Ordinanze contingibili e urgenti e principio di proporzionalità

Ordinanze contingibili e urgenti e principio di proporzionalità

Le ordinanze di necessità e urgenza possono essere definite atti dell’autorità adottati sul presupposto della necessità e urgenza dell’azione amministrativa, aventi contenuto non prestabilito dalla legge, al fine di far fronte a situazioni di pericolo di danno grave e immanente per la generalità dei cittadini. Tali ordinanze hanno il potere di incidere sulla legislazione in vigore derogandola con efficacia temporanea. Si presentano, quindi, formalmente come atti amministrativi, in quanto emanati da organi dell’amministrazione, pur avendo la forza di incidere sul quadro normativo vigente. Esse sono, in concreto, atti dell’amministrazione pubblica che attua una delega normativa “in bianco” con la forza di derogare norme primarie in ragione del superamento di condizioni di necessità e urgenza.

Le ordinanze in analisi costituiscono un tema dibattuto specialmente in ordine alla loro natura ibrida. La tesi più risalente le qualificava come atti normativi, in quanto esse non solo hanno contenuto generale, astratto e innovativo dell’ordinamento, ma possono derogare anche norme dispositive di legge, contrariamente agli atti amministrativi che non possono derogare atti aventi forza di legge poiché soggetti al principio di legalità. La tesi opposta, quella maggiormente condivisibile, riconosce alle ordinanze libere natura formalmente e sostanzialmente amministrativa. Le ordinanze extra ordinem, infatti, hanno in genere contenuto concreto, in quanto incidono in via immediata sulla sfera giuridica di destinatari determinati, dovendo risolvere una situazione problematica.

Per l’obiettivo che si pongono, esse risultano prive del requisito della innovatività. Essendo volte a far fronte situazioni temporanee, infatti, producono effetti per il tempo strettamente necessario e non sono quindi in grado di innovare l’ordinamento giuridico. In tale prospettiva, la funzione delle ordinanze libere si concreta nel provvedere in relazione a singolari situazioni concrete. Si può affermare, quindi, che le ordinanze sono atti formalmente e sostanzialmente amministrativi, suscettibili di derogare a norme di legge in forza di una norma di rango primario che legittima il potere di ordinanza.

Giova precisare, però, che la facoltà di adottare tali strumenti non è illimitata, ma anzi incontra dei limiti stringenti. A riguardo, La Corte Costituzionale ha considerato essenziale che il potere suddetto si conformi ai principi generali dell’ordinamento giuridico. La giurisprudenza ha precisato questi principi.

In primo luogo, per principi generali si devono intendere i principi costituzionali e fondamentali dell’ordinamento giuridico. Tra questi, poi, devono essere ricompresi anche quelli dell’ordinamento comunitario. Tra questi ultimi, uno dei più rilevanti è quello di proporzionalità, il quale costituisce un parametro essenziale di valutazione dell’azione della Pubblica Amministrazione e si identifica nei canoni dell’idoneità, necessarietà e proporzionalità. Il primo, riguarda il rapporto tra mezzo e fine; lo strumento utilizzato deve essere idoneo al raggiungimento dell’obiettivo prefissato. Il secondo canone, invece, si sintetizza nell’imposizione del mezzo più mite. Per il conseguimento del risultato, in concreto, non deve essere possibile utilizzare altri mezzi ugualmente efficaci e che incidano meno negativamente nella sfera giuridica del privato. Infine, la misura adottata non deve essere tale da gravare in maniera eccessiva sul privato. Il principio di proporzionalità rappresenta dunque un canone d’azione e funge da strumento di sindacato giurisdizionale sull’esercizio del potere amministrativo.

Sulla base di quanto esposto, appare altresì interessante comprendere come le ordinanze libere vengano limitate dal suddetto principio. Dal momento che il principio de quo funge da metro di valutazione dell’adeguatezza delle misure rispetto all’interesse pubblico, esso si sostanzia in un criterio per graduare il sacrificio degli interessi privati a fronte di quello pubblico primario. La proporzionalità consente, di fatto, di misurare il potere extra ordinem esercitato tramite le predette ordinanze, esprimendo un giudizio di idoneità sul potere medesimo. Anche se l’autorità amministrativa ha un’ampia facoltà discrezionale in ordine al contenuto dell’atto, vi deve essere comunque un rapporto di proporzionalità tra la portata dell’evento cui far fronte e il contenuto stesso. L’oggetto delle ordinanze, quindi, deve adeguarsi alle finalità perseguite.

In relazione alla suddetta composizione di interessi, poi, come precisato il principio rappresenta lo strumento atto a valutare la congruità del sacrificio degli interessi pubblici, giustificato proprio dall’azione della pubblica autorità. L’amministrazione ha l’obbligo di utilizzare mezzi necessari e proporzionali alla situazione, dovendo determinare il minor sacrificio per i privati. La lesione degli interessi di questi è ammissibile solo se tale sacrificio sia contenuto entro precisi limiti temporali, come già specificato, e sia inoltre volto a tutelare interessi prevalenti della collettività.

In conclusione, nonostante possa esercitare un ampio potere discrezionale sul contenuto delle ordinanze extra ordinem, la Pubblica Amministrazione deve rispettare i predetti principi informatori dell’ordinamento giuridico. Al fine di far fronte a situazioni di particolare gravità, dunque, essa ha l’obbligo di adottare atti che favoriscono il raggiungimento dell’obiettivo da perseguire nella maniera più efficace possibile, senza gravare in maniera eccessiva sugli interessi privati coinvolti.


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Fabio Piedigrotta

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