Accesso civico e richieste massive: i limiti fissati dal Consiglio di Stato

Accesso civico e richieste massive: i limiti fissati dal Consiglio di Stato

Nota a Cons. Stato, Sez. III, sent. 10 ottobre 2025, n. 7973

Sommario: 1. Il caso: l’accesso ai dati sui test Covid-19 – 2. L’impostazione del Collegio: limiti funzionali alla trasparenza – 3. Le richieste massive tra diritto alla conoscenza e buon andamento – 4. Una giurisprudenza di continuità – 5. Considerazioni conclusive

Il diritto di accesso civico generalizzato, introdotto con il d.lgs. n. 33/2013, è divenuto negli ultimi anni terreno di confronto costante tra esigenze di trasparenza e tutela dell’efficienza amministrativa. La sentenza n. 7973/2025 del Consiglio di Stato (Sez. III) offre un ulteriore tassello a tale dibattito, riaffermando che la trasparenza non può trasformarsi in un onere sproporzionato per le amministrazioni e che l’uso dello strumento FOIA deve conservare la propria finalità pubblicistica e non degenerare in un controllo individuale o inquisitorio.

1. Il caso: l’accesso ai dati sui test Covid-19

La vicenda trae origine dall’istanza di una cittadina rivolta all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana, con la quale si chiedevano due tipologie di informazioni: la data di autorizzazione ministeriale per lo svolgimento dei test RT-PCR per il SARS-CoV-2 e il numero complessivo dei test positivi comunicati alle diverse ASL. Dinanzi al silenzio dell’amministrazione, la richiedente aveva adito il TAR Lazio, che aveva respinto il ricorso ritenendo la domanda eccessivamente onerosa e non rientrante nell’ambito dell’accesso civico generalizzato.

L’appello al Consiglio di Stato si fondava sulla tesi che l’Istituto, in quanto soggetto che “esercita funzioni amministrative e attività di pubblico interesse”, rientrasse a pieno titolo tra i destinatari degli obblighi di trasparenza e che i dati richiesti fossero già disponibili, poiché inviati periodicamente all’Istituto Superiore di Sanità.

2. L’impostazione del Collegio: limiti funzionali alla trasparenza

Il Consiglio di Stato ha confermato integralmente la sentenza di primo grado, muovendo da una premessa ormai consolidata: l’accesso civico generalizzato, ai sensi dell’art. 5, co. 2, del d.lgs. 33/2013, ha la finalità «di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico». Tuttavia, osserva il Collegio, tale diritto può esercitarsi solo con riguardo a dati e documenti «effettivamente detenuti dal soggetto destinatario dell’istanza».

Già su questo piano, la prima richiesta – relativa alla data di autorizzazione – è stata ritenuta infondata, poiché l’informazione risultava riportata sui siti istituzionali delle amministrazioni regionali o ministeriali, e dunque disponibile erga omnes. Tale circostanza, non specificamente censurata in appello, ha reso inammissibile il relativo motivo di gravame.

Più complesso il discorso sulla seconda richiesta, riguardante il numero dei test e la loro distribuzione per ASL. Il Consiglio di Stato ha accertato, a seguito di istruttoria, che i dati sono sì conservati, ma solo in forma disaggregata, e che la loro trasmissione implicherebbe «un’articolata attività di trattamento, comprensiva di operazioni di elaborazione, sintesi, anonimizzazione e sistematizzazione». L’istanza, pertanto, è stata qualificata come “massiva”, avendo ad oggetto un numero elevatissimo di dati riferiti a un lungo arco temporale e implicando un’attività che andrebbe ben oltre la mera ostensione di documenti già detenuti.

3. Le richieste massive tra diritto alla conoscenza e buon andamento

La pronuncia valorizza il principio di equilibrio tra trasparenza e funzionalità amministrativa. Richiamando l’Adunanza Plenaria n. 10/2020, il Collegio afferma che possono essere legittimamente respinte «istanze di accesso civico manifestamente onerose o sproporzionate, e cioè tali da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione».

Nel caso concreto, l’istanza presentava anche un ulteriore profilo ostativo: essa era stata proposta in termini analoghi a una pluralità di laboratori di analisi su tutto il territorio nazionale, integrando così la fattispecie delle «richieste massive plurime» come delineata dalla Plenaria e ribadita dalla Circolare FOIA n. 2/2017.

Il Consiglio di Stato sottolinea inoltre che l’interesse perseguito dall’istante appariva «di natura individuale e privatistica», non riconducibile alle finalità tipiche dell’accesso civico, quali l’informazione pubblica e il controllo diffuso sull’uso delle risorse collettive. Tale considerazione, pur non costituendo un requisito di legittimazione, contribuisce a qualificare l’istanza come irragionevole ai sensi dei criteri di proporzionalità.

4. Una giurisprudenza di continuità

La sentenza si colloca in linea con precedenti analoghi della stessa Sezione (Cons. St., III, nn. 2686/2023 e 1426/2021) che avevano escluso la possibilità di imporre all’amministrazione un’attività di elaborazione o ricostruzione di dati non immediatamente disponibili. È ribadito che l’accesso civico non si estende alla “creazione” di nuovi documenti o set informativi, ma si limita ai dati già detenuti in forma accessibile.

La decisione conferma, inoltre, la progressiva maturazione di un orientamento volto a bilanciare la tensione tra l’esigenza di conoscenza e la tutela delle risorse organizzative delle amministrazioni. In questa prospettiva, la trasparenza non è un valore assoluto, ma deve misurarsi con i principi di economicità e di efficienza dell’azione pubblica, in ossequio all’art. 97 della Costituzione.

5. Considerazioni conclusive

La pronuncia n. 7973/2025 merita attenzione perché, pur riconoscendo l’ampiezza dell’accesso civico, ne riafferma la natura “strumentale” e non “assoluta”. Il diritto alla conoscenza non può risolversi in un’indagine esplorativa o in un’attività di sorveglianza impropria dell’amministrazione. La trasparenza, in altri termini, resta un valore da bilanciare, non un dogma.

Il Consiglio di Stato chiude così il cerchio con un’affermazione destinata a fare scuola: «le argomentazioni esposte risultano coerenti con l’orientamento consolidato […] secondo il quale dall’impianto normativo di riferimento si evince un principio generale di necessaria composizione tra il diritto alla trasparenza e l’esigenza di non pregiudicare, mediante un uso improprio dell’accesso, il buon andamento dell’azione amministrativa».

Un monito che suona come richiamo alla misura e alla razionalità nell’uso del FOIA: la trasparenza non è un grimaldello per forzare le porte dell’amministrazione, ma un canale ordinato di conoscenza pubblica, che deve restare sostenibile per chi amministra e realmente utile per chi chiede di sapere.


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Anna Romano

Co-responsabile di sezione a Salvis Juribus
Nata a Napoli nel 1993, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nel marzo 2017 con votazione di 100/110, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in Cooperazione Giudiziaria dal titolo "Le procedure estradizionali nel contesto dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia", relatore Prof.ssa Fabiana Falato. Spinta da una forte passione per le materie giuridiche, già durante il percorso universitario ha collaborato con una Rivista giuridica, Salvis Juribus, inizialmente redigendo articoli di approfondimento su specifiche tematiche inerenti l’ambito della contrattualistica, la responsabilità civile e l’edilizia. In seguito, ha rivestito un ruolo di responsabilità all’interno della medesima Rivista occupandosi del coordinamento degli Autori e della relativa gestione per quanto concerne la Sezione “Famiglia”. Nel marzo 2017, inoltre, la tesi di laurea ha ricevuto la dignità scientifica essendo stata pubblicata sulla Rivista Salvis Juribus.

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