Il danno da perdita del rapporto parenterale e le sue sfaccettature – Tribunale Treviso, 16 Aprile 2019

Il danno da perdita del rapporto parenterale e le sue sfaccettature – Tribunale Treviso, 16 Aprile 2019

Ancora una volta la giurisprudenza ritorna sulla questione attinente al danno da perdita del rapporto parentale e i presupposti per la sua configurazione.

Premessa necessaria e imprescindibile è quella per la quale il risarcimento del danno alla persona ha struttura bipolare, ossia di danno patrimoniale e non patrimoniale;  quest’ultimo comprende il danno biologico in senso stretto – inteso come lesione alla integrità psicofisica della persona -, il danno morale – inteso come sofferenza morale, non necessariamente transeunte, turbamento dello stato d’animo del danneggiato – nonché tutti quei pregiudizi diversi e ulteriori, purché costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto ovvero di interessi di rango costituzionale inerenti alla persona (Tribunale Rieti Sent., 27-11-2018).

Nel bipolarismo risarcitorio danni patrimoniali e danni non patrimoniali, previsto dalla legge, al di là della questione puramente nominalistica, non è possibile creare nuove categorie di danni, ma solo adottare, per chiarezza del percorso liquidatorio, voci o profili di danno, con contenuto descrittivo (Tribunale Latina Sez. II Sent., 13-11-2018).

Il danno da perdita del rapporto parentale

Nella categoria del danno non patrimoniale è pienamente riconducibile il danno da perdita del rapporto parentale – species del danno tanatologico – il quale comprende sia i pregiudizi non patrimoniali patiti dai prossimi congiunti del defunto i quali possono agire sia iure proprio che iure hereditario.

Il predetto danno, a sua volta, può manifestarsi sia nella forma del danno morale – consistente nel dolore e nelle sofferenze subite da una persona come conseguenza della morte del prossimo congiunto – sia nella forma del danno biologico – qualora il prossimo congiunto soffra, come conseguenza del medesimo evento, un danno alla propria salute ed integrità psico-fisica medicalmente accertabile.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito che il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale patito iure proprio dai familiari della vittima primaria dell’illecito deve essere, consequenzialmente, ridotto in misura corrispondente alla parte di danno cagionato da quest’ultimo a sé stesso.

Ex articolo 1227, comma primo, c. c. la lesione del diritto alla vita, colposamente cagionata da chi la vita la perde, non integra un illecito della vittima nei confronti dei propri congiunti, atteso che la rottura del rapporto parentale ad opera di una delle sue parti non può considerarsi fonte di danno nei confronti dell’altra per mancanza del requisito dell’ingiustizia del danno (Cass. 12 aprile 2017, n. 9349).

Nel proseguo della disanima della questione propostagli, il Tribunale di Treviso ha precisato che il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale è subordinato alla sussistenza di due inscindibili presupposti: l’esistenza di un vincolo riconosciuto dall’ordinamento giuridico fra la vittima e l’attore nonché la sussistenza di un vincolo affettivo fra gli stessi.

Con riferimento, invece, alla liquidazione di tale danno si considerano – per come stabilito dalla giurisprudenza maggioritaria – le Tabelle del Tribunale di Milano; il medesimo, inoltre, può essere oggetto di personalizzazione entro i limiti sanciti.

La personalizzazione del danno, infatti, deve essere sorretta dall’esistenza di circostanze anomale, inusuali ed eccezionali non essendo sufficiente, a tal fine, la mera allegazione dell’età della vittima e del rapporto di convivenza della stessa con gli attori, le quali non possono giustificare, in re ipsa, una personalizzazione del danno, trattandosi di circostanze “normali” (cfr. Cass. 17 dicembre 2014, n. 26590; Cass. 9 maggio 2011, n. 10107).

Sul punto si è precisato che conseguenze “normali” non vuole affatto dire, come precisato da autorevole dottrina che si condivide, conseguenza “non gravi”: fra gravità e normalità delle conseguenze non vi può essere alcuna corrispondenza biunivoca, pertanto le circostanze che possono giustificare la “personalizzazione” del risarcimento sono solo quelle che si discostano, per intensità o frequenza, da quelle ordinariamente derivanti da un evento luttuoso.


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