Divieto del patto commissorio e nuovi marciani

Divieto del patto commissorio e nuovi marciani

L’art. 2744 c.c. prevede la nullità del c.d. patto commissorio, con il quale debitore e creditore convengono che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore.

Ciò anche a seguito di esercizio di un’opzione di acquisto prevista in favore del creditore contestualmente al sorgere del credito o adempimento della promessa di alienare assunta dal debitore in relazione ad un debito in atto, non pregresso, che sia rimasto insoluto.

Il debitore al fine di ottenere un finanziamento potrebbe essere portato ad accettare di perdere in futuro la proprietà di un bene di grande valore.

Di conseguenza, a seguito dell’assoggettamento del debitore nei confronti del creditore, il legislatore fa derivare una sorta di presunzione di iniquità del trasferimento della cosa data in garanzia e la conseguente nullità del patto commissorio.

La tradizionale giustificazione dell’art. 2744 c.c., fondata sulla tutela del debitore e sulla proporzionalità dello scambio, si è mostrata resistente rispetto alle diverse tesi che hanno ravvisato la ratio del divieto di patto commissorio nella tutela della par condicio creditorum o nel monopolio statuale della funzione giurisdizionale.

L’art. 2744 c.c. rappresenta una norma applicabile non solo alle alienazioni in garanzia sospensivamente condizionate all’inadempimento del debitore, ma anche a quelle traslative condizionate risolutivamente all’adempimento del debitore.

Nel 2013 i giudici di legittimità, aderendo alla tesi sopra esposta, hanno ribadito la nullità della vendita con patto di riscatto se stipulata per una causa di garanzia invece che di scambio, nell’ambito della quale il versamento del denaro da parte del compratore non costituisce pagamento del prezzo ma esecuzione del mutuo e il trasferimento del bene serva solo a costituire una garanzia provvisoria dipendente dall’adempimento o meno dell’obbligo di restituire le somme ricevute.

Nel 2016 la Corte di Cassazione ha ribadito che il divieto del patto commissorio si estende a qualsiasi negozio lecito che venga impiegato per conseguire il risultato, vietato dall’ordinamento, di assoggettare il debitore all’illecita coercizione da parte del creditore, sottostando alla volontà del medesimo di conseguire il trasferimento della proprietà di un bene, quale conseguenza della mancata estinzione di un debito.

Ancora, è ravvisabile una violazione dell’art. 2744 c.c. qualora le parti all’interno del contratto preliminare abbiano inserito un meccanismo, come l’apposizione di una condizione, volto a far sì che l’effetto del trasferimento si realizzi  a seguito dell’inadempimento del debitore-promittente venditore.

In tale ipotesi il contratto preliminare costituirebbe un mezzo per raggiungere un risultato vietato dalla legge, utilizzato per conseguire l’illecita coartazione del debitore a sottostare alla volontà del creditore.

La giurisprudenza degli ultimi anni ritenendo che la ratio del divieto di cui all’art. 2744 c.c. consista nell’esigenza di proteggere il debitore da un arricchimento ingiustificato da parte del creditore, ha escluso l’illiceità del patto marciano il quale raffigurando un’alienazione in garanzia, racchiude una clausola di “giusta stima” tesa a preservare il debitore da un’ingiusta locupletazione a suo danno.

La stima del valore del bene in tempi certi e con modalità definite ad opera di un terzo e l’obbligo, da parte del creditore, di restituire l’eccedenza al debitore, assumono la finalità di impedire che il debitore subisca una lesione come conseguenza del trasferimento con funzione di garanzia e di escludere l’operatività del patto commissorio.

Il fondamento di un effetto salvifico della clausola marciana è quello di ristabilire l’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni del contratto e ad evitare una attuazione coattiva del credito senza il controllo dei valori patrimoniali in gioco.

La difficoltà del recupero crediti da parte degli istituti finanziari, influenzata dai tempi particolarmente lunghi del processo esecutivo, ha spinto il legislatore ad introdurre nel sistema creditizio forme di soddisfacimento del credito dotate di maggiore celerità.

I nuovi istituti, che sembrano integrare veri e propri patti marciani, sono al centro di tre provvedimenti legislativi.

Si tratta, nello specifico, delle discipline sul prestito vitalizio ipotecario; sul contratto di credito immobiliare ai consumatori garantito da ipoteca; nonché del finanziamento alle imprese garantito dal trasferimento di un bene immobile.

La prima disciplina da prendere in esame, in ordine cronologico, è quella del prestito vitalizio ipotecario disciplinato dall’art. 11 quaterdecies del d.l. n. 203/2005.

L’istituto concerne la concessione di finanziamenti bancari a persone fisiche ultrasessantenni, garantiti da un’ipoteca di primo grado, da rimborsare integralmente ed in un’unica soluzione al momento della morte del soggetto finanziato, ovvero qualora si verifichino determinati eventi che riguardino l’immobile dato in garanzia.

Qualora il finanziamento non sia stato integralmente rimborsato il finanziatore vende l’immobile ad un valore pari a quello di mercato determinato da un perito indipendente incaricato dal finanziatore, utilizzando le somme ricavate dalla vendita per estinguere il credito vantato in dipendenza del finanziamento stesso con la precisazione che le eventuali somme rimanenti, ricavate dalla vendita e non portate ad estinzione del predetto credito, sono riconosciute al soggetto finanziato o ai suoi aventi causa.

Nel prestito vitalizio ipotecario la banca ha dunque la possibilità di vendere, al verificarsi di determinati presupposti, per conto del debitore o dei suoi eredi, il bene oggetto di garanzia ipotecaria, soddisfacendosi sul ricavato e attribuendo al debitore o agli eredi le eventuali somme rimanenti.

Non si è in presenza di un vero e proprio patto, perché l’eventuale vendita del bene da parte del finanziatore non è conseguenza di un accordo con il debitore, ma un effetto legale che scaturisce dalla conclusione di un mutuo che assume il contenuto e le forme del prestito vitalizio ipotecario.

Né ricorre una vera e propria alienazione in garanzia, in quanto il finanziatore, in caso di inadempimento del debitore, non acquista la proprietà dell’immobile.

In tema di contratto di credito immobiliare garantito da ipoteca le parti possono convenire, ai sensi dell’art. 120 quinquiesdecies t.u.b. che, in caso di inadempimento del consumatore, il soggetto concedente il credito possa soddisfarsi direttamente sull’oggetto della garanzia reale, attraverso l’acquisizione o il trasferimento del bene immobile, oppure sui proventi della vendita del medesimo bene.

Anche in tale ipotesi, se il valore dell’immobile come stimato dal perito ovvero l’ammontare dei proventi della vendita è superiore al debito residuo, il consumatore ha diritto all’eccedenza.

Il valore del bene immobile oggetto della garanzia è stimato da un perito indipendente, con una perizia successiva all’inadempimento.

La scelta del perito deve avvenire di comune accordo tra le parti o, in mancanza, con nomina effettuata dal Presidente del tribunale territorialmente competente.

Si dispone, altresì, che il finanziatore deve adoperarsi, con il massimo della diligenza possibile, per conseguire dalla vendita diretta del bene il miglior prezzo di realizzo al fine di consentire che il diritto all’eccedenza del consumatore sia concretamente esercitabile.

La legge contempla, pertanto, la possibilità per le parti di introdurre nel contratto di credito una clausola che riproduca il meccanismo del patto marciano di diritto comune, cui si aggiunge la previsione della facoltà per il creditore di procedere alla vendita diretta al di fuori della procedura esecutiva del bene ipotecato.

Più complessa è la disciplina dell’art. 48 bis t.u.b., introdotto dal d.l. n. 59/2016, convertito in l. n. 119/2016, rubricato “finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato”.

In base a tale disposizione l’inserimento, nel contratto di finanziamento tra una banca e un imprenditore, di una clausola marciana comporta la facoltà del creditore di attivare, al verificarsi dell’inadempimento del debitore, un procedimento che porterà al trasferimento della proprietà di un bene immobile attraverso il quale soddisfare il proprio credito, sempre che non si tratti di un immobile adibito ad abitazione principale del proprietario, del coniuge o di suoi parenti e affini entro il terzo grado.

La previsione normativa sembra configurare una ipotesi di alienazione in garanzia, in cui il trasferimento al creditore del bene è sospensivamente condizionato all’inadempimento del debitore.

Anche in tale ipotesi al debitore o al terzo datore della garanzia deve essere corrisposta l’eventuale differenza tra il valore di stima del diritto e l’ammontare del debito inadempiuto e delle spese di trasferimento.

Affinché possa giungersi al definitivo trasferimento dell’immobile si registra una procedimentalizzazione scandita in delle fasi.

È necessario, innanzitutto, il verificarsi di un inadempimento rilevante integrato dal mancato pagamento protrattosi per un periodo di nove o dodici mesi.

In secondo luogo, è necessaria la notifica al debitore, da parte del creditore, di una dichiarazione di volersi avvalere degli effetti del patto, con la precisazione dell’ammontare del credito per cui si procede.

La richiesta, decorsi sessanta giorni dalla precedente dichiarazione, deve essere indirizzata al Presidente del tribunale, per la nomina di un perito affinché proceda alla stima dell’immobile con relazione giurata.

È richiesta l’avverarsi della condizione sospensiva di inadempimento al momento della comunicazione al creditore del valore di stima.

L’istituto del contratto di finanziamento può leggersi nella prospettiva del meccanismo condizionale e richiama alla mente una classica ipotesi di alienazione in garanzia, i cui effetti risultano resi conformi alle regole generali del sistema di un particolare congegno marciano.

Rispetto allo schema del patto marciano tradizionale, il meccanismo del marciano di cui alle discipline del prestito vitalizio ipotecario e del credito immobiliare ai consumatori presenta un  elemento di differenza rappresentato dall’effetto esdebitatorio.

Infatti, il comma 12 quater dell’art. 11 quaterdecies del d.l. n. 203/2005 stabilisce che l’importo del debito residuo non può superare il ricavato della vendita dell’immobile, al netto delle spese sostenute.

Ciò vuol dire che, una volta venduto il bene oggetto di garanzia, il debitore è automaticamente liberato dal debito.

Ancora più esplicitamente si esprime l’art. 120 quinquiesdecies t.u.b. che, al comma 3, prevede come l’acquisizione diretta del bene o dei proventi della vendita dello stesso comporta l’estinzione dell’intero debito a carico del consumatore anche se il valore del bene immobile trasferito ovvero l’ammontare dei proventi della vendita è inferiore al debito residuo.

È per tale ragione che taluno ha annoverato, nell’ambito delle limitazioni tipizzate della responsabilità patrimoniale, l’introduzione di tali istituti, modellati secondo lo schema del patto marciano, sottolineando che il meccanismo marciano consente al creditore di realizzare il credito fuori dal procedimento di esecuzione forzata.

Rispetto al tradizionale modo di intendere il patto marciano il legislatore speciale ha, infatti, introdotto la possibilità per il creditore di procedere alla vendita diretta del bene immobile ipotecato senza l’intervento del giudice.

L’introduzione di tali istituti inoltre produce l’effetto di concentrare la garanzia patrimoniale in via esclusiva sul bene ipotecato, con  disapplicazione della regola di universalità della responsabilità patrimoniale.

Quanto al prestito vitalizio ipotecario, si è evidenziato che la limitazione di responsabilità è un elemento che caratterizza l’istituto e deroga al principio generale della responsabilità patrimoniale proprio per la funzione assistenziale svolta da tale nuovo strumento.

Occorre infatti offrire al finanziato la possibilità di accedere ad un finanziamento che gli permetta di ottenere credito, con la sicurezza che il rischio proprio e dei suoi eredi sia limitato alla perdita del bene dato in garanzia.

Bisogna, tuttavia, intendersi sull’effetto che viene indicato come esdebitatorio.

L’esdebitazione è un istituto di diritto commerciale attraverso il quale il debitore è liberato dai debiti che residuano nei confronti dell’intera massa dei creditori, all’esito dello svolgimento della procedura concorsuale.

Diversamente, l’efficacia liberatoria che deriva dal meccanismo marciano si inscrive in una vicenda del singolo rapporto obbligatorio e non di composizione collettiva delle passività del debitore.

Inoltre, il procedimento di esdebitazione sfocia nel decreto del Tribunale che dichiara l’inesigibilità, nei confronti del debitore, dei crediti concorsuali non soddisfatti integralmente.

Con l’esdebitazione si vuole liberare il fallito dai vincoli connessi al mancato pagamento dei creditori, consentendogli di ripartire da zero, c.d. fresh start.

L’esdebitazione di matrice concorsuale e l’effetto liberatorio che ne consegue sono quindi ottenuti tramite lo strumento dell’inesigibilità.

Così non accade, invece, per i nuovi marciani, ove dalla perdita della proprietà del bene immobile dato in garanzia consegue l’estinzione integrale del debito, ancorché il credito non sia stato interamente soddisfatto.

Inoltre, l’acquisizione in favore del creditore del bene immobile in garanzia, o la sua vendita, comporterà l’estinzione dell’intero debito a carico dell’obbligato, effetto più ampio dell’inesigibilità.

Nello specifico, la declaratoria di inesigibilità del credito implica l’esistenza del vincolo giuridico considerato che l’obbligazione non si estingue. Di conseguenza, l’ eventuale pagamento spontaneo da parte del debitore tornato in bonis costituisce pur sempre adempimento dell’obbligazione originaria e non è ripetibile.

Diversamente, nell’ipotesi dei nuovi marciani, l’estinzione del debito residuo sancirà la definitiva cancellazione dell’obbligazione non soddisfatta in seguito all’escussione del bene oggetto di garanzia, con la conseguenza che l’adempimento del debito estinto sarà ripetibile ai sensi dell’art. 2033 c.c.

Siamo, dunque, in presenza di un quid diverso dall’esdebitazione delle procedure concorsuali, che va sotto il nome di purgazione del debito.

Discorso diverso bisogna svolgere per l’art. 48-bis t.u.b., che non chiarisce se il trasferimento del diritto in attuazione della clausola marciana estingua per intero l’obbligazione verso la banca, anche quando il valore dell’immobile sia risultato inferiore al credito rimasto inadempiuto.

Secondo alcuni, anche tale marciano metterebbe capo ad un’efficacia estintiva dell’intera obbligazione verso l’ istituto creditizio.

Un’estinzione solo parziale del debito andrebbe infatti incontro a tre obiezioni: l’inconcepibilità di una datio in solutum parziale; il contrasto con  la finalità della novella di abbattere il contenzioso per esecuzione forzata; la mancanza di un incentivo per il debitore a stipulare il patto in assenza di un effetto esdebitativo.

A ciò si è replicato affermando che è ammissibile una datio in solutum parziale; che non è detto che il contrasto con la ratio della novella si verifichi necessariamente; e che una disciplina che attribuisca al trasferimento del diritto carattere esdebitatorio potrebbe disincentivare la banca dalla stipula del patto marciano oppure indurla a richiedere in garanzia un bene di valore più elevato.

Occorre, pertanto, interrogarsi se possa ritenersi elemento strutturale di ogni meccanismo marciano la limitazione della responsabilità al bene oggetto di garanzia al fine di tutelare gli altri creditori estranei al patto.

A tal fine va precisato che il patto marciano è fonte di un danno potenziale per i creditori non contraenti, perché sottrae al patrimonio del debitore un bene su cui potrebbero soddisfare le loro pretese tutti i creditori nel rispetto delle ragioni di privilegio.

Ma a tale eventuale pregiudizio è possibile ovviare, con il ricorso ai mezzi di conservazione della garanzia generica e, in particolare, al rimedio dell’azione revocatoria ove ne ricorrano i relativi presupposti.

Dunque, se il legislatore speciale ha disposto, soltanto per i marciani contemplati dalle discipline del prestito vitalizio ipotecario e del credito immobiliare ai consumatori, che l’escussione del bene costituito in garanzia determini l’estinzione dell’intero debito, non è plausibile che possa dirsi altrettanto per il caso dell’art. 48-bis t.u.b.

Ciò considerando che la tutela dei creditori che non hanno partecipato all’accordo marciano è garantita dall’ordinamento aliunde e che una limitazione alla responsabilità patrimoniale, connessa all’estinzione della parte di debito insoddisfatta, non può che provenire dalla legge o dall’inequivoca manifestazione di volontà del creditore.


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