La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e il ricorso agli algoritmi informatici nel procedimento amministrativo

La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e il ricorso agli algoritmi informatici nel procedimento amministrativo

Sommario: 1. Premessa – 2. La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione – 3. Il ricorso agli algoritmi informatici per l’assunzione di decisioni da parte della Pubblica Amministrazione – 4. Conclusioni

 

1. Premessa

Il procedimento amministrativo costituisce lo strumento attraverso il quale la Pubblica Amministrazione persegue l’interesse pubblico esercitando il potere ad essa conferito dalla legge. Esso si compone di un insieme di atti conseguenti ed eterogenei tra loro, finalizzati all’emanazione del provvedimento amministrativo.

Si possono distinguere quattro fasi del procedimento amministrativo: la fase dell’iniziativa che rappresenta il momento propulsivo dell’azione amministrativa; la fase istruttoria volta ad acquisire i fatti e a rilevare gli interessi che dovranno essere valutati e ponderati dalla Pubblica Amministrazione ai fini della decisione finale; la fase decisoria in cui si determina il contenuto dell’atto e si provvede alla sua emanazione; la fase integrativa dell’efficacia che serve a conferire efficacia al provvedimento quando eventualmente ne è privo.

Il procedimento amministrativo trova la sua disciplina nella legge n. 241/1990 che all’art. 1 individua i principi e i criteri che devono improntare l’azione amministrativa, conformi alle disposizioni costituzionali e, in particolare, all’art. 97 della Costituzione.

Tra questi principi vi sono il principio di legalità, il principio del giusto procedimento e di semplificazione da cui discendono come corollari i criteri di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza nonché l’obbligo di non aggravamento del procedimento amministrativo, quello di conclusione esplicita del procedimento, l’obbligo di motivazione e il dovere di incentivare l’uso della telematica nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati di cui agli artt. 3 e 3 bis della legge n. 241/1990.

2. La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione

Il dovere di incentivare l’uso delle nuove tecnologie nell’attività amministrativa previsto dalla legge n. 241/1990 è strettamente collegato al dl.vo n. 82/2005,  anche noto come Codice dell’Amministrazione digitale, che ha reso obbligatoria l’innovazione tecnologica della PA e ha introdotto per i cittadini e le imprese nuovi diritti di partecipazione telematica all’attività amministrativa.

Espressione dell’obbligo degli Enti pubblici di gestire i procedimenti amministrativi attraverso le tecnologie informatiche sono alcune disposizioni del dl.vo n. 82/2005 come gli artt. 12, 40 e ss .

L’obbligo di gestione informatica dei procedimenti amministrativi riguarda tutte le fasi delle procedure. Infatti, le Pubbliche Amministrazioni devono ricorrere ai mezzi informatici per formare gli originali degli atti (art. 40), protocollare, conservare documenti (art. 43), trasmettere documenti tra PA (art. 47),  inviare comunicazioni (art. 48).

Inoltre, l’art. 41 dispone che ciascuna PA deve raccogliere in un fascicolo informatico gli atti, i documenti, e i dati relativi ad ogni specifico procedimento, da chiunque formati.

Il crescente interesse del legislatore per la digitalizzazione dell’amministrazione è dovuto non soltanto dall’esigenza di garantire il buon andamento e l’imparzialità della PA nonché l’efficacia e la semplificazione dell’azione amministrativa ma anche dall’incidenza della normativa comunitarie e delle politiche europee che hanno evidenziato come il progresso tecnologico possa contribuire alla crescita economica in quanto riduce i costi e i tempi per la PA e i privati.

3. Il ricorso agli algoritmi informatici per l’assunzione di decisioni da parte della Pubblica Amministrazione

Occorre rilevare che con l’entrata in vigore del Codice dell’Amministrazione digitale, la giurisprudenza ha esaminato attentamente i sistemi informatici adottati dalla PA e la loro incidenza sull’assunzione delle decisioni con l’obiettivo di individuare una corretta applicazione degli stessi e rispettosa dei principi che regolano l’azione amministrativa.

Invero, il diverso impiego di questi strumenti da luogo a due differenti atti informatizzati: uno a forma elettronica e un altro ad elaborazione elettronica.

Nell’atto a forma elettronica il procedimento amministrativo si svolge tradizionalmente e il software viene impiegato solo per la redazione degli atti. Lo strumento informatico provvede solo alla traduzione in formato digitale della decisione adottata dalla PA mediante il procedimento amministrativo.

Nel secondo tipo di atto il procedimento viene gestito interamente dal software che, attraverso uno schema logico di ragionamento memorizzato, elabora gli input inseriti e produce i risultati.

Sulla qualificazione del software e sulla possibilità che l’elaborazione della decisione amministrativa possa discendere direttamente dallo strumento informatico si è aperto un lungo dibattito.

In particolare, sono emersi due orientamenti. Secondo una teoria, al software può essere attribuito solo un ruolo strumentale in quanto nel procedimento amministrativo risulta necessaria la valutazione del funzionario. Inoltre, questo orientamento afferma l’incompatibilità del software con la discrezionalità amministrativa e il principio di trasparenza. Si osserva che il linguaggio tecnico di programmazione, posto alla base del software, risulta incomprensibile a chiunque intenda conoscerlo e che l’impiego di uno strumento informatico prodotto da un terzo estraneo fa sì che lo stesso venga coinvolto nel procedimento amministrativo[1].

Un’altra tesi, facendo leva sulla definizione ampia di documento amministrativo di cui all’art. 22, lettera d) della legge n. 241/1990 afferma che il software e l’algoritmo posto alla sua base hanno valore giuridico di atto amministrativo. Pertanto, l’algoritmo informatico può sostituire l’ordinario procedimento amministrativo.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 08/04/2019 n. 2270, ha cercato di porre fine al dibattito, assumendo una posizione intermedia. Infatti, da un lato ha affermato che sia il software che l’algoritmo posto alla sua base hanno valore giuridico di atto amministrativo, dall’altro ha fatto alcune importanti precisazioni volte a favorire un loro utilizzo consapevole e responsabile nel procedimento amministrativo.

L’utilizzo dell’algoritmo informatico è sicuramente utile in un’ottica di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, specie nei procedimenti amministrativi in cui occorre valutare una moltitudine di domande.

Invero, il procedimento digitale comporta una riduzione dei tempi e una maggiore imparzialità della decisione. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha evidenziato che il ricorso alla tecnologia non può mai giustificare una riduzione delle tutele riconosciute dalla legge. Pertanto, l’algoritmo è assoggettato alle medesime regole che presiedono l’azione amministrativa a garanzia dei cittadini, tra cui la conoscibilità e la trasparenza. Tali garanzie devono consentire la sindacabilità dei criteri di funzionamento del procedimento digitale e la verifica della loro conformità rispetto alle finalità stabilite dalla legge o determinate dalla stessa PA con l’adozione della regola algoritmica.

Il Consiglio di Stato ha anche puntualizzato che il principio di trasparenza deve essere inteso in maniera rafforzata. Infatti, poiché l’algoritmo non è comprensibile per chi non è esperto del linguaggio di programmazione in cui è scritto, la Pubblica Amministrazione ha l’onere di fornire spiegazioni che lo rendano comprensibile.

Il Consiglio di Stato ha, inoltre, affermato il sindacato dell’Autorità giudiziaria in caso di esercizio del potere amministrativo mediante ricorso all’algoritmo informatico. Pertanto, il giudice amministrativo dovrà pronunciarsi sulla logicità e la ragionevolezza della decisione robotizzata e sul rispetto dei principi che regolano il procedimento amministrativo.

Con una ulteriore sentenza del 13 dicembre 2019 n. 8472, il Consiglio di Stato ha affermato che il ricorso all’algoritmo nel procedimento amministrativo è pienamente ammissibile sia con riguardo all’attività vincolata che a quella discrezionale della PA in quanto entrambe espressione di un’attività autoritativa svolta nel perseguimento dell’interesse pubblico.

 Il Consiglio di Stato con la sentenza del 4 febbraio 2020 n. 881 ha individuato anche le garanzie che devono essere assicurate in sede decisoria: 1) la piena conoscibilità dell’algoritmo che deve essere spiegato dalla PA con un linguaggio comprensibile; 2) la responsabilità della decisione in capo all’organo titolare del potere il quale deve poter svolgere la necessaria verifica di logicità e legittimità della scelta e degli esiti affidati all’algoritmo.

Tali principi vengono ribaditi anche nel Regolamento europeo in materia n. 2016/679 che, oltre a dare rilevanza alla trasparenza, afferma il criterio della non esclusività della decisione algoritmica atteso che riconosce al soggetto destinatario degli effetti del procedimento amministrativo il diritto a non essere sottoposto a decisioni automatizzate prive di controllo umano.

4. Conclusioni

Si può, quindi, concludere evidenziando che, nonostante l’ammissibilità del ricorso all’algoritmo per l’assunzione di decisioni da parte della PA, nel processo decisionale vi dovrà sempre essere un controllo umano capace di verificare, validare o smentire la decisione automatizzata. Quindi, occorre  che vi sia sempre un centro di imputazione e di responsabilità che assicuri il rispetto dei principi che presiedono l’esercizio dell’azione amministrativa.

 

 

 

 


Bibliografia
Cavallo Perin R, Urania Galetta D, Il diritto dell’Amministrazione pubblica digitale, 2020;
Guarnaccia E., Mancarella M., Il Codice dell’Amministrazione digitale, 2018.

[1] In tal senso Tar Lazio , sentenze n. 9224 e 9230 del 10 settembre 2018

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