L’interesse di fatto e la tutela dell’azione popolare

L’interesse di fatto e la tutela dell’azione popolare

L’ordinamento giuridico italiano mira a tutelare un numero considerevole di situazioni giuridiche soggettive, che costituiscono le tipiche posizioni in cui un comune cittadino può venire a trovarsi in ragione dei rapporti giuridici instaurati all’interno della società; si distinguono in posizioni attive, che attribuiscono al soggetto una situazione di favore, e posizioni passive, quali l’obbligo, il dovere, l’onere e la soggezione, che invece pongono il soggetto in una posizione sfavorevole, in quanto dipendenti dall’esistenza di un interesse altrui.  Tra le più significative situazioni giuridiche soggettive attive si possono citare il diritto soggettivo e l’interesse legittimo: il diritto soggettivo costituisce quella posizione nei confronti della quale chi si pone come controparte ha l’obbligo di rispettarla, per favorirne la soddisfazione.  Dunque essa costituisce una posizione di vantaggio, dal momento che il soggetto ne ricava utilità relativamente a un bene e ottiene tutela in modo pieno e immediato; per quanto riguarda l’interesse legittimo, costituisce anch’essa un’ipotesi di situazione giuridica di vantaggio, tuttavia rispetto al diritto soggettivo costituisce una pretesa alla legittimità dell’azione amministrativa in termini di soddisfazione e adempimento, dal momento che è opportuno attenersi quantomeno alle regole di comportamento stabilite affinché l’interesse legittimo sia soddisfatto. Può accadere che tali posizioni siano lese e dunque non rispettate. Per tale ragione è possibile ricorrere agli espedienti giudiziali che l’ordinamento offre, in virtù di taluni principi, come il principio dell’interesse ad agire e della generalità dei soggetti che intendono avanzare un’azione al fine di tutelare la propria posizione. Nella categoria degli interessi sono presenti ulteriori tipologie quali gli interessi superindividuali, facenti capo ad una pluralità di soggetti, tra cui gli interessi diffusi, che si differenziano dagli interessi collettivi: gli interessi diffusi sono interessi comuni a tutti i membri della comunità, privi di una diretta titolarità e  dunque la tutela loro prestata tiene conto della rilevanza sociale che li connota. Privi di tutela giudiziale, gli interessi diffusi sono salvaguardati dalle associazioni, legittimate ad agire per reprimere comportamenti che ledono tali interessi, con la conseguenza che gli interventi posti in essere dalle associazioni hanno dato origine a una serie di provvedimenti, introdotti poi nel Codice del Consumo. Gli interessi collettivi, invece, sono interessi differenziati e qualificati che riguardano un ente esponenziale di un gruppo consolidato e non occasionale, come gli ordini professionali, associazioni di fatto, associazioni private riconosciute, ma autonomamente individuale e organizzato per la realizzazione dei propri fini. L’aspetto che accomuna queste fattispecie è l’esistenza di una previsione normativa, che legittima la tutela di tali situazioni giuridiche soggettive.

Qualora non vi sia previsione legislativa, si parla di interesse di fatto. L’interesse di fatto è un interesse non qualificato e indifferenziato, nel senso che la pubblica amministrazione è tenuta ad osservare esclusivamente norme di buona amministrazione a favore della collettività. Non possono essere qualificati come interessi di natura giuridica, per cui non forniscono la legittimazione a partecipare al procedimento e a richiedere l’accesso agli atti della Pubblica Amministrazione. Esso è sfornito di tutela, sia in sede giudiziale sia in sede giustiziale, e si distingue dall’interesse amministrativamente protetto, che è differenziato e qualificato e riguarda il merito dell’azione amministrativa, di modo che la stessa azione possa esplicarsi secondo il criterio dell’opportunità; l’interesse amministrativamente protetto è dunque tutelabile attraverso il ricorso in via amministrativa. Tale ricorso, invece, non è previsto per l’interesse di fatto, che è privo di tutela e l’unica tipologia di azione esperibile, se prevista dalla legge, è l’azione popolare.

Le azioni popolari costituiscono una deroga all’art. 100 c.p.c., in tema di interesse ad agire, dal momento che per esperire un’azione giudiziale è opportuno avere un interesse; infatti l’articolo in questione recita che ” Per proporre una domanda giudiziale o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”. Tale principio trova conferma anche nella Costituzione, all’art. 24, in riferimento alla titolarità per esperire l’azione. Infatti l’art. 24 afferma che ” Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”. In questo modo, è possibile comprendere che per agire in via amministrativa, conformemente al dettato costituzionale e legislativo, bisogna essere titolari di una situazione giuridica soggettiva, quale il diritto soggettivo ovvero l’interesse legittimo, e avere un interesse, che sia concreto, e dunque riferito ad una situazione reale, individuale, cioè direttamente collegato al soggetto che propone l’azione, ed attuale, e dunque né passato né futuro, ma riferito ad una situazione vissuta nel presente. Tutti questi aspetti vengono meno quando si parla di azioni popolari, esperibili in deroga all’art. 100 c.p.c., da soggetti che sono privi della titolarità di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo, e dunque privi di un interesse concreto, individuale e attuale all’azione. La legge prevede i casi in cui è possibile avanzare un’azione popolare; infatti le azioni popolari si distinguono in azioni popolari suppletive e azioni popolari correttive: le prime prevedono che il cittadino agisca in vece dell’amministrazione , come nei casi previsti dall’art. 9 TUEL, con l’obiettivo di esperire azioni spettanti ai Comuni o alle Province; le seconde, invece, permettono al cittadino di agire per far valere l’illegittimità dell’azione amministrativa, come previsto dall’art. 70 TUEL. L’ipotesi di azione popolare suppletiva prevede che il cittadino, nella veste di elettore, possa avanzare azioni e ricorsi che in via principale spetterebbero all’ente locale, con il fine di tutelare le posizioni giuridiche dell’ente contro possibili prese di posizione di soggetti terzi o contro fatti e atti posti in essere da altre amministrazioni o soggetti privati ( Consiglio di Stato, sez. I, sentenza n. 2528/2017). Infatti l’art. 9 del TUEL afferma al comma 1 :  ” Ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia”. L’art. 70 del TUEL prevede la possibilità in capo al singolo cittadino di promuovere in prima istanza la decadenza dalla carica coperta dal sindaco o dal consigliere, come afferma il comma 1: ” La decadenza dalla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale o circoscrizionale può essere promossa in prima istanza da qualsiasi cittadino elettore del comune, o da chiunque altro vi abbia interesse davanti al tribunale civile”.

L’azione popolare costituisce un’ipotesi di tutela di un interesse pubblico, che prescinde dalla titolarità di una situazione giuridica soggettiva. Ciò che giustifica e ammette la legittimità di un’azione di tale natura è la sussistenza di un interesse di natura pubblicistica, che “è riconosciuta ex ante dal legislatore e non richiede, pertanto, un accertamento da parte del giudice, nel senso che l’interessa ad agire deve presumersi esistente, una volta verificata la pertinenza al soggetto dell’interesse di cui si lamenta la lesione” ( Corte di Cassazione, SS. UU., sentenza n. 29106/2020).


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