Lockdown: tra libertà personale e sicurezza collettiva

Lockdown: tra libertà personale e sicurezza collettiva

Lockdown è un termine composto (dalle parole lock e down) che letteralmente vuol dire chiusura, confinamento, detenzione, isolamento. Esso presenta due diversi significati: il primo concerne l’isolamento dei detenuti nella propria cella come misura di sicurezza (per alcuni aspetti paragonabile al “carcere duro”) mentre il secondo riguarda le misure di emergenza in una situazione di pericolo in cui, per questioni di sicurezza, è impedito temporaneamente alle persone di entrare o uscire da una determinata area o da un determinato edificio a cui è stato limitato l’accesso [1].

Nel 2020, la seconda accezione del termine ha caratterizzato le vite e, conseguentemente, le conversazioni dei cittadini non solo italiani o europei, ma di tutto il mondo. Tale diffusione è stata generata dall’avanzare di una patologia non solo sconosciuta ma anche letale, il coronavirus (o covid-19).

Dal mese di gennaio 2020, la pandemia ha completamente sconvolto la quotidianità di ogni essere umano e ha ridisegnato i bisogni e lo stile di vita di ogni singolo popolo. Nel mese di marzo 2020, il virus è arrivato ad imporre, nel nostro paese, non solo un veloce ripensamento del rapporto tra lo Stato e le Regioni per la gestione dell’emergenza sanitaria ma, anche e soprattutto, tra lo stesso e il singolo individuo, nel senso che, per arginare il virus ed impedire la crescita della curva dei contagi, l’autorità centrale è stata costretta ad operare un giudizio di bilanciamento tra il diritto alla salute, sancito dall’articolo 32 della Costituzione, e quello alla sicurezza dell’intera collettività.

Tale valutazione ha portato, quindi, alla parziale compressione di alcuni diritti garantiti, tra cui quelli che sono enunciati agli articoli 13, 16, 17, 18, 24, 33 e 34 della Costituzione. Lo strumento che ha permesso di raggiungere tale obiettivo è stato il decreto legge, anzi, una molteplicità di decreti-legge [2], che hanno progressivamente sancito la limitazione dei diritti indicati, al fine di contenere la propagazione del virus e di salvaguardare il benessere di tutti i cittadini.

Lo scopo di questo articolo è, pertanto, quello di approfondire la restrizione delle due maggiori libertà costituzionalmente tutelate, ossia quella personale (ex articolo 13 della Costituzione) e quella di circolazione (ex articolo 16 della Costituzione).

Il primo comma dell’articolo 13 della Costituzione statuisce che la libertà personale è inviolabile: il secondo comma, tuttavia, dispone che, sebbene non sia ammessa alcuna forma di detenzione, ispezione o perquisizione personale né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, essa può avvenire per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge [3].

L’ordinanza del Ministro della Salute del 21 febbraio 2020, derogando l’articolo 13 della Costituzione, ha previsto la quarantena come forma di limitazione della libertà personale, distinguendo all’articolo 1 la quarantena con sorveglianza attiva [4] dalla permanenza domiciliare fiduciaria [5]. La prima è disposta dalle autorità sanitarie competenti sul territorio, per 14 giorni, nei confronti di coloro che abbiano avuto contatti stretti con casi di covid-19; la seconda, invece, è prescritta per coloro che siano rientrati dalle aree della Cina interessate dall’epidemia negli ultimi 14 giorni. Tale distinzione è presente anche nel decreto legge numero 6 del 23 febbraio 2020 [6] le cui disposizioni attuative sono state contenute nei DPCM emanati successivamente.

Il primo comma dell’articolo 16 della Costituzione dispone, invece, che ogni cittadino possa circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Il medesimo comma chiarisce come nessuna restrizione possa essere determinata da ragioni politiche. Per la libertà personale, il legislatore prevede una riserva di legge assoluta mentre, per la libertà di circolazione, una riserva di legge rinforzata (poiché è la stessa disposizione costituzionale a prederterminare in parte il contenuto della stessa legge: un’eventuale legge limitativa, infatti, può intervenire solo per motivi di sanità e di sicurezza [7]).

Il dibattito generato dall’entrata in vigore del decreto legge numero 6 del 23 febbraio 2020 e dei successivi DPCM (sorretti da tale decreto legge) riguarda proprio la natura della riserva di legge contenuta nel primo comma dell’articolo 16 della Costituzione. L’orientamento maggioritario propende per la qualificazione della riserva di legge contenuta nell’articolo 16 della Costituzione come relativa e, di conseguenza, i DPCM sono da ritenere legittimi ma, all’opposto, non manca un orientamento minoritario che configura la riserva di legge di cui si sta parlando come assoluta e, quindi, reputa illegittimi i DPCM usati per limitare gli spostamenti delle persone fisiche all’interno del proprio comune o della propria regione (per non parlare del divieto di spostamento di oltre 200 metri dalla propria abitazione se non per motivi di lavoro o strettamente indispensabili, imposto durante il primo lockdown nazionale, nei mesi di marzo e aprile 2020).

Con il DPCM del 3 novembre 2020, in vigore dal 6 novembre 2020, l’Italia è stata, infine, suddivisa in tre zone (tre fasce di rischio contagio, che sono state determinate da 21 parametri): quella rossa (fascia che comprende le regioni a rischio elevato), quella arancione (fascia che comprende le regioni a rischio medio-alto) e quella gialla (fascia che comprende le regioni a rischio moderato).

Per quanto riguarda le restrizioni relative alla libertà sancita dall’articolo 16 Costituzione, nella zona gialla, la circolazione è stata limitata dalle ore 22 alle ore 5, intervallo orario entro il quale è stato necessario comprovare lo spostamento, per ragioni di lavoro, necessità e salute attraverso un’autocertificazione. Nella zona arancione, invece, è vietato ogni spostamento, in entrata e in uscita, dalla regione (salvo che per comprovate esigenze di lavoro, salute e urgenza) e ogni spostamento in un comune differente da quello di residenza, domicilio o abitazione (salvo che per comprovate esigenze lavorative, di studio, motivi di salute, situazioni di necessità o per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili nel proprio comune). Nella zona rossa, infine, è vietato ogni spostamento in entrata e in uscita dalla regione, ma anche all’interno del territorio stesso (salve le ipotesi di necessità e urgenza).

 

 

 

 


[1] G. Antonelli, Il mondo visto dalle parole: un viaggio nell’italiano di oggi, Solferino Libri, Milano, 2020, Capitolo 7. “Pensare prima di parlare. Pandemia e infodemia”. [2] L’ultimo decreto legge in vigore, nel momento in cui questo articolo è stato redatto, è il numero 1 del 5 gennaio 2021, che introduce, dal 7 dicembre fino al 15 gennaio 2021, misure ponte per determinare alcuni effetti restrittivi in linea con il precedente decreto legge numero 172/2020 in scadenza il 6 gennaio 2021. [3] La Costituzione pone la libertà personale come il primo dei diritti dei singoli in quanto essa è presupposto indispensabile perché ognuno possa accedere anche alle altre libertà. Essa non è tuttavia assoluta, in quanto incontra limiti che la Costituzione sceglie di individuare con precisione avendo a mente come il regime fascista avesse eliminato ogni libertà dei cittadini. Per un approfondimento sul tema si veda P. Caretti, U. De Siervo, Diritto costituzionale e pubblico, G. Giappichelli Editore, Torino, 2017, pp. 508 e ss.. [4] Ministero della Salute, Ordinanza 21 febbraio 2020, “Ulteriori misure profilattiche contro la diffusione della malattia infettiva covid-19”, articolo 1 comma 1. [5] Ivi, articolo 1 comma 3. [6] Decreto legge 23 febbraio 2020 numero 6, “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da covid-19”. Decreto legge convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, numero 13. [7] Per un approfondimento sul tema si veda P. Caretti, U. De Siervo, Diritto costituzionale e pubblico, G. Giappichelli Editore, Torino, 2017, pp. 516 e ss..

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