Del bambino che si fa male a scuola ne risponde la scuola in base alla responsabilità contrattuale

Del bambino che si fa male a scuola ne risponde la scuola in base alla responsabilità contrattuale

Sommario: 1. Responsabilità contrattuale – 2. Responsabilità extracontrattuale – 3. Responsabilità ex art. 2048 c.c. – 4. Natura della responsabilità se l’allievo si fa male a scuola

 

1. Responsabilità contrattuale

Ex art. 1321 il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale. La o le parti del contratto (accomunate tra loro dal medesimo centro di interessi) prenderanno rispettivamente il nome di parte creditoria e debitoria assumendo entrambi diritti e doveri. Il debitore, in particolare, assumerà il compito di eseguire la prestazione del contratto con diligenza (diligenza del buon padre di famiglia o diligenza qualificata se trattasi di professionista), rispettando i requisiti di tempo e di luogo.

Ai sensi dell’articolo 1218 il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovrà risarcire il danno subito dal creditore, a meno che non riesca a provare che l’inadempimento o il ritardo derivano da cause a lui non imputabili

2. Responsabilità extracontrattuale

Prima dell’entrata del codice civile del 1942 era facile distinguere tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale in quanto la prima si riferiva alla responsabilità derivante dall’inadempimento di un contratto e la seconda per gli illeciti di natura penalistica. Tale distinzione viene meno però con l’articolo 1173 c.c. che prevede quale fonte delle obbligazioni il contratto, il fatto illecito e qualsiasi altro atto o fatto idoneo a produrlo in conformità all’ordinamento giuridico.

Ciò porta il tramonto della responsabilità aquiliana intesa come sanzionatoria, basata sulla colpa e limitata ai soli diritti soggettivi assoluti patrimoniali che riferiva l’ingiustizia al fatto dannoso. Infatti la nuova formulazione dell’articolo 2043, che si fa portavoce del cosiddetto principio del neminem laedere, prevede che “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.”

Affinché vi sia responsabilità è necessario dunque innanzitutto la presenza di un fatto doloso o colposo. Inizialmente la dottrina vi faceva rientrare i meri atti, ossia tutti i comportamenti addebitali all’uomo ma, in realtà, la fonte di responsabilità non deriva sempre da un comportamento umano ma può derivare ad esempio da una particolare relazione con la res. Perciò per fatto bisogna intendere quell’insieme di avvenimenti che hanno come conseguenza un danno ingiusto a seguito di un comportamento umano o per latri fattori di cui un soggetto deve rispondere.

È poi necessario che il fatto sia imputabile, ossia che l’autore del fatto sia, nel momento in cui questo avviene, capace di intendere e di volere.

Gli elementi soggettivi richiesti sono tanto la colpa quanto il dolo. Questi assumono un connotato un po’ diverso nel diritto civile rispetto a quello penale in quanto mentre in quest’ultimo il dolo è la regola generale e la colpa opera nei casi residui e la presenza di uno o dell’altro va ad incidere sulla quantità della pena, nella responsabilità civile sono previsti in egual modo anche ai fini della determinazione della pena.

Il danno è presente ben due volte nella formulazione dell’articolo: come danno-evento inteso come lesione del bene o interesse giuridico, che esclude perciò la riparazione dei meri danni patrimoniali prodotti senza la lesione di tale bene o interesse; come danno-conseguenza ossia che la lesione del bene o interesse abbia cagionato un peggioramento della sfera patrimoniale e/o non patrimoniale.

Sarà necessario verificare prima la presenza del nesso causale tra condotta ed evento per mezzo di un giudizio di causalità materiale e qualora questa dia esito positivo potrà procedersi ad accertare il collegamento tra il fatto dannoso ed il risultato.

3. Responsabilità ex art. 2048 c.c.

L’articolo 2048 prevede la responsabilità del padre e della madre, o del tutore, per il danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi.

Il minore dovrà essere capace di intende e di volere, altrimenti bisognerà applicare l’articolo 2047 c.c.

La nostra attenzione si concentra sulla figura del tutore. Il tutore (che può essere anche non l’insegnante scolastico) è tenuto a rispondere dei danni provocati dai terzi minori capaci di intendere e di volere, sottoposti alla loro sorveglianza a meno che, non riescano a dimostrare di non aver potuto impedire il fatto, che deve essere inteso come dimostrazione di aver inculcato al minore tutte le conoscenze educative tali da essere in grado di prevenire il rischio di sinistri (comma 3).

4. Natura della responsabilità qualora l’allievo si faccia male a scuola

Ma cosa accade se l’allievo nel corso dell’attività scolastica si ferisce da solo?

Secondo un primo orientamento non si applicherebbe l’articolo 2048 c.c. in quanto quest’ultimo si applica solo qualora la lesione incide su un terzo.

In base ad un altro orientamento si applicherebbe l’articolo 2048 c.c. in quanto gli insegnati rispondono dei danni nei confronti dei terzi e degli stessi allievi.

È intervenuta, a dirimere la questione, la Cassazione a Sezioni Unite che con sentenza n. 9346 del 2002 la quale ha negato entrambe le teorie ed ha affermato che nel caso in cui l’allievo si ferisca da solo durante l’attività scolastica ci troviamo di fronte una responsabilità di tipo contrattuale che deriva tanto dall’iscrizione a scuola quanto dal contatto sociale nel quale è insito un obbligo di protezione e vigilanza.

Bisogna tener conto che l’articolo 61 della Legge n. 312 del 1980 prevede la responsabilità sia riferita agli alunni sottoposti alla vigilanza del personale e che l’amministrazione possa surrogarsi a tale personale nelle responsabilità civili in caso di azioni giudiziarie promosse da terzi, salva la facoltà di esercitare rivalsa.

Alla luce di ciò possiamo affermare che qualora un minore lede se stesso a scuola ci troveremo di fronte una responsabilità contrattuale mentre se il minore lede un coetaneo ci troveremo nella sfera dell’articolo 2048 c.c.


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