La concessione ed il rischio operativo

La concessione ed il rischio operativo

Il presente scritto intende indagare, seppur brevemente, sui profili sostanziali e giurisprudenziali che connotano l’istituto della concessione, previsto dagli artt. 164 ss. di cui al D.Lgs. 18 aprile  2016, n. 50 (“Codice dei contratti pubblici”, di seguito per brevità “Codice”). Occorre in tal senso muovere dal dato normativo. Il Legislatore statale, al fine di distinguere precipuamente la concessione dai contratti di partenariato pubblico privato, fornisce all’art. 3 del Codice una nozione puntuale di entrambi gli istituti. In particolare, “[si deve intendere per] «concessione di lavori», un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano l’esecuzione di lavori ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori ad uno o più operatori economici riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire le opere oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione delle opere; [e per] «concessione di servizi», un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi[1].

Il Legislatore individua poi i caratteri essenziali dei contratti di partenariato pubblico privato, qualificando i medesimi come “il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo determinato in funzione della durata dell’ammortamento dell’investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un’opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all’utilizzo dell’opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell’operatore (…)”.

Fermo il suddetto richiamo normativo, occorre affrontare contestualmente, senza alcuna pretesa di esaustività, l’istituto della concessione, i suoi caratteri essenziali ivi comprese le criticità legate al rischio operativo.

L’amministrazione per il tramite della concessione amplia la sfera giuridica del soggetto concessionario terzo, assegnando al medesimo, previo consenso, “il godimento di utilità relative a beni pubblici (demaniali e patrimoniali indisponibili) oppure la possibilità di esercitare pubblici servizi o di realizzare opere pubbliche o di compiere l’una o l’altra cosa insieme (costruzione dell’opera ed esercizio del servizio a cui l’opera è destinata). La qualificazione concessoria inoltre utilizzata in relazione a fattispecie aventi specifico oggetto attività costituenti pubblica funzione[2]. Di qui, è possibile affermare che:

– seppur trattandosi di fattispecie eterogenee, l’effetto ampliativo della sfera giuridica soggettiva del concessionario è un profilo comune alle medesime concessioni;

– in relazione alle posizioni giuridiche delle amministrazioni e dei concessionari, sussistono segnatamente fattispecie concessorie costitutive e fattispecie concessorie traslative: le prime costituiscono ex novo diritti, poteri e facoltà in capo al concessionario, le seconde trasferiscono gli stessi dalla sfera giuridica dell’amministrazione a quella del concessionario medesimo;

Le concessioni secondo gli indirizzi maggioritari sono atti di diritto amministrativo sia quando la fattispecie è costituita esclusivamente da un atto unilaterale dell’amministrazione, sia quando vi è un atto unilaterale accompagnato da un atto bilaterale consensuale, sia quando vi è solo quest’ultimo [3].

Quando la fattispecie è costituita da un provvedimento amministrativo e dal contratto, il primo è espressione dell’esercizio del potere pubblico in parte qua l’amministrazione procedente dispone del bene o dell’attività cui è connessa la soddisfazione dell’interesse pubblico (conferendo parimenti al concessionario medesimo i poteri pubblicistici esercitabili verso terzi) [4] mentre il secondo si limita a disciplinare i rapporti intercorrenti tra le parti, ivi compresi quelli inerenti i profili patrimoniali. In buona sostanza, il rapporto contrattuale attua la voluntas pubblica, sottesa al provvedimento amministrativo e, parimenti, definisce le obbligazioni scaturenti dallo stesso in capo al concessionario. Detta prospettazione involve naturaliter molteplici e concorrenti profili inerenti, tra gli altri, la giurisdizione e le situazioni giuridico soggettive del concedente e del soggetto concessionario.

Assumono rilievo in questa sede – con particolare riguardo ai rapporti intercorrenti tra l’amministrazione ed il concessionario – i poteri di indirizzo, ordine e controllo che la prima può esercitare sul secondo. Al riguardo,  oltre al profilo inerente il rischio, si configura altresì la responsabilità del concessionario qualora quest’ultimo ponga in essere condotte, nell’espletamento della propria attività, lesive delle disposizioni contrattuali pattuite.

In questa sede, giova inoltre richiamare la ricostruzione pubblicistica dell’istituto, in ordine alla cessazione del rapporto concessorio. In buona sostanza, il Legislatore attribuisce all’amministrazione, qualora sopravvengano ragioni di pubblico interesse, il potere di revoca della concessione. Di qui, la discussione in dottrina relativa alla opportuna (o meno) pretesa da parte del privato concessionario di un indennizzo. Trattasi in questa sede dell’ (eventuale) esito di un rapporto concessorio: merita, a breve, approfondire l’efficacia e l’esecuzione del medesimo rapporto.

I rilievi sino ad ora formulati sottendono, ad ogni buon conto, all’effettiva attuazione della cornice costituzionalistica, entro la quale qualsivoglia potere amministrativo deve essere esercitato in ossequio ai principi di buon andamento ed imparzialità della P.A. (di cui all’art. 97 Cost.).

 Orbene, prospettati i caratteri fondamentali dell’istituto, occorre allo stato indagare sul rischio operativo che è esso stesso elemento essenziale, ineludibile della concessione. La comunicazione interpretativa della Commissione europea del 2000 [5] ha ravvisato in primis nel rischio l’elemento essenziale della concessione medesima. Il rischio in capo al concessionario, in effetti, seppur riducibile, non è mai del tutto trascurabile. In difetto, ci troveremmo innanzi ad una distinta tipologia contrattuale qualificabile come appalto[6]. Il dato normativo ha trovato peraltro conforto nella giurisprudenza comunitaria che ha postulato l’essenza ontologica della concessione: il rischio. Sul punto occorre ricordare la nota pronuncia resa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella Causa C‑206/08 (“Wasser- und Abwasserzweckverband Gotha und Landkreisgemeinden (WAZV Gotha) contro Eurawasser Aufbereitungs- und Entsorgungsgesellschaft mb”). I giudici europei hanno infatti statuito che “In caso di totale assenza di trasferimento al prestatore del rischio legato alla prestazione di servizi, l’operazione in parola rappresenta un appalto di servizi (v., in tal senso, sentenze 27 ottobre 2005, causa C234/03, Contse e a., Racc. pag. I9315, punto 22, e 18 luglio 2007, Commissione/Italia, cit., punti 3537, nonché, per analogia, in unipotesi di concessione di lavori, sentenza 13 novembre 2008, Commissione/Italia, cit., punti 30 e 3235) [e precisato altresì che] anche se il rischio nel quale incorre l’amministrazione aggiudicatrice è molto ridotto, per poter ritenere sussistente una concessione di servizi è necessario che l’amministrazione aggiudicatrice trasferisca, integralmente o, almeno, in misura significativa, al concessionario il rischio di gestione nel quale essa incorre”.

La matrice (giurisprudenziale) europea ha influenzato i legislatori europeo e nazionale.

La Direttiva 2014/23/UE definisce al Considerando 68 le concessioni come “(…) accordi complessi di lunga durata con i quali il concessionario assume responsabilità e rischi tradizionalmente assunti dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori e rientranti di norma nell’ambito di competenza di queste ultime. Per tale ragione, fatta salva l’osservanza della presente direttiva e dei principi di trasparenza e di parità di trattamento, dovrebbe essere lasciata alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori un’ampia flessibilità nel definire e organizzare la procedura di selezione del concessionario”.

Il Legislatore europeo individua già prima della entrata in vigore nel nostro ordinamento del Codice la correlazione sussistente tra il diritto di gestione del servizio ed il rischio (i.e. la natura economica dello stesso)[7]. In buona sostanza, già la Direttiva europea, attribuendo al concessionario un rischio, seppur mitigato dall’attribuzione di un prezzo, ravvisa nel primo l’elemento caratterizzante l’istituto in esame[8]: il rischio non può essere escluso tout court[9].

Sul punto, chiarisce la nozione di “rischio operativo” il Considerando 18 secondo cui “La caratteristica principale di una concessione, ossia il diritto di gestire un lavoro o un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi aggiudicati in condizioni operative normali, anche se una parte del rischio resta a carico dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore (…)”. Il Codice, recentemente modificato dal d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 ha chiarito che per condizioni operative normali debba intendersi “l’insussistenza di eventi non prevedibili”. I legislatori europeo ed italiano paiono quindi voler scongiurare la circostanza per cui l’operatore economico si accolli eventi effettivamente non prevedibili, equiparabili alla forza maggiore.

Ad ogni buon conto, si rende necessario distinguere il rischio sul lato della domanda dal rischio sul lato dell’offerta. Il Legislatore europeo assume una netta posizione sul punto, precisando che “(…) per rischio sul lato della domanda si intende il rischio associato alla domanda effettiva di lavori o servizi che sono oggetto del contratto. Per rischio sul lato dell’offerta si intende il rischio associato all’offerta dei lavori o servizi che sono oggetto del contratto, in particolare il rischio che la fornitura di servizi non corrisponda alla domanda.[10]. Detta posizione, seppur apparentemente chiara, è stata oggetto di incertezze interpretative con particolare riferimento al rischio sul lato dell’offerta. Detta incertezza interpretativa è stata peraltro acuita dal Considerando 20 ai sensi del quale “Rischi come quelli legati a una cattiva gestione, a inadempimenti contrattuali da parte dell’operatore economico o a cause di forza maggiore non sono determinanti ai fini della qualificazione come concessione, dal momento che rischi del genere sono insiti in ogni contratto, indipendentemente dal fatto che si tratti di un appalto pubblico o di una concessione”. A fronte di detta nozione, molteplici tesi inerenti la nozione di rischio sono intervenute sul punto: la questione è ancora dibattuta.[11]Ad ogni buon conto, è possibile tuttavia sostenere, superando eventuali contrasti teorici sul punto, che il rischio operativo ha natura economica in considerazione del fatto che è idoneo ad avere riflessi sul piano economico finanziario (PEF), associato al contratto di concessione[12].

La nozione di rischio di cui alla Direttiva in esame è stata recepita nel nostro ordinamento dal Codice dei contratti pubblici sia con riferimento alle concessioni sia con riferimento ai contratti di partenariato pubblico privato.

In effetti, volgendo lo sguardo al nostro ordinamento, è ragionevole affermare che il contratto di concessione, sulla scorta degli indirizzi europei – come sufficientemente desumibile dalla lettura del nostro Codice – è caratterizzato (anche ma non soltanto) dal trasferimento del rischio in capo al concessionario dell’attività economica che questi esercita. Sul punto, giova richiamare la consolidata giurisprudenza amministrativa italiana che, in ossequio ai principi europei, ha delineato la linea di confine tra la concessione medesima ed il contratto di appalto: detta linea, dirimente, è ravvisabile nel rischio in capo al concessionario. I Giudici di Palazzo Spada, a più riprese, hanno chiarito e cristallizzato detto principio (ex multis: C. S., V, 13.09.2018, n. 5374[13]; C.S, VI, 7.8.2015, n. 3910; C.S., V, 9.9.2011, n. 5068[14]; C.S., VI, 4.9.2012, n. 4682[15]). Per quanto in questa sede più rileva, autorevole dottrina[16] pare confermare il dato giurisprudenziale surrichiamato. Giova infatti riflettere in ordine alla sussistenza di due concorrenti profili. In primis è di tutta evidenza che “il tratto distintivo che differenzia la concessione rispetto al contratto di appalto è rappresentato dalla sussistenza di un rischio operativo (…) definito dal legislatore come il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito all’operatore economico“. In secundis, detto rischio “si ritiene sussistente (…) nel caso in cui, in condizioni operative normali (per tali intendendosi l’insussistenza di eventi non prevedibili) “non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione (…)”[17]

Alla luce dei rilievi formulati, si rende necessaria una riflessione inerente il rapporto contrattuale, con particolare riguardo alla efficacia ed alla esecuzione del medesimo[18]. È di tutta evidenza che possono sopravvenire circostanze  esterne al contratto idonee ad incidere sull’equilibrio economico finanziario. È, in tal senso, opportuno indagare circa l’inquadramento (o meno) di dette circostanze nell’ambito della nozione di rischio operativo. Sotto un profilo strettamente civilistico, è sin d’ora possibile affermare che non possono naturaliter trovare applicazione gli obblighi di correttezza e buona fede delle parti, fermo l’interesse delle stesse alla conservazione del rapporto contrattuale pendente. In effetti, gli interessi delle parti del rapporto concessorio sono segnatamente individuabili, con particolare riferimento all’amministrazione, nella realizzazione dell’interesse pubblico, per il tramite della fruizione del servizio reso in favore della collettività,  con particolare riferimento all’operatore economico, nel conseguimento del profitto di impresa.

Con particolare riferimento alle ipotesi di ius variandi (i.e. mutamento delle condizioni di base che costituiscono l’equilibrio economico finanziario della gestione) e di factum principis (i.e. sopravvenienza di indirizzi normativi e regolamentari), l’art. 143, VIII° co. -VIII° bis co. – di cui al D.Lgs. 163/2006 – aveva (già) riconosciuto al concessionario la facoltà di pretendere la modificazione delle condizioni contrattuali, al fine di ristabilire l’equilibrio medesimo. In difetto, era riconosciuta al concessionario la possibilità di recedere dal contratto medesimo.

Successivamente, la Direttiva 2014/23/UE, giusta la consapevolezza del Legislatore europeo in ordine agli eventuali mutamenti sopravvenuti nella fase di esecuzione del contratto di concessione, riconosce che le medesime fattispecie contrattuali sono “soggette ai mutamenti di circostanze”, limitando parimenti l’operatività del rischio assunto da parte dell’operatore economico alle condizioni operative normali[19]. Ai sensi dell’art. 5 della Direttiva in esame, si precisa infatti che “(…) Si considera che il concessionario assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione (…) ”.

Il Codice vigente, recependo l’indirizzo europeo e superando parimenti i limiti alla revisione contrattuale fissati dal d.lgs. 163/2006, ha previsto, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 165, VI° co. e 182, III° co., l’ammissibilità di una revisione delle condizioni contrattuali, inerenti peraltro il piano economico finanziario qualora si verifichino circostanze atte ad incidere il piano medesimo, non ascrivibili alla responsabilità del concessionario. Di qui, alla luce della presente ricostruzione normativa – dalla lettura delle richiamate disposizioni codicistiche – è sufficientemente desumibile che il Legislatore  interno si sia indirizzato verso l’estensione applicativa delle ipotesi di modificazione delle condizioni contrattuali, ivi comprese quelle proposte a fronte della realizzazione di circostanze imprevedibili, atte ad incidere sull’equilibrio economico finanziario dell’operatore economico.

In ultimo, ferme le considerazioni di autorevole Dottrina[20] sul punto, alla luce dell’art. 30, ul. co., secondo cui “Per quanto non espressamente previsto nel presente codice e negli atti attuativi, alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile” si rende ragionevolmente applicabile l’art. 1467 c.c. I Giudici di Palazzo Spada[21] hanno confermato il dato codicistico, aderendo alla ricostruzione testé formulata.

Occorre brevemente rilevare che gli artt. 165, VI° co. e 182, III° co. ammettono la revisione contrattuale (purché sia salva la sussistenza del rischio in capo al concessionario) qualora si siano verificati eventi assolutamente imprevedibili idonei ad incidere sull’equilibrio economico finanziario[22] (a titolo esemplificativo: un determinato comportamento del concedente, una circostanza derivante da una crisi economica, forza maggiore…). È opportuno precisare , come peraltro puntualizzato da autorevole Dottrina che il limite e l’oggetto della revisione contrattuale “è rappresentato dalla rideterminazione delle condizioni di equilibrio secondo gli indicatori di redditività e di capacità di rimborso del debito indicati nel piano economico finanziario, pena, altrimenti, un arricchimento ingiustificato del concessionario”[23].

In ultimo, le richiamate disposizioni riconoscono alla parte l’opportunità di recedere dal rapporto concessorio, nell’ipotesi in cui quest’ultima, in ossequio al principio della buona fede, provi l’assoluta impossibilità di definizione positiva della vicenda, oggetto di trattativa.

 

 

 

 


[1] Sul punto, si richiama la sentenza 04 maggio 2020, n. 2810 resa dalla sesta Sezione del Consiglio di Stato, ad avviso della quale “ (…) secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, la differenza tra un appalto di servizi e una concessione di servizi risiede nel corrispettivo della fornitura di servizi, nel senso che un appalto pubblico di servizi comporta un corrispettivo che è pagato direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi, mentre si è in presenza di una concessione di servizi allorquando le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest’ultimo assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (CGUE 15 ottobre 2009, nella causa C-196/08; CGUE 13 novembre 2008, nella causa C-437/07); in particolare, una concessione di servizi richiede che l’amministrazione concedente/aggiudicatrice abbia trasferito integralmente o in misura significativa all’operatore privato il rischio di gestione economica connesso all’esecuzione del servizio (v. CGUE 21 maggio 2015, nella causa C-269/14). In altri termini, la figura della concessione è connotata dall’elemento del trasferimento all’impresa concessionaria del rischio operativo, inteso come rischio di esposizione alle fluttuazioni di mercato che possono derivare da un rischio sul lato della domanda o sul lato dell’offerta, ossia da fattori al di fuori dalla sfera di controllo delle parti (v. il Considerando 20 e l’art. 5, n. 1, della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione). Tale orientamento è, peraltro, stato recepito dall’art. dall’art. 3, comma 1, lettera vv), D.Lgs. n. 50 del 2016, che definisce come “”concessione di servizi” un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi”. Anche secondo il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato l’elemento qualificante della concessione di servizi è costituito dal trasferimento del rischio economico/operativo a carico dell’affidatario. In particolare, è stato affermato che, nel campo dei servizi pubblici, si ha concessione, quando l’operatore si assume in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull’utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si ha appalto, quando l’onere del servizio stesso viene a gravare sostanzialmente sull’amministrazione aggiudicatrice, sicché può affermarsi che è la modalità della remunerazione il tratto distintivo della concessione dall’appalto di servizi (v. Cons. Stato, Sez. VI , 4 settembre 2012, n. 4682; Cons. Stato, Sez. V, 3 maggio 2012 n. 2531) (…)”.
[2] D. Sorace, C. Marzuoli, Concessioni amministrative in Digesto delle Discipline pubblicistiche, Utet Giuridica, 2008, pp. 280 ss.
[3] D. Sorace, C. Marzuoli, Concessioni amministrative. I problemi nodali. a) La concessione tra diritto amministrativo e diritto privato. La necessaria rilevanza del diritto amministrativo, cit., pp. 288 ss.
[4] Ex multis: V. De Valles, Concessioni pubbl. ser., pp. 581 ss., citato in Digesto delle Discipline pubblicistiche, Utet Giuridica, 2008, pp. 280 ss.
[5] G.F. Cartei, Rischio e disciplina negoziale nei contratti di concessione e di partenariato pubblico-privato in  Riv. trim. dir. Pubb., Giuffré, vol. II, 2018, pp.599 ss.
[6] Si rende opportuno il richiamo all’art. 1655 c.c. “L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.
[7] G.F. Cartei, Rischio e disciplina negoziale nei contratti di concessione e di partenariato pubblico-privato, cit., p. 603.
[8] Direttiva 2014/23/UE, Considerando 11 “Le concessioni sono contratti a titolo oneroso mediante i quali una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano l’esecuzione di lavori o la prestazione e gestione di servizi a uno o più operatori economici. Tali contratti hanno per oggetto l’acquisizione di lavori o servizi attraverso una concessione il cui corrispettivo consiste nel diritto di gestire i lavori o i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo. Essi possono, ma non devono necessariamente, implicare un trasferimento di proprietà alle amministrazioni aggiudicatrici o agli enti aggiudicatori, ma i vantaggi derivanti dai lavori o servizi in questione spettano sempre alle amministrazioni aggiudicatrici o agli enti aggiudicatori.”
[9] Direttiva 2014/23/UE, Considerando 19 “(…) Il fatto che il rischio sia limitato sin dall’inizio non dovrebbe escludere che il contratto si configuri come concessione. Può essere questo il caso, per esempio, di settori con tariffe regolamentate o dove il rischio operativo sia limitato mediante accordi di natura contrattuale che prevedono una compensazione parziale, inclusa una compensazione in caso di cessazione anticipata della concessione per motivi imputabili all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore ovvero per cause di forza maggiore”.
[10] Direttiva 2014/23/UE, Considerando 20.
[11] G.F. Cartei, Rischio e disciplina negoziale nei contratti di concessione e di partenariato pubblico-privato, cit., pp. 599 ss.
[12] M. Ricchi, L’ Architettura dei Contratti di Concessione e di Partenariato Pubblico Privato nel Nuovo Codice dei Contratti Pubblici d.lgs. 50/2016 in Riv. Giur. Mezzogiorno, 2016, n.3, pp. 811 ss.
[13]Ex multis, Cons. Stato Sez. V, 13/09/2018, n. 5374 “L’elemento che distingue l’affidamento in concessione di un contratto dall’appalto di lavori pubblici consiste nel diritto del concessionario di gestire l’opera o nel diritto accompagnato da un prezzo”, riconosciuto dall’amministrazione al concessionario al fine di assicurare l’equilibrio economico del contratto, nell’ipotesi in cui le tariffe da praticare all’utenza non consentano di remunerare l’investimento o, comunque, la gestione funzionale dell’opera non sia in grado di procurare ritorni sufficienti.”Mass. Red.
[14] Ex multis, Cons. Stato Sez. V Sent., 09/09/2011, n. 5068: “Le concessioni di servizi, nel quadro del diritto comunitario, si distinguono dagli appalti di servizi non per il titolo provvedimentale dell’attività, né per il fatto che ci si trovi di fronte ad una vicenda di trasferimento di pubblici poteri o di ampliamento della sfera giuridica del privato (che sarebbe un fenomeno tipico della concessione in una prospettiva coltivata da tradizionali orientamenti dottrinali), né per la loro natura autoritativa o provvedimentale rispetto alla natura contrattuale dell’appalto, ma per il fenomeno di traslazione dell’alea inerente una certa attività in capo al soggetto privato (Conferma della sentenza breve del T.a.r. Veneto – Venezia, sez. I, n. 1500/2010).”
[15] Ex multis, Cons. Stato Sez. VI Sent., 04/09/2012, n. 4682 “Quando l’operatore privato si assume i rischi della gestione del servizio, rifacendosi sostanzialmente sull’utente mediante la riscossione di un qualsiasi tipo di canone, tariffa o diritto, allora si ha concessione di servizi, ragione per cui è la modalità della remunerazione il tratto distintivo della concessione dall’appalto di servizi. Pertanto, si avrà concessione quando l’operatore si assuma in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull’utenza, mentre si avrà appalto quando l’onere del servizio stesso venga a gravare sostanzialmente sull’amministrazione”(Riforma della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, sez. III, n. 4736/2010). Mass. Red. 2012.
[16] G.F. Cartei, Il contratto di concessione di lavori e di servizi: novità e conferme a 10 anni dal codice De Lise, in Urbanistica e appalti, 2016, 8-9, pp. 939 ss.
[17] M. C. Vallone Muscato, Rischio operativo, diminuzione degli introiti e dinamica dell’esecuzione nelle concessioni di servizi in Azienditalia, 2019, 12, 1661 (nota a sentenza). Si rende necessario rilevare che “(…) mancando un corrispettivo certo come negli appalti, è sempre possibile ipotizzare [nell’ambito di un rapporto concessorio] ricavi ulteriori, grazie all’attrazione di nuova domanda o a una nuova gestione virtuosa dei costi (…)”(Tar Lombardia Brescia, Sez. I, 4 dicembre 2017, n. 1408).
[18] G.F. Cartei, Rischio e disciplina negoziale nei contratti di concessione e di partenariato pubblico-privato, cit. pp. 599 ss. Sulla fase di esecuzione della concessione, è opportuno richiamare la sentenza 18 dicembre 2019, n. 33691 resa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che hanno chiarito “Nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite è ormai acquisito il principio secondo cui, anche in tema di concessioni di servizi pubblici, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto, sia se implicanti la costruzione (e gestione) dell’opera pubblica, sia se non collegate all’esecuzione di un’opera, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, al quale spetta di giudicare sugli adempimenti e inadempimenti (e sui relativi effetti) con indagine diretta alla determinazione dei diritti e degli obblighi dell’amministrazione e del concessionario, nonchè di valutare, in via incidentale, la legittimità degli atti amministrativi incidenti sulla determinazione delle somme dovute (Cass., sez. un., n. 32728 del 2018). Alla giurisdizione del giudice ordinario, infatti, sono riservate le controversie riguardanti “indennità, canoni ed altri corrispettivi”, alle quali appartengono quelle relative alla fase esecutiva (anche) dei rapporti di concessione di pubblico servizio, ivi comprese le questioni inerenti agli adempimenti e alle relative conseguenze indennitarie, vertendosi nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti che si colloca a valle dell’esercizio del potere di cui è espressione la fase costitutiva del rapporto di impronta pubblicistica, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui la P.A. eserciti poteri autoritativi tipizzati dalla legge e impugnati dal privato (Cass., sez. un., n. 18267 del 2019) (…)”.
[19] Direttiva 2014/23/UE, Considerando 18.
[20]G.F. Cartei, Rischio e disciplina negoziale nei contratti di concessione e di partenariato pubblico-privato, cit., pp. 599 ss.
[21] Ex multis, Cons. Stato Sez. IV Sent., 19/08/2016, n. 3653: “L’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione nei contratti a titolo gratuito consiste nella sopravvenuta sproporzione tra il valore originario della prestazione ed il valore successivo, mentre nei contratti onerosi consiste nella sopravvenuta sproporzione tra i valori delle prestazioni, sicché l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, in presenza di squilibrio tra le prestazioni dovuto ad eventi straordinari ed imprevedibili, non rientranti nell’ambito della normale alea contrattuale, ai sensi dell’art. 1467 c.c. determina la risoluzione del contratto”.
[22] G.F. Cartei, Rischio e disciplina negoziale nei contratti di concessione e di partenariato pubblico-privato, cit. pp. 599 ss.
[23] G.F. Cartei, Rischio e disciplina negoziale nei contratti di concessione e di partenariato pubblico-privato, cit. pp. 599 ss.

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