La conservazione dell’equilibrio contrattuale

La conservazione dell’equilibrio contrattuale

L’art. 9 del Codice dei contratti pubblici[1] è dedicato al principio di “conservazione dell’equilibrio contrattuale[2]” e, come si evince dalla rubrica, si riferisce alla fase di esecuzione del contratto e alla gestione delle sopravvenienze. Queste ultime, ove straordinarie e imprevedibili, nonché estranee alla normale alea contrattuale, assurgono a fonte di autentico diritto alla rinegoziazione in capo alla parte pregiudicata dalle stesse.

La norma disciplina il fenomeno identificato nella prassi internazionale con il lemma hardship e riconosciuto da molteplici sistemi giuridici (frustration of purpose, Wegfall der Geschäftsgrundlage, imprévision, eccessiva onerosità sopravvenuta), da tempo oggetto di considerazione nella regolazione dei rapporti privati internazionali[3].

Prima facie, l’articolo parrebbe poco innovativo e poco significativo. Poco innovativo perché il d.lgs. 50/2016 già disciplinava, all’art. 106, i casi in cui la modifica post-aggiudicazione poteva ritenersi ammissibile, ossia non elusiva del principio di gara. Poco significativa perché il previgente art. 106, a sua volta puntale riproduzione di una norma contenuta nella direttiva 24/2014/UE[4], ricompare sostanzialmente invariato all’art. 120 del nuovo Codice. Si tratterebbe, dunque, di una mera anticipazione dei più pregnanti contenuti della norma ad hoc sulle modifiche in corso di esecuzione.

Una simile lettura, tuttavia, cede il passo ad una disamina più profonda della disposizione, da cui emerge un netto discrimen rispetto alla successiva norma sulle modifiche. Difatti, mentre l’art. 120[5] elenca in modo tassativo[6] le ipotesi in cui la modifica post-stipula è possibile, in quanto non anticoncorrenziale, l’art. 9, invece, riconosce il principio di doverosità della rinegoziazione, sul quale la dottrina civilistica sensibile all’applicazione diretta dai principi costituzionali inter-privati[7] da tempo si esprime favorevolmente.

La recente crisi pandemica[8] ha accresciuto il consenso che le suggestioni in tema di doverosità della rinegoziazione, come risvolto dell’art. 2 Cost. e del principio di buona fede oggettiva, già riscuotevano non solo in dottrina. In tale contesto si inserisce l’art. 9, il quale non si sovrappone al susseguente art. 120, ma ne funge da completamento: alle modifiche possibili in costanza di determinati presupposti di fatto (in primis il consenso del committente e dell’appaltatore); il nuovo codice affianca le modifiche che la parte debole può addirittura pretendere, per l’appunto quelle ricomprese nel perimetro applicativo dell’art. 9[9].

L’articolo, dunque, mira a disciplinare le sopravvenienze che possono insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto, alterandone l’equilibrio originario o facendo venir meno, in parte o temporaneamente, l’interesse creditorio alla prestazione. In tal guisa, si introduce un rimedio manutentivo del contratto, più conforme all’interesse dei contraenti – in particolare della P.A. -, tenuto conto dell’inadeguatezza della tutela meramente demolitoria apprestata dall’art. 1467 c.c.[10]

Principiando nella disamina della littera legis, il primo comma stabilisce che in presenza di sopravvenienze straordinarie e imprevedibili[11], estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato (con esclusione, dunque, dei contratti aleatori), tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede[12] delle condizioni contrattuali[13]. Gli oneri per la rinegoziazione sono riconosciuti all’esecutore a valere sulle somme a disposizione indicate nel quadro economico dell’intervento, alle voci imprevisti e accantonamenti e, se necessario, anche facendo uso delle economie da ribasso d’asta[14].

Dalla previsione, quindi, si desume che lo spazio entro cui l’amministrazione è tenuta a rinegoziare il contratto è doppiamente limitato: è, infatti, necessaria una variazione rilevante del sinallagma originario e deve in ogni caso essere assicurato il rispetto dei vincoli finanziari che si accompagnano alla programmazione economica riferibile alla specifica procedura contrattuale[15].

Il secondo comma fissa l’estensione massima della rinegoziazione: tramite il nuovo accordo, la p.a. può solo ripristinare l’ equilibrio originario del contratto oggetto dell’affidamento, quale risultante dal bando e dal provvedimento di aggiudicazione, senza alternarne la sostanza economica.

Vale qui il divieto generale di pervenire, mediante la rinegoziazione, a modifiche che, se previste nei documenti disciplinanti la procedura di gara, avrebbero potuto portare alla selezione di una diversa offerta o alla partecipazione di operatori economici differenti.

In questa prospettiva, la disposizione rinvia non solo ai principi fissati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha sempre riconosciuto l’esigenza di circoscrivere il potere di rinegoziazione della P.A. nei contratti aggiudicati in esito a procedure ad evidenza pubblica per garantire il rispetto dei principi di trasparenza e di par condicio, ma anche ai criteri fissati dal legislatore, prima nell’art. 106 e ora nell’art. 120 per l’individuazione della natura sostanziale della modifica negoziale[16].

Il terzo comma dell’art. 9 contempla una differente fattispecie di conservazione contrattuale. Esso stabilisce che se le circostanze sopravvenute rendono la prestazione in parte o temporaneamente inutile o inutilizzabile per uno dei contraenti, questi ha diritto ad una proporzionale riduzione del corrispettivo (secondo le regole della impossibilità parziale): la disposizione origina dall’esperienza delle limitazioni poste allo svolgimento delle attività commerciali (e ai conseguenti riflessi sulle relazioni contrattuali) causate dall’emergenza pandemica e si rifà, secondo la relazione illustrativa, all’art. 1464 del codice civile, il quale prevede che “quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto ad una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta[17].

Va rilevato che la disposizione non richiama in toto la norma civilistica, la quale presupporrebbe, altresì, in capo alla parte cui spetta la riduzione della prestazione, la possibilità di recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale, a sostegno della preferenza generalmente accordata nel codice, anche con riguardo a tale fattispecie, al rimedio manutentivo rispetto a quello demolitorio[18].

Il quarto comma auspica l’inserimento di clausole di rinegoziazione del contratto, specie quando il contratto risulti particolarmente esposto per durata o per altre circostanze al rischio di interferenze da sopravvenienze[19]. Con il nuovo Codice, peraltro, si prefigura un diverso trattamento per la revisione prezzi e per le altre modifiche contrattuali: per la prima è prevista l’obbligatorietà dell’inserimento delle relative clausole, mentre per le seconde l’inserimento di apposite clausole costituisce solamente una possibilità per l’amministrazione, per quanto auspicata.

Il comma 5 chiude la previsione, stabilendo che l’attuazione concreta del principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale avviene mediante l’applicazione degli artt. 60[20] e 120, recanti, rispettivamente, l’istituto della revisione dei prezzi e la modifica dei contratti in corso di esecuzione, con evidente favor per la tutela manutentiva rispetto a quella demolitoria.

 

 

 

 

 

 


[1] Art. 9 D. lgs. 36/2023 – Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale:
“1. Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali. Gli oneri per la rinegoziazione sono riconosciuti all’esecutore a valere sulle somme a disposizione indicate nel quadro economico dell’intervento, alle voci imprevisti e accantonamenti e, se necessario, anche utilizzando le economie da ribasso d’asta. 2. Nell’ambito delle risorse individuate al comma 1, la rinegoziazione si limita al ripristino dell’originario equilibrio del contratto oggetto dell’affidamento, quale risultante dal bando e dal provvedimento di aggiudicazione, senza alterarne la sostanza economica. 3. Se le circostanze sopravvenute di cui al comma 1 rendono la prestazione, in parte o temporaneamente, inutile o inutilizzabile per uno dei contraenti, questi ha diritto a una riduzione proporzionale del corrispettivo, secondo le regole dell’impossibilità parziale. 4. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono l’inserimento nel contratto di clausole di rinegoziazione, dandone pubblicità nel bando o nell’avviso di indizione della gara, specie quando il contratto risulta particolarmente esposto per la sua durata, per il contesto economico di riferimento o per altre circostanze, al rischio delle interferenze da sopravvenienze. 5. In applicazione del principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale si applicano le disposizioni di cui agli articoli 60 e 120”.
[2] A. D’Angelo, Il contratto in generale. La buona fede, Torino, 2004, definisce l’equilibrio contrattuale come “lo strumento di controllo del criterio della buona fede che caratterizza il rapporto sinallagmatico e che deve intercorrere tra le prestazioni dedotte a fondamento del contratto e la cui esistenza deve riscontrarsi, tanto in fase di costituzione, quanto in quella di svolgimento del negozio giuridico”. Come osservato da F. Camilletti, Profili del problema dell’equilibrio contrattuale, Milano, 2004, p. 6 ss., “l’equilibrio contrattuale – e, dunque, la clausola di buona fede – evita che il contratto diventi strumento impositivo di condizioni inique tali da compromettere il rapporto paritetico che si realizza con il contratto”.
[3] Cfr. Relazione Illustrativa, pag. 23: “Nell’elaborazione della disposizione l’analisi delle scelte maturate in ambito internazionale o unionale (il riferimento è, precipuamente, alla disciplina contenuta nei Principi Unidroit e nel Codice europeo dei contratti), come pure di quelle emergenti da progetti avviati anche in ambito nazionale che non hanno, tuttavia, trovato concretizzazione (disegno di legge delega n. 1151 del 2019), ha costituito una base per approfondimenti e riflessioni necessariamente calibrati sulla differente natura dei rapporti interessati e dei sottesi interessi incisi. A venire in rilievo, infatti, sono contratti pubblici connotati dalla conformazione in ragione delle finalità di pubblico interesse perseguite che restano immanenti al contratto e al rapporto che ne scaturisce, con conseguente esclusione della possibilità di accedere a una integrale trasposizione delle regole civilistiche e necessità di favorire il raggiungimento di un giusto punto di equilibrio idoneo a preservare tali interessi assicurando al tempo stesso adeguata ed effettiva tutela agli operatori economici, nella consapevolezza anche della convergenza di tale tutela con altri interessi generali di primario rilievo (stabilità economica, sociale, occupazionale, ecc.) suscettibili di essere pregiudicati in situazioni di hardship”.
[4] La direttiva de qua, all’art. 72 – “Modifica di contratti durante il periodo di validità”, stabilisce che i contratti possono essere modificati in via sostanziale senza una nuova procedura d’appalto allorquando venga alterato l’equilibrio economico del contratto “a favore dell’aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale”.
[5] Art. 120 D. lgs. 36/2023 – Modifica dei contratti in corso di esecuzione:
1. Fermo quanto previsto dall’articolo 60 per le clausole di revisione dei prezzi, i contratti di appalto possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti, sempre che, nelle ipotesi previste dalle lettere a) e c), nonostante le modifiche, la struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa possano ritenersi inalterate: a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste in clausole chiare, precise e inequivocabili dei documenti di gara iniziali, che possono consistere anche in clausole di opzione; per i contratti relativi a servizi o forniture stipulati dai soggetti aggregatori restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 511, della legge 28 dicembre 2015, n. 208; b) per la sopravvenuta necessità di lavori, servizi o forniture supplementari, non previsti nell’appalto iniziale, ove un cambiamento del contraente nel contempo: 1) risulti impraticabile per motivi economici o tecnici; 2) comporti per la stazione appaltante notevoli disagi o un sostanziale incremento dei costi; c) per le varianti in corso d’opera, da intendersi come modifiche resesi necessarie in corso di esecuzione dell’appalto per effetto di circostanze imprevedibili da parte della stazione appaltante. Rientrano in tali circostanze nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti sopravvenuti di autorità o enti preposti alla tutela di interessi rilevanti; d) se un nuovo contraente sostituisce l’aggiudicatario a causa di una delle seguenti circostanze: 1) le modifiche soggettive implicanti la sostituzione del contraente originario sono previste in clausole chiare, precise e inequivocabili dei documenti di gara; 2) all’aggiudicatario succede, per causa di morte o insolvenza o a seguito di ristrutturazioni societarie, che comportino successione nei rapporti pendenti, un altro operatore economico che soddisfi gli iniziali criteri di selezione, purché ciò non implichi ulteriori modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l’applicazione del codice, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 124; 3) nel caso in cui la stazione appaltante assume gli obblighi del contraente principale nei confronti dei suoi subappaltatori. 2. Nei casi di cui al comma 1, lettere b) e c), il contratto può essere modificato solo se l’eventuale aumento di prezzo non ecceda il 50 per cento del valore del contratto iniziale. In caso di più modifiche successive, la limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non eludono l’applicazione del codice. 3. I contratti possono parimenti essere modificati, oltre a quanto previsto dal comma 1, senza necessità di una nuova procedura, sempre che nonostante le modifiche, la struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa possano ritenersi inalterate, se il valore della modifica è al di sotto di entrambi i seguenti valori: a) le soglie fissate all’articolo 14; b) il 10 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di servizi e forniture; il 15 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di lavori; in caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo del contratto al netto delle successive modifiche. Ai fini del calcolo del prezzo di cui ai commi 1, lettere b) e c), 2 e 3, quando il contratto prevede una clausola di indicizzazione, il valore di riferimento è il prezzo aggiornato. Sono sempre consentite, a prescindere dal loro valore, le modifiche non sostanziali. La modifica è considerata sostanziale quando altera considerevolmente la struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa. In ogni caso, fatti salvi i commi 1 e 3, una modifica è considerata sostanziale se si verificano una o più delle seguenti condizioni: a) la modifica introduce condizioni che, se fossero state contenute nella procedura d’appalto iniziale, avrebbero consentito di ammettere candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o di accettare un’offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione; b) la modifica cambia l’equilibrio economico del contratto o dell’accordo quadro a favore dell’aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale; c) la modifica estende notevolmente l’ambito di applicazione del contratto; d) un nuovo contraente sostituisce quello cui la stazione appaltante aveva inizialmente aggiudicato l’appalto in casi diversi da quelli previsti dal comma 1, lettera d). 2. Non sono considerate sostanziali, fermi restando i limiti derivanti dalle somme a disposizione del quadro economico e dalle previsioni di cui alle lettere a) b) e c) del comma 6, le modifiche al progetto proposte dalla stazione appaltante ovvero dall’appaltatore con le quali, nel rispetto della funzionalità dell’opera: a) si assicurino risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare in compensazione per far fronte alle variazioni in aumento dei costi delle lavorazioni; b) si realizzino soluzioni equivalenti o migliorative in termini economici, tecnici o di tempi di ultimazione dell’opera. 3. Il contratto è sempre modificabile ai sensi dell’articolo 9 e nel rispetto delle clausole di rinegoziazione contenute nel contratto. Nel caso in cui queste non siano previste, la richiesta di rinegoziazione va avanzata senza ritardo e non giustifica, di per sé, la sospensione dell’esecuzione del contratto. Il RUP provvede a formulare la proposta di un nuovo accordo entro un termine non superiore a tre mesi. Nel caso in cui non si pervenga al nuovo accordo entro un termine ragionevole, la parte svantaggiata può agire in giudizio per ottenere l’adeguamento del contratto all’equilibrio originario, salva la responsabilità per la violazione dell’obbligo di rinegoziazione. 4. Nei documenti di gara iniziali può essere stabilito che, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto, la stazione appaltante possa imporre all’appaltatore l’esecuzione alle condizioni originariamente previste. In tal caso l’appaltatore non può fare valere il diritto alla risoluzione del contratto. 5. Nel caso in cui nel bando e nei documenti di gara iniziali sia prevista un’opzione di proroga il contraente originario è tenuto a eseguire le prestazioni contrattuali ai prezzi, patti e condizioni stabiliti nel contratto o, se previsto nei documenti di gara, alle condizioni di mercato ove più favorevoli per la stazione appaltante. 6. In casi eccezionali nei quali risultino oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della procedura di affidamento del contratto, è consentito, per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura, prorogare il contratto con l’appaltatore uscente qualora l’interruzione delle prestazioni possa determinare situazioni di pericolo per persone, animali, cose, oppure per l’igiene pubblica, oppure nei casi in cui l’interruzione della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all’interesse pubblico che è destinata a soddisfare. In tale ipotesi il contraente originario è tenuto all’esecuzione delle prestazioni contrattuali ai prezzi, patti e condizioni previsti nel contratto. 7. Si applicano per le cessioni di crediti le disposizioni di cui alla legge 21 febbraio 1991, n. 52. L’allegato II.14 disciplina le condizioni per l’opponibilità alle stazioni appaltanti. 8. Fatto salvo quanto previsto dal comma 8 per il caso di rinegoziazione, le modifiche e le varianti devono essere autorizzate dal RUP con le modalità previste dall’ordinamento della stazione appaltante. Le modifiche progettuali consentite ai sensi del comma 7 devono essere approvate dalla stazione appaltante su proposta del RUP, secondo quanto previsto dall’allegato II.14. 9. Un avviso della intervenuta modifica del contratto nelle situazioni di cui al comma 1, lettere b) e c), è pubblicato a cura della stazione appaltante nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. L’avviso contiene le informazioni di cui all’allegato II.16, ed è pubblicato conformemente all’articolo 84. In sede di prima applicazione del codice, l’allegato II.16 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro per gli affari europei, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice. Per i contratti di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 14 la pubblicità avviene in ambito nazionale. 10. Si osservano, in relazione alle modifiche del contratto, nonché in relazione alle varianti in corso d’opera, gli oneri di comunicazione e di trasmissione all’ANAC, a cura del RUP, individuati dall’allegato II.14. Nel caso in cui l’ANAC accerti l’illegittimità della variante in corso d’opera approvata, esercita i poteri di cui all’articolo 222. In caso di inadempimento agli obblighi di comunicazione e trasmissione delle modifiche e delle varianti in corso d’opera previsti dall’allegato II.14, si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’articolo 222, comma 13”.
[6] L’elencazione è tassativa, ma le fattispecie di modifiche apponibili o meno non sono individuate in modo particolarmente stringente (cfr. il comma 6 in cui si dispone che la modifica non è apponibile “quando altera considerevolmente la struttura del contratto”).
[7] Ex multis: P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 2020; G. Alpa, Solidarietà, in Nuova giur. civ. comm., 1994, II, p. 372 ss. Contra L. Mengoni, Autonomia privata e Costituzione, in Banca, borsa e titoli di crediti, 1997, I, pp. 1-20; C. Castronovo, Eclissi del diritto civile, Milano, 2015, p. 37 ss.
[8] A.A. Dolmetta, Il problema della rinegoziazione (al tempo del coronavirus), in Giustiziacivile.com, 4 giugno 2020; F. Macario, Per un diritto dei contratti più solidale in epoca di “coronavirus”, in Giustiziacivile.com, 17 marzo 2020.
[9] In questi termini M. Renna, I principi, in Il nuovo corso dei contratti pubblici. Principi e regole in cerca di ordine (d. leg. 31 marzo 2023 n. 36), a cura di S. Fantini – H. Simonetti, Milano, 2023, p pp. 16-18. L’A., tuttavia, esprime alcune perplessità sulla formulazione normativa: “Anche così ricostruito il significato dell’art. 9 e il suo rapporto con la successiva norma sulle modifiche in fase di esecuzione, non si può celare una certa delusione rispetto a ciò che la norma di principio ‘non dice’ o comunque non risolve. Due sono, in particolare, i fronti su cui si concentrano le criticità. La prima riguarda proprio la clausola di rinegoziazione che il comma 4 “invita” (i.e. non obbliga) a includere negli atti di gara. Ebbene, pare difficile negare che in ogni caso, anche a fronte della diligente predisposizione di tale clausola, l’art. 9 continui a operare come principio generale e quindi siano possibili situazioni di rinegoziazione ‘doverosa’ (in quanto derivanti da circostanze ‘straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea’) anche se non ancorata a specifiche fattispecie puntualmente prefigurate dalla lex specialis di gara. Fermo restando quanto precede, è evidente che se alcune circostanze sono previste dalla legge di gara (come fonte di rinegoziazione obbligatoria) e altre non lo sono (pur rientrando nel perimetro oggettivo di applicazione dell’art. 9), si crea una situazione che rischia in concreto di creare dubbi e incertezze sui confini oggettivi del regime di doverosità del riequilibrio del contratto. Inoltre, stupisce come in sede di predisposizione dell’art. 9 si sia persa l’occasione di disciplinare la controversa questione delle modifiche derivanti da sopravvenienze intercorse nel lasso di tempo compreso tra l’aggiudicazione e il contratto. Sul punto da tempo si fronteggiano due orientamenti contrapposti. Il primo riteneva che, in tali situazioni, non fosse opponibile alcuna modifica, argomentando su un duplice elemento: il primo (di tipo letterale) consistente nel fatto che l’art. 106 del d.leg. n. 50 del 2016 (così come l’art. 120 del nuovo codice) facesse riferimento alle possibili modifiche del ‘contratto’; l’altro argomento (più sostanzialista) faceva leva sul fatto che l’aggiudicatario pregiudicato dalle sopravvenienze avrebbe già un utile strumento per sottrarsi agli effetti negativi delle stesse, ossia la mancata stipula del contratto. Il secondo orientamento, molto più copioso dopo la crisi pandemica, riservava maggiore considerazione ai costi sostenuti per la partecipazione alla gara e alle eventuali rinunce in termini di opportunità alternative che l’aggiudicatario potrebbe in ipotesi aver sopportato in vista dell’esecuzione della commessa interessata dalle sopravvenienze avverse. In questa prospettiva veniva prospettata l’applicabilità in via analogica dell’articolo sulle modifiche contrattuali anche in fase pre-stipula, nonostante il tenero letterale della relativa norma, che – per l’appunto – presuppone l’esistenza di un contratto. Ebbene l’art. 9, che non ha un diretto precedente nel codice del 2016, avrebbe potuto fornire uno spunto di chiarificazione, mentre invece sembra aver sottostimato – ancor auna volta – il rilievo, anche temporale, della parentesi che divide l’aggiudicazione della commessa dal perfezionamento del vincolo negoziale”.
[10] Sul punto, B. Marchetti, Il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale nel nuovo Codice dei contratti pubblici: prime osservazioni, Intervento al Convegno di Studi organizzato dalla Fondazione Cesifin su I principi nel codice dei contratti pubblici, Firenze, 14 aprile 2023: “Il passo compiuto è tanto più significativo, se si considera che nel nostro ordinamento un principio di rinegoziabilità del contratto suscettibile di configurare in capo alla parte svantaggiata un diritto alla rinegoziazione (cui corrisponde, dunque, un obbligo della controparte) non è stabilito nemmeno nel codice civile, dove pure le parti sono in posizione di perfetta parità e non soffrono delle limitazioni dettate dall’evidenza pubblica o dai vincoli di natura economica e finanziaria rigidamente imposti alle amministrazioni pubbliche. Il Codice civile, infatti, per i contratti a esecuzione continuata o periodica o a esecuzione differita stabilisce, all’art. 1467, che qualora a causa di avvenimenti straordinari e imprevedibili la prestazione di una parte diventi “eccessivamente onerosa” la parte svantaggiata può invocare la risoluzione del contratto con gli effetti stabiliti dall’art. 1458 c.c., a meno che la sopravvenuta onerosità non rientri nell’alea normale del contratto (art. 1467 comma 2 c.c.). Non è dato alla parte svantaggiata, dunque, di chiedere e pretendere una rinegoziazione del contratto: una possibilità di revisione del contratto è prevista solo in capo alla parte che, in teoria, ha meno interesse al riequilibrio, in quanto dal medesimo avvantaggiata (l’art. 1467 comma 3 c.c.). Da questo punto di vista il Codice dei contratti pubblici sembra dunque anticipare i prevedibili futuri sviluppi dell’istituto della rinegoziazione dei contratti in ambito civilistico (secondo quanto sembra ricavarsi dalla relazione della Corte di Cassazione n. 56/2020) e si propone di generalizzare, per i contratti pubblici, alcune indicazioni provenienti dalla disciplina emergenziale (D.L. 73 del 2022 “Decreto sostegni bis”, D.L. 4 del 2022 “Decreto sostegni ter” ed il Decreto Aiuti, D.L. 50 del 2022), la quale, per i lavori pubblici, prevede, ad esempio, (art. 29 I comma l. di conversione del D.L. Sostegni ter, l. 25 del 2022), fino al 31 dicembre 2023, l’inserimento obbligatorio nel bando di clausole di revisione dei prezzi. Esso si allinea inoltre – almeno in parte – alla previsione del principio di rinegoziazione stabilito nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) . Quest’ultimo configura, infatti, un obbligo in capo alle parti di rinegoziazione del contratto salvo poi stabilire, all’art. 17, diverse conseguenze in caso di mancata rideterminazione dei termini contrattuali, attraverso la previsione di una composizione negoziata del contenuto del contratto”. In ambito civile, la Corte di Cassazione parla di “inadeguatezza degli strumenti preordinati alla soluzione della problematica delle sopravvenienze” (Corte di Cassazione, Relazione tematica n. 56, 8 luglio 2020, Novità normative sostanziali del diritto “emergenziale” anti-Covid 19 in ambito contrattuale). Sull’argomento: G. Marasco, La rinegoziazione del contratto: strumenti legali e convenzionali a tutela dell’equilibrio negoziale, Padova, 2006; Id., La rinegoziazione e l’intervento del giudice nella gestione del contratto, in Contratto e Impresa, 2005, II, p. 539 ss.; M. Barcellona, Appunti a proposito di obbligo di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, in Eur. e dir. priv., 2003, III, p. 467 ss.; L. Baccaglini, La rinegoziazione dei contratti di durata e il ruolo del giudice: considerazioni a margine dell’art. 10, comma 2, d.l. n. 118/2021, in Diritto degli Affari, 2023, I , p. 1 ss.
[11] Secondo la Corte di Cassazione mentre il carattere della straordinarietà andrebbe valutato oggettivamente, attenendo alla qualificazione di un evento in base ad elementi suscettibili di misurazione, il carattere della imprevedibilità avrebbe una radice soggettiva, avendo come punto di riferimento la fenomenologia della conoscenza (Cass. civ., 19 ottobre 2006, n. 22936). La valutazione da parte del giudice di tali presupposti sarebbe insindacabile in sede di legittimità qualora adeguatamente motivata (Cass. civ., sez. III, 23 febbraio 2001, n. 2661).
[12] Cfr. Relazione Illustrativa, pp. 23-24: “[…] Coerentemente con la portata generale della previsione, la disposizione reca riferimento ad eventi che integrano determinati requisiti: deve trattarsi di eventi straordinari e imprevedibili; i rischi concretizzati da tali eventi non devono essere stati volontariamente assunti dalla parte pregiudicata dagli stessi; tali eventi devono determinare una alterazione rilevante dell’originario equilibrio del contratto e non devono essere riconducibili alla normale alea, alla ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato. La disposizione specifica, quindi, quali sono le sopravvenienze da cui sorge il diritto alla rinegoziazione, precisando che, oltre che sopravvenute e imprevedibili, devono essere estranee anche al normale ciclo economico, integrando uno shock esogeno eccezionale e imprevedibile. La disposizione deve, pertanto, essere interpretata restrittivamente e richiede un rilevante squilibrio tra le prestazioni, da valutarsi alla luce delle concrete circostanze e dello specifico contenuto negoziale. È necessario, poi, che tali rischi non siano stati volontariamente assunti dalla parte, sebbene non sia necessaria una assunzione espressa. Solo ove risultino integrati tutti i requisiti indicati nel primo comma della disposizione viene riconosciuto alla parte svantaggiata, sulla quale grava, conformemente alle regole generali, l’onere di fornire i relativi elementi a comprova, il diritto alla rinegoziazione. Nel richiedere la rinegoziazione la parte svantaggiata deve conformarsi al generale principio di buona fede, con un contegno che dovrà essere riguardato anche nella considerazione della particolare qualificazione dei soggetti interessati, sia che si tratti degli operatori economici sia che si tratti della parte pubblica”.
[13] Non viene considerata, tuttavia, l’ipotesi (rara, ma astrattamente possibile) in cui il potere di rinegoziazione comporta modifiche migliorative per la p.a., giacché tale evenienza non genera alcuna criticità rispetto alla necessità di assicurare la par condicio e la trasparenza protette dalla procedura di gara. Su tale fattispecie sia consentito rinviare a B. Marchetti, Atto di aggiudicazione e potere di rinegoziazione nei contratti ad evidenza pubblica. Commento a Consiglio di Stato, sez. V, 13 novembre 2002, n. 6261, in Giorn. Dir. amm., 2003, V, p. 503 ss.
[14] Cfr. Relazione Illustrativa, p. 24: “Il secondo e ultimo capoverso del comma 1 considera la copertura finanziaria degli oneri discendenti dall’obbligo di rinegoziazione: la norma chiarisce che la rinegoziazione non altera il finanziamento complessivo dell’opera, perché è ammessa nei limiti dello stanziamento di bilancio originario. L’articolo in esame è, dunque, in linea con la clausola di invarianza finanziaria contenuta nella legge delega, in quanto il reperimento delle risorse avviene nell’ambito del quadro economico e, dunque, nei limiti degli stanziamenti previsti dalla legislazione vigente. L’aspetto più delicato è quello del ricorso anche alle ‘economie da ribasso d’asta’: a tal proposito si precisa che, in realtà, tali economie non si possono considerare definitivamente acquisite fino al collaudo dell’intervento o al certificato di regolare esecuzione; a vederla diversamente, il rischio di sopravvenienza di “circostanze straordinarie e imprevedibili” comporterebbe rischi ancora peggiori per il bilancio pubblico: la mancata esecuzione del contratto e la perdita dei fondi già spesi”.
[15] B. Marchetti, Il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale nel nuovo Codice dei contratti pubblici, op. cit.
[16] Cfr. Relazione Illustrativa, p. 24: “Il comma 2 della disposizione specifica, per le ragioni sopra esposte, che la rinegoziazione ha l’esclusiva finalità di ripristinare l’originario equilibrio del contratto, avuto riguardo al complesso degli atti alla base della costituzione del rapporto e con considerazione, quindi, anche del bando e del provvedimento di aggiudicazione. La finalità è, dunque, quella di circoscrivere la libertà dei contraenti: l’accordo di rinegoziazione non solo deve avere ad oggetto il mero ripristino dell’equilibrio contrattuale originario, ma deve essere precipuamente volto a non alterarne la sostanza economica, in modo da evitare un’elusione delle regole della procedura ad evidenza pubblica”.
[17] B. Marchetti, Il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale nel nuovo Codice dei contratti pubblici, op. cit.
[18] Cfr. Relazione illustrativa, p. 24: “Il comma 3 disciplina la specifica ipotesi in cui le sopravvenienze di cui al comma 1 incidano non sul generale equilibrio del contratto, ma sull’utilità o utilizzabilità della prestazione per la parte creditrice, come accaduto nella fase pandemica che ha determinato l’inutilizzabilità per un lungo periodo dei locali commerciali oggetto di locazione, rendendo sostanzialmente inutile la prestazione resa dal locatore. In tal caso la sopravvenienza rende la prestazione inidonea a soddisfare l’interesse del creditore ex art. 1174 c.c. e legittima una proporzionale riduzione del prezzo secondo le regole dell’impossibilità sopravvenuta parziale del contratto ai sensi dell’art. 1464 c.c. Anche in tale ipotesi viene privilegiato il rimedio manutentivo su quello demolitorio”.
[19] U. Realfonzo – R. Berloco (a cura di), Commentario al nuovo codice dei contratti pubblici, I, I principi e le procedure di affidamento, Palermo, 2023, sub art. 9, pp. 57-58: “Si prevede, dunque, un vero e proprio favor verso l’inserimento di clausole di rinegoziazione all’interno del contratto d’appalto pubblico; si tratta di una previsione che si pone in linea col contenuto dell’art. 1, comma 2, l. 78/2022, di delega al governo per l’adozione dei decreti legislativi inerenti alla disciplina dei contratti pubblici, con il quale è stato sancito il rispetto del principio concernente la ‘previsione dell’obbligo per le stazioni appaltanti di inserire nei bandi gara, negli avvisi e inviti, in relazione alle diverse tipologie di contratti pubblici, un regime obbligatorio di revisione dei prezzi al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva e non prevedibili al momento della formulazione dell’offerta, compresa la variazione del costo derivante dal rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicabili in relazione all’oggetto dell’appalto e delle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente, stabilendo che gli eventuali oneri derivanti dal suddetto meccanismo di revisione dei prezzi siano a valere sulle risorse disponibili del quadro economico degli interventi e su eventuali altre risorse disponibili per la stazione appaltante da utilizzare nel rispetto delle procedure contabili di spesa’”.
[20] Art. 60 D.lgs. 36/2023  – Revisione prezzi:
1. Nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi. 2. Queste clausole non apportano modifiche che alterino la natura generale del contratto o dell’accordo quadro; si attivano al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva, che determinano una variazione del costo dell’opera, della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione, superiore al 5 per cento dell’importo complessivo e operano nella misura dell’80 per cento della variazione stessa, in relazione alle prestazioni da eseguire. 3. Ai fini della determinazione della variazione dei costi e dei prezzi di cui al comma 1, si utilizzano i seguenti indici sintetici elaborati dall’ISTAT: a) con riguardo ai contratti di lavori, gli indici sintetici di costo di costruzione; b) con riguardo ai contratti di servizi e forniture, gli indici dei prezzi al consumo, dei prezzi alla produzione dell’industria e dei servizi e gli indici delle retribuzioni contrattuali orarie. 4. Gli indici di costo e di prezzo di cui al comma 3, sono pubblicati, unitamente alla relativa metodologia di calcolo, sul portale istituzionale dell’ISTAT in conformità alle pertinenti disposizioni normative europee e nazionali in materia di comunicazione e diffusione dell’informazione statistica ufficiale. Con provvedimento adottato dal Ministero dell’infrastrutture e dei trasporti, sentito l’ISTAT, sono individuate eventuali ulteriori categorie di indici ovvero ulteriori specificazioni tipologiche o merceologiche delle categorie di indici individuate dal comma 3 nell’ambito degli indici già prodotti dall’ISTAT. 5. Per far fronte ai maggiori oneri derivanti dalla revisione prezzi di cui al presente articolo le stazioni appaltanti utilizzano: a) nel limite del 50 per cento, le risorse appositamente accantonate per imprevisti nel quadro economico di ogni intervento, fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti, e le eventuali ulteriori somme a disposizione della medesima stazione appaltante e stanziate annualmente relativamente allo stesso intervento; b) le somme derivanti da ribassi d’asta, se non ne è prevista una diversa destinazione dalle norme vigenti; c) le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza della medesima stazione appaltante e per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi o emessi i certificati di regolare esecuzione, nel rispetto delle procedure contabili della spesa e nei limiti della residua spesa autorizzata disponibile”.

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Roberto Landi

Assistente amministrativo all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Prato e Pistoia ed ex Tecnico di Amministrazione presso il Tribunale Ordinario di Salerno. Laurea cum laude in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno, Master di II livello in “Strategie Organizzative e di Innovazione per la P.A.”. Tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 da Ottobre 2021 a Maggio 2023. Praticante avvocato e cultore del diritto.

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