase l’amministrazione ritenga di dovere procedere alla revoca del provvedimento di aggiudicazione perché muta l’interesse pubblico che aveva giustificato in precedenza la conclusione del contratto (si pensi ad esempio alla non corrispondenza dell’appalto alle esigenze dell’amministrazione, ovvero alla revoca per sopravvenuta indisponibilità di risorse finanziarie).

Ad avviso di tale tesi, dunque, l’evenienza che la p.a. possa ancora intervenire ed eliminare in maniera definiva gli effetti dell’aggiudicazione, legittima la devoluzione di tale fase, ancora contrassegnata da profili di stampo pubblicistico, nell’alveo della giurisdizione esclusiva del g.a. ex art. 133, comma 1, lett. e), n. 1).

Diversamente argomenta la tesi privatistica.

Ad avviso della stessa, dirimente sarebbe la circostanza che la p.a. abbia esaurito il suo potere con l’aggiudicazione e di conseguenza, non residuando più profili di stampo autoritativo, la giurisdizione delle relative controversie andrebbe devoluta alla giurisdizione ordinaria ex art. 2 legge 20 marzo 1865, n. 2248.

Potrebbero, difatti, verificarsi dei casi in cui la p.a. dia esecuzione al contratto  (ad esempio per ragioni di urgenza) prima della stipulazione.

In tale evenienza, questo, ex art. 1327 c.c. (“qualora, su richiesta del proponente o per la natura dell’affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta, il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzione”), si considera concluso prima della formale stipulazione ed il giudice competente a conoscere delle controversie di questo sarà quello ordinario ex art. 2, legge 20 marzo 1865, n. 2248.

Un ulteriore caso in cui è possibile rivenire la giurisdizione del giudice ordinario è quello in cui, nella fase di iato temporale tra l’aggiudicazione e la stipulazione, l’amministrazione si rifiuti di stipulare.

In questa eventualità, il privato, può rivolgersi al g.o. affinché questi, ex art. 2932 c.c. (secondo cui “se colui che e’ obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, puo’ ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso”), emani una sentenza che sortisca gli stessi effetti del contratto concluso.


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Fabio Toto

Ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza nel 2010, con la votazione di 105/110, presso l’Università Lumsa di Palermo, discutendo una tesi in materia di Diritto Commerciale. Ottiene, nel 2012, il diploma di specializzazione per le professioni legali presso la Scuola di Specializzazione Lumsa di Palermo e parallelamente svolge il tirocinio presso gli Uffici Giudiziari del Palazzo di Giustizia di Palermo. Per la preparazione teorica, ha frequentato corsi di formazione giuridica avanzata, tenuti da Consiglieri di Stato, approfondendo, in particolare, il diritto civile, penale ed amministrativo. È iscritto all’albo del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo dal 2016 (Tess. n. 224/16). In qualità di autore ha scritto per riviste scientifiche ed è cultore di istituzioni di diritto pubblico presso l’università degli studi di Palermo.

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