Impugnazione dell’interdittiva antimafia e ammissione al controllo giudiziario: una difficile convivenza

Impugnazione dell’interdittiva antimafia e ammissione al controllo giudiziario: una difficile convivenza

Nota all’ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria, sez. III, n. 5624 del 6 luglio 2022

Sommario: 1. Il caso dinanzi alla Sezione Terza del Consiglio di Stato – 2. Il quesito rimesso all’Adunanza Plenaria e le posizioni sul punto – 3. Il ragionamento della Sezione remittente – 4. Conclusioni

 

1. Il caso dinanzi alla Sezione Terza del Consiglio di Stato

L’ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria si inscrive in un’articolata vicenda di cui si ritiene necessario dare sommariamente conto.

La pronuncia trae origine dall’appello proposto dal Ministero dell’Interno, dalla Prefettura di Foggia e dell’A.NA.C. avverso la sentenza del Tar per la Puglia, sede di Bari n. 1641/2020 che accoglieva l’impugnazione della società, operante nel settore della installazione, manutenzione e riparazione di impianti elettrici, attinta dall’informazione interdittiva antimafia emessa il 9 giugno 2020.

Nello specifico, il Prefetto, ritenuto il rapporto di parentela tra i titolari della ditta con un noto pluripregiudicato esponente della criminalità organizzata idoneo a dimostrare la plausibile presenza di possibili infiltrazioni mafiose tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa il 9 giugno 2020, emetteva l’interdittiva antimafia ai sensi dell’art. 91 del codice n. 159 del 2011 (“Codice Antimafia”).

Il Collegio pugliese accoglieva, tra le altre, la censura della ricorrente per cui il prefetto avrebbe reso una motivazione lacunosa basata su elementi privi dei requisiti della gravità, della precisione e della concordanza con conseguente errata applicazione del criterio del “più probabile che non”, non rilevando ex se la mera evocazione del vincolo familiare quale elemento di emersione dell’infiltrazione[1]

Nelle more del giudizio di primo grado, la società aveva richiesto e ottenuto dalla Terza Sezione penale del Tribunale di Bari l’ammissione al controllo giudiziario per la durata di due anni ai sensi dell’articolo 34 bis comma 2 lettera b) del codice Antimafia, perciò a fronte dell’appello proposto dalle parti soccombenti in primo grado, sempre la società appellata chiedeva dapprima la sospensione del giudizio, successivamente, in alternativa, il rinvio ad un’udienza successiva alla scadenza del biennio di controllo giudiziario.

2. Il quesito rimesso all’Adunanza Plenaria e le posizioni sul punto

La Terza Sezione del Consiglio di Stato investita dell’impugnazione ha rimesso all’Adunanza Plenaria la risoluzione del seguente quesito: “se l’ammissione dell’impresa al controllo giudiziario, ai sensi dell’art. 34 bis, comma 6, del codice n. 159 del 2011, comporta che il giudice amministrativo – nel corso del giudizio di primo grado o di quello di appello avente per oggetto la presupposta interdittiva antimafia – debba sospendere il giudizio, ai sensi dell’art. 79 comma 1 c.p.a., o debba rinviare l’udienza eventualmente già fissata”.

Il Collegio, posto che sul punto non è possibile rinvenire un orientamento univoco, ha ritenuto opportuno investire della questione il massimo organo nomofilattico amministrativo al fine di dirimere ogni dubbio.

Nell’ordinanza in esame vengono puntualmente riportate le cinque posizioni maturate nel corso degli anni a seguito dei numerosi interventi che il legislatore ha operato in tema di legislazione antimafia, con i quali ha cercato di arginare la contaminazione del fenomeno limitando alle situazioni più gravi la completa paralizzazione dell’attività imprenditoriale. Infatti, tramite i diversi interventi riformativi è stato introdotto nel sistema il “principio di progressività” delle misure di prevenzione, che si intensifica o si riduce in misura proporzionale al bisogno di prevenzione dell’operatore economico.

In particolare, il controllo giudiziario di cui all’art. 34 bis del Codice n. 159/2011, introdotto con legge n. 161 del 2017, prevede che il Tribunale di prevenzione, sia d’ufficio sia accogliendo la richiesta dell’impresa destinataria di interdittiva antimafia impugnata dinanzi al giudice amministrativo, possa disporre una forma di vigilanza mediante sottoposizione temporanea dell’azienda ad una serie di obblighi informativi senza lo spossessamento della gestione della stessa.

Come evidenziato dai giudici amministrativi, la diversità degli orientamenti trova ragione negli effetti che scaturiscono in caso di accoglimento della domanda dell’impresa di essere ammessa all’istituto in questione. Ed invero, in una simile ipotesi, ai sensi del comma 7 dell’art. 34 bis, si sospende il termine di cui all’articolo 92 comma 2[2] nonché gli effetti di cui all’articolo 94[3] del Codice.

Secondo un primo orientamento, seguito anche dalla Sezione remittente[4], nel caso in cui l’impresa dovesse essere ammessa al controllo giudiziario, si configurerebbe una causa di sospensione impropria del giudizio amministrativo per tutto il tempo della misura del controllo giudiziario adottata dal Tribunale in sede di prevenzione. Una simile impostazione è spiegata alla luce della sospensione ex lege dell’efficacia del provvedimento interdittivo ex art. 34 bis comma 7.

Il Collegio non si esime dal rilevare gli aspetti critici per cui, in virtù del principio di legalità, non esiste alcuna norma che statuisca l’obbligo per il giudice amministrativo di sospendere il giudizio ed inoltre, ciò si porrebbe in aperto contrasto sia con il principio della ragionevole durata del processo sia con il diritto dell’impresa ad avere giustizia (Artt. 24, 103 e 113 della Costituzione).

Di contro, per altra giurisprudenza[5], in caso di ammissione al controllo giudiziario, andrebbe disposto il rinvio dell’udienza di discussione (se fissata) in un periodo successivo ai tempi di espletamento della misura preventiva, in ossequio della regola della pregiudizialità, per evitare che il rigetto dell’impugnazione dell’atto prefettizio renda definitivi gli effetti dell’interdittiva con conseguente inutilità del controllo giudiziario. Anche tale indirizzo non poggia su alcuna regola espressa e incontra gli stessi limiti enunciati per la prima posizione descritta.

Un’altra parte dei giudici amministrativi[6] ritengono i due procedimenti non interferenti tra loro e pertanto, in assenza di una espressa previsione di legge, grava sul giudice amministrativo l’obbligo di decidere il ricorso con l’unica conseguenza di cessazione del controllo giudiziario in caso di rigetto del ricorso proposto contro l’interdittiva antimafia. La Terza Sezione rimettente condivide l’orientamento eccezion fatta per la le conseguenze caducatorie della reiezione non ricorrendo, anche in questa ipotesi, alcun fondamento normativo.

La quarta teoria prospettata nell’ordinanza[7] in esame prevede l’improcedibilità dell’impugnazione dinanzi al giudice amministrativo e l’estinzione dell’interesse alla determinazione della controversia quali conseguenze dell’ammissione al controllo giudiziario. Tale tesi non è condivisa dal Collegio perché la sopravvenuta carenza di interesse non può discendere da una misura preventiva temporanea rispetto a una piena tutela giurisdizionale ottenibile con l’annullamento dell’interdittiva.

Altrettanto priva di apprezzamento per i giudici di Palazzo Spada si presenta l’ultimo orientamento descritto. Sostenuto dai commentatori delle leggi del 2017 e del 2021, secondo cui l’impresa con la richiesta di ammissione al controllo giudiziario, riconoscerebbe la sussistenza dell’agevolazione occasionale confermando di fatto l’interdittiva del Prefetto. A tal fine, giova ricordare che il presupposto per attivare l’istituto di cui all’art. 34 bis del Codice 159/2011 sia proprio la preventiva impugnazione dell’atto interdittivo dinanzi al giudice amministrativo.

3. Il ragionamento della Sezione remittente

Il Collegio remittente, propendendo per l’autonomia dei procedimenti, espone il proprio punto di vista maturato alla luce dei principi vigenti nell’Ordinamento, primo fra tutti il principio di legalità.

Infatti, ribadisce come non sussista alcuna norma che stabilisca la necessaria pendenza del giudizio dinanzi al giudice amministrativo per la perduranza del controllo giudiziario. L’art. 34bis comma 6 richiede esclusivamente l’impugnazione dell’interdittiva antimafia da parte dell’impresa che ne è destinataria prima della formulazione dell’istanza di ammissione al controllo giudiziario, nulla afferma riguardo ai tempi e agli effetti, questo perché – spiega il la Terza Sezione – “in linea di principio le valutazioni dei due ordini giurisdizionali si basano su presupposti diversi ed hanno un oggetto diverso.

Ciò è facilmente dimostrato dalla circostanza per cui solo l’accoglimento del ricorso determina il travolgimento del controllo giudiziario disposto sul presupposto dell’efficacia dell’interdittiva e il provvedimento positivo del Tribunale di prevenzione acquista rilievo in sede di istanza di riesame destinata al Prefetto, il quale dovrà tenerne conto nel procedimento.

Pertanto, all’esito di una lettura di sistema, si presenta quale soluzione naturale la definizione del giudizio amministrativo secondo le regole generali. Una conclusione conforme al percorso perseguito negli anni dal legislatore che ha inteso rilegare ad extrema ratio l’immobilizzazione dell’attività imprenditoriale.

4. Conclusioni

L’Ordinanza in commento rimette alla Plenaria una questione complessa e molto dibattuta, basti pensare alle diverse posizioni che caratterizzano il dibattito sul punto e qui sintetizzate, che assume rilievo nel sistema della tutela del privato nei confronti dell’attività posta in essere dalla Pubblica Amministrazione.

Gli argomenti spesi dal Collegio a sostegno della propria posizione, saldamente ancorati al nostro Ordinamento, non possono che far auspicare una pronuncia del massimo organo amministrativo nello stesso senso orientata.

Sebbene si comprenda quanto sia difficile considerare autonomi due istituti così connessi, tanto da essere un presupposto per l’attivazione dell’altro, si prefigura quale miglior epilogo il riconoscimento dell’indipendenza rilevata anche il diverso ambito di cognizione dell’autorità giudiziaria: mentre il giudice amministrativo è chiamato a verificare la legittimità dell’interdittiva emessa dal Prefetto, il Tribunale di Prevenzione dovrà accertare la sussistenza del rischio infiltrativo[8].

Emerge, inoltre, dalla pronuncia esaminata la copiosità degli interventi legislativi volti al contrasto dell’infiltrazione del fenomeno mafioso soprattutto nel settore degli appalti pubblici che richiederebbe un intervento normativo uniformante al fine di dirimere ogni dubbio e favorire la certezza del diritto.

 

 

 

 

 


[1] Cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 23 aprile 2015 n. 2042
[2] Art. 92 comma 2, Codice n. 159/2011: “Fermo restando quanto previsto dall’articolo 91, comma 6, quando dalla consultazione della banca dati nazionale unica emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, il prefetto dispone le necessarie verifiche e rilascia l’informazione antimafia interdittiva entro trenta giorni dalla data della consultazione. Quando le verifiche disposte siano di particolare complessità, il prefetto ne dà comunicazione senza ritardo all’amministrazione interessata, e fornisce le informazioni acquisite nei successivi quarantacinque giorni. Il prefetto procede con le stesse modalità quando la consultazione della banca dati nazionale unica è eseguita per un soggetto che risulti non censito.”
[3] Art. 94 Codice n. 159/2011: “1. Quando emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all’articolo 84, comma 4 ed all’articolo 91, comma 6, nelle società o imprese interessate, i soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2 cui sono fornite le informazioni antimafia, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni. 2. Qualora il prefetto non rilasci l’informazione interdittiva entro i termini previsti, ovvero nel caso di lavori o forniture di somma urgenza di cui all’articolo 92, comma 3 qualora la sussistenza di una causa di divieto indicata nell’articolo 67 o gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, ed all’articolo 91, comma 6, siano accertati successivamente alla stipula del contratto, i soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, salvo quanto previsto al comma 3, revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite. 3. I soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, non procedono alle revoche o ai recessi di cui al comma precedente nel caso in cui l’opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi. 4. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 si applicano anche nel caso in cui emergano elementi relativi a tentativi di infiltrazione”.
[4] Cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. III, Ord. n. 8005, del 2021; n. 4049 del 2020; n. 4873 del 2019.
[5] Cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. III, Ord. nn. 7521 e 6392 del 2021.
[6] Cfr. TAR per la Calabria, Sezione di Reggio Calabria, n. 560 del 2020
[7] TAR per la Sicilia, Sezione di Catania, sez. IV, n. 1219 del 2022
[8] Si veda sul punto Corte Cass., Sez. Un., n. 46898, del 19 novembre 2019

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