La tutela dei diritti neuronali

La tutela dei diritti neuronali

Tecnologia e tutela dell’integrità della persona. La Corte Costituzionale del Cile sulla tutela dei diritti neuronali.

di Michele Di Salvo

Sommario: 1. Il mercato degli indossabili hi-tech – 2. Il caso cileno: indossabili e attività celebrale – 3. Il caso sottoposto alla Corte Costituzionale – 4. La decisione della Corte Costituzionale – 5. La decisone finale


La Corte Costituzionale cilena, prima al mondo, lo scorso 8 agosto 2023 ha adottato una sentenza destinata a rimanere pietra miliare sul confine tra tecnologia e tutela della integrità della persona.

Ha sostanzialmente affermato che anche i device destinati a tracciare l’attività celebrale delle persone per “uso privato” devono essere autorizzati dalle autorità sanitarie; se i dati degli utilizzatori, poi, sono trattati per uso scientifico, il consenso prestato dall’utilizzatore, allora, deve essere informato, espresso, specifico sulla ricerca e i suoi scopi e dinamico, ossia richiesto ogni volta che lo scopo della ricerca muta nel tempo.

La notizia l’ha diffusa l’avvocata Maite Sanz de Galdeano, nel corso del Global Summit della community Legal hackers che si è tenuto l’8 e 9 settembre scorso a Madrid.

La costituzionalizzazione dei neurodiritti in Cile ha aperto la possibilità di ricorrere a una “azione di tutela costituzionale” contro la commercializzazione di un dispositivo che li mette a rischio. La sentenza dimostra che la mancanza di una regolamentazione specifica espone gli utenti a rischi incontrollati, il che giustifica un particolare rigore nell’applicazione della legge attuale e, d’altra parte, una riflessione sulle modifiche necessarie: se queste tecnologie sfuggono ai controlli dei dispositivi medici, in Cile (e nel resto degli Stati) dovrebbero essere riviste almeno le normative sulla protezione dei consumatori, sulla sicurezza dei prodotti e sulla privacy, che attualmente non garantiscono la sicurezza degli utenti in quanto non tengono conto di questi nuovi rischi. In termini di neurodati, oltre ai rischi per la privacy, si rivela una “nuova” vulnerabilità dell’essere umano finora inesplorata: la conoscenza e il conseguente controllo dell’attività cerebrale, per scopi non esclusivamente sanitari. La risposta non può che essere una regolamentazione esplicita dei neurodati, come categoria di dati personali sensibili, che permetta la difesa e lo sviluppo dei neurodiritti. In Europa, il GDPR deve essere modificato in questo senso”.

1. Il mercato degli indossabili hi-tech

L’Agenzia di ricerca International Data Corporation (Idc) ha previsto per il 2024 un monte di spedizioni di circa 442,7 milioni di dispositivi indossabili, equivalenti a una crescita del 6,3% su base annua.

Si tratta di 325 milioni di auricolari, 162,2 milioni di orologi connessi, 33,8 milioni di smartband, i dispositivi di monitoraggio della salute, e di 2,2 milioni di prodotti di altre categorie appartenenti ai cosiddetti ‘wearable’.

In termini di percentuale di mercato, i numeri si traducono in un 62,1% di auricolari, 31% di smartwatch, 6,5% di smartband e 0,4% di altri device.

Non conosciamo l’ammontare dei device destinati a misurare le nostre attività celebrali e cognitive; ma sappiamo anche che aziende come la Neurolink di Elon Musk sono già particolarmente attive in questa direzione.

2. Il caso cileno: indossabili e attività celebrale

Il Cile è il paese che, primo al mondo, ha legiferato sulle neurotecnologie e ha incluso i “diritti del cervello” nella sua Carta Costituzione.

Nel 2021 infatti è stato approvato un emendamento all’articolo 19, per “proteggere l’integrità e l’immunità mentale del cervello dai progressi e dalle capacità sviluppate dalle neurotecnologie”.

Pur apparendo una scelta prematura, il parlamento cileno ha preferito mettere le mani avanti sullo sviluppo delle neurotecnologie, la cui capacità di agire sul cervello umano è ancora limitata ma per la quale si diffondono applicazioni anche oltre il campo medico. La causa sottoposta alla Corte costituzione cilena si può definire una “causa pilota”, sia per l’autore ricorrente che per la sua genesi.

Il ricorrente, Guido Girardi Lavin, è un parlamentare, promotore della tutela dei diritti umani anche attraverso The Neurorights Foundation, ma ha adito i giudici, prima di merito e poi costituzionali, come compratore e utilizzatore del device Insight, un dispositivo wireless che tramite una fascia di sensori raccoglie informazioni sulle attività elettriche del cervello e incamera dati su gesti, preferenze, tempi di reazione e attività cognitiva. Insight è prodotto da una azienda USA, la Emotiv.

3. Il caso sottoposto alla Corte Costituzionale

Girardi Lavin ha acquistato via web il dispositivo e ha seguito le istruzioni per attivarlo: ha creato un account sul cloud della società accentando termini e condizioni; ha scaricato sul pc un software, anche qui accettando i termini e condizioni del servizio. Ma ha deciso di utilizzare la licenza free e non pro; scelta che – ha denunciato ai giudici – non gli permetteva di esportare o importare i record dei propri dati celebrali.

Il ricorrente ha fatto presente inoltre che tutto era registrato e salvato nel cloud di Emotiv. Lamentava insomma il rischio potenziale di hackeraggio, vigilanza, captazione non autorizzata, commercializzazione dei propri neuro dati.

Il ricorso dunque riguardava la violazione della legge cilena sulla privacy (n. 19.628) sia nella parte in cui dispone i profili di responsabilità del responsabile del trattamento dei dati personali; sia nella parte in cui assegna il diritto del titolare dei data ad ottenere la cancellazione o il blocco dei propri dati in caso di chiusura del proprio account.

La Emotiv, infatti, conserva i dati degli utenti per scopi scientifici e storici.

Gilardi dunque ha chiesto alla Corte di imporre a Emotiv la modica della privacy policy e di vietare la commercializzazione del device in Cile fino a questo adempimento, diffidando comune l’azienda a cancellare immediatamente il proprio data base.

L’azienda ha ribattuto che Insight non è un dispositivo medico ma di auto quantificazione, che non ha scopi invasivi; che i termini e condizioni sono dettagliati, che vi è la richiesta di consenso espresso sia per il trattamento dei dati personali che di quelli cerebrali e che non era stata fornita alcuna prova di un danno effettivo subito dal ricorrente.

In più, ha sostenuto Emotiv, non via era stata alcuna violazione né della legge privacy cilena né del più restrittivo GPDR (Regolamento generale sulla protezione dei dati), il regolamento europeo sul trattamento dei dati personali, che obbliga alla pseudonimizzazione, attività che impedisce di attribuire i dati raccolti ad una personale determinata o determinabile.

In merito alla violazione dell’articolo 13 della legge cilena sulla privacy, l’azienda aveva rilevato che i dati sono salvati finché l’account dell’utente è attivo e che per quanto riguarda i “data brain” l’utente può in ogni momento revocare il consenso al trattamento, come prescrive la privacy policy.

Quanto al trattamento ulteriore, per finalità scientifiche o storiche, l’azienda ha rilevato che i data sono anonimizzati, crittografati, conservati con modalità sicure e separati dalle altre info. Dunque acquisiscono la natura di Dati statistici, come tali sottratti alla tutela della privacy.

4. La decisione della Corte Costituzionale

La Corte costituzione ha cassato le sentenze di merito ritenendo rilevante il fatto che la commercializzazione di Insight non fosse stata oggetto di una autorizzazione medica (oltre che doganale), richiamando le autorità preposte di procedere all’analisi del device alla luce della normativa in vigore ai fini della sua futura commercializzazione in Cile.

I giudici hanno stabilito che “prima dello sviluppo di nuove tecnologie che coinvolgano sempre più aspetti della persona umana, aspetti che erano impensabile qualche anno fa che potessero incontrarsi, lo Stato deve prestare particolare attenzione e cura nel controllo, al fine di prevenire e anticiparne i possibili effetti, oltre a proteggere direttamente l’integrità umana nella sua interezza, questioni che includono la privacy e riservatezza e i diritti di integrità mentale e oggetto di sperimentazione scientifica. In questo modo, prima dell’arrivo di un nuove tecnologia come quella oggetto del procedimento, che trattano l’attività elettrica del cervello in una dimensione che un tempo era assolutamente privata e personale, e fuori da contesti strettamente medici è assolutamente necessario che prima di consentirne la commercializzazione e utilizzare nel paese, tecnologie e dispositivi siano analizzati dall’autorità competente, fermo restando che sollevano problemi da lei non studiati in precedenza”.

I neuro diritti nella legislazione internazionale

La Corte costituzionale cilena ha dovuto riconoscere che, nonostante il mandato di protezione diretta contenuto nell’emendamento alla Costituzione, non vi è al momento una legge ordinaria che sciolga tutti i nodi imposti dall’avanzamento delle neuroscienze applicate, i requisiti, le condizioni, i rischi ammessi e l’utilizzo da parte delle persone.

Vi è quindi un nuovo bivio.

E tuttavia, grazie alla dimensione normativa internazionale, è possibile disegnare un confine protettivo nel senso che segue e richiamato dalla sentenza.

Il patto internazionale dei diritti economici, culturali e sociali prescrive che le persone possano “godere” dei progressi scientifici; la Dichiarazione sulla scienza e l’uso della conoscenza e il programma delle scienze di Unesco prescrivono che le scienze debbano rispettare i diritti umani e la dignità della persona nel senso già indicato dalla dichiarazione universali dei diritti dell’Uomo; la Dichiarazione universale sul genoma umano specifica che alcune applicazioni scientifiche possono essere dannose e che scienziati e altri agenti hanno una responsabilità “speciale” di natura etica, che va integrata nel dibattito grazie ad un confronto pubblico; la Dichiarazione universale sulla bioetica e diritti umani dell’Unesco ha imposto già i principi generali della vulnerabilità umana e della integrità della persona, unitamente ai diritti alla privacy e alla riservatezza.

La Corte ha richiamato anche la legislazione cilena (n. 20.120) sulle indagini scientifiche su persone e genoma che ha vietato la clonazione umana, ricordando le disposizioni che trattano in maniera molto specifica il consenso delle persone coinvolte nella ricerca medica. Ai sensi di questa normativa, il consenso di chi partecipa alla ricerca segue non solo determinate cautele alla raccolta, ma deve essere rinnovato ogni volta che l’indagine scientifica subisca modiche di rilievo.

Rispetto al caso di specie, la Corte costituzionale ha rilevato che la società produttrice del device Insight ha omesso di richiedere tale consenso specifico, che non può certo essere ritenuto implicito negli altri consensi, di natura diciamo “commerciali”.

5. La decisone finale

La Corte ha quindi annullato la decisione della Corte d’Appello, sottolineando la necessità che le nuove tecnologie, in particolare quelle che trattano attività umane che fino ad ora sono state strettamente private, come l’attività cerebrale, devono essere sottoporre al vaglio delle autorità competenti prima che i dispositivi neuro-capaci siano commercializzati e utilizzati nel paese.

Ha quindi ritenuto che siamo stati violate le garanzie costituzionali dell’articolo 19 sulla integrità psichica e fisica visto che la Insight ha commercializzato senza autorizzazione e senza una valutazione delle autorità sanitarie.

La Corte cilena ha così accolto il ricorso, vietando la commercializzazione di Insight finché non ottenga l’autorizzazione alla luce della normativa richiamata; l’Istituto di Sanità Pubblica e l’Autorità Doganale dovranno valutare se la gestione dei dati raccolti con Insight si adeguata rigorosamente alle normative applicabili delineate in sentenza. Ha anche diffidato Emotiv a cancellare tutte le informazioni che sono state archiviate nel cloud o nel portali.


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