Il diritto ad essere dimenticati: il diritto all’oblio

Il diritto ad essere dimenticati: il diritto all’oblio

Il diritto all’oblio si configura nella possibile rimozione di dati personali o eventi attinenti alla sfera personale del soggetto, ogni qualvolta sia trascorso un periodo di tempo significativo e si desidera “essere dimenticati” per gli stessi: il bene giuridico che si intende tutelare è il diritto all’identità personale in quanto mediante la rimozione si chiede di obliare fatti o dati dalla circolazione che non essendo idonei a identificare la persona stessa appaiono come lesivi.[1]

Il diritto all’oblio appare come uno strumento idoneo nella società moderna a limitare l’incidenza e la diffusione di notizie sul web e sui social network, circoscrivendo le stesse temporalmente.

Una prima definizione della Cassazione descrive il <<diritto all’oblio inteso come giusto interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni ulteriori che arreca al suo onore e alla sua reputazione la reiterata pubblicazione di una notizia in passato legittimamente divulgata>>[2]; con questa prima definizione di oblio, la Cassazione intendeva tutelare la privacy storica sottolineando come la tutela di tale diritto era connessa al trascorrere del tempo che, facendo venir meno l’interesse pubblico e l’utilità sociale della notizia, tutelava il soggetto coinvolto.

Il decorrere del tempo è un elemento costitutivo del diritto all’oblio[3]; questo diritto non ha la finalità di tutelare la reputazione del soggetto o rimuovere dati a lui sfavorevoli, ma intende garantire il diritto dell’interessato ad avere contezza sui propri dati e sul loro utilizzo e quindi, tutelare l’identità dello stesso dalla diffusione di informazioni che non appaiono più attuali ma lesive.[4]

La Cassazione nel 2004[5] afferma come il diritto all’oblio sia un diritto della personalità e la sua finalità sia la tutela dell’identità personale e la proiezione della stessa all’interno della società; soltanto con questa definizione si coglie in senso pieno la portata del diritto all’oblio il quale si configura come un diritto del soggetto alla rappresentazione aggiornata della sua personalità.

Emerge così l’esigenza di tutelare l’interessato dalla diffusione di informazioni che, non trovando più giustificazione, rappresentino un ostacolo per lo stesso, essendo il diritto di cronaca in tal casi bilanciato con gli articoli 2 e 3 della Costituzione che prevarranno sul diritto ad essere informati.

La Cassazione ha delineato le circostanze che, se presenti, fanno sì che il diritto di cronaca debba prevalere sul diritto all’oblio: <<1) il contributo arrecato dalla diffusione dell’immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico; 2) l’interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia (per ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e delle libertà altrui, ovvero per scopi scientifici, didattici o culturali), da reputarsi mancante in caso di prevalenza di un interesse divulgativo o, peggio, meramente economico o commerciale del soggetto che diffonde la notizia o l’immagine; 3) l’elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica e, segnatamente, nella realtà economica o politica del Paese; 4) le modalità impiegate per ottenere e nel dare l’informazione, che deve essere veritiera (poiché attinta da fonti affidabili, e con un diligente lavoro di ricerca), diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo, nell’interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali, sì da evidenziare un esclusivo interesse oggettivo alla nuova diffusione; 5) la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell’immagine a distanza di tempo, in modo da consentire all’interessato il diritto di replica prima della sua divulgazione al grande pubblico>>.[6][7]

Un aspetto strettamente connesso al diritto all’oblio è il diritto alla contestualizzazione dell’informazione secondo il quale tali dati non saranno rimossi ma rimarranno disponibili; la tutela affermata mediante tale diritto è la corretta rappresentazione della propria immagine all’interno della società e, delineare il contesto nel quale un fatto si è rappresentato, è un aspetto necessario affinché questo possa avvenire.

La Cassazione[8] sottolinea come la  salvaguardia dell’identità del soggetto può concretizzarsi quando i dati che interessano lo stesso  siano aggiornati; questo implica che in seguito alla diffusione di una notizia che interessa la sua persona devono, allo stesso modo, essere diffuse informazioni idonee a contestualizzarla e aggiornarla affinché si possa tutelare sia l’identità del soggetto coinvolto, sia il diritto all’informazione dei soggetti che potrebbero avere un interesse nel conoscere determinati fatti.

 

 

 

 


[1] A. CATALETA, Diritto all’oblio e privacy, cos’è e come esercitarlo: tutto quello che devi sapere, 30 Lug 2020
Online: https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/privacy/il-diritto-alloblio/
[2] Cass. Civ., Sez. III, 9 aprile 1998, n. 3679, in Foro it., 1998, 123
[3] Si differenzia dal diritto all’oblio la deindicizzazione attraverso la quale le informazioni non vengono rimosse, ma per poter accedere alle stesse non sarà possibile utilizzare i motori di ricerca in quanto soltanto attraverso una consultazione dell’archivio in cui è contenuta si potrà accedere nuovamente all’informazione.
[4]M. R. ALLEGRI, Diritto all’oblio vs diritto di cronaca: quali norme per un equilibrio difficile, 5 novembre 2018,
Online: https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/diritto-alloblio-vs-diritto-di-cronaca-quali-norme-per-un-equilibrio-difficile/
[5] Cass. Civ., Sez. I, 25 giugno 2004, n. 11864, DeG, 2004, 30
[6] Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 20 marzo 2018 n. 6919, in Foro it., 2018, I, 1151
[7] M. R. ALLEGRI, Diritto all’oblio vs diritto di cronaca: quali norme per un equilibrio difficile, 05 novembre 2018
Online: Diritto all’oblio vs diritto di cronaca: quali norme per un equilibrio difficile – Agenda Digitale
[8] Cass. Civ., sez. III, 5 aprile 2012, n. 5525, in Resp. civ. prev., 2012, 1155

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